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Autore: Melanie01    19/03/2015    3 recensioni
Com'è noto Oswald Cobblepot ha avuto un'infanzia a dir poco tragica, costellata dalle angherie dei bulli e dall'essere incompreso dalla maggior parte dei suoi coetanei, ma cosa succederebbe se egli incontrasse uno spirito a lui affine? Qualcuno in grado di aiutarlo nella sua vendetta, assieme al quale poter salire i primi gradini della lunga scala che lo porterà in cima alla criminalità di Gotham. Questa persona è Clarice e, assieme a lei, Oswald capirà di doversi muovere per ottenere la sua meritata rivincita.
Genere: Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Oswald Cobblepot
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Premessa: questa è la mia prima fanfiction quindi mi scuso in anticipo per qualunque tipo di errore, in ogni caso spero vi piaccia. Enjoy! ^.^


"Perchè? Perchè non reagisce mai a quello che gli fanno?? Non è giusto, quei bastardi non dovrebbero permettersi di comportarsi così con te, loro non sono nemmeno la metà di ciò che sei tu, sono solo un branco di disadattati, feccia! Ripulita forse, ma pur sempre feccia. Anche se, a dire il vero, forse io non sono molto meglio di loro, mi sto comportando come un topo di fogna, troppo spaventata per poter far qualcosa. Ma in un modo o nell'altro ti voglio aiutare Oswald, tu non meriti nulla di tutto questo..."
Questo pensava Clarice mentre, come ormai da molto tempo a questa parte, Oswald Cobblepot veniva pestato dai bulli nel cortile della scuola.
Certo era facile prendersela con lui: un ragazzo non molto alto, dalla corporatura gracile e dal colorito talmente pallido da sembrare innaturale, il naso leggermente adunco poi, unito alla camminata zoppa e all'abbigliamento eccessivamente elegante per un ragazzo della sua età, lo facevano assomigliare ad un pinguino.
Un invito a nozze per tutti i bulli della scuola insomma. 
Povero Oswald, a Clarice si spezzava il cuore ogni volta che lo vedeva accasciato sul grigio cemento del cortile, mentre con una mano cercava di ripararsi dagli inclementi colpi di quei bastardi e, con l'altra, cercava di asciugare il sangue che sgorgava dalla ferita che gli avevano inflitto sul labbro.

"Alzati Pinguino! Non abbiamo ancora finito con te!"
"Jason ti-ti prego...sai che odio quel soprannome...ti supplico, lasciami andare!"
"Hey gente! -disse Jason, dopo aver emesso una fragorosa risata- Il pinguino vuole essere lasciato in pace! Questa è buona, pinguino, davvero, davvero buona."
Il bullo, a quel punto, tirò fuori un coltellino a serramanico dalla tasca e avvicinò il volto a quello di Oswald, talmente tanto che, se si fosse spinto più in avanti di qualche centimetro, con il suo naso avrebbe toccato quello adunco ed irregolare del povero malcapitato.
"Te lo ricordi questo? Scommetto di sì, è grazie a lui se ora tutti sanno chi sei...pinguino! Avanti ragazzi, lasciamo che questa checca torni da quella spostata di sua madre a farsi medicare, riprenderemo la festa domani!"
E così Jason, dopo aver fatto segno agli altri di seguirlo, si incamminò baldanzoso verso la fermata dell'autobus, Clarice riuscì ad udire alcuni stralci di conversazione provenire dalle bocche dei suoi degni compari, cose come "Bravo Jes, l'hai conciato per le feste!" e "Ogni volta che lo pesti la sua camminata diventa sempre più ridicola!", seguiti da risate e urla di scherno rivolte al povero Oswald, ancora seduto a terra, dolorante. 
A Clarice venne un indescrivibile moto di disgusto.

