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Autore: AlexVT    14/02/2005    6 recensioni
E' il continuo della mia prima fic "vetrine". Il nostro capitano è di nuovo davanti ad un vetrina del centro e racconta il finale lasciato in sospeso l'ultima volta
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Vetrine'
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Salve a tutti, vi ricordate di me

Ciao ciao, scusatemi per il ritardo ma in questo periodo ho avuto un sacco da fare.

Grazie mille a tutti quelli che hanno recensito la mia prima Fic. Ne sono stata veramente contentissima!!!!

Così ho deciso di postare anche il seguito anche se ad essere sincera credo sia scritto peggio dalla prima…

Ho cercato di seguire passo passo l’evolversi della storia descritta nel fumetto, rischiando di rendere forse un po’ ripetitiva la storia. Comunque giudicate voi.

Ciao ciao.

 

 

UN’ALTRA VETRINA…

 

 

Salve a tutti, vi ricordate di me?

Oliver Hutton, il capitano della nazionale giovanile giapponese, campione del San Paolo e astro nascente del Barcellona? Già, proprio quel Oliver Hutton…

Sono ancora davanti ad una vetrina come tanto tempo fa, e la mia immagine riflessa mi ha fatto tornare in mente che non vi ho mai raccontato come andò a finire l’altra volta.

Avete capito di cosa sto parlando, non è vero?

E’ passato parecchio da allora ma mi sembra giusto concludere quello che ho iniziato.

 

Dunque, da dove posso cominciare?

 

Da dove avevo interrotto, naturalmente…

 

Lasciate Patty e le altre alle prese con il loro giro per il centro corsi di filato in albergo, a furia di seghe mentali avevo perso fin troppo tempo e non mi sembrava il caso di iniziare la mia corsa verso il titolo mondiale con una ramanzina del mister; in più, a dir la verità, non avrei proprio saputo gestire un pomeriggio con quelle tre…

Eve che mi squadrava da capo a piedi come se sapesse che stavo nascondendo qualcosa e volesse leggermelo attraverso.

Susy che, esuberante come e più del solito, non smetteva per un secondo di parlare del suo amato Paul (a proposito, lo sapevate che quei due stavano insieme?).

E infine lei che mi camminava accanto come se neanche toccasse terra, con quella meravigliosa luce negli occhi e i capelli che ondeggiavano al ritmo dei suoi passi; non credo che se le fossi rimasto accanto ancora per un secondo sarei riuscito ad aspettare la fine del campionato senza chiederle di sposarmi o …per lo meno senza fare qualche altra cavolata…

Quindi decisi che era meglio dileguarmi al più presto.

Giunto in albergo nascosi il pacchetto in fondo alla valigia. Non volevo che lo vedesse nessuno, non mi andava di dare spiegazioni a tutto il resto della squadra e poi ora dovevo concentrarmi solamente sul mio obiettivo, ovvero vincere la coppa del mondo giovanile, tutto il resto sarebbe venuto dopo.

 

Quando arrivai sul campo d’allenamento era oramai sera e trovai i miei compagni a terra distrutti e stremati dal durissimo allenamento. Il nuovo mister li guardava da bordo campo con l’espressione delusa di chi è oramai rassegnato a un’inevitabile sconfitta. Una rabbia improvvisa mi montò dentro: “FORZA, IN PIEDI!!!  NON VORRETE RINUNCIARE AL NOSTRO SOGNO COSI’ IN FRETTA!?!?!”

Tutti si voltarono verso di me e increduli mi squadrarono come se avessero visto un fantasma. Al che una nuova luce sembrò brillargli negli occhi e una nuova energia attraversargli le membra; così, come fenici che risorgevano dalle proprie ceneri, scattarono in piedi e mi corsero incontro per salutarmi sotto lo sguardo sbigottito del mister.

Perfetto, finalmente riconoscevo i miei amici, sapevo che non mi avrebbero abbandonato e che mi avrebbero aiutato a vincere il tanto agognato titolo.

 

Qualche giorno dopo iniziarono le eliminatorie asiatiche.

