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Autore: crowning the skulls    18/03/2015    2 recensioni
|73°HG|What if?|Nuovo personaggio|Cinna♥Nuovo personaggio|Johanna♥Finnick|Gale♥Katniss♥Peeta|
Juliette Elaìn è estratta per i 73° Hunger Games. Il suo Distretto, il 7, non è un favorito, ma ce la può fare: dipende tutto da lei. Sarà brava a sopravvivere come con i pennelli?
Andrew Focal è il tributo maschile proveniente dal Distretto 7. Odia Capitol City e l'idea della rivolta lo attrae. Tornerà a casa? E la rivoluzione?
Cinna è il nuovo stilista del Distretto 7. Ribelle, con una grande abilità artistica. Riuscirà a portare a casa almeno uno dei suoi due tributi?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blight, Cinna, Johanna Mason, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Let the sky fall

Non riesco a prendere sonno. Più precisamente, stavo dormendo beatamente fino a quando le viscide, fredde spire degli incubi non hanno incominciato ad avvolgersi attorno a me. Una sensazione sgradevole e gelida attraversava il mio corpo.

Mi sentivo come devono sentirsi le ombre.

Irreali.

Insignificanti.

Spaventate -oh, si. Non credevo che avrei avuto tanta paura, ma ciò che mi attende è terrificante. Almeno ai miei occhi. I Capitolini fanno il conto alla rovescia.

Chissà quando e come morirò. Uccisa dagli ibridi? Tradita da Andrew, come negli incubi? Ma negli incubi io, si, proprio io, lo uccido. E ciò è forse peggiore.

Non sono un mostro. Non sono un'assassina.

Mamma e papà mi hanno cresciuto insegnandomi che c'è un inferno e un paradiso. Non sono una che ucciderebbe qualcuno. O forse sì. Per difesa lo farei. Ma davvero vorrei uccidere un ragazzo come me, distruggere una famiglia, causare dolore, per permettere al mio cuore di battere ancora un po'? Da bambina passavo davanti alle case del Distretto sulle quali c'era una X. Segnalava le case in cui doveva alloggiare il tributo, se vincitore. Poi, le bruciavano. Ogni anno andavamo a vedere l'Incendio. Poi usavamo i rottami, legno, ferro, ed erano utilissimi. Era una ricorrenza triste, ma ti lasciava la speranza che... Forse qualcosa poteva cambiare.

Ormai è solo una questione fisica. Dentro sto già morendo e useranno il ferro e il legno, le ossa e i muscoli, per sfamare i vermi. L'unica cosa che fa battere il mio cuore è l'ansia, che come il ticchettio dell'orologio mi rimbomba nelle orecchie, cresce, aumenta e mi riempie la testa, è sempre più forte e non riesco a urlare e l'unica cosa che posso fare è respirare, con gli occhi chiusi, cercando di dormire.

Eppure non voglio uccidere per il timore di andare all'inferno, come dicono i miei. No, è diverso. So che è sbagliato, non è giusto e non farei qualcosa che va contro i miei principi.

Con questa convinzione chiudo gli occhi, dicendo addio uno per uno alle persone che amo, cogliendo alcuni loro istanti come Polaroid nella mia mente.


 

Twig aveva quattro anni o giù di lì. I capelli biondo scuro erano lunghetti e sporchi di fango, come il suo viso, i suoi vestiti... Tutto.

Quell'anno la neve non era scesa se non a Natale. Invece aveva piovuto, e molto.

C'era quindi moltissimo fango, e convinsi Twig a fare un pupazzo di fango, invece che con la neve.

Non ricordo tantissimo, a dire il vero, ma ricordo solo la sua risata quando io feci cadere la carota nel fango.

Si divertiva con così poco.


 

Mamma stava preparando la cena. Aveva i lunghi capelli biondo scuro raccolti in una coda di cavallo, dalla quale sfuggivano tante ciocche.

Stava fischiando una canzone, io ero piccola ma mi ricordo tanto come fischiettava.

A volte canticchiavo quella musichetta per addormentarmi. Avrò avuto sei anni.


 

Era sera tardi e c'era una bufera di neve. Io amo la neve, anche se preferisco la pioggia.

E il vento. Mi fa sentire parte della natura, viva.

Ero attaccata alla finestra, tenendo le mani sul vetro gelido e guardando la neve scendere con forza. Il vento sferzava e il tutto faceva quasi paura. Avevo appoggiato il naso alla finestra, avrò preso di certo un rimprovero per il segno lasciato dal calore del mio fiato.

