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Autore: eeleriel    17/03/2015    0 recensioni
“Dillo di nuovo. Dillo ora.”disse in modo lento e profondo avvicinando la bocca all’orecchio a punta dell’elfo. Un brivido gli percorse la schiena.
(storia partecipante al contest "a tutto LOTR" indetto da ame tsuki sul forum)
Genere: Fantasy, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Nome dell'autore su EFP : eeleriel
Nome dell'autore sul forum : uso il mio nik eeleriel anche se non sono iscritta
Titolo della storia : travolgente vita e riluttante morte
Coppia scelta : Thranduil x OC
Avvertimenti : nessuno
Note : nessuna
Rating : Arancione
Introduzione : “Dillo di nuovo. Dillo ora.”disse in modo lento e profondo avvicinando la bocca all’orecchio a punta dell’elfo. Un brivido gli percorse la schiena.
Eventuali Nda: nessuna in particolare, se volete ascoltate buona musica mentre leggete.



Cosa mi aveva colpito? … La sua totale bellezza pura mi aveva colpito,ne avevo conosciute tante di Donne Elfo ma poche mi avevano lasciato il segno come lei fece in quel caldo pomeriggio primaverile. Era seduta  con la pallida pelle esposta agli arroganti raggi solari del meriggio.  L’esile schiena  appoggiata contro un salice piangente cresciuto al limite delle rive occidentali del fiume con le radici immerse nelle fresche acque limpide,  il quale le sfiorava con le lunghe e curve fronde la folta e lunga chioma bionda come il grano maturo. Un abito semplice ma di ricca fattura le fasciava il corpo, aveva un corpetto color cipria con delicatissime maniche che arrivavano fino al gomito ed una gonna svasata  color del bronzo con piccoli ricami d’oro. I capelli … oh li ricordo ancora bene i suoi capelli … li teneva appena fermati con un piccolo incrocio di ciocche chiuse con un fermaglio minuscolo all’altezza della nuca.
“E’ un bel pomeriggio non trovate?” .. ecco non riuscì a dire altra frase.. era una cosa sciocca ma di solito non mi interessavo a cercare parole interessanti da spendere in certe situazioni.
“E’ un ottimo pomeriggio” … calò i suo occhi blu intensi come il cielo estivo sul piccolo fiore lilla che stava intrecciando insieme ad altri iris blu che teneva in grembo. 
Restammo abbracciati per un pomeriggio intero tra le fronde con il favore del complice salice piangente .
Era una creatura tenera e delicata ma anche forte e volitiva … forse troppo. Questa è l’immagine che la descrive meglio;  la prima che ho avuto, e quella che mi ha accompagnato per tutto il tempo passato assieme . Una creatura timida che per ogni parola di troppo arrossiva delicatamente abbassando gli occhi, una creatura che però aveva anche il coraggio di seguire i propri principi.
Restammo fina a pomeriggio tardo a parlare, la profondità del suo animo mi aveva avvolto completamente.  Erano anni diversi, anni pieni di sole e di leggerezza …
La baciai per la prima volta sotto le bianche stelle estive. La pallida pelle del viso era colorata dalla luce lunare e le piccole labbra rosee erano di un colore intenso nella notte, la abbracciai e abbassandomi su di lei delicatamente assaggiai le labbra assaporando il delicato sapore della frutta matura del suo bacio. 
L’ho amata veramente. ..
Una storia d’amore come tante in realtà … presto ci rincontrammo nel palazzo per la festa delle stelle di inizio estate, era figlia di un’alta famiglia nobile del reame, non fu difficile avvicinarla, anzi il padre fu ben lieto che sua figlia frequentasse il re e con poco ci ritrovammo fidanzati.
Ma lei era molto di più di questo. Lei per me era la sicurezza, la certezza.
Poi venne il matrimonio, Legolas
… ahi stai un po’ attenta!”


