- Non riesco a sistemare il formato, se qualcuno può illuminarmi il mio problema è che ho tutto il testo con lo stesso carattere/dimensione ma poi me lo fa vedere come vuole lui. Ma andando ala storia: non ci sono ship di genere alcuno, NEANCHE ITACEST, no, lo dico così. Per sicurezza.
- E il fatto che determinate cose succedano a Romano o Feliciano dipende più che altro dalla mia bellissima vena sadica e dal fatto che penso che Veneziano possa vendicarsi. E... non riesco a non far capitare chissà cosa a Roma, chissà perché. Buona lettura.
Feliciano aprì lentamente gli occhi dal leggero sonno nella quale era caduto. Guardandosi intorno riconobbe la stanza della villa romana che ormai pareva più un ospedale.
Si stiracchiò debolmente, quando un colpo di tosse alla sua sinistra lo riscosse immediatamente.
Romano ebbe un altro spasmo che lo portò a piegarsi in due nel sonno.
Il minore preoccupato si precipitò ad aiutare il fratello detergendogli la bocca.
Erano ormai un paio di giorni che il meridionale sputava sangue e non riusciva ad alzarsi dal letto.
Tutto era iniziato dall'avanzata tedesca in Sicilia. Da quando gli invasori si erano fatti largo a suon di bombe tra i civili non pronti ad una guerra, Lovino aveva cominciato a stare male.
Tempo un paio di giorni e l'isola era stata completamente assediata. L'avevano trasformata in una base tedesca sul mediterraneo.
Romano non voleva far altro che correre dalla sua amata terra a far sloggiare i crucchi, ma si era dovuto placare quando si era reso conto della forza avversaria.
Un esercito vasto e attrezzato. Soprattutto addestrato per quel momento. Come un incubo diventato improvvisamente reale.
I fratelli Italia si erano allora ritrovati a Roma per il contrattacco, o perlomeno per chiedere aiuto all'Europa, ma Germania era stato più veloce.
Dalla sua base militare rinominata Krautland aveva lanciato in cielo delle mine piene di polvere al rame che aveva reso inutilezzabile ogni via di comunicazione.
I Vargas erano letteralmente tagliati fuori dal mondo.
Veneziano aveva tentennato.
Magari se si fossero arresi Ludwig li avrebbe risparmiati. Avrebbe smesso di far male a Romano inutilmente.
Ma lo sguardo del fratello lo aveva fatto desistere.
Cosa avrebbe fatto se fossero state le sue città ad essere messe sotto attacco?
Come avrebbe reagito al pensiero della torre di San Marco minacciata dalle bombe?
No. Avrebbero combattuto, avrebbero difeso casa loro.
Anche se sembravano degli sprovveduti sapevano cos'era la guerra e come si combatteva.
Spostarono il loro quartiere generale a Napoli, ma lì sembrava che la situazione potesse solo peggiorare.
Germania aveva lanciato delle bombe sulle città più famose del meridione, come se stesse mirando a qualcosa di più grande visibile solo a lui.
E ancora Romano tossì. A Veneziano tornò in mente la discussione a proposito di cosa avrebbero potuto fare di qualche giorno prima.
"Non possiamo mandare qualcuno, quel bastardo ha preso degli ostaggi, e non esiterebbe a servirsene." sussurrò Lovino.
"Ma se non contrattacchiamo continuerà a danneggiarti." rispose preoccupato Feliciano.
Perché Germania stava colpendo la penisola solo da Roma in giù?
Perché stava attaccando solo Romano?
Insomma, se ne erano accorti tutti, non si poteva negare. Il tedesco aveva scelto accuratamente i posti da bombardare. Una precisione chirurgica che si dimostrava dal fatto che Veneziano non aveva subito danni. Solo per empatia capiva cosa stava passando il fratello.
Ma ne era distante.
E a sua volta nella parte meridionale dello stivale venivano colpite solo determinate zone, alcune persone.
Da tempo le nazioni si erano accorte che alcune parti del loro territorio reagivano in modo diverso. Ad esempio se Roma veniva colpita entrambi i Vargas ne erano consapevoli per il dolore che si propagava dentro di loro. Similmente se a subire danni erano Napoli o Venezia solo uno dei due fratelli aveva ripercussioni fisiche reali.
A loro volta determinati luoghi erano come centri di potere e dolore. Sotto la terra passavano nervi, vene e recettori.
E Germania stava colpendo Romano in modo da renderlo inoffensivo, ma completamente cosciete.
Il dolore, la consapevolezza di non poter fare nulla per la sua gente lo straziavano più degli attacchi in se.
Ludwig aveva studiato tutto.
Mentre i maggiori esponenti delle difese erano riuniti intorno a Italia per elaborare il piano di un assalto notturno alla base in Sicilia per tenere occupati gli invasori, qualcosa picchiettò alla finestra.
