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Autore: Crystal25396    21/03/2015    9 recensioni
Artù ha otto anni. Dopo una discussione con Morgana decide di dimostrare alla sorella che lui sa benissimo cavarsela da solo e così scappa. Purtroppo il giovane si allontana troppo e presto finisce per perdere l'orientamento, ritrovandosi così solo nel bosco.
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«Ciao.»
Colto di sorpresa, il principe sobbalzò vistosamente dalla sella, sguainò la spada che il fabbro di corte aveva realizzato apposta per lui e si voltò di scatto verso la voce, pronto a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Quello che si trovò davanti, però, non era un brigante, uno stregone assetato di vendetta, una creatura magica, uno degli uomini di Cenred o, peggio ancora, suo padre. No, quello che aveva davanti era un bambino. Artù pensò che doveva avere circa la sua stessa età, ma era evidente che apparteneva ad una famiglia povera: indossava dei vestiti troppo larghi per lui, sporchi di erba e fango all’altezza dei gomiti e delle ginocchia. Fisicamente, era di una magrezza da far spavento e aveva, oltre alle due grandi orecchie a sventola, folti capelli neri che mettevano in risalto i suoi occhi, di un azzurro così brillante che Artù pensò vi fossero incastonati all’interno due zaffiri.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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LA DIMOSTRAZIONE DI ARTÙ




Suo padre non sarebbe mai dovuto venire a sapere nulla di quella storia. MAI, o lo avrebbe rinchiuso nelle sue stanze per il resto dei suoi giorni.
Aveva osato disobbedirgli, era andato da solo nella foresta e si era allontanato talmente tanto che si era ritrovato a vagare fra gli alberi a poche miglia di distanza dal confine con il Regno di Cenred.
Ma come gli era saltato in mente? Cedere ad una provocazione di Morgana. Avrebbe dovuto immaginarlo che sarebbe andata a finire così: alla fine era sempre lei ad avere la meglio, perfino con Uther accadeva spesso. Quella bambina era una vera strega.
 
Sospirando rumorosamente, Artù tirò le redini del suo cavallo e si fermò. Era inutile continuare ad avanzare, tanto aveva perso completamente l’orientamento e non aveva idea di dove si trovasse. Ovunque volgesse lo sguardo, non vedeva altro che alberi, alberi e ancora alberi. Tutti uguali.
 
«Devi essere molto stanco, vero Gil?» domandò all’animale, come se lui potesse veramente capirlo. «Mi dispiace, vorrei scendere, ma se lo faccio non riuscirò più a risalire. Al castello sono i cavalieri che mi aiutano, ma qui non c’è nessuno…» mormorò abbassando lo sguardo triste.
 
Nonostante avesse solo otto anni, Artù aveva sempre cavalcato Gil. Se avesse iniziato da un pony, Morgana non avrebbe perso occasione per farsi beffe di lui e sarebbe diventato lo zimbello di tutti. Per questo, con grande orgoglio di Uther, si era sempre rifiutato di cavalcarne uno. Ma per quanto potesse pavoneggiarsi, Artù restava pur sempre un bambino e Gil era troppo alto per lui. Non sarebbe mai riuscito a risalire da solo.
 
Tirò su rumorosamente col naso e solo allora si accorse di avere gli occhi pieni di lacrime.
No, non doveva piangere. Lui era Artù Pendragon il futuro re di Camelot, un principe forte e coraggioso, proprio come suo padre. Cosa avrebbe detto di lui se l’avesse visto in quel momento? Non doveva piangere, proprio no. Non poteva permettersi di farlo in un luogo che non fosse il suo letto. Quello era l’unico posto dove si poteva sfogare e lasciarsi andare in un pianto liberatorio. Ma lì, in mezzo alla foresta… E se qualcuno l’avesse visto?
 
