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Autore: LaMicheCoria    16/03/2015    2 recensioni
E Tony si è ritrovato preda di un vortice da giostra senza rendersene pienamente conto fino a quando i contorni della loro uscita serale non hanno cominciato ad assumere connotazioni strane, dove non c’è una verità inappellabile, bensì molteplici frammenti di bugie non troppo inverosimili –Un puzzle di sguardi e gioco di non detti, battute a mezza voce, labbra troppo strette alla bocca della bottiglia.
Un invito da prendere al volo come una mano tesa per cominciare il ballo e poi rifiutata in una riottosità un po’ vintage, un po’ sfrontata, come a dire Seguimi, se hai coraggio, una sfida ed una preghiera all’insieme, provocazione e desiderio, camuffamento alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti -Dove nessuno va mai a vedere.

[ Steve/Tony]
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Cause Nobody Wants To Be The Last One There :.'
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Disclaimer: Personaggi e canzone non mi appartengono
Ma magari
La storia è scritta senza fine di lucro.

 

 

 

 

 

 

 

My Only Sin Is I Can’t Win
-Oh, I Wanna Love That Man

 

 

I'm in a little bit of trouble
And I'm in real deep
From the beginning to the end
He was no more than a friend to me

 

 

«Quindi, sì, diavolo, è davvero un bel casino.»
«Modera il linguaggio, Stark.»
«Casino non è più una parolaccia da almeno qualche secolo, Rogers.»
«Infatti io intendevo Diavolo
E Tony si scopre a sorridere di quella battuta ridicola che non farebbe ridere nessuno, neanche sotto l’effetto dell’erba o di due o tre cicchetti ben assestati. Due o tre cicchetti cui Stark non ha detto di no, durante il corso della serata, ma non è comunque per quello che ride e scuote la testa. O forse un po’ sì, anche solo per la leggerezza che gli invade il cervello e che fa risaltare il riflesso di Coney Island sull’acqua in una sorta di epifanico momento Disneyano –Manca soltanto l’animale canterino di turno, e Tony spera proprio che al gabbiano che sta fissando famelico le patatine fritte non venga in mente la brillante idea di intonare Kiss The Girl, con l’unico scopo di fargli cadere le cibarie e quindi fuggire col maltolto.
La sua mente, si accorge, ha giusto deviato di qualche metro dal sentiero del buon senso. Meglio rimettersi in carreggiata prima che Rogers –Da bravo figlio del Proibizionismo- inizi con una filippica contro il Vodka Martini: l’unica reazione che scatenerebbe, tra l’altro, sarebbe il bisogno da parte di Tony di strozzarsi con l’oliva –Stecchino compreso.
In realtà ha la testa leggera e la mente che vaga perché finalmente può permettersi entrambe le cose. Non è che puoi permetterti di pensare a gabbiani e Grammy Awards quando una divinità sedicente tale ha deciso di emulare Extreme Makeover Home Edition con la tua costosa Torre. Quantomeno, non puoi permetterlo quando hai Capitan Fatality America che dall’altoparlante ti sprona a tenere gli occhi sull’obiettivo, su questo e quell’altro, e c’è un Chitauro alla tua destra, tre a sinistra, sotto e sopra di te, tanto che ci sei puoi togliermi la divisa dallo stenditoio ché al sole si sbiadisce?
Oh, accidenti. Si è distratto di nuovo.
Steve accanto a lui è in silenzio, a guardare qualcosa molto più lontano delle onde e dell’orizzonte bagnato di spuma. 
La mente di Tony è un carosello di stringhe numeriche, equazioni, algoritmi, un avanti e indietro di idee e progetti, un ribollire di ingegno che mai si quieta e si placa, che si ribella alla stagnazione e la teme più della mancanza di caffè nella credenza –Quasi. Eppure mai, nemmeno nei suoi più sfrenati sogni di bambino, quando si aggrappava alla gonna di Peggy per farsi raccontare storie sentite fino a recitarle a memoria, si sarebbe mai immaginato di poter davvero trascorrere una serata con Capitan America.
