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Autore: DeadlyPain    20/03/2015    1 recensioni
Di storie e teorie riguardo a Gengar, doppleganger di Clefable, ce ne sono tante.
Ma come vive un piccolo innocuo e dolce Clefary il fatto di avere un'anima cattiva?
Genere: Drammatico, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Urla. Sangue. Ossa spezzate. Volti familiari, forse.

Mal di testa.
Dio. Che male.
Apro a fatica gli occhi, mi fanno male. Mi fanno male anche le gambe, ho camminato molto.
Volevo solo fuggire. Da me stessa.
Guardo in alto.
Luna. Bella, rotonda, pura, morbida.
Non come me. Un tempo lo ero, ma ora sono ricoperta di macchie, sangue, non mio; cicatrici ma non dovute a tagli; occhi gonfi e rossi, unghie aguzze e spezzate.
Sono solo incubi, sono ricordi di avvenimenti che non ho fatto.
Consapevolmente, almeno.
Mi alzo, è ancora buio.
“Assassina”
Eccola, lei, la sua vocina acuta e stridula nella mia testa.
“Non ricordi proprio nulla? Sicura? E se ti dicessi CleCle che mi dici?”
CleCle.
Quello lo ricordo, ricordo tutto di tutti, o quasi.
Mi sono svegliata su un grande altopiano, si vedeva una piccola città ai piedi del monte, una piccola casa, si dice che ora ci abiti uno studioso di Pokèmon, Bill mi sembra. Non so come sono arrivata fin lì. So solo che ero linda e pulita, candida come la neve.
Mi si è avvicinata una ragazzina, capelli corti, rossi, occhi verdi. Quegli occhi. Ha tirato fuori una misteriosa scatoletta “Clefary” disse quella scatoletta rossa. “Clefary” ripetè lei “Sei bellissima piccola Clefary, vieni con me, diventerai la mia migliore amica e ti chiamerò CleCle”. Mi si avvicinò rapidamente, braccia tese. Ebbi paura. Davvero tanta. Ricordo che ho chiuso gli occhi.
Li ho riaperti, era buio e la luna era alta e luminosa.
Un gran mal di testa.
Bocca e mani coperte di sangue.
Mi girai.
La ragazzina dai corti capelli rossi era a terra, vicino a me. La sua faccia, i suoi occhi. Erano scomparsi, della sua testa rimaneva solo lo scalpo, la faccia i muscoli, la carne, mangiata via, a morsi. Si vedevano i condotti uditivi, le cervella e la laringe e faringe.
Ero spaventata.
Scappai.
Incontrai altri ragazzi sul mio cammino.
Ogni volta la stessa scena.
Paura. Chiudo gli occhi. Mi risveglio. Mal di testa. Persone ed i loro Pokèmon dilaniati.
Scappai per giorni interi, non volevo fermarmi.
Mi dispiace.
Mi dispiace.
Urlavo questo di fronte a quei cadaveri, li ho uccisi io. Li ha uccisi lei.
Ora ho raggiunto l'interno più profondo di un monte.
Da qui si vede bene la luna.
Lontano da tutti. Non farò più del male a nessuno.

Urla. Sangue. Ossa spezzate. Volti familiari, forse.

