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Autore: MCfanny    16/03/2015    0 recensioni
Sotto i toni giallo-limone del sole e i fitti boschi inglesi, sorge la fattoria di Plumfield, proprietà dei Vincent. Un posto dimenticato dal creato, ove la gente vive in altri tempi e la genuinità non è contaminata. Qui s'imbatte John, un giovane che trova lavoro come pastore in una comunità differente dalla civiltà in cui è cresciuto, scarto della modernizzazione. Sotto lo sguardo vigile degli abitanti di Plumfield, il ragazzo tenterà di scoprire cosa si cela dietro il nome dei Vincent; quali segreti nasconderà mai il clan-padrone della sempreverde fattoria?
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lemon, Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 1

Prati verdi e fiori di zucca splendevano al sole, sotto il cielo di Plumfield. Situata a sud, in zona mite delle campagne inglesi, era il posto ideale per coltivare cereali e i frutti più succosi che sarebbero poi divenuti marmellata o bevande fresche da saggiare alla domenica. La fattoria più bella tra tutte, Plumfield, dove ruotavano attorno la quiete e la famiglia; chiunque venisse a visitare queste terre ne rimaneva estasiato.
La gente qui viveva alla spartana, conducendo un'esistenza rurale e un po' ottocentesca, un piccolo angolo di luce e senza tempo.
In quell'immersione di verde unica punta stonata era quell'autovettura di vernica cromata, una Bentley Brooklands del 2007. A bordo c'erano Will, impiegato di un'anonima agenzia trova-lavoro del vicinato, e il suo giovane cliente John.
Certo, allevare pecore in una sperduta campagna non sarebbe stata l'aspirazione di una vita eppure John si mostrava fiducioso, la sua vita di sicuro non l'avrebbe spesa tutta in quel dimenticatoio. Will aveva ammirato l'iniziativa di quel giovanotto e per lui, aveva scelto quel posto tanto speciale-sotto richiesta di un vecchio amico di famiglia.
<< In estate il tempo è bello qui. Sarà l'inverno poi, ragazzo mio, a darti del filo da torcere >> Ma le avvertenze dell'uomo non parvero turbare John, che in quel momento, cercava di distrarsi fischiettando. Lui all'aria di campagna non c'era per niente abituato, era un ragazzo di città!
<< A me non importa del tempo >> Disse in suono deciso. << Se c'è lavoro, quello è l'importante, o sbaglio? >>,William annuì convinto.
<< Un bene sentire un ragazzino come te, di questi tempi. Ti abituerai in fretta e sono sicuro che al padrone piacerai un sacco! >> Osservò entusiasta il consulente. Arrivarono a destinazione e il motore si spense a pochi metri dal grande recinto di legno. Sentirono dei forti abbagli e in pochi istanti, una grossa nuvola corse verso di loro. Erano cani, sette bestiole: sei bullmastiff e un simpatico bull terrier. Nessuno dei due osò fiatare, avrebbero attaccato agli sconosciuti? Rimasero internati e con i finestrini chiusi, mentre gli animali non smettevano di abbaiare e ringhiare.
<< Theo! Theo! >> Nascosto dal vetro sfumato, John vide una ragazzina correre verso la loro direzione. Aveva i piedi nudi ma correva abilmente, schivando sassi e cocci. Guardandola avvicinarsi ella rallentò e con lei, i cani smisero subito il loro fracasso. Il ragazzo si voltò dall'altra parte, fingendosi interessato alla vista di una distante quercia. Will si comportò alla medesima maniera, imbarazzato.
Scesero dal veicolo in silenzio e un po' tranquillizzati, i cani erano stati allineati tutti e sette dalla contadina. La domatrice, constatò John, non era una bambina come invece gli era parso all'inizio. A giudicare dall'altezza doveva avere non più di vent'anni, aveva i lineamenti giovani e delicati e lunghi-e spettinati-capelli scuri. Indossava una lunga veste di lana bianca che le arrivava sino alle caviglia e che celava plausibili forme. Non fosse stato per la statura, sarebbe passata tranquillamente per una ragazzina di dieci anni. E se davvero fosse una bambina? D'altronde, non era da escluderlo visto il modo in cui si poneva, scalza e ... selvatica.
<< Salve >> S'introdusse Will mentre questa li osserva interrogativa.
<< Signorina, noi cerchiamo Vincent Reynold, padrone di questo posto. Sa dove si trova, al momento? Abbiamo un appuntamento con lui >>. La giovane fece loro un cenno e li condusse all'interno di una maestosa villa.
Come una qualsiasi abitazione benestante di campagna, la villa dei Vincent seguiva i canoni classici di una casa anglosassone, di pietra rosea e un enorme tetto spiovente color cremisi su cui vi erano impiantati vari pannelli. John non poté che ammirare quell'edificio e all'interno ancora più: il parquet a intarsi, le mura candide e l'arredamento sembravano essere stati scelti per una scenografia di un film, soprattutto il grande lampadario laccato dove poggiavano candele artificiali. Era un sogno o cosa? Davvero lui avrebbe vissuto lì? Stentava ancora a crederci.
Fermi nella Living Room un dipinto rustico ritraeva un'azione da caccia, i colori erano un po' sbaditi ma davano grande effetto; era poggiato al di sopra del magno caminetto che scoppiettava ardente. Ad accoglierli ancor più piacevolmente poi, due gambe longilinee si muovevano ritmicamente sotto alla stoffa azzurra. Una bellezza bionda e ben fatta stava spolverando un per la sala. Indossava un vestito di stoppa e più corto rispetto all'altra, e portava un grembiule bianco.
<< Rosie dov'è il signor Reynold? >> La bionda si fermò e sorrise agli estranei. Si mise composta e si avvicinò, John non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
<< Nel suo studio, sta discutendo di qualcosa con suo figlio. Aspetta, i signori li accompagno io >>.
<< No, tranquilla >> La fermò prontamente la testa bruna. << Ce li porto io! >>. L'altra la guardò e sorrise nuovamente, stavolta solo a lei.
<< Non sei nelle condizioni di stare in casa dei padroni, Cece. Va' a giocare con i tuoi cani, i signori li accompagno io, come ho già detto >> Sottolineò e detto questo, Cece uscì dalla stanza, rossa in viso.
<< Seguitemi >> fece la biondina, e i tre si avviarono nell'ufficio di Vincent.