Artù si guardò attorno. Era solo. Nessuno poteva vederlo e nessuno avrebbe mai saputo della tristezza e della paura che lo stavano invadendo. Nessuno avrebbe mai saputo che il piccolo Artù Pendragon stava piangendo, le lacrime a rigargli il volto e il corpo scosso dai brividi.
 
«Ciao.»
 
Colto di sorpresa, il principe sobbalzò vistosamente dalla sella, sguainò la spada che il fabbro di corte aveva realizzato apposta per lui e si voltò di scatto verso la voce, pronto a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Quello che si trovò davanti, però, non era un brigante, uno stregone assetato di vendetta, una creatura magica, uno degli uomini di Cenred o, peggio ancora, suo padre. No, quello che aveva davanti era un bambino. Artù pensò che doveva avere circa la sua stessa età, ma era evidente che apparteneva ad una famiglia povera: indossava dei vestiti troppo larghi per lui, sporchi di erba e fango all’altezza dei gomiti e delle ginocchia. Fisicamente, era di una magrezza da far spavento e aveva, oltre alle due grandi orecchie a sventola, folti capelli neri che mettevano in risalto i suoi occhi, di un azzurro così brillante che Artù pensò vi fossero incastonati all’interno due zaffiri.
 
«Scusa, non volevo spaventarti.» continuò il bambino alzando le mani come per dimostrare che non aveva cattive intenzioni.
«Perché piangi?» domandò facendo un passo avanti.
 
Colto alla sprovvista, Artù si voltò velocemente dall’altra parte e si passò il dorso della mano sugli occhi per asciugare le lacrime.
«N-non sto piangendo.» replicò tornando a fissare il bambino.
«Bugiardo, ti ho visto.»
«Ti sbagli, non stavo piangendo, mi era entrato qualcosa nell’occhio.» tentò di difendersi.
«Se lo dici tu… Cosa ci fai da solo nel bosco?» chiese il bambino avvicinandosi e accarezzando il muso di Gil.
«Non ti riguarda.» rispose bruscamente Artù.
«Ti sei perso?» riprovò a chiedere il bambino.
«Certo che no!» esclamò alterato, facendo agitare Gil.
«Stai mentendo ancora.»
«Non è vero!»
«Visto? L’hai fatto di nuovo.»
«Non parlarmi in quel modo, o ti metto alla gogna per tre giorni interi!»lo minacciò.
«Fai pure.» rispose lui con un’alzata di spalle.
 
Artù rimase senza parole. Come osava mancargli così di rispetto? Poi un dubbio iniziò ad attanagliargli la mente.
 
«Tu non sai chi sono?» chiese riluttante.
In tutta risposta, il bambino scosse la testa e, guardandolo incuriosito, domandò:
«Dovrei?»
Artù ci pensò un attimo su. Forse era meglio così, che nessuno sapesse chi fosse. In fondo, la cosa non gli dispiaceva neanche tanto. Quel bambino lo incuriosiva e per la prima volta in vita sua, qualcuno lo trattava come una persona qualunque.
«No, non importa.» parlò alla fine sorridendo soddisfatto della sua scelta. Scese da cavallo, legò le redini ad un albero e si sedette sull’erba, invitando il bambino a fare lo stesso.
 
«Allora me lo dici cosa ci facevi qui da solo?» chiese lui prendendo posto accanto ad Artù.
«E’ colpa di mia sorella. Mi ha provocato dicendomi che ero un rammollito e che senza aiuto non sarei riuscito nemmeno a fare un giro a cavallo nel bosco. Io mi sono arrabbiato e all’alba sono scappato di casa. Ma mi sono allontanato troppo, non sono mai stato qui. Quando mio padre verrà a sapere di questa storia andrà su tutte le furie, lo so.» raccontò tenendo lo sguardo basso.
 
«Deve essere bello…» sussurrò il bambino fra se e se, ma a voce troppo alta, tanto che il principino sentì chiaramente ciò che disse.
«Cosa?» chiese non capendo a cosa si stesse riferendo.
«Intendo… Avere una sorella e un padre. Io non ho mai conosciuto il mio e sono figlio unico.»
 