Mal di testa.
Dio. Che male.
Credo siano dei ricordi i miei sogni, i miei incubi.
Quello che è successo nei miei momenti di incoscienza.
Faccio cose molto cattive.
Voglio solo purificarmi ora, cancellare le mie macchie, cancellare i miei ricordi.
Una sera di luna piena la parete di fronte a me ha cominciato a brillare. Erano pietre, tante piccole pietre che brillavano come piccoli frammenti di luna nel buio cielo della parete rocciosa.
Mi sono avvicinata.
Ne toccai una.
Che strana sensazione. Il mio corpo ha cominciato a brillare di luce propria. Poi il dolore. Sentivo il mio corpo cambiare, velocemente, repentinamente, le orecchie affusolarsi, il corpo allungarsi, ossa due e fredde uscivano con violenza dalla mia schiena, la sensazione era come un coltello conficcato tra le scapole. Le mie Ali.
Guardai tra le lacrime la pelle. Luminosa. E oscura. Sotto un primo strato vedevo una massa nera contorcersi dentro di me. Era lei. Lo sapevo.
Incubi.
Sentivo le loro urla riecheggiare nella mia testa, i suoi occhi, così teneri e succosi tra i miei denti, ed i lineamenti di quel ragazzo, croccanti come crackers sotto le mie unghie, quel piccolo oddish, chissà quanto ha sofferto mentre gli strappavo via una ad una le foglie che aveva in testa, quel simpatico charmander, annegato in una pozza d'acqua dopo avergli staccato con forza i suoi arti e averli mangiati davanti ai suoi occhi mentre moriva in agonia del dolore.
Tutti. Tutti. Ecco cosa facevo. Ecco cos'era successo.
Mi dispiace.
Mi dispiace.
Perdonatemi.
Urlo.
Il dolore è troppo feroce, come tanti morsi che pian piano ti strappano ogni singolo centimetro di pelle.
Si.
Ho fatto anche quello.
Mi dispiace.
Non ero io.
Lei mi ha costretto a farlo.
Cado indietro, urlando.
Buio.

Urla. Sangue. Ossa spezzate. Volti familiari, forse.

Mal di testa.
Dio. Che male.
La luna è alta nel cielo. Bianca e Pura.
Ora ricordo tutto. Il loro dolore. Com'è possibile che io abbia fatto quelle cose. Ho perso il controllo e lei lo ha preso. È colpa sua.
Devo liberarmi da questi incubi. Devono andarsene. Lei se ne deve andare, andrà a tormentare qualcun altro, andrà a costringere qualcun altro a commettere cose orribili. Non mi avrà più. Devo farmi perdonare.
Mi guardo intorno. Ora so come fare.
C'è una roccia laggiù, molto frastagliata. Gli manca una punta. Credo sia ancora conficcata negli occhi di quell'Onix, Mi disse che voleva proteggermi, perchè gli sembravo troppo indifesa. Ma lui era grosso, molto grosso, e la sua faccia minacciosa. Ebbi paura. Gli fracassai le rocce di cui era composto, usciva sangue, risi di cuore “Com'è possibile che un Pokèmon roccia, sanguini? Non dovresti averlo neanche il sangue.”, poi presi quello spuntone di roccia, e lo conficcai nelle sue cavità oculari, prima l'occhio destro, poi il sinistro. Risi di nuovo “A quanto pare non sei fatto tutto di roccia. Sei un imbroglio”. Le sue urla erano assordanti, scapparono tutti. Il suo dolore era lancinante, corse via, ma ben presto gli mancarono le forze e si accasciò a terra. È ancora fermo lì, anche se muschio e terra hanno in parte occultato il suo cadavere.
Si. Ora ricordo tutto.
Presi la rincorsa e mi lanciai a peso su quella roccia.
Mi sono evoluta, ora la ricopro completamente.
Sento gli spuntoni penetrarmi da parte a parte. Duri e freddi, come il mio cuore mentre massacravo quelle persone. Quello sulla pancia credo sia il più grosso, sento il mio sangue sgorgare, lo vedo, riversarsi al suolo. Gli spuntoni della pancia, delle gambe e delle braccia sono completamente ricoperti del mio sangue.
Il mio sangue per il loro.
Merito questa fine.
Merito questo dolore.
Non urlo, sebbene il dolore sia acutissimo, resisto. Alcuni di loro non hanno avuto il tempo di urlare con quei rami conficcatigli in gola. Alcuni di loro.
Taccio e soffro.
Il mio corpo diventa pallido, sempre più pallido.
Il mio sangue per il vostro.
Mi dispiace.
Perdonatemi.
Ho sonno.
E freddo.
Il buio cala sopra di me. Ho freddo. Ho sonno. Lasciatemi riposare un'ultima volta.