 

All’ingresso dello stadio la luce abbagliante, lasciò spazio ben presto alla vista dell’immensa folla che acclamava i nostri nomi.E’ sempre stata una sensazione indescrivibile, a cui non ci si abitua mai. Tuttavia, sebbene in Brasile il calore del pubblico sia leggendario, il tifo “di casa” è tutta un’altra cosa…saranno gli striscioni e i cori nella  propria lingua, il fervore patriottico che accompagna sempre le partite della nazionale o forse sarà più probabilmente quella ragazza conciata come una matta (non diteglielo o chi la sente poi!!!) che, in piedi sulla ringhiera, agita una bandiera urlando il mio nome…

Chissà perché ma giocare è diverso se c’è qualcuno di speciale a guardarti…

 

La prima partita fu molto dura, ma alla fine la spuntammo anche grazie all’insperato arrivo di Rob.. Quel ragazzo è completamente fuori di testa, un uragano, un pagliaccio, ma anche una ventata di novità che fece un gran bene a tutti quanti.

 

Il giorno seguente ritornai in Brasile.

Lasciai gli altri appena scesi dal pullman e corsi di filato in aeroporto dove sapevo c’era la mia dolce Patty ad aspettarmi. Sentire gli altri prendermi in giro per quell’atteggiamento così insolito da parte mia mi fece arrossire come un bambino… (in fondo, nonostante tutto, credo di non essere mai cresciuto…)

Tuttavia il fatto di ammettere candidamente che li lasciavo perché dovevo correre all’aeroporto per vederla e il non aver negato categoricamente quando hanno presentato Patty a Rob come la “mia ragazza”, furono dei notevoli passi avanti nell’abbattere il muro di timidezza che mi circondava. Inoltre, sebbene questo atteggiamento li abbia un po’ spiazzati, fu meglio così, probabilmente gli sarebbe venuto un colpo se fossero venuti a conoscenza del mio progetto tutto d’un botto. Sapete com’è, dovevo prepararli…

 

In Brasile mi allenai molto, non potevo certo rischiare di perdere. La lontananza questa volta però non mi fece così male… questa volta avevo un obiettivo chiaro nella mente, e niente poteva distarmi da quello.

 

Tornato per l’ennesima volta in Asia mi sentivo carico e pronto come non mai. La squadra era rinata e tutti erano di nuovo in gioco, nessuno poteva più sconfiggerci.

E fu così che battemmo senza alcun problema l’Uzbekistan.

Mark era ritornato la tigre di una volta (voci narravano già d’allora che il merito fu di una misteriosa giocatrice di softball, ma bisognava stare attenti a fare battute a Lenders, soprattutto sull’argomento…).

Tom sembrava aver riscoperto la voglia di giocare per se stesso e questo non poteva farmi che piacere, inoltre mi raccontò di aver finalmente conosciuto sua madre e la sua sorellina, molto carina dovetti ammettere. Infatti quando la piccola Yoshiko accompagnò Tom in hotel riscosse un notevole successo da tutta la squadra, ed in particolare da quello scatenato di Rob, che non parlò d’altro per l’intera settimana. Per di più giurò al mondo di voler fare una splendida figura nella successiva partita e di dedicare il primo gol alla “sua giovane fan” …

Alla vigilia della partita contro l’Arabia la squadra era caricata al massimo …avremmo vinto, me lo sentivo.

E così fu.

 

Tuttavia da qual giorno iniziarono ad abbattersi su di noi una serie interminabile di sciagure, piccole e grandi: un nuovo infortunio di Benji con Ed fuori dalla nazionale, un grave malore alla madre di Mark, un “disastro diplomatico” annesso di “infortunio” per Rob.

Con il risultato che il morale della squadra la sera prima della partita con la Cina era a pezzi, tuttavia non potevamo certo arrenderci. Benji volle resistere e continuare a difendere la nostra porta aspettando il ritorno di Ed, Julian chiese a Amy di tornare in Giappone per badare alla famiglia di Mark, permettendogli di continuare a giocare, e Mark decise di fidarsi dei suoi “amici” e di fare ciò che sua madre avrebbe voluto…vincere quella stramaledetta partita!!!

