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Autore: Asgard458    21/03/2015    2 recensioni
Pensando che la sua situazione migliorasse, G. inizia a scrivere un diario dove tiene tutti i suoi pensieri. Casa sua è piccola, ed abitata dai suoi genitori, un fratello e due sorelle, non poteva di certo tenerlo nelle sue quattro mura. Gli trovò rifugio sotto una roccia in un parco. Ma questo diario non lo aiutò ad affievolire il suo dolore. Arrivato al culmine, un giorno, decise di farla finita, ma, per sua sorpresa, trovò una pagina scritta da una certa C.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Non ho mai detto niente a nessuno. Ho sempre tenuto tutto dentro di me, pensando di riuscire a gestire le mie emozioni da solo. Però dovevo dire a qualcuno cosa provavo. Mi serviva qualcuno che mi ascoltasse. Cosi, decisi di prendermi un diario. Abitavo in una casa piccola, con un fratello e due sorelle. Non avevo molta privacy. Decisi di nascondere il diario nel parco, sotto una roccia. Ci scrivevo ogni cosa, sfogandomi e alleggerendomi. Non scrivevo tutti i giorni, ma alternavo. Un giorno scrivevo, l’altro no. Ed è proprio questo, che mi ha fatto conoscere lei. Le prime pagine risalgono ai tempi delle medie. Ero stato preso di mira dai bulli, e mi sentivo molto oppresso. Non volevo dire niente ai miei genitori o ai miei fratelli perché non volevo che si preoccupassero. Ogni giorno era un inferno. Non vedevo l’ora che arrivasse il giorno destinato a scrivere sul diario. Non riuscivo a scrivere frasi complete, ma pezzi di pensieri qua e là. Alcuni anche molto macabri. Avrei fatto del male a molte persone dentro quella classe. Ogni volta, portavo una penna al parco e la scaricavo per quanto scrivessi. Impiegavo anche molta forza nello scrivere. Strappavo le pagine come avrei pugnalato tutti quegli idioti. Ma non importava quanto io mi sfogassi, non era mai abbastanza. Arrivò il giorno che decisi di farla finita. Lunedì scrissi sul diario: “Mercoledì, dopo aver scritto per l’ultima volta, mi taglierò la gola. Proprio qui. Non ce la faccio più”. Chiusi il diario e tornai a casa. Ero giunto al limite. Mercoledì, insieme ad una penna, portai anche un coltello. Non mi feci vedere da nessuno. Anzi, dubito che noteranno la mia assenza. Sono come una foglia in mezzo ad un cespuglio: se cade, nessuno lo nota. Mi sedetti al solito posto, sollevai la roccia e presi quel diario. Lo aprii dove avevo lasciato, e trovai, per mio stupore, una pagina scritta. Recitava:
 
“Caro diario,
ho letto cosa hai passato fin ora, e sono terribilmente dispiaciuta per te. Però non puoi abbandonare la vita per via di alcuni soggetti! Possono sembrarti frasi fatte, però è cosi! La tua vita vale molto di più della loro! Tu non ti confidi con gli altri perché non vuoi che pensino che tu sia una palla al piede. Io starò qui, ad ascoltarti, e scrivere con te. Combatteremo i nostri problemi insieme. Anche io sono stata vittima di bullismo a scuola. Però, a me facevano molto peggio: le mie compagne mi chiudevano in bagno e non mi facevano più uscire; mi tiravano per i capelli e mi mettevano la faccia nel water; facevano la spia su cose che non avevo fatto; mi facevano fare i loro compiti; mi hanno tagliato le scarpe ed i vestiti; una volta mi hanno addirittura tagliato i capelli. Anche io ero come te. Mi sentivo sola e persa. Senza nessuno al mio fianco. Però adesso al tuo fianco ci sono io. Risolveremo questa cosa insieme. Scrivimi qualcosa, domani tornerò a risponderti.
Con affetto,
C.”
 