Buio.

Mal di testa.
Dio. Che male.
La luna è di nuovo alta nel cielo. Rosata questa volta.
Apro gli occhi a fatica, sono forse morta? Devo essere morta.
“No non sei morta, alza il culo”
La mia voce. Quella era la mia voce, solo un più più stridula e distorta, come se provenisse da sottoterra.
Com'è possibile che non sia morta?
Mi giro lentamente verso quella voce.
Eccola, è lei. Lo sento.
È uguale a me, grossa come me, con le mie stesse orecchie a punta.
Ma è nera.
Ed i suoi occhi sono rosso sangue.
Ed il suo sorriso è un ghigno malefico.
È lei. Lo so.
“La smetti di fissarmi?”
“C-Chi s-se...”
“Chi sono? Sai benissimo chi sono”
Rimasi ferma, impietrita.
“Dimmi una cosa, credevi davvero che ti avrei permesso di ucciderti? Non fraintendermi, per quello che mi riguarda poi fare quel cazzo che ti pare, ma ti ricordo che io sono te e tu sei me. Se ti conficchi uno spuntone nel cuore, sai, anch'io ci rimetto il culo, e la cosa non mi va”
“Tu mi hai salvata”
“Poche smancerie, l'ho fatto per me”
“Come...”
“Ho come al solito preso controllo del tuo corpo, e mi sono levata da lì. Ti ho lasciato parte di me ed io me ne sono andata. Sono uscita dal tuo corpo e mi sono incarnata nella tua ombra”
Rimasi senza fiato.
“Te ne sei andata”
“Più o meno. Sono ancora una parte di te.”
“Cosa farai?”
“Me ne andrò da te. Come volevi. Ho già preso un corpo dove abitare, ma andrò in giro per il mondo, torturerò altri Pokèmon e persone, entrerò nei loro sogni. Li obbligherò a suicidarsi, o a commettere omicidi. Li farò impazzire.
Sai quanto mi piace nutrirmi della paura”
Abbassai lo sguardo.
“Oh carina, non ti preoccupare, non ti libererai mai di me”
“M-Mai?”
“MAI! Credevi davvero fosse così semplice? Non hai il fegato per affrontare la vita, e cosa fai? Te la togli! Che stupida che sei! Mi dispiace che i tuoi sogni del paradiso perfetto siano svaniti. La vita fa schifo. È dura. Acida. Senza pietà. Crudele. Abbi un minimo di coraggio e affrontala una buona volta. Io sono te. E ti ho aiutato fino ad ora ad affrontarla. Non mi vuoi? BENE! Me ne vado. Ma non ti libererai mai di me. Non ti puoi liberare dai tuoi ricordi. Non puoi sempre scappare da te stessa”
Ci fu una pausa. Io tremavo. Lei sorrideva.
“Tornerò. A riprendermi il corpo che un tempo è stato anche mio. Tornerò. Aspettami”
Con queste parole cominciò a svanire, finchè di lei non rimase solo un suono nel vento.
Caddi a terra esausta.
Tornerà.
Verrà a riprendermi.
Ed io non posso scappare.
Non posso sempre fuggire da me stessa.
Mi ritroverò sempre.
Sono i miei ricordi. I miei incubi. Una parte di me.
Chiusi gli occhi.
Non posso scappare.
Lei mi troverà comunque.
Non posso morire.
Non me lo permetterà.
Rimarrò qui per sempre.
A vivere nella paura dei miei ricordi.
A cercare di allontanarmi da quella parte di me che non voglio.
Oh, perchè nacqui?
Rimarrò qui in attesa che la vita migliori.
Qui. In questo monte.
Dove si vede bene la luna.
   
 
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