Disclaimer: Personaggi
e canzone non mi appartengono
Ma magari
La storia è scritta senza
fine di lucro.
My Only
Sin Is I Can’t Win
-Oh, I
Wanna Love That Man
I'm in a little bit of trouble
And I'm in real deep
From the beginning to the end
He was no more than a friend to me
«Quindi, sì, diavolo, è davvero un
bel casino.»
«Modera il linguaggio, Stark.»
«Casino
non è più una parolaccia da almeno qualche secolo, Rogers.»
«Infatti io intendevo Diavolo.»
E Tony si scopre a sorridere di
quella battuta ridicola che non farebbe ridere nessuno, neanche sotto l’effetto
dell’erba o di due o tre cicchetti ben assestati. Due o tre cicchetti cui Stark
non ha detto di no, durante il corso della serata, ma non è comunque per quello
che ride e scuote la testa. O forse un po’ sì, anche solo per la leggerezza che
gli invade il cervello e che fa risaltare il riflesso di Coney Island
sull’acqua in una sorta di epifanico momento Disneyano –Manca soltanto l’animale
canterino di turno, e Tony spera proprio che al gabbiano che sta fissando
famelico le patatine fritte non venga in mente la brillante idea di intonare Kiss The Girl, con l’unico scopo di
fargli cadere le cibarie e quindi fuggire col maltolto.
La sua mente, si accorge, ha giusto
deviato di qualche metro dal sentiero del buon senso. Meglio rimettersi in
carreggiata prima che Rogers –Da bravo figlio del Proibizionismo- inizi con una
filippica contro il Vodka Martini: l’unica
reazione che scatenerebbe, tra l’altro, sarebbe il bisogno da parte di Tony di
strozzarsi con l’oliva –Stecchino compreso.
In realtà ha la testa leggera e la
mente che vaga perché finalmente può permettersi entrambe le cose. Non è che
puoi permetterti di pensare a gabbiani e Grammy Awards quando una divinità
sedicente tale ha deciso di emulare Extreme
Makeover Home Edition con la tua costosa
Torre. Quantomeno, non puoi permetterlo quando hai Capitan Fatality America che dall’altoparlante ti sprona a tenere gli occhi
sull’obiettivo, su questo e quell’altro, e c’è un Chitauro alla tua destra, tre
a sinistra, sotto e sopra di te, tanto che ci sei puoi togliermi la divisa
dallo stenditoio ché al sole si sbiadisce?
Oh, accidenti. Si è distratto di
nuovo.
Steve accanto a lui è in silenzio, a
guardare qualcosa molto più lontano delle onde e dell’orizzonte bagnato di
spuma.
La mente di Tony è un carosello di
stringhe numeriche, equazioni, algoritmi, un avanti e indietro di idee e
progetti, un ribollire di ingegno che mai si quieta e si placa, che si ribella
alla stagnazione e la teme più della mancanza di caffè nella credenza –Quasi. Eppure mai, nemmeno nei suoi più
sfrenati sogni di bambino, quando si aggrappava alla gonna di Peggy per farsi
raccontare storie sentite fino a recitarle a memoria, si sarebbe mai immaginato
di poter davvero trascorrere una serata con Capitan America.
Ancora di più, mai si sarebbe
aspettato di trascorrerla insieme a Steven
Rogers, l’omaccione che dietro quella massa innaturalmente pompata di
muscoli nasconde ancora l’animo del ragazzetto malaticcio del Lower East Side,
che si stupisce quando un millantato Nerd, ad una delle loro apparizioni
pubbliche di beneficenza nelle fumetterie, dichiara di non conoscere Noi di Zamjatin; che, Dio solo sa come,
quando sono capitati in un locale jazz ha dato il tempo a Drum Boogie di Gene Kupa battendo la mano sulla coscia, crollando
il capo ad occhi chiusi e stringendo il labbro inferiore in un morso
impercettibile; che ha seguito a briglia sciolta uno scat di Ella Fitzgerald alla radio, schioccando le dita per
segmentare il tempo, ogni stravolgimento di quella voce da capogiro.
E Tony si è ritrovato preda di un
vortice da giostra senza rendersene pienamente conto fino a quando i contorni
della loro uscita serale non hanno cominciato ad assumere connotazioni strane,
dove non c’è una verità inappellabile, bensì molteplici frammenti di bugie non
troppo inverosimili –Un puzzle di sguardi e gioco di non detti, battute a mezza
voce, labbra troppo strette alla bocca della bottiglia.
Un invito da prendere al volo come
una mano tesa per cominciare il ballo e poi rifiutata in una riottosità un po’
vintage, un po’ sfrontata, come a dire Seguimi,
se hai coraggio, una sfida ed una preghiera all’insieme, provocazione e
desiderio, camuffamento alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti -Dove
nessuno va mai a vedere.
Una danza circospetta e fremente, cui
Stark prende parte con gioia da fargli rizzare i peli sulla nuca ogni volta che
incontra il sorrisetto fugace, inconsapevolmente ferino e stuzzicante di Rogers
e ne avverte la sua fiamma guizzargli rossa nelle vene, mandando il cervello in
ebollizione e la ragione a cercare qualcosa di meglio da fare, piuttosto che pungolarlo
e pizzicarlo perché riprenda contatto con la realtà.
Soprattutto perché quella fantomatica
realtà che la ragione vuole propinargli a tutti i costi perde immediatamente
fascino e sex appeal quando gli occhi
di Steve si abbassano dall’orizzonte alla Budweiser che tiene tra le mani, per
poi sollevarsi di nuovo a cercare i suoi. Il risultato è che Tony si sente
inchiodato alla panchina e lo scroscio delle onde sulla battigia a stento gli
arriva alle orecchie, contrastato com’è dal balbettante, borbottante battito
cardiaco dentro le tempie; i granelli di salsedine sono minuscoli brividi che
picchiettano, sghignazzano sulla pelle accaldata e l’aria salmastra gli
infeltrisce la lingua.
Il Capitano inarca le sopracciglia,
perplesso dall’espressione sgomenta e idiota che Tony sa di avere in faccia.
Una linea divertita gli incurva la bocca, persino la piega della gola ed il
fremito che attraversano il colletto della camicia, giù lungo la cerniera del
giubbotto sembrano voler palesare l’eco di quella risata sommessa, con una
cocciutaggine invidiabile e degna d’encomio.
«Allora?» gli chiede Steve,
portandosi la birra alla bocca senza distogliere lo sguardo «Idee su come
continuare la serata?»
Al che, l’unica mossa che Tony si
concede, in quella partita impari di disonestà e banchi che sballano, bluff e
facce da poker, di codici, sotterfugi, patch e quant’altro, in quella partita
di cui non vede l’ora di segnare il punto vincente, è un rapido sogghigno.
You should phone me, and we will have...
A night at the Cos Bar that neither of us will ever forget.
A beautiful evening of love, lust and paradise.
You can make it nice, call me back.
{ That Man – Caro Emerald }