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Autore: tatarella20    19/03/2015    0 recensioni
C'è un momento in cui ti trovi a pensare a cosa è avvenuto nella tua vita, ricordi che affiorano mentre sei fermo immobile a fissare un punto, a volte divertenti altre volte no, mi sono immaginata alcune scene prima dei dieci minuti finali di una delle mie serie preferite, in quei 5 anni qualcosa è successo, cosa non si sa io ho solo voluto creare dei momenti visti dal punto di vista di Nate, Chuck, Blair, Dan, Serena e Vanessa...Giusto per soddisfare un pò la mia curiosità!!
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass, Quasi tutti | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass, Dan Humphrey/Serena Van Der Woodsen
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro, Più stagioni
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Santi e Peccatori

 

 

#1

Titolo: Nate!

Summary: Nate ci racconta tramite alcuni episodi il primo incontro con i suoi migliori amici.

Rating: giallo

Timeline: prima dei dieci minuti finali della 6x10

Main Characters: Chuck Bass, Nate Archibald, Blair Waldorf, Serena Van der Woodsen

 

 

 

Vivere in quella camera, o meglio in quella suite era diventato non solo un abitudine ma anche una sorta di luogo sicuro e avvolgente, la casa dei miei genitori era a pochi passi dall'Empire e ora che loro erano definitivamente negli Hamptons potevo usarla a mio piacimento, ma ormai la posta, i fattorini e tutti i miei amici sapevano che la famosa suite dei Bass era diventata casa mia e andarmene da lì significava solo che accettavo i pensieri, i misfatti e le varie contraddizione che la mia famiglia portava avanti da anni.

Essere un Archibald/Vanderbilt per chi non lo è può sembrare la cosa più bella del mondo, ville sparse per New York e non solo, auto di lusso, feste mozzafiato e donne che non si tirano mai indietro, ma tutto ciò non è la realtà dei fatti, tutto quello che ho costruito nella mia vita è stato fatto non solo grazie agli immani sforzi dei miei genitori per apparire bene alla folla, ma anche e sopratutto da me che della folla me ne importava, ma fino ad un certo punto.

Se ripenso a quello che ho fatto nella mia vita rimango paralizzato dalla paura che da quel momento in poi tutto possa essere diverso, ma ora che sono qui a fissare la pioggia che impregna Manhattan seduto su una poltrona e con in mano un bicchiere di Scotch in attesa che arrivino i miei amici, ripensare ai miei trascorsi non può fare altro che accrescere la mia autostima.

 

La prima volta che mi venne detto che una persona, viveva in una suite di un Hotel alla tenera età di 5 anni, fu quando incontrai Charles Bass, non riuscivo a credere che una bambino della mia stessa età potesse stare senza genitori, nella solitudine più completa, con la sola compagnia delle cameriere che lo accudivano, li per lì pensai ad uno scherzo ben architettato da quel essere dagli occhi piccoli e la mascella quadrata che mi osservava con la bocca spalancata perché io vivevo con mia madre e mio padre e avevo una tata che mi portava ovunque volessi, ma quando per la prima volta entrai in quella stanza capii subito che quello che aveva detto era la verità, mi piaceva quel bambino, così come mi piaceva la bimba dai lunghi capelli biondi e con il sorriso stampato in faccia seguita a ruota da una bambina dai vestiti eleganti e dagli occhi grandi e scuri, rimasi affascinato dal loro chiacchierare allegramente e dai loro modi di fare, li fissavo seduto in disparte al compleanno di quel Charles Bass che viveva da solo, e mi chiedevo come potesse essere così tranquillo. Da quella posizione di distacco fui improvvisamente risvegliato da quel bimbo che mi si sedette accanto e che sorseggiava un bicchiere di succo d'arancia con noncuranza e padronanza di se, ne fui ancora più attratto, mi ritrovai a pensare a come sarebbe stato essergli amico, se anche io come lui avrei avuto la possibilità di vivere da solo in una suite, un giorno. L'unica cosa che mi disse fu, “Non dire nulla, mi nascondo qui con te”, io ricordo di averlo guardato e di aver risposto “Ma io non sono nascosto!” mi guardò dritto in faccia e sospirò, da quel momento per Charles Bass divenni il suo “caso di carità” come amava definirmi, ci misi anni a capire cosa spinse Chuck ad avvicinarsi a me, ma quando ci riuscii, per lui, provai un affetto ancora più grande di quello che già provavo. Dopo quella sera cercavo sempre di più la compagnia di quel bambino fin troppo controllato e autoritario e nel giro di poco mi ritrovai circondato da quelle due bambine bellissime e completamente opposte. Mia madre sorrideva felice all'idea che il mio migliore amico era un Bass e che le mie due compagne di gioco femminili portavo i cognomi più importanti di tutta l'isola di Manhattan, io non riuscivo a capire tutta questa allegria improvvisa, so solo che mi ritrovai in un quartetto e che ben presto fummo sulla bocca di tutti.