È stata la cosa più bella che abbia mai letto. Non mi sentivo più solo. Sapevo di potercela fare. Le risposi, ed aspettai con fremito il venerdì, quando sarei andato io a scrivere. Lei c’è sempre stata, e non passò molto prima che anche lei iniziò a confidarsi. Usciva da una situazione famigliare molto brutta. Il padre malmenava la madre, e quest’ultima non aveva il coraggio di chiedere il divorzio. Però le cose peggiorarono, e il padre uccise sua madre. Davanti ai suoi occhi. Lei, istintivamente, scappò di casa e si rifugiò a casa dei suoi nonni materni. Il padre venne arrestato e condannato. Anche i nonni morirono dopo poco, ma le lasciarono tutto in eredità. Lei adesso viveva da sola, con i risparmi dei nonni. Ma era pienamente autosufficiente. Cucinava, faceva il bucato, la spesa, pagava persino le bollette. Subì molti traumi nel corso della sua corta vita, però il diario faceva bene anche a lei. Avevamo entrambi qualcuno con cui parlare, non un pezzo di carta su cui scrivere. Inoltre, noi sapevamo quando l’altro era al parco a scrivere, perciò ci promettemmo che non ci saremmo mai incontrati. Almeno per ora. Però io volevo conoscerla dal vivo, volevo vedere com’era. Ma trattenni questo sentimento, pensando al bene della nostra amicizia. Passarono gli anni, e anche noi cambiammo. Ci ritrovammo al quarto anno del liceo. Scegliemmo lo stesso indirizzo, quasi per farci un dispetto. Adesso eravamo nella stessa scuola, ma non sapevamo chi fosse l’altro. Stavamo passando entrambi un periodo tranquillo, però, un lunedì, andai a leggere ciò che avesse scritto:
 
“Caro diario,
ti ho tenuto nascosto una cosa molto grande. Io mi sono innamorata di una persona. È nella mia stessa classe. è da tanto tempo che provo questi sentimenti, ma oggi ho finalmente avuto il coraggio di chiedergli un appuntamento, e lui ha accettato. Domani esco con lui! Sono cosi felice! Se solo potessi vedere il mio sorriso in questo momento! Sono davvero felice! Mi metterò un vestito e usciremo la sera. Mi ha detto che prenoterà in qualche ristorante molto bello! Sembra che io gli interessi parecchio! Ma non voglio tirare la corda, magari non gli piaccio (ancora). Sono cosi emozionata! Chissà se G. sarà felice quando leggerà questo. Lo spero proprio. Non vedo l’ora che lo legga e mi scriva una risposta!
Saluti,
C.”
 