Sfinita, raggiunse lo stagno accanto al Cottage. Nella distesa di quell'acqua smeraldina, vide tre anatre nuotare composte l'uno dietro l'altra. Com'era bello guardarle, così serene e tranquille le trasmettevano sempre un'armonia e una sicurezza che quasi si sentiva una di loro. Decise di fare un salto in dispensa, a rubacchiare un po' di pane per nutrire le sue povere anatre.
Passò così tutto il pomeriggio, beandosi della frescura sui suoi piedi bagnati e parlottando-senza aver risposta di rimando- con le anatre e con i pesci dello stagno. In realtà voleva giocare con Theo, il suo bull terrier, ma a bloccarla erano le parole di Rosie, frasi di scherno. Capitava che la bionda cameriera la prendesse in giro per i suoi comportamenti giudicati un po' infantili. Stavolta ci si erano messi anche quegli sconosciuti, avevano riso con Rosie quando si era allontanata, convinti che lei non avesse sentito nulla. Chissà cos'avevano pensato di lei. Il più giovane dei due, un tipo alto dai ricci bruni e la pelle ambrata e liscia si era, come prevedibile, innamorato di Rosie. Lei era bella e dolce, sapeva come e cosa fare in ogni situazione e con chiunque capitasse. Lei invece era parsa così com'era, che a diciannove anni passava le sue giornate a giocare e correre per i boschi con il suo Theo. Sua consolazione era per lei sapere quanto sapesse essere coraggiosa e forte, cosa ben lontana da Rosie e dai suoi modi signorili. Forse un giorno di questi si sarebbe vendicata per bene.
Si costrinse ancora qualche ora alla compagnia dello stagno e dei suoi animali, poi tornò a casa. L'aria si era freddata e Cece non si sentiva al sicuro al buio, nelle vicinanze del sorvegliante James. Orsola l'aveva sempre messa in guardia mille volte su quell'uomo. Cordelia, che lei non aveva mai conosciuto, era gravida di lui quando una notte sparì in circostanze misteriose e James aveva minacciato i curiosi che ne avessero voluto sapere di più. Ma giravano anche altre voci su di lui, tutte dicerie poco piacevoli.
<< Orsola? Sono a casa... >> Disse, entrando nel Cottage. Là dentro ci abitava lei come tutti gli altri, la servitù e i lavoratori dei Vincent. Lei era lì sin da quando aveva otto anni, quando aveva iniziato a lavorare come ausilio in cucina.
<< Cece? Vieni in cucina, c'è bisogno di aiuto qui! >> Sentì la voce di Josephine, che affiancava Orsola ai fornelli.
Anche se il padrone dava ogni volta precise mansioni, c'era sempre molto da fare e tutti davano una mano e si aiutavano a vicenda. C'era sempre chi faticava meno, e chi di più.
In cucina trovò Orsola Josephine e Augusta intente a cucinare e prepare, e nonostante l'ora di cena fosse passata da un pezzo le tre donne erano davvero indaffarate. Cecilia infilò in fretta il grembiule e si unì a loro.
<< Taglia le verdure e fai in fretta, stasera è speciale! >> Esclamò entusiasta Augusta. << Festeggeremo un nostro nuovo amico, dobbiamo far bella figura >> Continuò Josephine, e le quattro donne sbrigarono in fretta e furia, apparecchiando stavolta non per undici ma per dodici persone. Tutti erano stremati dalla lunga giornata, perciò adesso toccava a loro !
Una volta che tutti ebbero occupato il proprio posto a tavola, Cece si ritrovò davanti lo stesso ragazzo del pomeriggio, era lui dunque il nuovo arrivato. Scorse una punta di disagionegli occhi del giovine, aveva ancora indosso gli stessi abiti con cui era arrivato e sembrava un poco disorientato in quella minestra di allegria. A sua volta, lei si sentiva lo stesso turbata: lo straniero la stava scrutando a stento ma con aria di sufficienza. Cece temeva che, come Rosie, anche lui presto avrebbe iniziato a canzonarla e chiese dentro di sé che quel tizio se ne andasse il più presto possibile.
Aveva forse una macchiolina sul volto? I capelli in disordine? Dio, quanto desiderava essere come quella bionda, bella e sempre in ordine. Beh, poteva scordarselo, perché lei non era Rosie-per sua sfortuna- ma Cecilia. La ragazzina che giocava nei boschi, colei che alla domenica si recava in ritardo per la messa e per giunta col chiasso di Theo, la sciocca e pasticciona Cecilia.
Se solo avesse potuto leggere nella mente di quell'uomo, sperava non la stesse fissando troppo per le sue gote arrossate. Forse aveva bevuto accidentalmente del vino, sapeva che effetti le serbava.
<< Cece? Sei tra noi? >> Si rianimò, una mano aperta sventolava sotto il palmo del suo naso. Cecilia si riprese immediatamente, accortasi che Orsola e alcuni dei presenti la fissavano azzittiti. Lo straniero abbassò il capo, schiarendosi la gola prima di prendere parola.
<< Le stavo chiedendo se potrebbe gentilmente passarmi la brocca, signorina. Sempre che non voglia ricadere nel suo mondo di sogni >> Alluse il giovine scatenando una risata generale. Ora, da rosse che erano le sue guance, erano diventate bordeaux.
Che vergogna!