Uno degli ufficiali si apprestò a controllare ritrovandosi un pulcino giallo con attaccato alla gamba un messaggio.
Romano emise un ringhio basso mentre Veneziano quasi tra se parlò "Dovevo saperlo, una strategia così maniacale non poteva essere tutta opera di Ludwig."
Il pensiero che anche Prussia facesse parte di quel piano malato scosse i fratelli che non si diedero per vinti. Afferrarono tutti i piani che i sottotenenti avevano preparato scartando quelli che prevedevano un offensiva diretta alla nazione tedesca. Se anche l'albino si era messo a giocare le difese che avrebbero trovato erano fuori dalla loro portata.
Altri attacchi e le condizioni di Romano peggioravano a vista d'occhio. Non riusciva a lavorare per più di un paio d'ore consecutive, caricando sempre di più i suoi collaboratori.
Veneziano per alleggerirlo un po' si era preso la responsabilità di radunare un esercito e addestrarlo. Non sapendo a cosa sarebbero andati incontro i posti erano aperti a tutti, uomini e donne, sopra i diciotto e sotto i sesanta. Ma nessuno sarebbe stato obbligato.
Dato che la parte settentrionale pareva sicura i bambini e i malati furono fatti evaquare dal meridione, dove invece si andò a stabilire il centro di comando.
Le vecchie strategie, o la preparazione sarebbero state vane. Con le nuove tecnologie che avevano individuato sul campo nemico avrebbero dovuto inventarsi altro.
Romano nel suo letto lottava, ad ogni nuova fitta rispondeva con un insulto sempre peggiore e in qualche dialetto. Gli era scappato qualcosa anche in greco, ma era l'unico modo per non tenere tutta la testa concentrata nell'agonia. Ogni tanto aveva qualche ora di lucidità, ma la occupava con i preparativi e le lettere di aiuto alle altre nazioni.
I messaggi, ma soprattutto il modo per farli arrivare.
Non era mai stato troppo bravo nella diplomazia, preferiva contatti diretti e senza giri di parole, ma ora non aveva scelta.
Come Veneziano che avrebbe di gran lunga scelto di rimanere attorno ad un tavolo piuttosto che correre per allenarsi.
In un momento del genere non potevano fare gli schizzinosi.
Italia in primo luogo, ma gli italiani alla fine dovevano fare tutto ciò di cui c'era bisogno. Non ciò che volevano.
Gli abitanti del settentrione si esercitavano, combattevano e difendevano. Quelli del meridione mettevano in salvo chi o cosa riuscivano. Una volta finita l'evaquazione avevano assicurato tutti gli edifici più importanti, per poi dedicarsi alla cura dei feriti.
Ognuno stava dando il massimo. Ogni ora di ogni giorno era spesa per la protezione. Anche chi non aveva mai fatto nulla capiva la gravità della situazione e dava una mano.
Alcuni gruppi di uomini erano riusciti da poco a localizzare le zone di lancio missili. Si trovavano in piccole piattaforme nel mare, che erano lì da anni.
Ma da quanto questo scempio veniva progettato?
Veneziano corse verso la camera del fratello per riferirgli le ultime novità. Nonostante ci fossero già persone che si apprestavano a tenere il maggiore informato, ci teneva ad andarlo a trovare.
"Ve, Romano." lo chiamò per essere sicuro che lo stesse a sentire "Adesso è tutto pronto per il tuo trasferimento." gli disse piano.
E quasi Lovino non trovò la forza di protestare "T'ho detto che nun me movo daccà."
"Ma te sei visto?" cercò di convincerlo il minore. A seguito di altri attacchi le condizioni del meridionale erano peggiorate, ora riusciva a stare lucido solo per qualche ora al giorno.
"Non andrai lontano, solo che la laguna sarà più sicura." non sapevano ancora per quanto Roma sarebbe stata fuori dalla portata degli attacchi, quindi era meglio se si fosse riparato il più possibile.
Il settentrionale lo guardò preoccupato cedere, doveva esserci sotto qualcosa se era così arrendevole.
"Qualcuno ti ha risposto?" chiese ancora con un filo di voce, Lovino sarebbe dovuto stare in estremo riposo, ma nonostante questo voleva lavorare.
"Te l'ho detto che non sono bravo a chiedere aiuto..." si interrompè per un colpo di tosse.
"Nessuno." capì Veneziano.
"Quei bastardi hanno detto che hanno le loro gatte da pelare, ma penso che il mangiapatate abbia provveduto anche per loro."
La domanda che entrambi i fratelli si facevano da quando il tutto era cominciato aleggiava nell'aria.
Perché?
Lovino riprese a parlare più lentamente "Feliciano, me la devi promettere una cosa prima del mio trasferimento." e cercò di alzarsi "Ti prego, non ti arrendere."
Veneziano strinse le mano del fratello e promise.
Non l'avrebbe tradito, avrebbero lottato, avrebbero vinto o perso.
Ma sicuramente insieme.