 

In quel momento scoppiai a ridere da solo, incurante della cameriera che, alle mie spalle, rassettava tutto il mio disordine, mi venne in mente una sera, al primo ballo ufficiale a cui venni invitato proprio grazie alle mie amicizie altolocate.

 

Quel pomeriggio mia madre era in salotto che allegramente chiacchierava con le sue amiche del club, mentre io ero seduto davanti alla TV e giocavo ai videogiochi che Chuck continuava a passarmi senza che nessuno se ne accorgesse. Il campanello di casa suonò e poco dopo senti mia madre ringraziare e ritornare in salotto, mi sentii chiamare da lei con una voce incrinata di emozione e piacere, io che avevo solo 7 anni corsi per le scale per cercare di capire il motivo di questa euforia improvvisa e quando varcai il salotto trovai mia madre che spettegolava con una lettera in mano, le signore mi fissarono estasiate mentre mia madre con fare teatrale e il mento rivolto verso l'alto iniziò a leggere il contenuto della busta “Il signore Nathaniel Archibald è cortesemente invitato insieme ai genitori a partecipare all'evento di beneficenza “The Secret” indetto dalla famiglia Van der Woodsen che si terrà il giorno 16 marzo”, mia madre faceva gridolini di gioia per quell'invito inaspettato e mi cosparse di baci, io pensai subito se Chuck, Serena e Blair ci sarebbero stati e quando lo chiesi a mia madre, lei mi accarezzò una guancia e mi sorrise soddisfatta. Con il passare degli anni capì che “The Secret” non era un semplice evento di beneficenza ma era il più importante evento dell'anno dell'Elitè di Manhattan e essere invitati a una tale manifestazione significava essere accettati nella cerchia più stretta di questa Elitè, perché anche se da fuori sembra tutto uguale, all'interno di essa c'è un cerchio dentro al cerchio e più sei vicino al centro più sei potente e rispettato.