 

L’incontro con la Cina fu veramente difficile. D’altronde era ovvio che la strada sarebbe stata in salita. Fatto sta che alla fine del primo tempo eravamo tutti quanti, io compreso, convinti di perdere. La nostra salvezza, non ci crederete fu quell’impiccione di Pepe, che venne a trovarci negli spogliatoi e mi fece una di quelle paternali che non si dimenticano…(secondo me comunque era ancora arrabbiato per quella notte in Brasile…).

Mi disse che non mi aveva mai (quasi mai…ogni riferimento è puramente voluto…) visto giocare così male e mi sbattè in faccia il mio più grosso errore: non ero io a dovermi adeguare al livello di gioco dei miei compagni, ma dovevo fidarmi di loro e dare il meglio lasciando che mi seguissero.

Era vero, e io non me ne ero accorto, mi comportavo come un padre che insegna ai suoi bambini a calciare il pallone, erano grandi ed erano dei professionisti, dovevo guidarli, non accompagnarli!!!

Grazie a lui avevo trovato lo spirito giusto, la chiave che ci portò alla vittoria.

 

La finale del girone asiatico fu contro l’Iraq, una grande partita e una splendida vittoria, indimenticabile…

Indimenticabile come la sua espressione quando al culmine della festa corremmo sotto la curva a ringraziare i nostri tifosi. Non scorderò mai quel suo sguardo felice, velato dalle lacrime, era  orgogliosa di me, e io a quel punto mi convinsi definitivamente di essere arrivato fino a lì solamente grazie a lei e solamente per lei. Presto gliel’avrei detto, quel giorno però dovetti limitarmi a riservarle il mio primo e più sincero “grazie per il sostegno”.

 

Neanche si rese conto di quanto quel giorno fu difficile per me tornare a casa, passeggiando con lei per le vie del nostro vecchio quartiere senza poterle dire tutto quanto avevo dentro. Tuttavia quando passammo davanti alla fermata dell’autobus che ci divise tanti anni prima ebbi un colpo al cuore e anche lei, mi parve. Tutti gli altri a quel punto si dileguarono lasciandoci soli e rendendomi più arduo il mantenere i miei propositi. Comunque, in fondo, sono testardo e quando dico una cosa la faccio, lo sapete, no?!?

Caspita però come fu dura continuare a fingere…

Una volta, però, quasi ci cascai, lo ricordo bene: parlavamo di calcio, l’unico argomento su cui credevo non sarei scivolato, e uscii involontariamente con un “sai poi qual è stata la cosa che più mi ha fatto piacere?” Lei si voltò verso di me e mi guardò sorridente con quei suoi meravigliosi occhioni nocciola e il mio cuore perse almeno un battito. Dio solo sa quanto avrei voluto dirle che l’unica cosa che mi aveva reso felice da quando ero tornato in Giappone era solo il poterla vedere e parlare, ma mi trattenni e dissi la prima cosa che lì per lì mi venne in mente, e anche la più stupida: “Pepe”…

Lei scoppiò a ridere e io, anche se lo nascosi brillantemente, sentii l’improvvisa urgenza di sotterrarmi.

Fortunatamente presto arrivammo a casa e con mia madre e mio fratello divenne tutto più facile, anche se quando salimmo a vedere lo stato della mia vecchia camera, beh…ecco…fu meglio che si sia messo a suonare il bollitore del the che mi madre ci abbia chiamato per fare merenda tutti insieme…

 

 

Passarono due mesi prima del vero e proprio inizio del campionato. Rimasi in Giappone, ero felice di poter rimanere un po’ con la mia famiglia, i miei vecchi amici, con lei…purtroppo però non potevo permettermi di distrarmi, di adagiarmi sugli allori, di perdere di vista il mio obiettivo, soprattutto quando c’era così tanto in ballo!!! Lo sapevate che i mondiali li avremmo ospitati noi in Giappone, vero?!? Per questo motivo decisi di partire un’altra volta e ritornare ad allenarmi al mare, mi fa bene il mare…mi permette di svuotare la mente e di vedere il mio futuro chiaro e limpido davanti a me.