Così si ritrovarono la settimana seguente a dover comunicare tramite staffette perchè le radiocomunicazioni potevano essere intercettate. Entrambi i fratelli trovavano la nota comica in quelle traversate.
Le tecnologie erano progredite, ma ancora avevano pochi caposaldi durante le emergenze.
Veneziano controllò i piani che gli erano arrivati dal fratello, era riuscito a trovare un valico tra le alpi sotto consiglio del minore. Ma cosa più importante, era riuscito a trovare il modo per usarlo per infiltrarsi in Germania.
Anche le altre nazioni erano preoccupate e temevano il comportamento dei fratelli teutonici, ma in un modo o nell'altro avevano le mani legate. Specialmente in Europa.
Nonostante questo non si sarebbero arresi, Francia poteva non essere così assiduo nel controllare il confine.
E Svizzera poteva chiudere un occhio e risparmiare munizioni.
Ora quello che mancava era una squadra che agisse.- Italia
avevano discusso e controllato ogni minimo punto del loro piano,
avrebbe dovuto
funzionare per forza. O si sarebbero ritrovati da capo.
- Avevano
trovato il plotone scelto di cui necessitavano e l’avevano
addestrato in vista
solo e unicamente di quella tattica.
- Ora
i fratelli si ritrovarono a Venezia per dare il via alla controffensiva.
- Romano
lottava per prestare attenzione al piano che assieme a Veneziano aveva
costruito. Mattone per mattone.
- Attaccare
la base siciliana sarebbe stato inutile e uno spreco di forze.
- Cercare
di disarmare ogni piattaforma di lancio missili dispersivo.
- Ma
allora che fare?
- Come
sorprendere i nemici nel loro stesso campo?
- Semplicemente
facendo ciò che non si aspetterebbero mai.
- Attaccarli
direttamente.
- I
fratelli teutonici avevano fatto arrivare tutte le richieste di
accondiscendere
alle loro proposte tramite Gilbird proprio per mettere in chiaro che
oltre la
potentissima forza distruttiva in attacco, caratteristica di Germania,
potevano
contare su una difesa pressoché perfetta, a opera di Prussia.
- Era
una mossa calcolata, valutata per escludere attacchi diretti alla
nazione
tedesca.
- E
avrebbe perfettamente funzionato se non si contava la disperazione che
aveva
assalito gli italiani.
- Ormai
era palese che avrebbero perso.
- E
allora bisognava stravolgere le cose.
- I
tedeschi pattugliavano i confini, ma leggere qualcosa su una cartina lo
mette
in un’ottica diversa dal viverci.
- Quindi
il plotone scelto e rinominato Impetum riuscì a eludere
facilmente le truppe
nemiche affidandosi a Maria, guida alpina da ormai
trent’anni. Ci era cresciuta
tra quei valichi, e nessuno li conosceva meglio di lei.
- Il
gruppo contava dieci membri, i migliori.
- Il
loro piano era infiltrarsi in Germania e cercare di capire il motivo di
quell’attacco sotto copertura.
- Avrebbero
fatto una cosa difficile, se fossero stati scoperti la morte sarebbe
stata
pietà nei loro confronti.
- Dovevano
fingersi spie.
- Non
sarebbe stato facile. Per nulla.
- Ma
da contatti Romano aveva ritrovato un vecchio amico nei confini
tedeschi che li
avrebbe aiutati a rendersi credibili.
- Se
fossero arrivati al punto di incontro.
- Avrebbero
dovuto accerchiare il territorio nemico, e valicare le Alpi per la
Svizzera era
solo il primo step.
- In
un treno merci erano passati in Francia, casualmente proprio mentre
Francis
faceva personalmente un controllo alle nuove dogane.
- Un
grande possesso di un vecchio nobile permise il superamento del confine
belga,
ma non andarono oltre.
- Germania
aveva invaso la nazione per evidentemente cercare di sfociare in
Francia senza
lasciare vie di riparo sicure. E questo aveva bloccato il plotone.
- Non
si seppe più nulla di loro dalla nota in un piccolo
bigliettino sempre portato
dal piccolo pulcino prussiano che recitava solo:
- Ve
l’abbiamo già
intimato. Arrenditi.
- Sotto
campeggiava la data del 26 febbraio.
- Quella
piccola squadra di speranza era durata meno di una settimana.
- Non
si sarebbero arresi comunque!
- Travolto
da uragani interiori Veneziano si diresse immediatamente nella camera
del
fratello.
- Sapevano
che sarebbe potuto succedere. Avevano un’altra strada.
- Altri
piani con nuove sorprese.
- Ma
non ce l’avrebbe mai fatta da solo.
- Romano
ancora dormiva, sembrava così beato ormai.
- Era
un giorno intero che non si risvegliava, ma la sua espressione pacifica
faceva
intendere che andava tutto bene dove si trovava in quel momento.