“scusami non l’ho fatto apposta!” ormai aveva una certa confidenza con il re, era passato molto tempo da quando si era spinta fino a bosco atro per chiedere lavoro. Suo padre non voleva che chiedesse aiuto agli elfi, lui non poteva soffrire come trattavano con superiorità gli umani A dire il vero il padre non poteva soffrire nessun altro che lui stesso. Ma lei non aveva voglia di fare preferenze. Aveva voglia di cambiare la sua vita, e partire era l’unica soluzione che le venne in mente. Percorse molta strada dal suo piccolo villaggio del sud per arrivare al regno di Bosco Atro. Durante la strada non riuscì a trovare qualcuno che l’accogliesse e questo la spinse fino alle porte degli elfi silvani.  Farsi accettar da quel popolo non fu facile, un popolo chiuso che raramente lascia entrare qualcuno nella loro realtà, ma in questi anni di oblio così lontani dalle grandi imprese dell’anello ormai molte cose erano cambiate.  Molti popoli si spostarono,molte razze si fusero  creandone di nuove, molte terre mutarono e anche gli elfi ormai  avevano ceduto ad avere come componenti della servitù altre razze.

“i suoi capelli mio re sono  intricati questa sera” la calda luce rossa filtrava tra i ricami dalle bifore dorate lanciando lunghi riflessi nella stanza. Il re era rivolto verso la grande vetrata sud che si apriva sulle radure . Seduto su di una panca imbottita e ricoperta da velluto scarlatto osservava l’orizzonte senza una meta, la ragazza appena dietro di lui appoggiata al bordo di un grande letto ricoperto da ricchi lenzuoli. Stoffe e cuscini di varie gradazioni dei colori dei boschi di stagione, erano adagiati in modo scomposto, poteva sembrare un letto disfatto mi direte voi, ma in realtà era un’ usanza degli elfi di Bosco Atro agghindare così le camere da letto .La giovane donna  in mano aveva una spazzola intagliata da un ramo di ciliegio con il manico di onice e come ogni sera- e ogni mattina- spazzolava  i lunghi capelli color dell’oro puro . Gli elfi tenevano particolarmente alla loro cura ma il re in modo superiore- se riuscite a trovare un modo superiore- . Amava  lunghi bagni caldi in acqua infusa di fiori ma soprattutto amava farsi pettinare lentamente la sua lunga chioma.
La luce del tramonto inondava la sala e splendeva sui capelli elfici che emanavano luce, le pareti di un verde scuro rilucevano mandando riflessi cangianti.

“abbiamo seguito delle strane presenze fino ai confini delle nostre terre … ” il re  tirò un sospiro cambiando immediatamente discorso.  I racconti della sua vita passata lo avevano fatto distrarre, si era sentito per un attimo leggero ma presto tornò alla realtà. quella sera avrebbero parlato al consiglio di ciò che ogni tanto da qualche tempo si manifestava a Bosco Atro.

“la cavalcata nei boschi non ha sicuramente giovato ai vostri capelli” disse la ragazza cercando di non rendere troppo pesante l’aria;  anche se non aveva visto il volto del re aveva immaginato la sua espressione crucciata. Ormai lo conosceva bene, era riuscita a conquistarsi un posto con i suoi modi pratici e risoluti. Il re quando la incontrò per la prima volta fu banalmente incuriosito dal suo modo di essere così strambo e la prese a lavorare per se. Forse aveva bisogno proprio di parlare con qualcuno che non avrebbe capito certe cose, si disse, per poter perlomeno rompere la monotonia che ormai lo attanagliava da ere.

“per questa sera basta così. Puoi andare.”

“se avete bisogno di me più tardi, prima di  coricarvi potete chiamarmi.”disse lei.

 Il re non la stava più ascoltando. La ragazza si alzò e scomparve in un soffio.  Chiuse delicatamente dietro di se la pesante porta di ebano intagliato e sgattaiolò per i corridoi di palazzo. Era un tipo lunatico, scontroso e pungente, pensò sconsolata entrando nel buio dei corridoi.
“Non possiamo aspettare, dobbiamo andare a vedere cosa sta accadendo vicino ai nostri confini. Ormai la terra di mezzo  pullula di misere razze infette”.

 Il re come sempre sedeva all’estremità della sala rettangolare, la sala dove i nobili del regno si riunivano, con un bicchiere di vino rosso del sud tra le mani. Lo sguardo assorto, ascoltava le proposte dei suoi concittadini.

 “ma finchè non siamo attaccati non possiamo prenderci la briga di partire per terre lontane” rispose un elfo vestito con una giacca purpurea al suo collega.

La notte era alta, erano ore che parlavano e battibeccavano tra loro   “Andremo a controllare ma non ci spingeremo lontano. La conclusione è giunta. ”
“Non possiamo partire tutti mio re” parlò dal lato destro del tavolo un elfo moro e col la veste arancione. “No. Non possiamo. Dobbiamo solo controllare i nostri confini. Volete venire con me?”