 

Tornai a casa giusto alcuni giorni prima del ritiro, appena seppi dell’incidente che aveva coinvolto Tom mi sentii mancare, non poteva essere successo davvero, non a lui, chissà quanta rabbia doveva provare per non poter essere con noi, proprio ora che il nostro sogno era così vicino…e se non avesse più potuto giocare…

NO, NON TOM!!!
Tom avrebbe superato anche quella, e ci avrebbe raggiunto per la finale, noi dovevamo solo dare il meglio per essere là ad attenderlo, e se non avesse fatto in tempo avremmo vinto anche per lui!!!

 

La sera prima dell’inaugurazione ci fu la festa di benvenuto. Erano ammessi solo “vip”…, mi sembrava così strano sentirmi chiamare “vip”…

Tuttavia, chissà come…, tre inviti furono dirottati verso le case delle ex manager della New Team.

Basta allenamenti oramai quello che potevo fare l’avevo fatto (e forse anche di più visto il dolore al fianco che non accennava a passare…), quella sera avevo programmato di dedicarla completamente alla “mia Patty”. A quanto pare anche Julian e Philip avevano avuto la stessa idea, infatti, arrivati al braccio di Amy e Jenny, non le avevano abbandonate un solo secondo, riservando a noi un solo misero e frettoloso saluto di circostanza. Del resto poi, come biasimarli, erano splendide e noi non avremmo certo potuto reggere il confronto…d’accordo lo spirito di squadra, ma a tutto c’è un limite…(Non avreste mai pensato che queste parole potessero uscire dalla mia bocca, vero?!?!).

A quel punto mi voltai, sperando di poter presto avere anch’io accanto il mio buon motivo per trascurare i miei compagni, quando la vidi varcare il cancello con indosso quello splendido vestito rosso come il fuoco che le fasciava il corpo fino poco sopra le ginocchia, e rimasi completamente senza parole. Mi sembrava che il mondo si fosse fermato e che tutti la stessero guardando, e forse era vero…(accidenti a loro…). Del resto era comprensibile, non c’era nessuna ragazza alla festa paragonabile a lei. Ciò nonostante, seppur camminasse sicura su quei tacchi a spillo come un angelo che sfiora a mala pena il suolo, le si leggeva in viso l’imbarazzo che provava. Del resto, non era una situazione a cui era abituata e nemmeno io, se devo essere sincero. Comunque non appena i nostri sguardi si incrociarono tutti gli altri invitati sparirono in un colpo ed eravamo soli io e lei, insieme, felici e al sicuro, come al solito, come sempre.

Purtroppo però i miei progetti romantici andarono presto in fumo, infatti, dovevo aspettarmi che radunare una mandria di teste calde in un giardino con viveri, ragazze e alcool non sarebbe stata una grande idea. Fortunatamente però non fui l’unico a dover fare la parte del “paciere”, anche Schnaider mi diede una grossa mano. Tuttavia però tenerli a bada fu un impresa tanto ardua quanto lunga, un “lavoro a tempo pieno”, che mi permise solo di lanciarle ogni tanto qualche occhiata da lontano, sufficiente a farmi rimpiangere il mio ruolo di capitano e a farmi notare come quel moscone di Napoleon non le si scollasse di dosso.

Possibile che a nessuno venisse in mente di andarle in aiuto?!?!?

Bruce era impegnato a divorare un intero vassoio di tartine con accanto Eve che gli pronosticava un’imminente esplosione. Paul cercava di divincolarsi da quella piovra di Susy, Julian e Philip non erano neanche da contare, Mark e Tom non c’erano e il resto della squadra stava facendo il cascamorto con qualche modella di turno. E che dire del mio “grande amico” Benji?!? In un angolo appoggiato ad un albero che guardava la scena e rideva senza fare troppi complimenti!!! E quel damerino di Pier dove diavolo era finito? Non avrebbe dovuto tener a bada i sui compagni?!?! Col senno di poi probabilmente l’aiuto di Tom mi mancò più in quel momento che in campo…

Tuttavia alla fine qualcuno arrivò sul serio…

Pepe, accompagnato niente popò di meno che dal grande Santana…

Napoleon fu liquidato in meno di un secondo e io tirai un sospiro di sollievo. Quando però notai come gli occhi smeraldo del mio più temibile rivale si posarono su di lei ebbi la certezza di essere passato dalla padella nella brace…

Mi disimpegnai in un attimo, tutto il mondo a quel punto poteva anche andare al diavolo, e mi diressi spedito vero di loro, quando…

-Coraggio ragazzi, la festa è finita, tutti a nanna!!!!-

“Come tutti a nan…”

-Domani dovete giocare quindi ora tutti in albergo, forza!!!-

La voce del mister fu per me come un secchio di acqua gelida: “…ma come era possibile!?! Perché tutto era contro di me?!?”