La sera del ballo ero stato tirato a lucido, paparazzi e curiosi erano assiepati davanti al Palace Hotel in attesa dell'arrivo degli ospiti, scendemmo dall'auto e fui investito da flash di fotografi e sguardi di ammirazione, quando mi girai per osservare i miei genitori li trovai a testa alta e fieri di avercela finalmente fatta, proprio grazie al loro figlio adorato. All'interno era assiepato di gente ricca con vestiti sfarzosi e bicchieri di champagne di qualche annata ben precisa, che chiacchieravano tra loro elegantemente e sorridevano a battute inopportune di qualche politico, chiedendosi il motivo per cui quella gente fosse lì. Io seguivo i miei genitori nella folla che si fermavano a parlare con gente di cui non sapevo il nome e mi chiedevo perché dovevo sorbirmi quella tortura ingiusta e sopratutto dove fossero i miei compagni di gioco. Poi li vidi seduti in delle sedie ai lati della sala, chiacchieravano tra loro e Chuck cercava insistentemente di alzare la gonna a Blair beccandosi sempre uno schiaffo sulle mani, senza però scalfire minimamente il sorriso beffardo del mio migliore amico, quando mi voltai verso mia madre lei stava chiacchierando con una signora di mezza età, dai capelli biondi e il sorriso lascivo, non riuscivo a capire i loro discorsi, ma in un momento di pausa e sotto lo sgomento di tutti i presenti li intorno, informai i miei genitori che Chuck, Blair e Serena mi stavano aspettando per andare a giocare, così li lasciai a sorbirsi le lusinghe improvvise della signora dal sorriso lascivo e di tutti quelli attorno a loro. Fu solo dopo parecchi anni da qual giorno che capi cosa veramente significò per la mia famiglia quell'invito e quella serata, improvvisamente e senza una spiegazione la famiglia Archibald faceva parte del cerchio più stretto dell'Elitè di Manhattan e da lì la nostra vita e la nostra esistenza fu sempre un crescendo di eventi e di mondanità e sopratutto di affari per mio padre.

 

Se però ripenso ai miei trascorsi con i miei amici c'è un episodio che ogni volta mi torna alla mente.

 

Era una giornata di fitta pioggia proprio come oggi, Blair e Serena decisero di passare il loro pomeriggio in casa mia, avevamo circa 9 anni, e mi ritrovai improvvisamente immerso in una conversazione che comprendevano pizzi e merletti, vestiti, gonne, scarpe, trucchi etc. Chuck non era ancora arrivato a darmi man forte così, aspettavo l'ora del suo arrivo con ansia, improvvisamente come animate dal diavolo corsero da mia madre a chiederle trucchi, scarpe borse, e quant'altro, sospirai per essere riuscito a scampare alla morte che quella conversazione mi avrebbe portato, ma fui troppo sicuro di me e sopratutto fui troppo fiducioso, così nel giro di pochi minuti mi ritrovai due bambine impazzite che correvano per la stanza con eleganza ma molta determinazione, li per li non capii veramente cosa sarebbe successo, però seppi all'istante che tutto quel trambusto non avrebbe portato a nulla di buono, fu così che mi ritrovai con un fondotinta leggermente più scuro della mia pelle, per far vedere che ero abbronzato, una base per occhi che mi appiccicava le palpebre, e una serie di indefiniti colori in faccia che quando mi guardai allo specchio iniziai a piangere dentro di me, ma il peggio lo sapevo fin dall'inizio arrivò dopo, quando mi convinsero, chissà come, a vestirmi da “donna”, i tacchi leggermente alti, mi facevano tremare le gambe, il vestito più largo di me di tre taglie, mi scivolava da tutte le parti rischiando di farmi rimanere in mutante ogni tre per due, la borsa era più alta di me e la collana di perle, mi stringeva leggermente il collo, quando usci dal guardaroba, Blair e Serena mi guardarono soddisfatte ma appena Chuck, oltrepasso la soglia della mia camera un leggero ticchettio al labbro superiore, gli occhi sbarrati, e le sopracciglia alzate mi fecero capire che non ero proprio un fiorellino conciato in quel modo, l'unica cosa che riusci a dirgli fu “Vedi che succede quando mi lasci da solo con loro?”, non aggiunsi altro e senza aspettare la sua risposta mi divincolai dalle cure troppo insistenti delle regine dell'Upper East Side...