Tutti erano a letto già da un pezzo, la notte era fredda e nel cielo lugubre una ventina di stelle bianche splendevano fioche sugli spazi di pietra. La candela illuminava un po' meglio la sua stanza, un piccolo conforto in quel posto dov'era mal capitato
. Che imbecille, avrebbe dovuto saperlo diamine! I bifolchi del posto, vivevano arretrati di almeno due secoli e la batteria del suo cellulare praticamente morta. Come ne sarebbe uscito di lì? Sicuramente W.J.Nowak avrebbe trovato il modo per mettersi in contatto, non tutto era perduto. E poi, a pensarci, si sentiva anche un po' più sicuro. Quella gente ignorante difficilmente si sarebbe insospettita, lui adesso doveva solo muoversi cautamente e, se tutto fosse andato come previsto, entro pochi mesi ne sarebbe uscito fuori. Avrebbe solo dovuto attendere il momento giusto, e quei bastardi sarebbero stati scoperti per ciò che erano, e il patriarca per primo.
Osservò la villa di fronte, una reggia in confronto alla catapecchia in cui era costretto a vivere. Non che il Cottage potesse realmente definirsi una catapecchia anzi, era davvero un gran casa, peccato che lì dentro ci abitassero almeno una ventina di persone ... davvero inumano! Quei Vincent sfruttavano così la povera gente, ma presto anche loro avrebbero pagato il conto, salatissimo!
Continuava a guardare il casato dei padroni compiaciuto, con i soldi guadagnati anche lui, molto presto, si sarebbe potuto permettere un palazzo come quello.

A breve sarebbe arrivata la resa dei conti.

ANGOLO AUTORE
Bene, rieccomi qui con Plumfield Farm, stavolta rivista e un po' corretta. La storia segue la stessa trama, salvo qualche dettaglio e delle parti perfezionate, volendo evitare piccole confusione e rendere la storia più scorrevole. Cosa ne pensate? Scrivetelo nelle recensioni, a presto!
   
 
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