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Autore: Lisa_Pan    16/03/2015    7 recensioni
(Prima classificata nel contest "Academy Emotions" indetto da FairLady@EFP e Giuns)
E chiedo perdono ai punti cardinali dello stare al mondo per non averli riconosciuti, perché da quando mi hai guardata la prima volta non ho chiesto nessun altro sguardo e ho pensato che mi bastassero una canzone beat e una guida su come perdersi ogni notte di più nei discorsi di qualcuno che indossa la tua stessa nuvola grigia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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portami a bere dalle pozzanghere

Portami a bere dalle pozzanghere

 

In a little while

I’ll be gone…

 

 

Non ne ho bisogno più, ma vivo di conseguenza.

 

Ti ho sempre nascosto dentro un barattolo di marmellata di ciliegie, terzo scaffale, primo ripiano, dietro le patatine al formaggio e i biscotti al burro. Non ho mai voluto che avessi un nome, definirti sarebbe stata l’ultima ulteriore sconfitta.

Perché è questo quello che sei: la più grande sconfitta della mia vita, fino ad ora.

 Ti ho permesso di strisciare sotto ogni singola superficie del mio appartamento. Ti ho appeso al muro insieme alla locandina di un concerto degli Editors; ti ho ricoperto di stucco quando ho capito che non sopportavo la vista della tua scapola contro la porta; ho divorato a cucchiaiate il gelato al pistacchio scaduto e ho buttato il cucchiaio dalla finestra perché aveva ancora il sapore del tuo palato.

 Ho costruito un cassetto a parte, di fianco a quello dei sogni, proprio sopra a quello dei calzini sporchi e in direzione di tutto quello che prima o poi appenderò al chiodo, ci ho nascosto tutte le grandi aspettative che mi ero fatta su di te e le ho ricoperte di disillusioni.

È duro il modo in cui mi osserva, quel cassetto, mi fa sentire sola e sai benissimo che non posso permettermelo.

 Da quando ho smesso te ho cominciato me stessa e mi sono resa conto che è questo quello che facevi: mi facevi sentire me stessa anche quando non volevo esserlo, quando sapevo che non era la cosa giusta, quando mi allontanava da tutto ciò che mi avrebbe resa finalmente quello che esattamente cercavo di essere. È stato quando ho smesso di avere tabacco nelle tasche e filtri sparsi nel letto che ho capito di non voler essere nient’altro che quella testa spettinata d’idee disorganizzate che rotola accumulando altro caos e altra polvere.

Da quando ho smesso te ho davvero cominciato me stessa, senza voler cambiare lo schifo di cose che mi appartengono.

 Hai lasciato le ginocchia sul divano, quando ti ho detto che pungevano contro la schiena. Fanculo adesso sono anche troppo magro, come se ci fosse realmente qualcosa di te che non mi andasse bene. Siamo un’amicizia fraintesa e la conseguenza di una presa per il culo, solo che tu non sei tipo da presa per il culo. No, tu sei il tipo che sorride in mille modi e poi non ride mai, sei la copia permalosa di un uomo consapevole di ciò che vuole.

La prima volta che mi hai sorriso è stato quando hai visto quella nuvola grigia sulla mia testa, così simile alla tua. Ci pioveva addosso e noi ce ne andavamo in giro con le ossa arrugginite e i capelli color rame.

Mi sono innamorata dell’odore della tua pioggia ancora prima di sentirmi le gocce addosso.

 E le ho sentite, le gocce, le ho sentite sul cappuccio rosso quando mi hai respirato sul collo, ubriaco di birra. Ti sei aggrappato al primo bottone e mi hai spinta contro il vetro umido, proprio sotto l’insegna del locale, e mi hai chiesto scusa. Le tue premesse fanno giri incredibili, passano per spazi indefiniti, raccolgono parole mai dette e fanno cigolare le scapole contro il vetro; le tue premesse raccontano una storia diversa da quella che conoscevo e mi pongono su un piano opposto rispetto a quello della ragione.

Ho capito che eravamo sbagliati quando mi sono sentita sbagliata per la prima volta davanti ai tuoi occhi. Io, piccola, che non ti capivo, e tu aggrappato ad un bottone che mi chiedevi scusa perché mancavi da un po’ e non te n’eri reso conto, non fino a quando non mi hai vista lontana, chiusa nel cappuccio rosso.

Mi piovevi addosso con quello sguardo perso e mai più ritrovato.

 E chiedo perdono ai punti cardinali dello stare al mondo per non averli riconosciuti, perché da quando mi hai guardata la prima volta non ho chiesto nessun altro sguardo e ho pensato che mi bastassero una canzone beat e una guida su come perdersi ogni notte di più nei discorsi di qualcuno che indossa la tua stessa nuvola grigia.

 Con te ho capito di poter essere e non solo di poterlo desiderare. Quel viaggio sulla costa, il sacco a pelo e le noccioline tostate; la barca sul molo e il tramonto con i piedi nell’acqua; la canzone dei Red Hot via dal finestrino e un fiume di parole sconnesse su una rivoluzione. Con te ho scoperto la curiosità incontenibile di sapere la direzione della tua pioggia, quante volte ci sei scivolato su, quanto spesso ti sei costretto a piantarti al centro della strada senza il coraggio di continuare sempre dritto, quante volte ti sei detto arrivato senza arrivare mai.

 Con te - io - all’inizio - senza sapere chi fossi - ero già meno sola.

 Ero già meno sola dal fotogramma ventisei, quello in cui just break the silence in controluce e con gli occhi semichiusi. Dal secchiello sulla sabbia e tu che ti immagini fotografo. Come quella volta in cui ti ho chiesto un bianco e nero e non solo mi hai dato i colori ma mi hai fatto anche credere di essere bella con il rosa sui capelli e un mare di rosso sulle guance. Tu, l’unica persona capace di riprendermi di schiena, senza testa, con le bretelle appese e Elvis nello zaino. Tu, che ti confondi tra i miei capelli mentre balliamo al centro del nulla, ai piedi di un palco vuoto.

 Io prima del cioccolato alla ciliegia, delle riprese storte dei tuoi viaggi di ritorno, prima dei piedi contro il muro e dell’euforica sensazione di essere felice, felice per davvero…prima di tutto questo, non mi sentivo sola. Sei stato tu, con la pioggia e l’inglese masticato, con un biglietto in mano e le patatine fritte spalmate sulla maglia grigia, tu con tutto quello che mi dava fastidio ma andava bene così.

 Non ne ho bisogno più, ma vivo di conseguenza e continuo a bere dalle pozzanghere il sapore di noi due che ci siam piovuti addosso.

 

…the moment’s already passed

Yeah, it’s gone.

   
 
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