A quelle parole, Artù sentì il cuore stringersi. Sapeva cosa si provava, lo capiva benissimo. Anche lui aveva perso un genitore, sua madre era morta subito dopo averlo dato alla luce. Uther non parlava mai di lei e il principino aveva ormai imparato a non fare domande, consapevole che avrebbe solo fatto adirare suo padre. L’unico che gli avesse mai parlato di Lady Igraine era stato Gaius. L’anziano medico gli aveva raccontato più volte di quanto la regina fosse buona e gentile, aggiungendo anche che in lui rivedeva molte cose della sovrana.
 
«Mio padre è un grande uomo, lo ammiro molto e da grande vorrei essere come lui. Mia sorella, invece, è insopportabile, la odieresti.»
«Non essere così cattivo con lei.»
«Ma è la verità! Si dà un sacco di arie.»
«Se è così vi dovete somigliare molto.»
«Cosa vuoi dire con questo?» domandò di scatto Artù facendo scoppiare il bambino in una risata talmente pura e cristallina che riuscì  presto a contagiare il principino.
 
Quando si furono calmati, Artù vide il bambino alzarsi e guardare il cielo da uno spiraglio fra i rami.
«E’ tardi, sarà meglio che torni indietro.» disse cercando di togliere un po’ di polvere dai pantaloni battendoci sopra la mano. «Perché non vieni con me? Fra poco sarà buio e la mamma dice che è pericoloso stare da soli nel bosco. Quando arriverà l’alba, potrai tornare a casa.»
Artù avrebbe preferito tornare a Camelot subito, ma l’idea di vagare nel bosco in piena notte non gli piaceva per niente, così accettò la proposta.
 
La madre del bambino era accampata lì vicino e non fece domande né al figlio, né tantomeno ad Artù, cosa di cui l’erede al trono fu eternamente grato.
Al sorgere del sole, il principe si fece indicare la strada per Camelot, e fattosi aiutare a salire in groppa a Gil, partì a gran velocità, tornando al castello che non era ancora il tramonto.
Rientrato nella sua stanza, trovò la piccola Morgana in lacrime seduta accanto al suo letto. Quando lo vide, lei gli corse incontro e lo strinse in un caldo abbraccio, svelandogli, fra un singhiozzo e l’altro, che aveva avuto paura per lui. Quando si era accorta che Artù se n’era andato per dimostrare che sapeva benissimo cavarsela da solo, Morgana aveva deciso di coprirlo con Uther, ma quando il giorno successivo si era resa conto che del fratello non c’erano ancora tracce, aveva temuto il peggio.
 
Artù la strinse forte, accarezzandole la testa e cercando di consolarla.
Così le raccontò della sua piccola avventura, di quanto si fosse allontanato da Camelot e dell’incontro con quello strano bambino.
 
«Ma non gli hai chiesto nemmeno come si chiama?» domandò Morgana quando Artù finì la sua storia.
«No, non ci avevo pensato.» rispose Artù scuotendo la testa « Ma sai una cosa, Morgana? Ho la sensazione che un giorno ci rincontreremo. Anzi, ne sono sicuro.»

 
 
 
 
 
 
***
Angolo dell’autrice
Ehm, ciao a tutti! Questo è il mio esordio come autrice in questo fandom e spero davvero che questa piccola storia vi sia piaciuta.
Amo scrivere dal punto di vista dei bambini, ma non so perché, qui ho paura di non aver reso l’idea, come se i dialoghi fossero “poco infantili”. Non so, ditemi voi cosa ve ne pare.
Spero di tornare presto a scrivere in questa sezione. Amo Merlin, è stato il primo telefilm ad appassionarmi <3

Grazie in anticipio a tutti coloro che spenderanno un po' del loro tempo per leggere e recensire.

-Crystal-
   
 
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