Fui trascinato via ancora incredulo da un Benji con ancora le lacrime agli occhi per il gran ridere.

“Vabbè, almeno era andato via anche Santana…”

 

Le partite che seguirono non furono affatto facili: la mancanza di Tom, il dolore al fianco, le squadre che diventavano sempre più forti.

Durante il primo incontro che disputammo, quella contro il Messico, il mio infortunio smise presto di essere un segreto solo mio e le difficoltà sembrarono da subito insormontabili.

La situazione migliorò solamente quando capii il mio errore: volevo fare tutto da solo, senza Tom non credevo ci fosse qualcun altro in grado di farmi da spalla. Tutti, invece, si stavano impegnando fino in fondo e tutti avrebbero dato una mano per sostituite il nostro amico nel migliore dei modi e così fecero.

 

La stessa sera arrivò nel nostro albergo una sorpresa per Mark: la “ragazza di Okinawa” era infatti giunta fino a lì per regalargli un porta fortuna e per fargli i suoi migliori auguri. Quella volta la Tigre quasi si squagliò ed è inutile che neghi eravamo tutti alla finestra a goderci la scena (se lo sa ci ammazza uno per uno…). Fatto sta comunque che quella visitina lo esaltò parecchio…

L’indomani durante la partita contro l’Uruguay era inarrestabile.

A parte il fatto che tirò uno schiaffone a Rob, che per poco non gli staccò la testa dal collo, pretendendone uno in cambio. Per caricarsi dissero…

Comunque, furono a dir poco grandi, dandomi modo di “riposare”.

Alla fine però pretesi anche io il mio momento di gloria e feci uno dei miei splendidi e indimenticabili gol. In fondo ero o non ero il capitano della nazionale ?!?

Cavoli però che botta che ho preso quella volta…

 

L’incontro con l’Italia fu una passeggiata, in fondo tutti i suoi campioni erano infortunati e, seppur il non potermi confrontare con loro mi dispiacque non poco, mi sentii sollevato.

 

In albergo purtroppo però ci attendeva un’altra orribile sorpresa: Jenny aveva avuto un grave incidente era entrata in coma. Possibile che il destino si accanisse così contro di noi?!?

Philip non perse un secondo si fiondò in ospedale e noi rimanemmo in hotel senza parole e senza più entusiasmo.

Certo che la vita fu difficile anche per quei due, prima l’America e quando poi tutto sembrava andare per il meglio questo…

L’indomani ci sarebbe comunque stata la semifinale contro la Svezia, una squadra che non si poteva affatto sottovalutare, e senza Philip in difesa …

La mattina andai a trovarli in ospedale, per vedere come stava Jenny e per sentire che intenzioni avesse Philip.

Lo vidi nella penombra seduto su una scomoda seggiola accanto al letto della “sua dolce Jenny” mentre le teneva una mano. Non osai neanche chiedergli che intenzioni avesse, era ovvio che non si sarebbe schiodato di lì fino a che non glielo avesse ordinato lei. Del resto anche io avrei fatto la stessa cosa. Mi chiese scusa e mi disse di portare le sue scuse anche a tutti gli altri, ma quel giorno avremmo dovuto fare a meno di lui, Jenny era molto più importante di qualsiasi partita di calcio.

Già, più importante del calcio…come lei lo eri per me, d’altro canto, anche se ancora non lo sapeva.

-Non c’è alcun problema Philip vinceremo ugualmente, per te e per lei- Gli risposi appoggiandogli una mano sulla spalla per fargli sentire che io e tutta la squadra gli eravamo accanto.