Ancora di più, mai si sarebbe aspettato di trascorrerla insieme a Steven Rogers, l’omaccione che dietro quella massa innaturalmente pompata di muscoli nasconde ancora l’animo del ragazzetto malaticcio del Lower East Side, che si stupisce quando un millantato Nerd, ad una delle loro apparizioni pubbliche di beneficenza nelle fumetterie, dichiara di non conoscere Noi di Zamjatin; che, Dio solo sa come, quando sono capitati in un locale jazz ha dato il tempo a Drum Boogie di Gene Kupa battendo la mano sulla coscia, crollando il capo ad occhi chiusi e stringendo il labbro inferiore in un morso impercettibile; che ha seguito a briglia sciolta uno scat di Ella Fitzgerald alla radio, schioccando le dita per segmentare il tempo, ogni stravolgimento di quella voce da capogiro.
E Tony si è ritrovato preda di un vortice da giostra senza rendersene pienamente conto fino a quando i contorni della loro uscita serale non hanno cominciato ad assumere connotazioni strane, dove non c’è una verità inappellabile, bensì molteplici frammenti di bugie non troppo inverosimili –Un puzzle di sguardi e gioco di non detti, battute a mezza voce, labbra troppo strette alla bocca della bottiglia.
Un invito da prendere al volo come una mano tesa per cominciare il ballo e poi rifiutata in una riottosità un po’ vintage, un po’ sfrontata, come a dire Seguimi, se hai coraggio, una sfida ed una preghiera all’insieme, provocazione e desiderio, camuffamento alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti -Dove nessuno va mai a vedere.
Una danza circospetta e fremente, cui Stark prende parte con gioia da fargli rizzare i peli sulla nuca ogni volta che incontra il sorrisetto fugace, inconsapevolmente ferino e stuzzicante di Rogers e ne avverte la sua fiamma guizzargli rossa nelle vene, mandando il cervello in ebollizione e la ragione a cercare qualcosa di meglio da fare, piuttosto che pungolarlo e pizzicarlo perché riprenda contatto con la realtà.
Soprattutto perché quella fantomatica realtà che la ragione vuole propinargli a tutti i costi perde immediatamente fascino e sex appeal quando gli occhi di Steve si abbassano dall’orizzonte alla Budweiser che tiene tra le mani, per poi sollevarsi di nuovo a cercare i suoi. Il risultato è che Tony si sente inchiodato alla panchina e lo scroscio delle onde sulla battigia a stento gli arriva alle orecchie, contrastato com’è dal balbettante, borbottante battito cardiaco dentro le tempie; i granelli di salsedine sono minuscoli brividi che picchiettano, sghignazzano sulla pelle accaldata e l’aria salmastra gli infeltrisce la lingua.
Il Capitano inarca le sopracciglia, perplesso dall’espressione sgomenta e idiota che Tony sa di avere in faccia. Una linea divertita gli incurva la bocca, persino la piega della gola ed il fremito che attraversano il colletto della camicia, giù lungo la cerniera del giubbotto sembrano voler palesare l’eco di quella risata sommessa, con una cocciutaggine invidiabile e degna d’encomio.
«Allora?» gli chiede Steve, portandosi la birra alla bocca senza distogliere lo sguardo «Idee su come continuare la serata?»
Al che, l’unica mossa che Tony si concede, in quella partita impari di disonestà e banchi che sballano, bluff e facce da poker, di codici, sotterfugi, patch e quant’altro, in quella partita di cui non vede l’ora di segnare il punto vincente, è un rapido sogghigno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

You should phone me, and we will have...
A night at the Cos Bar that neither of us will ever forget.
A beautiful evening of love, lust and paradise.
You can make it nice, call me back.

{ That Man – Caro Emerald }

 

 

   
 
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