- “Sai
fratellone” il minore si sedette vicino all’altro
carezzandogli una mano “ho
paura.”
- Ma
non di questa guerra, anche se è meglio definirlo massacro.
- Non
delle conseguenze o dei numerosi attacchi.
- Le
difese possono cedere e i piani fallire.
- Ma
ciò che Italia temeva veramente era che suo fratello non si
sarebbe risvegliato
per continuare la sua frase.
- Erano
pensieri inutili in quel momento, anche se si fossero avverati i loro
cittadini
erano più importanti.
- La
sua sopravvivenza lo era.
- Gli
attacchi a sfiancare il maggiore continuavano e solo dopo un paio di
giorni
riuscì ad alzarsi dal suo letto.
- Cuore
pesante e mente nera “Come sta andando il piano?”
furono le sue prime parole
dopo aver trovato il fratello con lo sguardo.
- Trovati,
forse torturati. Ormai sicuramente morti.
- “Non
si hanno ancora notizie.”
- E
invece le aveva avute, eccome. Ma non soltanto quelle.
- In
una settimana una lettera consegnata a mano da un giovane tedesco
suggeriva la
pace.
- Se
così si poteva chiamare la resa incondizionata
dell’Italia a vantaggio della
Germania.
- Ma
come poteva Veneziano dire a Romano che ci aveva pensato.
- Che
pur di non vederlo soffrire si sarebbe umiliato nel peggiore dei modi?
- Perché
con evidente sadismo non bastava piegare il capo. I tedeschi volevano
la prova
tangibile della sottomissione completa di quel popolo ormai calpestato.
- Veneziano
avrebbe dovuto portare la toga che era stata di Impero Romano nella
nazione del
nord, e offrirla per la sua salvezza.
- Quella
richiesta non aveva scopi pratici.
- Mera
soddisfazione personale.
- Se
le bandiere erano qualcosa di sacro per le nazioni, quello era il
vessillo
dell’infanzia di Italia.
- Entrambi
i fratelli cresciuti dal nonno sentendo le sue storie, assaporando la
sua vita,
vedendo la fierezza con la quale indossava quei vestiti.
- Ma
ormai la decisione era stata presa.
- Senza
dire nulla al fratello, Veneziano rispose a Germania che era pronto per
la
resa, in cambio il tedesco gli lasciava le frontiere aperte per
accoglierlo a
Berlino.
- Durante
la prima settimana di marzo partì.
- Sembrava
quasi una presa in giro la primavera che si svegliava mentre lui si
andava a
consegnare.
- No,
portava solo della libertà non sua.
- Da
accordi partiva solo, a piedi e senza armi.
- Come
una passeggiata da un amico.
- Tanto
per una nazione non era troppo complicato o particolarmente difficile.
- Mentre
usciva dalla sua terra vedeva distruzione e sangue. Quello che doveva
essere
simbolo di vita macchiava inesorabile strade e muri.
- I
feriti venivano aiutati il più possibile, ma se qualcuno
rimaneva da solo
poteva essere dimenticato.
- Feliciano
passò vicino a quello che un tempo era un albergo, dove ora
venivano portati i
bambini a cui non rimaneva nessuno.
- Gruppi
di volontari aiutavano il più possibile, ma non abbastanza.
- Una
bambina corse incontro al ragazzo aggrappandosi alla tunica che aveva
legato in
vita, con sguardo terrorizzato.
- “Di
qua veloce!” urlava mentre cercava di trascinare il castano
con sé.
- Un
altro bambino se ne stava seduto su un muretto vicino con una gamba
coperta di
sangue.
- “Il
dottore gli aveva detto di non muoversi!” lo
sgridò la bambina.
- Italia
strinse il cuore e sollevando il bambino per riportarlo dai medici non
si
lasciò sfuggire un commento.
- Una
parola soltanto lo avrebbe fatto scoppiare.
- Si
ripeté che lo faceva per loro, così non se ne
sarebbero feriti altri.
- Perso
nei suoi pensieri se ne andò per la sua strada senza
accorgersi di essersi
macchiato.
- Molta
gente vedendolo con una macchia scarlatta che pareva fasciata malamente
cercavano di fermarlo per aiutarlo, ma non si sa come dalla sua
espressione
intuivano che dovevano farsi da parte.
- Il
primo confine era superato.
- L’Austria
lo attendeva cupa e minacciando un temporale.
- Ma
la cosa che fece rabbrividire la nazione erano le bandiere tedesche a
tappezzare le vie.
- Quindi
è così che anche loro sarebbero finiti?
- Il
carminio sarebbe stato accompagnato da un’alba grama al posto
che alte vette e
fertili pianure?
- Continuò
la sua marcia fino a quando non fu sicuro di essere arrivato in
Repubblica
Ceca, doveva essere attorno al quattordici.
- Solo
due giorni e sarebbe dovuto essere a destinazione.