Quando portai la notizia agli altri ne rimasero delusi, ma bastò una mia occhiata di rimprovero per far cessare le lamentele. Philip non avrebbe giocato ed era giusto così. Avremmo vinto comunque.

 

La partita fu veramente dura, al posto di Callaghan entrò un nuovo ragazzo di nome Akai, non era un fenomeno ma non se la cavò affatto male, ci mise tutto se stesso e questo fu l’importante.

Ad un certo punto dell’incontro però successe una cosa che per me rimane ancora inspiegabile: Levin, il campione svedese, il cyborg dagli occhi di ghiaccio (peggio ancora di Santana tempi d’oro) smise di accanirsi sulla nostra difesa e con un fair play sorprendente buttò la palla fuori dal campo per permetterci di soccorrere Akai infortunato. A quanto pare questo repentino cambiamento fu causato da un insieme di coincidenze che diedero una bella scossa alla sua coscienza cristallizzata dal momento in cui la sua ragazza morì in un incidente d’auto l’anno prima.

Dio mio chissà cosa avrei fatto se fossi stato al suo posto!?!? Se l’avessi persa per sempre?!?!

In quel preciso momento poi accadde anche un secondo miracolo: Philip a bordo campo pronto per entrare.

Allora l’ordine di Jenny era arrivato…

Vincemmo anche questa.

 

Ed ora la finale.

 

Tutti parlavano di un favoloso Re del Calcio, di un ragazzo imbattibile che militava nella nazionale brasiliana.

Imbattibile,… si, fino a che non avesse giocato contro di me…

 

Entrando in campo la prima cosa che vidi fu una vecchia bandiera, sembra impossibile che tra i migliaia di striscioni che coloravano gli spalti notassi proprio quella, ma sapete com’è…

“Il nostro vessillo alla memoria”, il mio amore la chiama così. Già, sto parlando proprio di quella bandiera, quella che una piccola pazza scatenata vestita come un maschio agitava urlando sugli spalti durante la mia prima partita con la Niuppi. Quella con scritto “Forza Holly”, il primo striscione dedicato a me soltanto dalla mia prima e più grande tifosa, la prima volta che sono corso esultando sotto gli spalti a salutare il mio pubblico, la prima volta che sono arrossito.

Ma non solo: la prima volta che ho avuto dei veri amici, la prima volta che ho segnato a Benji, la prima volta che ho giocato con Tom.

Tutto come la prima volta: un primo tempo da incubo e come un salvatore all’intervallo ecco che arriva l’altra metà dell’inarrestabile coppia d’Oro, e la partita diventa un’altra.

E alla fine abbiamo vinto…

Non credevo di poter essere più felice di così, ovviamente mi sbagliavo, ma allora non lo sapevo ed ero completamente in estasi, avrei potuto fare qualunque cosa in quella memorabile giornata e così feci…

 

 

Quella sera avremmo dovuto trovarci tutti quanti in albergo per festeggiare la vittoria con un grande cenone, niente di formale, niente “vip”, solo qualcosa che doveva assomigliare a una rimpatriata tra vecchia amici.

Eravamo tutti nelle nostre camere dove secondo il mister avremmo dovuto riposarci per alcune ore dopo l’estenuante giornata, ma come si può pretendere che dei ragazzi di vent’anni facciano il consueto “pisolino” dopo essere stati dichiarati campioni del mondo!?! Tutte le camere erano in fermento: Philip seduto su un gradino della scala continuava a ridere parlando al cellulare. Julian insisteva davanti al televisore con un frenetico zapping. Mark vagava per corridoi e camere imprecando come fosse una tigre in gabbia seguito a ruota da Denny ed Ed che tentavano di calmarlo. Paul faceva e disfaceva  la valigia sotto lo sguardo attonito e divertito di Johnny, Bob e Ted. Bruce inseguiva i Derrik che scappavano passandosi quella che presumibilmente era una foto sua e di Eve. Huma, Sandy, Sam, Alan e Patrik giocavano a poker seduti in cerchio su un lettone king size. Akai continuava ad entrare e uscire dalla doccia, e lavarsi e asciugarsi i capelli. Rob saltellando tra un letto e l’altro cantava a squarciagola tentando di coinvolgere gli altri in una sorta di gara canora, mentre Benji gli russava beato accanto. Dal canto mio non vedevo l’ora che arrivasse il momento di cenare. Marciavo per il corridoio con passo spedito, pensando e ripensando a quello che avrei dovuto dire quella sera, guardandomi intorno per trovare l’ispirazione, dribblando prima un Derrik, poi Bruce, poi Rob, poi l’altro Derrik, (o era ancora lo stesso?!?), poi Ed, Danny ed infine un Lenders sempre più frustrato, e poi indietro, un’altra vasca e un altro giro di giostra.