 Gli occhi dell’elfo moro furono illuminanti “Sarebbe un onore” disse piegando leggermente la testa verso il basso.
“Bene. Partiremo tra due giorni.”

“Perché non mi raccontate ancora di lei..” disse la ragazza passando delicatamente le mani tra i capelli del re, più fini di un filo di seta più morbidi del Più pregiato velluto.  Un lieve sorriso passò sul viso del re. Quella semplice creatura umana le chiedeva spesso del suo passato e lui stranamente si trovava a raccontarle cose che non aveva raccontato mai a nessuno.  A lei piacevano i racconti del re,ma quella sera lei voleva ascoltare altro. Voleva capire cosa stesse succedendo. Aveva origliato la loro discussione la sera prima e aveva un leggero presentimento.
 


“Non puoi fare questo!” la ragazza urlò piena di rabbia respirando con fatica. Aveva origliato è vero, e aveva sentito il re che era pronto ad attaccare il bosco.

 “cosa ti importa di quello che decido. Non dovresti nemmeno parlarmi. Io sono il re e te sei solo una piccola inserviente di palazzo … sei solo una Donna” il re la guardò con disprezzo , aveva la testa leggermente piegata di lato e le scure sopraciglia inarcate.
Si girò, credendo di aver finito il discorso,i lunghi capelli si accomodarono sulle spalle, ma  in un attimo sentì rumore di ferro sfregato. una mano  lo tirò in dietro dalla spalla, sbattendolo con forza contro il muro. Fredda. La ragazza puntava alla gola de re la fredda lama del suo pugnale. Stupore, diniego, irritazione,timore. Ecco cosa poteva leggere lei nelle iridi dell’elfo, ora cerulee nel buio della stanza. Lui la fissava negli occhi con il fiato mozzato e la bocca semi aperta per poter respirare. Occhi scuri, neri e roventi lo osservavano in modo spietato.

“Dillo di nuovo. Dillo ora.”disse in modo lento e profondo avvicinando la bocca all’orecchio a punta dell’elfo. Un brivido gli percorse la schiena.
” Cosa sono io? Solo una Donna? Una per cui il destino ha deciso inevitabilmente di mettere fine alla vita, una che appartiene a una terra e a un popolo per cui prima o poi il destino metterà un punto.”disse ora urlando e continuò poi avvicinandosi in un sarcastico sussurro.” Ma  sembra che anche la Vostra perfezione ha delle debolezze. Mi sembra che Ora anche la Vostra vita è labile. ”

La ragazza premette leggermente la lama scura contro l’esile collo. Una leggera pressione e un  bruciore intenso invasero il corpo del re, immobile contro la parete. Una piccola scalfittura orizzontale apparve sulla pelle candida dell’elfo e una goccia di sangue chiaro e rilucente di sfumature verdastre  vivide fece comparsa. Il re respirava sempre più velocemente, il cuore aumentò i battiti ma la ragazza scostò la lama. Tolse il pugnale da sotto il mento del re. Lasciò cadere il braccio destro lungo il fianco con la mano che stringeva ancora il pugnale.  Lui la fulminò sconvolto con occhi sgranati. Lei senza guardarlo spinse di più con le gambe il corpo del re contro il muro per non lasciare la presa. Si piegò leggermente sul suo collo, posò la mano sinistra, la mano libera, sulla nuca vicino all’attaccatura dei capelli intrecciando le dita tra le ciocche bionde.  Il pollice sfiorò con decisione il mento imponendo al re di girare il volto lasciando scoperta la ferita ;con un movimento lento e sospeso si avvicinò e  poggiò  le labbra sulla piccola goccia di sangue che stava prepotentemente  iniziando a scendere , rigando la bianca pelle. Il re chiuse gli occhi, buttò in dietro e appoggiò sulla parete la testa trasalendo. Trasalì. Quel tocco. Passò ripetutamente sulla sottile ferita con le calde labbra scepolate.  Delle labbra rabbiose che gli stavano strappando via la vita. Ma che gliela stavano  restituendo anche. Un tocco irruento, rabbioso, passionale, carnale. Un tocco traboccante di vita. Quella vita così piena,così alta e così bassa,  così sporca e così brillante. Un turbinio di sensazioni lo colpì. Qualcosa che non aveva provato nella sua algida perfezione.  Desiderava ancora quella travolgente vita e quella riluttante morte. La desiderava, la voleva. La voleva ancora. La bramava in modo viscerale. Un desiderio ebbro. Volevo sporcarsi, voleva divorare quel bisogno di vivere. Una vertigine. La ragazza si scostò gettando la corta lama affilata in terra. Rumore di ferraglia contro il pavimento.  Il piccolo pugnale rotolò in terra frenandosi sul ricco tappeto sporcando il bordo chiaro frangiato con lo scuro sangue.  Il rumore fece trasalire il re, un brivido gli passò lungo la schiena svegliandolo dal suo torpore. La stanza sembrava più scura di pochi attimi prima, la notte era nel suo momento più torbido e nero. Dalla minuta bifora aperta sulla parete dove ancora era appoggiato l’elfo entrava un piccolo stralcio di luce lunare.