- Mentre
si riposava immerso nei suoi pensieri un bambino gli si
avvicinò, restando però
a una debita distanza, assicuratosi che fosse straniero
colpì.
- Lanciò
un sasso a Feliciano urlandogli di andarsene con tutto il fiato e il
coraggio
che possedeva. Per poi scappare.
- Italia
d’istinto si alzò per inseguirlo, ma un piede in
fallo lo fece cadere in un
prato.
- Aveva
paura ma a sua volta la incuteva.
- Però
a differenza di quel bambino lui abbassava il capo.
- Cosa
avrebbe detto suo fratello a vederlo coperto di erba e terriccio,
prossimo alla
resa in terra nemica. Con la tunica del grande impero che li aveva
cresciuti
sporca tra le mani?
- Si
faceva schifo da solo.
- E
ormai camminare non bastava più a tenerlo lontano dai
pensieri.
- Lo
tormentavano, insultavano e denigravano per quella decisione presa.
- Senza
suo fratello sapeva fare solo questo?
- No,
ci aveva riflettuto.
- Avrebbero
potuto riprendersi la loro libertà quando Romano sarebbe
stato meglio.
- Se
i teutonici l’avrebbero permesso.
- Pena
e biasimo.
- Questo
gli bloccava le gambe davanti al luogo dell’incontro. Centro
di potere della
Germania rinata.
- Quasi
come una fenice, pronta a incendiare il mondo con il suo passaggio.
- Ludwig
lo poteva vedere dalle finestre che davano sulla piazza, ma non lo
avrebbe
forzato.
- L’umiliazione
doveva venire tutta dall’Italia.
- Erano
ore che questa situazione non mutava.
- Veneziano
non si muoveva e Germania osservava.
- Il
castano iniziò a tremare, freddo, paura, rabbia, erano
mischiate nel suo corpo.
- Non
avrebbe saputo dire quale stava prevalendo quando si
incamminò verso
l’edificio.
- Doveva
essere davvero tardi, nessuno nei saloni lo attendeva.
- Solo
un paio di figure pregustavano quel momento.
- “Inginocchiati.”
gli intimò il biondo con voce fredda.
- Veneziano
ubbidì poggiandosi al suolo e tenendo il capo basso.
- “Facci
vedere la tunica.” disse l’albino facendo
schioccare i suoi stivali mentre si
avvicinava.
- Un
singhiozzo scosse le spalle del castano mentre scioglieva il nodo che
lo
separava dalla fine delle sofferenze.
- Non
era necessario continuare a essere uno stato sovrano, finché
poteva essere
indivisibile.
- Ma
Romano.
- No,
per lui era lì.
- Ma
gli aveva fatto una promessa.
- Cosa
avrebbe fatto suo fratello una volta tornato indietro? Si sarebbe
arrabbiato?
- No,
l’avrebbe guardato anche lui con spregio.
- Mentre
stendeva la stoffa vide nei loro occhi disprezzo. Prevedibile.
- “Questa
è la famosa toga? Sembra una pezza da piedi.”
- Vero,
come la libertà e la dignità degli italiani che
quel tessuto significava.
Sporco, lacero e ormai in balia di altri.
- La
stoffa candida era macchiata di sangue una volta caldo, e striata
dall’erba una
volta rigogliosa.
- “Germania
io…”
- “Non
parlare.” gli intimò il tedesco.
- Ma
come poteva lui, rappresentante di uno dei più bei paesi,
solare e allegro
ridursi così. Lontano da chi amava e costretto per
l’ennesima volta a tacere.
- “No.”
- Una
sola sillaba fece scattare il piede di Prussia sulla sua faccia.
- “Hai
detto qualcosa?” rise.
- Lovino era con lui.
- L’Italia
era
con lui.
- “Ho
detto no.” con uno scatto fulmineo si diresse verso Germania.
- Gilbert
non esisteva a livello geografico, e la sua forza fisica rispecchiava
ciò,
rendendolo quasi insignificante.
- Al
totale opposto del biondo.
- Lui
era il solo e unico nemico.
- Puntando
sulla sua agilità si lanciò
all’attacco, e riuscì a rubare un pugnale a un
Germania impreparato. Questo non era nei suoi piani.
- Italia
era riuscito solo a portargli via un’arma decorativa, non gli
sarebbe servita a
molto, ma anche la spada al fianco del tedesco era solo da parata.
- Si
guardarono negli occhi per un istante soppesando ciò che
avevano a
disposizione.
- Feliciano
si buttò verso destra, ma con un rapido gioco di piedi
schivò sulla sinistra un
fendente e riuscendo a colpire Ludwig alle spalle.
- Affondò
con entrambe le mani il pugnale nella spalla destra
dell’avversario
procurandogli un taglio. Si scansò e corse a ripararsi
dietro il corrimano.
- Prussia
cercò di avvicinarsi per aiutare il fratello, ma gli venne
intimato con un
cenno di non intromettersi.
