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Autore: Hiryuran    16/03/2015    1 recensioni
Dal sonno al quale era stato condannato, Khan si risveglia. In lui alberga solo il pensiero di tirannia e di conquista, ma avrebbe dovuto prima accettare un compromesso...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Khan Noonien Singh
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il nulla, il vuoto. Inetto in una prigione. Non sapevo cosa né tanto meno come fossi approdato in quella cella. Niente e nessuno era presente in quella stanza se non io e la parete di vetro che mi separava dal mondo. La mia mente era come se fosse appena nata: una tabula rasa. Solo di una cosa ero a conoscenza: del mio nome. Il mio nome è Khan. Imprimendolo nella mia mente superiore, il mio nome funge da binario per i vagoni della mia vita, della mia storia, della mia identità. A rilento, cominciavano ad affiorare in me gli eventi che mi avevano generato. Geneticamente modificato, il mio scopo come essere superiore era di guida di questo creato verso l’eterna serenità. Da dei quali eravamo considerati, io e i miei compagni fummo esiliati come dei reietti su Ceti Alpha V. Ricordo: processati, condannati e ibernati nel sonno criogenico. Un sonno ricco di incubi: avevo visto alcuni dei miei compagni e la mia amata Marla morire sotto i miei occhi. Io, impotente, ero lì a guardare. Iniziai a meditare vendetta, vendetta contro quella plebe che ci aveva alienati e che un giorno, noi, proprio noi, coloro ai quali avevano elargito la sentenza “condanna”, li avremmo domati e resi nostri sudditi. Il mio passato era rinato. Avevo un cammino da seguire ora. Però mi trovavo da solo. Dov’erano finiti i miei compagni? Siamo stati ritrovati da qualcuno? O solo io sono stato ritrovato? E se così fosse, dov’era il mio equipaggio? Le mie domande ebbero subito la tanto attesa risposta. La porta della stanza si aprì: entrarono a triangolo tre  uomini, i vertici alla base armati, soldati semplici da quello che potevo intuire dall’uniforme, e il vertice un alto ufficiale, un ammiraglio della flotta stellare. Mi guardó con aria di sfida. Io ricambiai con lo stesso sguardo. Il silenzio fu spezzato: <<  E così, dopo tanti anni di sonno hai finalmente rimesso piede nella realtà. Non necessiti di tante informazioni, ti basti sapere che hai dormito per più di trecento anni, ti trovi a bordo della mia nave e sei l’indirizzo dei miei ordini>>. Lo lascio parlare. Vorrà innervosirmi. L’importante è raccogliere quante più informazioni possibili, ho altre cose di cui devo venire a conoscenza. I secondi diventano eterni in quelle occhiate che ci siamo lanciati. Di nuovo rompe il silenzio: << Sarò breve: io sono l’ammiraglio Marcus, capo della Flotta Stellare, tu sei solo una macchina creata per uccidere e comandare. Ho bisogno del tuo genio bellico per portare la pace in questo universo. Mi affido alla tua sete di sangue esente da conflitti etici ed emotivi.>>. A quel punto parlo, in tutta la mia integrità: << Cosa vuoi che faccia?>>. Mi sorrise: << A breve avrai istruzioni dettagliate, ti basta essere a conoscenza del fatto che siamo in guerra contro il pianeta Klingon, ci serve un atto motivato per attaccare e distruggere la loro civiltà. Tu sarai quell’atto.>>. Lo guardai incuriosito, capii la frase “esente da conflitti etici ed emotivi”, si, io essere privo di ogni emozione e valore di sorta. Un’altra dimostrazione della inferiorità di questa specie! In quel momento pensavo solo a come liberarmi, avrei potuto aspettare che aprissero la cella e dare inizio a un bagno di sangue, sarei partito alla ricerca dei miei compagni e avremmo portato a termine quello che avevamo iniziato: lo sterminio di ogni specie inferiore. I miei progetti furono distrutti inizialmente dalle parole che uscirono dalla bocca dell’ammiraglio. << Non pensare di scappare, non pensare di rifiutarti, sei dentro una polveriera: commetti un fallo ed esploderà.>>. << Cosa intendi?>> domandai curioso di sapere con quali strategia intendeva minacciarmi per piegarmi al suo volere. Il bastardo mi sorrise con superbia e da quello che disse successivamente, non potevo rifiutare: ero chiuso nella sua morsa. << Non abbiamo recuperato solo te, abbiamo tutto il resto del tuo equipaggio. In settantadue sono stati rinvenuti e dormono ancora nelle loro capsule. Tu fa’ un passo falso e giuro sul mio onore da ufficiale che distruggerò quelle capsule e farò in modo che degli esperimenti come voi non vedano mai più la luce del Sole.>>. Onore? Quale onore? Minacciare me con i miei compagni? Avrei voluto dar sfogo alla mia ira, ma non potevo, non potevo essere causa della morte del mio equipaggio. Molti comandanti considerano il loro equipaggio solo un “equipaggio”. Il mio non lo era: erano i miei compagni, i miei fratelli, la mia famiglia. Non avrei permesso che fosse accaduto qualcosa alla mia famiglia. Tirai un sospiro. Non avevo scelta. Per ora potevo solo obbedire, ma i miei pensieri mi facevano tante promesse di vendetta e di riscatto. << Sono ai suoi ordini, ammiraglio Marcus.>>, dissi ormai rassegnato. Il vecchio sorrise, soddisfatto della sua impresa. << Vedo con piacere che ci siamo intesi…>> la porta si aprì, <<…d’ora in poi avrai una nuova identità, sarai riproiettato in questa vita e mi aiuterai a portare la pace in questo mondo.>>. Mi fece segno con la mano di avvicinarmi, mi unì a quel triangolo e mi feci trasportare dove l’ammiraglio voleva. Durante il tragitto mi parlò di cose che non sfioravano nemmeno la mia attenzione. La mia mente era focalizzata sui piani prima di salvezza dei miei compagni e poi sulla vendetta contro questa umanità. Ci saremo elevati al di sopra degli altri, avremo preso le redini di questa galassia, avremo dominato incontrastati. Il mio nome sarebbe ritornato a essere riconosciuto dopo tutti questi anni. Tutti avrebbero ricordato chi ero. Il mio nome è Khan.
   
 
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