Sentii una fitta al cuore. Tirai il diario addosso ad un albero e misi le mani nei capelli. Non riuscivo a crederci. Ancora peggio, non riuscivo ad essere felice per lei. In questi anni ci siamo detti tutto, abbiamo mantenuto le promesse, abbiamo detto cosa provavamo. Forse, io ho sviluppato qualcosa per lei. Ma, per me lei era un’amica, niente più. Come mai adesso sento una fitta cosi forte da farmi piegare a terra? “Amore” mi venne in mente. Forse, quello che provavo non era amicizia, ma amore, fin dall’inizio. Quel pomeriggio non scrissi nulla. Rimisi il diario sotto la roccia e tornai a casa. Dopo tutto quello che ci siamo detti e tutte le cose che abbiamo passato, perché io si e lei no? Perché devo essere io quello che deve soffrire?! Presi una decisione: non sarei mai più tornato in quel parco. Era arrivato il momento di chiudere questa buffonata. Ero al quarto anno, avrei avuto gli esami l’anno prossimo e poi sarei andato all’università. Ed ero ancora preso da un diario segreto. Dopo quel giorno, mi sentivo patetico. Non volevo vederla, non volevo sentirla e non volevo conoscerla. Ha preso la sua strada, ed io la mia. Passò una settimana, e per i corridoi girava voce di una ragazza che andasse in giro con un diario in mano. Ero sicuro che fosse lei, ma non mi azzardavo ad uscire dalla classe. avevo paura di cosa avrei potuto fare se l’avessi incontrata. Eppure, dalla classe dovetti uscire. Camminavo guardando ogni ragazza, facendo attenzione a non incrociare lo sguardo con la “pazza del diario”. Camminavo dritto, guardando avanti. I corridoi erano affollati. Quasi non respiravo. Mi rifugiai nei bagni. Chiusi la porta e vomitai. Ero veramente teso. Non volevo incontrarla, ma allo stesso tempo volevo vedere che faccia avesse. Volevo vedere di chi ero stato innamorato dalle medie fino ad ora. Trattenni quei pensieri e tornai in classe. Mi distruggeva pensare che lei fosse nella mia stessa scuola e che, inevitabilmente, l’avrei incontrata. E cosi fu. La vidi che girava senza meta, cercando quel “G.” del diario. Aveva un bel viso dai tratti dolci, sormontato da capelli corti castani. Non guardai neanche il resto del corpo, mi fermai solo al viso. Mi ero innamorato di una ragazza bellissima. Eppure, ero più distrutto di prima. Sapevo chi fosse, ma lei non sapeva che io ero G.. E poi, anche se mi fossi presentato, non avrei concluso niente. Una ragazza cosi carina avrà fatto sicuramente colpo su un sacco di ragazzi. Non c’era spazio per me. L’anno finì. Io venni promosso, e presi una delle decisioni più avventate della mia vita: cambiai scuola. Non ce la facevo più a stare con quel peso sulle spalle. I miei voti, nonostante fossero sufficienti, erano calati parecchio, e lo stress che accumulavo ogni giorno aumentava sempre di più. Quell’amore non corrisposto durato otto anni non poteva andare avanti. Mantenni l’indirizzo da me scelto, ma cambiai zona. Mi trovavo molto distante da casa, ed ogni giorno dovevo affrontare un viaggio chilometrico. In più era anche l’ultimo anno del liceo. Ma, fortunatamente, l’unico stress era quello scolastico. C. mi passò di mente e, pian piano, inizia a dimenticarla. Il mio amore, comunque, non sparì. E me ne accorsi quando uscivo con altre ragazze. Molte mi interessavano, ed io interessavo a loro. Però, mi sentivo uno schifo, come se le stessi prendendo in giro. Volevo iniziare una relazione, ma sapevo che non avrei potuto amarle appieno. Il mio cuore era di C., e questo fatto non sarebbe, ahimè, cambiato. Presi coraggio e maturità, ed iniziai a frequentare una ragazza. Mi piaceva molto, ed io piacevo a lei. Passarono i mesi, e la relazione sembrava andare avanti. Ci avvicinammo al nostro primo anno insieme, e lei mi fece una domanda a cui non potei dare una risposta:
“Noi saremo insieme tutta la vita, vero?”. Non lo sapevo. Se avessi detto “Si”, le avrei dato false speranze per un’eventuale separazione, mentre se avessi detto “No” le avrei spezzato il cuore, dando per scontato che lei non fosse quella giusta. E poi, mi tornò in mente C.. L’unica donna che non riuscivo a dimenticare. L’unica donna a cui avrei risposto “Si” se mi avesse posto quella domanda. Un “Si” sincero, pieno di tutto il suo significato. Io avrei passato tutta la mia vita con C., ne ero convinto. Ma adesso stavo frequentando un’altra ragazza. Io la guardai, feci una risata agitata e la baciai. Non risposi alla domanda, ma lei non me la propose più. Durante l’università, decisi di andare a vivere da solo, in un piccolo appartamento in una città vicina. Gli spostamenti non erano un problema, e neanche la ragazza. Volevo solo un po’ di autonomia. E riuscii a conquistarla. Dopo tanto tempo, mi sentivo libero da ogni vincolo. Facevo da pendolare tra casa e università, e la mia ragazza si rifugiava molto spesso a casa mia. Mi ero trovato un lavoro, ma, nonostante ciò, i miei mi spedivano una parte dei loro soldi. Non era molto, ma mi aiutava tanto. Dopo aver finito l’università, presi molte decisioni. Una di queste era andare a vivere all’estero. Prima di fare ciò, decisi di tornare a casa dai miei per una visita a sorpresa. I miei ne rimasero molto contenti. Li ringraziai per tutto il supporto e l’aiuto che mi hanno dato in quel periodo. Non sapevo veramente come ringraziarli, ma gli ero molto, molto grato. Visitai anche la mia ragazza, e ne rimase anche lei molto sorpresa. Non fu contenta del mio trasloco all’estero, però riuscì a digerirlo. Rimasi quattro giorni a casa dei miei, e riallacciai i contatti con i miei amici del liceo. Uscimmo qualche sera, mi fecero vedere cosa fosse cambiato e cosa mi fossi perso. Passai dei bellissimi giorni. Dissi a tutti che era, probabilmente, l’ultima volta che ci saremmo visti. Visitai anche i vecchi luoghi che mi resero l’uomo che sono adesso. Senza volerlo, mi ritrovai al parco. Già che c’ero, andai a vedere sotto la roccia. Il diario era ancora lì. Cominciai a leggere, riprendendo da dove avessi lasciato.
 