La vista era ancora annebbiata, i contorni erano sfocati e le ombre si univano alle sagome in un in grande coltre. La ragazza con il fiato irregolare e gli occhi bassi osservava un punto sperso nella sua mente; aveva i pugni chiusi ancora in un impeto di rabbia. Piccole lacrime le scendevano rigando il viso nell’oscurità. Il re non riusciva, non riusciva a far chiarezza. Desiderava come un dipendente desidera il suo vizio. Rimasero immobili in un frammento di tempo sospeso. Nella stanza solo il rumore dei loro respiri pesanti.  Lei si girò. E lo guardò. Le delicate lacrime le scendevano prepotentemente, lui si perse. Perse ogni resistenza negli occhi umidi della ragazza e cedendo sulle gambe ormai molli crollo in ginocchio portandosi dietro anche lei. Ora la sconfinata fragilità di quella donna lo richiamava. La rabbia si torceva, si fondeva con il desiderio . L’afferrò con forza, lei si sentì inerme tra le brusche e delicate mani del re. Le sue labbra . Finalmente lui le poteva sentire di nuovo. Il cuore aumentò i battiti. Labbra salate, dure ,calde, ribelli, esuberanti. Le lunghe dita potevano toccare quel flusso di vita. E lei. Il suo rancore, la sua vendetta. Ogni sentimento vacillò sotto gli occhi sconfinati del re, sotto la bocca dell’elfo ardente di lei. Le stava strappando via il suo essere. Si sentì mancare sotto di lui, in lui. Come se si affacciasse in una vita mai vissuta. Una vita arcaica,una vita di molte ere fa, una vita che non avrebbe mai conosciuto. Una vertigine, come guardare giù dal ciglio di uno strapiombo. Una follia, come lasciarsi andare e perdersi in una folata di vento sul ciglio di uno strapiombo. Chiuse gli occhi mentre le lacrime si mischiavano al sapore di lui. Un amalgamarsi,  una tempesta che faceva male. Un dolore devastante ma imprescindibilmente desiderabile. Con una spinta si trovò a terra stesa sul tappeto sotto il delicato peso del corpo dell’elfo. La bocca di lui la divorava, voleva ancora e ancora. Voleva vivere la sua umanità. Le mani cercarono sotto le vesti della ragazza, voleva perdersi completamente in lei. Aveva un bisogno viscerale di confondersi con quell’essere, e non essere più solamente se stesso. Voleva morire e rinascere in lei. Lei, lei aveva un disperata voglia di toccare quell’impercettibile alone di algida perfezione, voleva conoscere quello che non aveva mai immaginato. Sentiva le desiderose mani di lui sul suo corpo, e sbottonando in fretta la sfarzosa casacca regale si aggrappo con forza alla schiena di lui per non perdersi del tutto nei brividi che il suo tocco le procurava. la pelle eburnea cominciò a segnarsi sotto la presa di lei. Sentiva il respiro caldo sul collo aumentare, perse le mani tra la vellutata pelle e i setosi capelli chiudendo gli occhi. Ad ogni tocco si sentiva svuotare dalle cose più terrene e riempire di ricordi e sensazioni lontane. Era ubriaca, la sua mente vagava in luoghi remoti mentre il corpo fremeva sotto di lui. L’elfo era perso nei respiri affannosi, nel  pungente profumo legnoso, nei  carnali gemiti di lei.  Il suo corpo e la sua mente erano sempre più affamati ed ingordi fino a sciogliersi completamente in quella stessa fame. Chiuse gli occhi accasciandosi sulla donna. Solo un attimo. Un attimo rimase sospeso. Il cuore si stava regolarizzando così come il respiro. Evitando di guardarsi negli occhi il re le scivolò accanto. La stanza si fece improvvisamente fredda e tetra sotto la flebile luce. Prese la sua casacca e la tirò su adagiandola sui loro corpi semi nudi.