Ero piccolissima. Avevo quattro anni, forse cinque. No, quattro.

Comunque sia, vidi mio padre in mezzo alla bufera. Trascinava delle buste piene di cibo preso al mercato nero. Iniziò a darlo ai bambini che correvano da lui per averne un po'. Presto vennero anche degli adulti. Mi commossi. Mio padre aveva salvato delle vite.

Un tempo chiamavano lo scambiarsi di regali, spesso nel periodo freddo dell'anno, Natale. E c'era questo vecchietto che dava regali. Io credo che non sia tanto diverso. Certo, non c'è lo scambio e non fa sempre così freddo, inoltre mio padre è giovane, eppure in entrambi vedo tanta bontà.


 

Anais, a volte, veniva a casa per portare uno dei suoi dolci tipici a Twig, che li adora. Erano rotondi e al miele, con spesso della frutta sopra.

È la mia sorella maggiore mancata. Non ho mai avuto modo di conoscere i genitori di Andrew, perchè sono morti molto giovani, ma ho avuto modo di conoscere Anais.

Assomiglia tanto a suo fratello. Non riesce a respirare granchè bene e spesso ha attacchi di panico, dalla morte dei suoi genitori. Non so come siano morti e nessuno vuole parlarmene. Neanche Andrew lo sa e ci soffre, anche perchè ricorda pochissimo di loro. Anais si rifiuta di parlarne e quando ci prova arrivano le crisi.


 

Emily e Sophie sono nate lo stesso giorno, ma a distanza di tre anni. È un caso estremamente raro, ma adesso si ritrovano a festeggiare assieme con due torte diverse. Non possono permettersi due torte in pasticceria, così i miei zii le cucinano loro.

Zio Marcas non è mai stato il migliore dei cuochi, eppure il mio primo dolce lo ha preparato lui. Me lo faceva spesso: frittelle ai lamponi.

Anche se i miei preferiti restano i biscotti al cioccolato, ovviamente.

Zia Nancy invece da piccola adorava portarmi in giro per la parte benestante del Distretto, dove vivevamo, gironzolando per i negozi. Col tempo si è aggiunta anche mia madre ed io ho iniziato a non andare più in giro con loro, annoiandomi.

Eppure erano stati dei bei momenti.


 

Erano stati, già.

 

This is the end 
 

Venera mi sveglia il mattino dopo. È molto presto, saranno le cinque o le sei.

«Forza... Andrew e gli altri sono già pronti...»

So che non é vero, non può essere vero... Voglio solo dormire, per sempre se necessario. Le coperte sono così calde... Sto per riaddormentarmi, prima di sentire la porta aprirsi.

Cinna ed Andrew entrano nella mia stanza, armati di asce e coltelli. In un attimo è tutto buio e riesco solo a trattenere un urlo prima di svegliarmi.

«Oh mio dio! Oh mio dio!» Venera corre, per davvero, nella mia stanza. Non ha la parrucca verde, mostrando dei capelli ricci e rossi.

«È tardissimo, Julie! Vestiti come vuoi, tanto dovrai cambiarti prima di andare, muoviti!»

Si rende conto di essere stata troppo brusca, forse, perchè mi guarda per un attimo, prima di scoppiare in lacrime e abbracciarmi.

Penso che, se fosse vissuta nel 7, sarebbe potuta essere la mia prof, la mamma di un mio amico, mia zia. Mia madre.

Non ho la mamma qui con me, e poi voglio davvero bene a Venera. Non voglio riferirmi a lei come un surrogato di mia madre. Io potrei essere il surrogato di qualcuno, per lei.

«Mi dispiace tanto... Che questo fardello sia più pesante, per te, ecco.»

Si riferisce alla ribellione. Ma lei è di Capitol City... Poi penso. Anche Cinna lo è.

«Non sarò da sola, in fondo. Forse ce la posso fare...» Balbetto.

«Non ne dubito, Julie».

Non sono abituata ad avere qualcuno che ha fiducia in me. La mia famiglia non ne ha mai avuta molta, a dire il vero.

Sto per piangere, ma mi impongo di resistere.

Venera mi aiuta a vestirmi. Usciamo fuori, trovando Andrew e Cinna, di cui per un attimo non mi fido. Quel sogno mi sembrava così reale...

Diffidente, mi guardo attorno, pizzicandomi il braccio. No, è tutto vero, ciò significa che non sono gli assassini del sogno, ma Andrew e Cinna, quelli che conoscevo... Posso fidarmi.