Finchè, ad un certo punto, corsi verso Philip e gli strappai il telefonino di mano:

-Ciao Jenny, sono Holly, scusami un secondo, ma è un’emergenza, Philip ti richiama subito.-

Appesi e composi il nuovo numero davanti allo sguardo allibito di tutti i miei compagni.

-Pronto Gastby? Ciao Patty, sono Holly,…grazie,…si è per sta sera, …no, non ci sono problemi, …volevo dirti di aspettarmi a casa, vengo io a prenderti, … no, è che devo farti vedere una cosa prima. … No, tranquilla, è tutto ok, Ciao ciao, a dopo.- Chiusi la comunicazione.

-Grazie Phil.- Ridiedi il telefono al legittimo proprietario e senza ulteriori spiegazioni mi diressi con passo spedito verso la mia camera.

A dir il vero ci rimasero parecchio male i ragazzi, soprattutto quando Bruce tentò di inseguirmi nella mia stanza reclamando delucidazioni per il pubblico e io gli sbattei la porta in faccia. Sinceramente, non avevo molta voglia di dare spiegazioni in quel momento.

 

La cena era per le otto, ma io alle sei ero già nella mia auto e mi dirigevo verso casa Gastby. Ero, bhè, piuttosto teso, in fondo, il passo che stavo per compiere non era cosa da tutti i giorni, ero giovane e potevo affrontare una responsabilità così grande?!? Potevo mantenermi…ci??? E se mi avesse detto di no?!?! “Oh mio Dio, ancora con tutti quel dubbi!!!!”.

Arrivai e scesi dall’auto. Non appena la vidi uscire dalla porta e correre verso di me, come sempre, tutti i miei dubbi furono spazzati via in meno di un secondo.

Corsi ad aprirle la portiera come un vero cavaliere e la feci accomodare in macchina, volevo fare una buona impressione e, a giudicare dal suo sguardo piacevolmente sorpreso, ci stavo riuscendo.

Guidai, chiacchierando del più e del meno, dritto verso lo stadio e quando parcheggiai l’auto la condussi verso un’entrata secondaria che avevo chiesto al custode di lasciare aperta. Nello stadio vuoto si respira un’atmosfera magica, sapete?!? Non migliore o peggiore di quando è gremito da migliaia di persone…, diversa, anche romantica da un certo punto di vista,…dal mio di sicuro…

Volevo che vedesse quello che vedevo io, volevo che capisse che nonostante solo poche ore prima avessi in quello stesso punto ringraziato per il sostegno migliaia di persone, ora volevo riservare a lei il mio ringraziamento più sincero.

Parlai senza rendermene conto, le parole mi uscirono direttamente dal cuore. Le dissi che le ero grato perché aveva sempre creduto in me, e che se ero arrivato fino a lì era solo per merito suo. Le dissi che se anche eravamo stati separati per tutto quel tempo e se anche era stato un periodo difficile per entrambi io non avevo mai smesso di amarla. Le dissi che appena conosciuti mi aveva detto che amava sostenere le persone che davano il meglio di sé e che io per questo avevo cercato di farlo per tutta la vita. Le dissi anche che avrei voluto che lei continuasse a sostenermi e a starmi accanto anche in futuro. Le dissi, infine, spostando il pallone che tenevo tra le mani e mostrando l’anello che custodivo ormai da mesi nella tasca della giacca, che avrei voluto che mi sposasse e che non mi lasciasse mai.

A quel punto scoppio a piangere e mi svelò che finalmente anche il suo sogno si era avverato. Così le presi la mano e tremante le infilai all’anulare il fatidico anello, poi mi avvicinai e senza più dover attingere a chissà quale fonte di coraggio le diedi il primo di una serie interminabile di baci.