“io non … ”

 la ragazza udendo la sinuosa voce del re accennò ad un piccolo sorriso malinconico. Finalmente guardando i suoi glaciali occhi.
“io non so come possa essere successo”disse lui con voce rotta .

Il re stava cercando di riordinare le idee, avrebbe dovuto alzarsi ed andarsene da quella stanza ma non riusciva a farlo. Voleva riacquistare la sua autorità ma non riusciva a mentire davanti a quei ardenti occhi profondi. Tirò un sospiro, era ammaliato dalla languida figura di lei distesa nell’oscurità delle ombre. Si accorse solo ora di quanto fosse rilucente la sua pelle ambrata e attraenti i lunghi capelli corvini tipici delle terre del sud. Si chiese di come aveva fatto a non notarlo in tutto quel periodo in cui lei stava lavorando per lui.

“sei una creatura particolare. Perdonami se puoi.”

“Non dovete scusarvi, a volte la vita ci porta a fare ciò che non sappiamo. Io non sarei mai dovuta venire qui forse, o forse si. Non posso dire questo, non lo saprò mai. Forse  un disegno  era stato tracciato. Chi può dirlo? ”

“Sono stato un egoista perdonatemi. Volevo perdermi oltre i confini per me stabiliti. ”

“Noi stessi siamo più dei nostri confini e a volte abbiamo bisogno di poter varcare quelle porte e perderci in terre selvagge. Anche solo per una notte.”

“Sai che non è possibile”

“Il tempo è contro ogni possibilità. Ogni attimo che passa, ogni respiro esalato mi allontana da queste terre, per sempre. ”

Il re non parlò mentre con lo sguardo perso passava la mano sulla pelle di lei e rimasero in silenzio cullandosi in un tempo sospeso.
Quando il sole entrò dalla piccola bifora la ragazza si svegliò dal torpore che pervadeva ancora le sue membra. Era arrivato. Era arrivato il giorno. Non voleva svegliarsi da quel sogno che ancora albergava nella sua mente. Era sola nella stanza. Raccolse i vestiti da terra e si avvicinò alla piccola bifora inondata di luce. Si sporse e vide l’esercito in riga con a capo il re. Stavano sbrigando gli ultimi preparativi. Sarebbero partiti allora. Un moto di collera le salì in gola. Scese le scale in un turbinio urtando chiunque trovasse sulla sua strada. Uscì dall’alto portone e corse fino alla radura dove l’esercito stava per partire.

“Allora è così che andrà finire”

 Il re si girò di scatto udendo la voce brillante di lei. Scese da cavallo e le si avvicinò.

“Non posso fare altro. Devo proteggere il mio popolo, sono i miei doveri.” Disse con voce atona ma velata da un impercettibile tono di implorazione. La ragazza era stupefatta, allibita, persa.

“Mi hai tradita …” disse tra i denti.

“non ho mai promesso nulla.” Gli occhi dell’elfo non parlavano allo stesso modo della voce. La ragazza rimase ancora un momento immobile persa in quegli occhi di ghiaccio pieni di un passato che non esisteva più.

“Avete ragione .Non potevo aspettarmi altro.  Io ho finito il mio lavoro qui. Addio.”

“Non potete andare. Avete firmato un contratto, siete ancora al mio servizio” disse il re in modo secco.

“ Non credo ci vedremo più Mio Re. O per lo meno non nella Mia vita.” E con uno scatto la ragazza si girò verso il bosco.

Il re rimase immobile stingendo le mascelle e i pugni. Quante parole avrebbe voluto dire? Non lo sapeva. Il suo tossico desiderio lo stava consumando fino alla linfa più profonda. Non poteva.  La ragazza allontanandosi sperava di ascoltare la voce musicale elfica che tanto in quel momento odiava. Ma non fu così. Almeno una di Tutte quelle parole che si sarebbero potute spendere, almeno una.
 La sagoma di lei si perse nell’arrogante luce di un sole primaverile troppo sfacciatamente allegro. Le lacrime iniziarono a  rigarle il volto, il dolore le pervase ogni piccola parte del corpo. Voleva ancora perdersi in quei luoghi che non avrebbe mai più visto.
   
 
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