“Caro diario,
G. non si è fatto più vivo. Sono ormai un paio di giorni che non scrive più. Sono molto triste. Non so più a chi parlare. Ah, l’appuntamento è andato bene, abbiamo parlato, siamo andati a cena in un bel ristorante, come mi aveva promesso, ma non sono felice come vorrei. Mi manca G.. Non so come farò senza di lui… ti prego, torna presto…
Tua,
C.”
 
Capii ciò che provava, perché adesso lo provavo anche io. Sapevo che fosse quella giusta per me. sapevo che era l’unica a cui avrei detto “Si” senza indulgi, però, lei era anche la mia amica. Una ragazza a cui potevo dire tutto. L’unica di cui mi fidavo completamente. Lessi la pagina dopo.


“Caro diario,
Sono passate due settimane. G. non si trova. Ho provato a cercare a scuola, infrangendo la promessa di non smuovere il diario da qui. Ma non m’importa. voglio capire cosa gli è successo. Voglio sapere se sta bene e cosa posso fare per lui. Io gli voglio bene, gliel’avrò detto un sacco di volte, gli ho anche detto che ci tengo a lui, più di ogni altra cosa. Eppure, se n’è veramente andato. Cosi? senza dire nulla? Non so più cosa pensare… io e il ragazzo che mi piace ci siamo messi insieme. Penso di essere felice con lui, però mi manca tanto G.. Non so per quanto ancora potrò fare questa “faccia felice”. Ti prego, diario, fa’ qualcosa.
C.”
 
“Caro diario,
Ho rotto con il mio ragazzo. Anzi, lui mi ha lasciato. Diceva che non sorridevo più, ed è vero. Non voglio perdere G.. Non so dove sia, non so come stai e non so cosa stia facendo, ne’ cosa gli passi per la mente! È veramente frustrante! Vorrei urlare, strapparmi i capelli, correre per strada e cercarlo, urlando a destra e a manca il suo nome. Peccato che non so quale sia. È strano come io stia più male per il mio amico piuttosto che per il mio ragazzo. Ex-ragazzo. Forse, lui non era un amico per me?
C.”
 