Andrew mi abbraccia prima che io me ne possa accorgere. Sto per piangere, diamine. Devo essere forte, devo...

Le lacrime iniziano a scendere sul mio viso, ma solo per un attimo. Affondo la testa nella sua spalla.

«Promettimi che ci proteggeremo a vicenda. Promettimelo»

Sospira. «Sai che non c'è bisogno di dirlo».

Spero che nessun altro abbia visto le mie lacrime. Non voglio essere debole.

Ma in fondo, chi se ne frega. Sto per morire, diamine!

«Io... Io non vi accompagnerò lì, purtroppo... Devo salutarvi qui» mormora Venera.

Ha le lacrime agli occhi, ci stringe forte entrambi, come se non volesse lasciarci andare:forse è davvero così.

Andrew stringe in un forte abbraccio Cinna, che accompagnerà me.

Non vedo Blight, Johanna e Smaragdus, dove saranno finiti? Non vogliono salutarci?

Come se li avessi chiamati, Blight entra nella stanza. Ha l'aria distrutta. È così orribile vedere due ragazzi, ogni anno, prendere un posto nel proprio cuore per poi morire trucidati.

Johanna è dietro di lui, ancora più stravolta. È la prima volta nella mia vita che mi rendo conto di avere qualcuno che mi voglia bene, davvero.

I miei genitori e Twig era quasi normale che mi volessero bene, anche se i primi erano un po' severi, ma quale genitore non lo è?

I miei zii mi volevano bene, certo. Le cuginette, in effetti, erano una presenza costante, ma era Andrew la mia ancora di salvezza, lo è e lo sarà finchè vivremo.

Non posso rinunciare a lui come lui non rinuncerà a me, parole sue.

E ora, qualcuno che non ha il mio sangue e che non è Andrew mi abbraccia e dice di volermi bene. È dura non piangere, sono sempre stata solitaria, e ora capisco che vivevo molto meglio, prima.

«Piccoletta, cerca di ritornare» dice Johanna, prima di darmi una pacca sulla spalla. È indecisa se abbracciarmi o meno -anche lei, a quanto pare, è un po' impacciata con le persone. Così decido di darle un abbraccio veloce, sorridendole.

«Quando tornerò non sarò più così piccoletta».

Blight ride amaramente, prima di abbracciarmi.

«Ritorna, ragazza delle ombre».


 


 

Tremo.

Sto per morire e non posso più salvarmi.

La testa mi rimbomba, passi dentro una pozzanghera di agonia.

La presenza di Cinna, per fortuna, riesce a calmarmi. A quanto pare non conoscerò mai il vero stilista, che Cinna ha sostituito con il suo talento e il suo coraggio... E i suoi occhi, che oggi sono così tristi, per colpa mia.

Sono di un verde scuro ai bordi, che diventando verde smeraldo e infine verde chiarissimo, il tutto con varie pagliuzze dorate all'interno, proprio come il suo eyeliner.

Mi attraggono come una falena attirata dalla lampadina nello scantinato di casa mia.

Mi manca, ma se tornassi indietro morirei comunque.

«Julie».

Mi chiama, io arrossisco ma le mie mani rimangono gelide, tremanti, impaurite e impacciate. Siamo quasi arrivati.

«Siamo arrivati alla fine del mondo, vero?»

Lo guardo posare gli occhi verso i finestrini oscurati, il cielo che non possiamo più vedere.

«Siamo già oltre».


 


 


 

Entro nella... Catacomba. Come nelle antiche arene.

Una parte di me immagina il dio Ade, quello a me più affine, uscire dal tubo che dovrebbe portarmi verso il suo regno di morte e oscurità.

In fin dei conti, con o senza Ade, ci andrò.

«Julie». Cinna finalmente entra nella stanza, dopo aver dato alcune disposizioni a dei Pacificatori.

Lo guardo, imprimendomi il suo aspetto nella retina, per non dimenticarlo mai più.

Si avvicina a me, con aria triste. Non riesce a parlare, nemmeno porgendomi la divisa dell'arena.

Vado in uno stanzino accanto per cambiarmi, scoprendo con sorpresa che si tratta di una tuta rossa con bottoni d'oro, come quella di... Di chi lavora al circo.

Ricordo che da bambina un circo proveniente da Capitol City venne al 7. Andai, mi divertii.

Venne una seconda volta, alcuni anni dopo, ma non avevo voglia di andarci.

La terza volta al solo pensiero ne ero disgustata.