- Questo
era un affronto in primo luogo a Germania.
- E
lui avrebbe rimediato e tale errore.
- Fendette
l’aria un paio di volte con la sua arma mentre si avvicinava
alla figura
tremante del moro. Pensava davvero quello scricciolo di opporsi a lui?
- “Vieni
fuori a combattere.”
- Perché
l’aveva fatto, davvero che gli era saltato in mente?
- Avrebbe
dovuto fare il bravo per suo fratello, non cacciarsi in situazioni
peggiori!
- Italia
aveva il fiato corto mentre la sua mente lavorava al massimo, era in
netto
svantaggio e in territorio nemico. Da solo e provato dai giorni passati.
- Un
individuo razionale si sarebbe arreso ad un pronostico tanto negativo.
- Ma
una persona sola non ha nelle sue mani così tanti destini.
- Da
lui dipendeva troppo, e ormai il grande passo lo aveva fatto.
- Non
mancava che il salto.
- Scattò
in piedi a fronteggiare nuovamente il biondo.
- Strinse
i denti e si buttò in avanti.
- Germania
fece saettare la spada veloce, riuscì a ferire al braccio
sinistro il
meridionale. Che, però, riuscì a guadagnare
abbastanza tempo per un altro
colpo. Preciso infilò la lama sotto al braccio che reggeva
l’arma, e si
allontanò.
- Il
taglio sul braccio bruciava terribilmente, ma l’adrenalina lo
rendeva cieco a
queste sensazioni.
- L’esaltazione
lo stava portando a credere di potercela fare davvero.
- Forse
anche lui aveva una piccola speranza.
- Riattaccò
sempre puntando sulla stazza dell’altro, che si era
già fatto fregare troppe
volte, infatti Germania fingendo un affondo si tirò indietro
colpendo col
braccio sinistro l’italiano sulla schiena.
- Italia
cadde al suolo battendo il mento.
- La
risata sguaiata di Prussia echeggiò tra le pareti come un
urlo di sconfitta.
- Le
lacrime iniziarono a rigare il volto di Feliciano in silenzio. Non
avrebbe
dovuto piangere così davanti a quelle nazioni che non
meritavano le sue
lacrime.
- Avrebbe
dovuto essere forte e resistere per suo fratello.
- Per
la sua gente.
- Cercando
di alzarsi la sua mano incontrò una stoffa.
- Nonno
Roma gli aveva detto che insieme a suo fratello sarebbero stati grandi.
Per i
loro cittadini sarebbero stati in grado di alzare il guardo atterrato
ed
incerto e stagliarsi contro gli oppressori.
- Ma
stava raggiungendo il limite.
- Afferrò
la stola romana per darsi coraggio mentre decideva per
l’ennesima volta di
aprire gli occhi. Guardare ciò che lo circondava e vederne
la realtà.
- Quel
vessillo che credeva simboleggiare i suoi fortunati natali, ormai
rispecchiava
altro.
- Suo
fratello, il suo popolo. Lui.
- Quello
straccio gli diede certezza.
- Sollevandolo
lo lanciò fulmineo contro Germania che si stava avvicinando
a lui per
oscurargli la vista, mentre puntando sul braccio ferito gli rubava
l’arma e
gliela puntava al collo.
- “Non
muoverti.” disse in un soffio.
- “Questo
è un trucco da quattro soldi, e ora che farai, mi
ucciderai?”
- Pensava
di conoscere la risposta.
- Ne
era certo.
- “Se
reagirai ancora non ne avrò remore.”
- Si
scansò leggermente per lasciare il tedesco libero, che
cercò a sua volta di
riportarsi in vantaggio.
- “Prevedibile.”
- Italia
rinforzò la presa.
- “Cos’è
che vuoi ad ogni costo Germania?”
- Gli
chiese triste.
- L’altro
non rispose.
- “Come
hai fatto. Io ti avevo schiacciato. Non dovevi avere la
forza.”
- Certo,
la sua energia se ne era andata passo passo. Aveva cercato di farcela
per
Romano e stava per arrendersi.
- Voleva
lottare per le sue genti e la sicurezza l’aveva accecato.
- Sorrise.
- L’aveva
fatto per sé.
- Tutto
ciò a cui teneva era li davanti a lui.
- La
lacera toga di Roma era così simile a ciò che
avrebbe protetto fino alla fine.
- L’erba
smeraldina ne copriva una parte, l’altra era occupata dal
sangue scarlatto, ma
ancora su quel pezzo di stoffa brillava il bianco puro.
- Ciò
che lo rappresentava era davanti a sé.
- Doveva vincere.
- Ma
ancora una risata stridula squarciò la calma creatasi.
- Prussia
con andatura sicura si riprese la scena che gli era stata tolta.
- “Credi
di aver vinto?” chiese ridendo in modo insano
“Davvero pensi che non avremmo
pensato a ogni evenienza?”
- E
fece roteare tra le mani un piccolo telecomandino nero.