 

Confesso che ci volle almeno un’oretta prima che riuscissi a staccarmi da lei e anche allora non fu affatto facile…

Ma si stava facendo tardi e tutti ci stavano aspettando. In fondo capitano della squadra campione del mondo e il capo dei tifosi non potevano certo mancare alla festa per la vittoria !!!! In più avevamo anche un importante annuncio da fare…

Così la presi per mano e ridendo come due bambini corremmo verso il ristorante.

 

Il nostro ingresso trionfale mano nella mano nella hall invasa dai giornalisti come è naturale non passò certo inosservato, come del resto l’anello al dito di Patty. Ma non mi importava, anzi, che il mondo intero sapesse pure che quella splendida ragazza al mio fianco d’allora in poi sarebbe stata solo mia!!!

L’entrata nel ristorante del resto non fu meno grandiosa; infatti, dopo il gelo generale scoppiò un lungo applauso.

Eve abbracciò Bruce dandogli un sonoro bacio sulla guancia; Amy con le lacrime agli occhi si strinse ancora di più tra le braccia del suo principe; Philip applaudiva in piedi accanto a Jenny che con ancora alcune bende sulla fronte, seduta su una poltrona, si asciugava gli occhi per la commozione; Benji continuava a ridere mentre dava pesanti pacche sulla schiena di Lenders che stranamente rideva senza avere intenzione di reagire. Persino il mister come tutti gli altri non smetteva di fischiare e battere rumorosamente le mani. Gli unici a non aver ancora capito cosa fosse successo erano Rob che guardava stranito Tom sorridere soddisfatto appoggiato tra sua sorella e ad Azumi, e Maki che al braccio di Mark cercava, tirandogli la camicia, di avere una qualche spiegazione.

Quella fu davvero una grande serata…

E anche la nottata non fu niente male, visto che Tom l’avrebbe passata in clinica e io mi ero, che coincidenza, ritrovato da solo in una camera matrimoniale…

 

Preso ci sposammo, infatti, anche se eravamo giovani nessuno osò contraddirci; in seguito, poi, come sapete, ci trasferimmo in Spagna.

 

E questo è tutto, a grandi linee,…

 

Così ora sono qui, un’altra volta davanti ad una vetrina ad aspettare.

-Hei, papà perché non entri?!?!-

 Eccolo, il mio piccolo dolce angelo, oramai ha quasi 5 anni ed è tutta la mia vita.

-Ma come, tesoro, io avevo capito che dovevo aspettarvi qui!-

La prendo in braccio e mi infila le mani nei capelli, vuole salirmi in spalla, ma così mi fa male.

-Ahio…non così, aspetta…ecco…Ahi…-

Finché eccola arrivare.

-Su, tesoro, stai tranquilla, lascia stare papà, non vedi che…uhi…-

-Oh, scusa mamma!!!!-

Un calcio anche a lei…

-Ti sei fatta male, tesoro?- chiedo al mio amore che si massaggia il naso con la mano, soffocando una risata e riuscendo a sistemarmi in spalla la piccola alla belle e meglio.

-No…- mugugna Patty imbronciata, uno splendido broncio, comunque, non c’è che dire.

Mi abbasso per darle un bacio sulla parte lesa stando bene attento che i piedini del nostro piccolo terremoto (Non vi ricorda nessuno?!?!) non creino altri danni e le accarezzo dolcemente il ventre che da qualche mese custodisce un altro piccolo Hutton (questa volta è un maschio e me lo sento che sarà un campione!!!). Lei allora ne approfitta e, distraendomi con una bacio sulle labbra, mi rifila in mano un’altra serie di buste contenenti altri risultati delle ore di shopping che ci siamo concessi in questa giornata di fine estate.

Cavoli, con questo trucchetto mi frega sempre…

Vabbè, non importa…

Vi ricordate quando vi dissi che il giorno in cui vincemmo la coppa del mondo non credevo di poter essere più felice, ma che col senno di poi ci sono stati di momenti che mi hanno fatto ricredere ?!?

Beh… che dire… questo è uno di quei momenti…

   
 
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