“Caro diario,
dopo tanto tempo, ti riscrivo. È passato cosi tanto tempo. Avrai sofferto cosi tanto a passare tutti questi anni ad aspettare che uno di noi riscriva qualcosa. Ed io sono la prima. G. non è ancora tornato. Non so se tornerà. Ma penso che non proverò mai più qualcosa di cosi forte. Voglio solo che torni. Voglio incontrarlo. Voglio vederlo. Voglio poterlo abbracciare e non farlo scappare mai più. Se solo avessi capito prima cosa provassi, tutto questo non sarebbe mai accaduto. Io non voglio più…”
 
le parole si fermarono lì. La pagina era ancora bagnata. Deve aver pianto cosi tanto. Mi sentivo cosi in colpa. Mi sentivo veramente una feccia. Per un mio capriccio, ho fatto soffrire l’unica persona a cui tenga veramente. Però, mi ricordai che era giovedì. Era il suo giorno. La aspettai in quel parco. Fino a tarda notte, ma non si presentò nessuno. “Ha, che idiota. Torna a casa” pensai. Misi apposto il diario e mi alzai. Quando mi rivolsi verso l’uscita, vidi una ragazza che era appena arrivata. Era la ragazza più bella che avessi mai visto. Aveva un viso dai tratti dolci e dei capelli castani che arrivavano alle spalle. Restammo un paio di minuti a guardarci. Sapevamo che fossimo. Sapevo che lei era C., e lei sapeva che io ero G.. Lei si avvicinò lentamente, mi toccò il petto con la mano, intenzionata a sentire il mio cuore battere, poi mi chiese, con piccola voce:
“Tu sei G.?”. Io annuii. Le lacrime iniziarono ad inondarle le guance.
“Ti ho trovato… finalmente sei tornato…”. Le sue braccia mi presero e mi abbracciarono, con una forza mai sentita prima.
“Non ti lascerò andare! Mai più!” mi urlò mentre singhiozzava. Le lacrime non smettevano di scendere. Questa ragazza ha provato ciò che ho provato io. Ma nonostante lei l’abbia affrontato ed io sia scappato, facendole male, lei è qui, ad abbracciarmi e a sperare che io non me ne vada più. La abbracciai anche io. In quella gelida notte invernale, in quel deserto parco, c’eravamo solo noi due. Abbracciati. Pian piano, il suo pianto si calmò, allentò la presa dell’abbraccio, ma non si staccò da me. Io feci lo stesso. Ci guardammo in faccia. Dovevo darle molte spiegazioni, dovevo chiarire molte cose, ma quello che avevo in mente al momento era solo una cosa:
“Come ti chiami veramente?”
Lei rispose: “Chiara… tu?”
“Io sono Giorgio”. Ci fu un momento di pausa, poi riattaccai:
“Chiara… che bel nome…”. Lei mi guardava negli occhi, ed io guardavo lei.
“Chiara, mi dispiace di averti fatto soffrire… mi dispiace di averti lasciato da sola tutti questi anni… mi dispiace non essermi presentato quando ti vidi per i corridoi alle superiori… mi dispiace di essermene andato senza darti neanche una spiegazione… non lascerò che accada di nuovo. Io-“
Lei mi mise un dito davanti alla bocca, azzittendomi.
“Io…” iniziò lei.
“Io non sono mai stata sincera con me stessa. Non ho mai capito cosa provassi. Ed ho finito per farti del male. Ho finalmente capito che la mia vita la voglio passare con te. Giorgio, passerai la tua vita insieme a me?”
La guardai negli occhi. Avvicinai la mia bocca alla sua e le sussurrai: “Si”. Le nostre labbra si toccarono, scambiandosi calore. Era un tepore indescrivibile. Il cuore si scaldava, cosi come l’anima. Capii cosa fosse “Amore”: “Amore” è il bacio della persona che ami. Un bacio così caldo e pieno di sentimento che riesce a scaldarti il corpo persino nella più fredda notte d’inverno. Scoprii l’Amore, e non lo lasciai più.
   
 
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