Mi vesto, riluttante. Ritornai da Cinna, che mi lega i capelli in una coda alta e strettissima, ma che non faceva male.

«È la divisa di un circo» mormora, accarezzando il polsino.

Noto che c'è un bottone, dentro il polsino.

«Julie... Promettimi, promettimi che quando non ce la farai più... Quando vuoi che tutto finisca... Tu stringa forte e continui ad andare avanti».

Stringa forte non suona molto bene... Finchè non capisco che riguarda il polsino. Ci sono telecamere ovunque, è un buon modo per nascondere tutto.

«Te lo prometto, Cinna».

Mi tiene per mano, facendomi arrossire.

«Ti prego, torna indietro. Io... So che vincerai, ne sono certo».

«Vorrei esserne certa anche io».

Rimaniamo così, stretti, quasi abbracciati, quasi, finché io non trovo il coraggio e lo stringo a me. Poco dopo, la voce metallica mi dice di entrare nel tubo della morte.

Lo guardo, due sguardi che tremolano come fiamme che stanno per spegnersi.

Gli stringo un po' di più la mano, e lui mi dà un bacio sula fronte che mi rende in pratica rosso pomodoro. Coraggiosamente lo lascio andare, entrando nel tubo.

Sovrappongo la mia mano alla sua, separati solo da quella bara di vetro, che incomincia a salire.


 

 

Hold your breath and count to ten 
Feel the earth move and then 
Hear my heart burst again


 

Mi sarei aspettata la luce del sole. Mi sarei aspettata un cielo reale... Non un tendone e dei riflettori.

Il tendone è rosso a righe bianche, immenso, senza fine e gigantesco. Una piazza rotonda di sabbia, contornata da un marciapiede, ha al centro la cornucopia.

Ci sono spalti ovunque. Siamo su delle piattaforme all'interno del cerchio. Andrew è di fronte a me, Maya è poco lontana, così come Leilani, Loriene, Tobias e Ruf.

Non riesco a vedere la fine del tendone.

Mi sembra di essere....

In un circo.

Siamo in un circo.

Il countdown è partito. Mancano esattamente ventitré secondi.

Venti.

Allora, correrò verso la cornucopia. Sono pochi i Favoriti, quest'anno.

Sono fortunata.

Molto.

Poi andrò da Andrew.

Quindici.

Meglio prendere del cibo, che delle armi.

Dodici.

Ho così paura.

Dieci.

Andrew, dove sei?

Nove.

Eccoti lì, accanto a Maya.

Otto. Sette. Sei. Cinque.

Sto per morire.

Quattro.

Cosa si prova alla fine del countdown?

Tre. Due.

Lo saprò.

Uno.

Lo so.


 

Skyfall is where we start 
A thousand miles and poles apart 
When worlds collide, and days are dark 
You may have my number, you can take my name 
But you'll never have my heart 


 

Sento la testa vuota. Sta succedendo davvero?

Corro verso la Cornuncopia. Sono sempre stata lenta, ma ora devo smetterla di essere Julie se voglio ritornare lei, una volta che tutto questo sia finito.

Finora ho pensato di voler rimanere me stessa, invece ora so che più il pubblico vedrà Julie, più conoscerà le mie debolezze, e non posso permetterlo.

Prendo uno zainetto a caso. Gem sta prendendo più provviste possibili, realizzo.

Ha dei coltelli alla cintura.

Sto lontana da lei, prendendo due zainetti piccoli. Sono pesanti.

Aeneas è contro Andrew. Oh, mio dio.

No. Non può morire.

No, Andrew...

Nello zaino c'è un coltello.

Vorrei chiudere gli occhi. Lancio il coltello da Andrew prima che me ne possa rendere conto e Aeneas cade. Non è morto, per fortuna o per sfortuna, non so, ma l'ho beccato alla spalla.

Andrew recupera il coltello, oltre che vari armi di Aeneas, mi prende per mano e scappiamo.

Dopotutto, abbiamo sempre fatto tutto assieme.

Tutto questo avviene nell'arco di un minuto circa. Corriamo, finchè possiamo. Scorgo una macchia dorata, due punti ambrati.

«Maya!» urla Andrew. Non gli interessa se saremmo scoperti. Sembra non importargli nulla, oggi.

Il tendone sembra infinito, poi usciamo, l'aria freddissima che ci avvolge, e cadiamo a terra, esausti.

In quel momento, guardo l'orizzonte quasi infinito.

Penso a Cinna, prima di scoppiare in una risata.

  
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