- “Questo.”
si prese una pausa “Serve a fare una cosa molto bella, anzi
magnifica.”
- Feliciano
deglutì rimanendo concentrato sulla situazione che lo
circondava.
- “Fa
accadere in una volta sola ciò che il tuo fratellone non ha
avuto in tanti mesi
di agonia,” ghignò “la morte.”
- Prussia
iniziò a spiegare la mappatura del territorio europeo che
avevano fatto,
dicendo che quella riuscita meglio e più completa fosse
quella Italiana, ma non
bastavano pochi colpi mirati, ovviamente.
- A
meno che il bersaglio non fosse già provato.
- “No!”
urlò Veneziano.
- “Sì”
sibilò Germania.
- “Arrenditi.”
propose Prussia.
- “No!”
ribadì Italia.
- Era
arrivato fino a quel punto non si sarebbe rimangiato quelle emozioni e
sentimenti che…
- Gilbert
premette il pulsante.
- Italia
cadde a terra come se gli avessero sparato al cuore.
- Che
aveva fatto?
- Come
aveva potuto sacrificare suo fratello così?
- Ora
sarebbe stato da solo a combattere.
- I
tedeschi si voltarono verso l’ingresso, dove
tra le luci della nascita di un nuovo giorno un soldato in uniforme
comparve,
probabilmente per dare la notizia della presa totale della penisola
italiana. E
passaggio alla prossima fase del piano.
- Ma
quando il soldato varcò l’uscio cadde, mentre una
rosa cremisi stillava dalla
sua giacca.
- Un
altro soldato sopraggiunse nelle stesse condizioni.
- Che
stava succedendo?
- Le
domande vennero presto placate quando un plotone sfociò
nell’atrio del palazzo
con i fucili puntati sulle nazioni presenti.
- Un
medico corse verso la scena andando a sostenere il moro che si stava
lentamente
riprendendo.
- “Signor
Italia, faccia piano.”
- L’interpellato
rispose alzando la testa e perdendosi nello spettacolo che aveva
davanti.
- L’esercito
che con tanta fatica e dedizione aveva tirato in piedi ora era
lì.
- Tutti
con una fascia azzurra a segnare l’appartenenza a qualcosa
che li accomunava
tutti.
- Un
desiderio di libertà a fratellanza.
- Amore.
- Con
le lacrime agli occhi non si beò la scena.
- “Romano….”
trattenne un singhiozzo “lui….”
- “Si
trova a Roma ad aspettarci, da quando ha iniziato a riprendersi dopo
che i
tedeschi hanno smesso di fare danni dopo la vostra partenza.”
disse pronto un
tenente facendogli strada fuori dall’edificio.
- Ancora
le spalle ebbero uno spasmo.
- “Si
è dato da fare, ed è grazie a lui se siamo
riusciti a raggiungervi, le difese
si sono anche fatte più basse.”
- Aveva
fatto tutto ciò che poteva anche nei suoi ultimi giorni, e
lui non era stato
neanche in grado di proteggerlo.
- Scoppiò
in un pianto ancora più sfrenato senza emettere un suono.
- “E
anche quando abbiamo scoperto che c’erano altri missili
mirati sulle città li
abbiamo resi subito inoffensivi sotto al suo comando.”
- Le
altre parole vennero completamente cancellate dalla memoria del moro.
- Missili
inoffensivi.
- “Fatemi
parlare con lui immediatamente!” ordinò ancora
prima di essersi riuscito a
mettere in piedi da solo.
- Un
soldato portò velocemente una radio con la quale Italia
sbraitava ordini dalla
sede principale.
- “Romano
stai bene!”
- La
sua voce e la certezza che il piano tedesco era fallito fu un balsamo
per
Feliciano che non ebbe bisogno di altri aiuti.
- “Certo
che sto bene!” si sentì una voce quasi dolce
ribadire.
- Che
cambiò immediatamente tono “E chi ti ha detto che
potevi arrenderti bastardo?!
Mi avevi fatto una promessa, me lo avevi giurato!”
- “Non
l’ho fatto, ho combattuto!”
- Romano
stava per dire altro ma si fermò.
- Gli
avevano detto cosa era successo non appena era stato possibile, e
sapeva cosa
il suo fratellino aveva fatto.
- “Lo
so… e sono fiero di te. Ora torna a casa.”
- E
chiuse la chiamata prima che la sua voce potesse tremare
dall’emozione.
- Giornali
e resoconti furono molto chiari a riguardo di cosa successe dopo.
- Tutte
le nazioni europee si diedero appuntamento per festeggiare la grande
liberazione come se fosse stata opera loro. Sontuosi banchetti e
altisonanti
trattati furono scritti e descritti in grande quantità.
- Il
rientro in patria tra tutti gli onori di Veneziano e
dell’esercito italiano fu
festeggiato in tutte le case, e le ultime scorte vennero finite per
enormi
pranzi nelle piazze di tutta la nazione.