 

Se ripenso a quegli episodi mi scappa un sorriso, mi ritrovai improvvisamente a capire Dan, e il suo atteggiamento, tutto il suo percorso e tutta la sua battaglia per entrare in questo mondo in maniera degna, io che ne faccio parte dalla nascita non l'avevo mai capito, ma stare all'interno dell'Upper East Side significa avere a che fare con gente che non sempre ti accarezzerà con una rosa, ma molto spesso ti pungerà con le sue spine. Però ora che sono qui a fissare la città dall'alto di uno degli edifici più alti di New York posso dire che Dan aveva ragione, l'Upper East Side è veramente un posto che sembra uscito da un romanzo dove si vive nell'opulenza più assoluta, ti fa sentire importante e ti regala qualcosa di più di un cerchio ristretto di persone, ti regala amici di ogni genere, agganci e opportunità che per un ragazzo arrivato da Brooklyn sono solo sogni e difficilmente diventeranno realtà, ma per noi o per me che lo osservo da dentro a volte, fa sembrare tutto chiuso e soffocante, facendo scorgere in lontananza le mie più vili paure.

Il campanello dell'ascensore suonò e sempre stando fermo nella stessa posizione senti la voce di Serena e Blair, che con il suo pancione ormai, faceva fatica a stare in piedi ma non demordeva, chiacchierare animatamente su una questione stilistica di un importante griffè europea, mi salutarono e si sedettero sull'enorme divano, mentre alle mie spalle fece capolino Chuck appoggiandovi allo schienale della poltrona:

- “Hai visto qualcosa di interessante fuori dalla finestra?” - chiese lui con la voce profonda

  • “In realtà stavo facendo vagare la mente senza un perché!” - risposi vago

  • “Allora questa cosa va risolta!”

  • “No!E' una cosa già risolta...Stavo pensando alla prima volta che ci siamo conosciuti”

  • “Ah!Si!Il bambino che non veniva notato” - rispose Chuck sogghignando e versandosi un po di Scotch e preparando bicchieri di Champagne per Serena e un succo d'arancia per la moglie che protesto invano facendomi sorridere, e che ancora chiacchieravano sul divano

  • “Non è vero che non venivo notato, stavo semplicemente osservando la scena”

  • “Davvero?” - chiese Chuck alzando un sopracciglio

  • “Certo!Volevo sapere con chi avevo a che fare...”

  • “Strano!”

  • “Chuck cosa c'era di strano?Ero timido!” - risposi, lo sorpresi ridacchiare

  • “Sai perché ti dissi quella cosa del nascondersi?”

  • “In realtà no, me lo sono sempre chiesto...”

  • “Stavamo giocando a nascondino e nessuno si era accorto di te che stavi in un angolo senza fiatare, per quello decisi di sedermi accanto a te, perché se non avevano notato te, significava che non avrebbero notato me ed avrei vinto...”

  • “Cosa?Mi hai usato come nascondiglio?” - chiesi sorpreso e infastidito

  • “Si, peccato che arrivai secondo”

  • “E come te lo ricordi?”

  • “Perché per prima arrivò Blair!” - rispose sorseggiando il liquido color ambra, lasciandomi senza parole

    Sarei sempre rimasto affascinato da quei tre ragazzi del cerchio stretto dell'Upper East Side, che mi avevano scelto tra mille, avrei brontolato di fronte alla cattiveria immane e molte volte gratuita di Chuck, avrei posato come modello d'eccezione per la nuova linea uomo di Blair e avrei assistito inerme alle liti furibonde al telefono di Serena con Dan rinchiuso in qualche parte del mondo a scrivere. Ma sarei rimasto fermo in quella posizione per tutta la mia vita se questo significava averli sempre intorno con tutti i loro pregi e i loro difetti. Dopotutto non è la famiglia che definisce chi sei, sono le tue amicizie a farlo e detto tra noi, le mie, erano le migliori.

 

 

 

Angolo Autore

 

Ok!Lo ammetto, questo capitolo fa decisamente pena, ma è uscito in un momento di completa disperazione, anche perché se con Chuck ho un grande feeling, con Nate assolutamente no, per cui abbiate pazienza!!Fa schifo...Potete scrivere, mandarmi lettere minatorie, uccidermi, quello che volete, io accetterò tutto quello che avete in mente di fare...però prima, una piccola recensione...vi prego!! -___-...please....

  
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