Subito dopo, tuttavia, si rese conto che quello era il momento adatto per andare a parlargli, se non altro per dargli un po' di conforto ed aiutarlo, non poteva resistere un minuto di più, vedendolo sdraiato a terra dolorante ed inerme. 
Avvicinandosi riuscì a vedere come il sangue ormai gli stava inzuppando la camicia e come gli aveva sporcato la mano che teneva vicino al labbro spaccato. 
Andando ancora più vicino, invece, notò che i suoi occhi azzurri erano resi ancora più brillanti dalle lacrime che il ragazzo a stento riusciva a trattenere, lacrime di rabbia e frustrazione, suppose. 
"S-stai bene?" chiese Clarice titubante sedendosi per terra vicino a lui e appoggiandogli una mano sulla spalla come per rassicurarlo.
"No -sibilò il ragazzo- non sto bene, e tu non devi toccarmi, vattene. Ce la faccio da solo" Clarice rimase confusa da questa risposta, dopo tutto era lì solo per aiutarlo, perchè non voleva una mano da lei? Così glielo chiese.
"Perchè ti ho vista, sai? Più di una volta, ti annidi sempre dietro a quei cespugli e guardi mentre...mente mi fanno questo! Ti piace vedere come mi torturano?!" finita la frase Oswald nascose il viso tra le mani e scoppiò in un pianto disperato.
Clarice dopo tutto ciò si sentì ancora più in colpa per non essere mai intervenuta, ma del resto era solo una ragazza, come avrebbe potuto mettere in fuga una banda di bulli grossi almeno tre volte lei? Ora però era lì, ed era decisa ad aiutarlo.
"Mi dispiace, mi dispiace veramente tanto per quello che ti hanno fatto, è che...beh la verità è che ero sempre troppo spaventata per intervenire, avevo paura che alla fine avrebbero pestato anche me, lo so, è comunque stato un comportamento pessimo il mio, io..."
"No -la interruppe ad un tratto Oswald- no, tu non c'entri nulla. Hai ragione, non avresti potuto fare nulla contro di loro, e non voglio che se la prendano anche con te".
Dopo aver finito la frase, mentre le lacrime continuavano a rigare il suo viso, egli appoggiò la testa sulle gambe di lei, la quale, istintivamente, iniziò ad accarezzargli la testa e a passare le dita tra i suoi capelli neri, nel mentre riprese a parlare:
"Io voglio aiutarti Oswald, non posso sopportare che ti facciano patire tutto questo, tutto questo...dolore! Lascia che ti aiuti, ti prego"
Mentre parlava la ragazza aveva preso un fazzoletto bianco dallo zaino e stava ripulendo la faccia di Oswald dal sangue che continuava a sgorgare, in quel momento egli cercò di mettersi seduto, lasciandosi sfuggire un gemito di dolore.
Ora gli occhi verdi di Clarice si riflettevano nel blu di quelli di Oswald, il sole era ormai vicino a tramontare e le nuvole sparse nel cielo creavano degli strani giochi di luce con i raggi aranciati del sole ormai basso, il cortile era deserto e il tutto contribuiva a creare un'atmosfera surreale.
Senza alcun preavviso Oswald abbracciò Clarice, portando la bocca vicino al suo orecchio e sussurrando lentamente poche semplici parole:
"Perchè lo faresti? Cosa avresti in cambio?”
Ella era attonita, non aveva idea di cosa rispondere, dopo tutto perché avrebbe dovuto volere qualcosa in cambio? Lo faceva soltanto perché era genuinamente preoccupata per lui, voleva aiutarlo, voleva essere sua amica.
E alla fine gli disse proprio questo.
“Non si fanno favori agli amici per chiedere qualcosa in cambio, eh? Uhm…” ripetè Oswald, più parlando tra se e se che non rivolgendosi a Clarice, questo perché riteneva fosse un buon mantra, ne avrebbe tenuto conto un domani, se mai avesse trovato qualcuno di cui fidarsi, un altro “amico”.
“Oh no! Sta cominciando a piovere! –esclamò Clarice- Ti porto a casa io, tanto ho parcheggiato la macchina qui vicino”
“NO!” urlò il giovane.
“No...mia madre non può vedermi in questo stato, non di nuovo. Per favore, portami da qualche parte dove possa ripulirmi e ritornare presentabile”
“Non c’è problema, ti porto a casa mia, i miei genitori sono fuori città e anche mio fratello non è a casa, penso tu possa metterti qualcosa di suo, così potrai sbarazzarti di questi vestiti zuppi di sangue”
“Mi sembra una buona idea, grazie…?”
“Clarice!” si affrettò a dire la ragazza, ricordandosi che non si era nemmeno presentata.
“Grazie, Clarice” concluse Oswald.
 
I due, con non poche difficoltà per via delle membra doloranti di Oswald, arrivarono alla macchina, durante il tragitto entrambi rimasero in silenzio ma, ad un tratto, questo venne rotto dalle parole di Oswald:
“Pretendevo solo un po’ di rispetto, e guarda come mi hanno trattato, pagheranno per questo”
Finita la frase appoggiò la sua mano su quella di Clarice. Ella sul subito non seppe bene che fare, spostò lo sguardo verso lo specchietto retrovisore centrale e, così facendo, incontrò nuovamente lo sguardo di Oswald, che questa volta lasciava trasparire determinazione e qualcos’altro, qualcosa che però Clarice non seppe cogliere.
“Sì Oswald, pagheranno.” Concluse lei, stringendo la mano del ragazzo nella sua e continuando a guidare, mentre l’espressione di Oswald si traduceva in un sorriso estatico.
 
  
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