- I
due fratelli si ritrovarono a Roma, dove assieme appesero la stola
romana con i
segni di una battaglia sopra.
- Fiocchi
verdi, bianchi e rossi ornavano le strade e i cuori erano colmi di
gioia.
- Allegria
e felicità straripavano dalle case anche durante i lavori di
recupero e
ritrasloco per ritornare alla normalità.
- Molti
danni erano stati fatti, ma sarebbero stati ripagati col tempo.
- Ora
erano tutti pronti a ricominciare.
- Come
popolo e come Italia.
- Ma
nessuno fu informato di cosa successe quella sera dopo i festeggiamenti
in una
stanza di una casa della capitale.
- Dove
i fratelli si ritrovarono soli, assieme, dopo tanto tempo.
- Quando
si strinsero in un abbraccio che aveva colmato in poco la distanza tra
loro,
pronto a rendersi più utile e esaustivo di mille parole.
- Le
emozioni che avevano provato in quei giorni.
- La
paura, l’angoscia.
- Ciò
che gli aveva spinti a continuare.
- Sentimenti
che non andavano spiegati, direttamente compresi.
- Piansero
molto quella sera.
- Lacrime
di felicità e gioia. Dolore e amarezza. Terrore e disgrazia.
- Tra
loro che sempre si sarebbero capiti.
- Ma
un attimo prima che le lancette dell’orologio di quella
grande sala segnassero
la mezzanotte e l’inizio di un altro giorno, i due fratelli
dovevano ancora
dirsi una cosa.
- Qualcosa
che poteva significare l’essersi ritrovati e la rabbia della
lontananza.
Sentimenti che avevano già provato e che il futuro non gli
sconterà di certo.
- Ma
ancora un anno era passato e loro potevano ancora definirsi fratelli.
- Quindi
si guardarono negli occhi e lo dissero.
- “Auguri
Italia.”
- Ta
ta ta taaaaa.
- NOTE
DELL’AUTRICE
- Non
voglio mancare di rispetto a nessuno per i personaggi scelti (Germania
e
Prussia “cattivi”), ma è la nazione
europea più verosimile per questo ruolo, e
se volete un motivo ve ne do uno più che lecito. Gli stati
esteri provano forte
fascino per il nostro paese, unito alle manie di grandezza e dal fatto
che da
qualche parte si deve pur cominciare non mi sembra di scrivere cose
fuori dal
mondo.
- Se
Felì dice “ve” non è per
ritornare agli albori della mia fanglirlaggine, ma in
molti dialetti è una parola che può voler dire
“guarda” o “attento” o un
semplice intercalare. E bhe… io non so neanche parlare il
mio dialetto e sono
polentona, quindi le frasi che dice Roma sono bellamente inventate a
caso.
- I
tedeschi all’”arrenditi” si rivolgono
principalmente a Feliciano perché pensano
di averlo reso succube al loro volere tramite Romano. Ma secondo me
sarebbe
stato più efficace il contrario.
- Il
motivo per cui ci sono bambini che intervengono, e non adulti,
è perché sono
loro il popolo, i suoi pensieri più puri e istintivi. E poi
adoro la storia di
Balilla, bambino che si dice che tirando un sasso ad un austriaco ha
fatto
scoppiare una lotta per l’indipendenza italiana nel
’800.
- Il
carminio
sarebbe stato accompagnato da un’alba grama al posto che alte
vette e fertili
pianure?
- Detto
perché si pensa che la bandiera tedesca simboleggi
un’alba, mentre quella
italiana pianure-montagne per il verde e bianco (perché
siamo un paese che ha
tutto) e il rosso per il sangue (sempre simbolo di vita e figaggine,
che sembra
una parola usata impropriamente qui, mentre è probabilmente
ciò che volevano
comunicare. Siamo grandi e possiamo permetterci il potere e la forza
nella
nostra bandiera). Ovviamente ci sono altre spiegazioni come i vestiti
di
Beatrice (altra cosa che significa figaggine).
- Citazioni
a buffo di Marzo 1821 di Manzoni perché ADORO quella poesia.
- Stupenda.
- Leggetela.
- Ora.
- Non
avete scelta.
- No,
davvero.
- Verrò
da voi ad alitarvi nell’orecchio mentre dormite se non lo
fate.
- Vi
piacerà!
- I
nomi Italia-Veneziano-Romano-Lovino-Feliciano li ho messi come secondo
me hanno
ragionato. Pensavano al popolo e agivano come tale li ho chiamati
Italia,
pensavano al fratello e quindi regredivano su un’ipotetica
linea dei principi
li chiamavo con gli altri nomi.
- Spero
di non aver rotto con queste note finali e spero vivamente che vi sia
piaciuta,
è un anno che ce l’ho in ballo e volevo aspettare
oggi a pubblicarla.
- AUGURI
PER OGGI!