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Autore: KymLYCANTHROPE    16/12/2008    4 recensioni
Nei tratti del suo viso avevo scorto mille diverse emozioni da quando lo conoscevo: allegria, mistero, gioia, rabbia, angoscia, dolore, perdita, spensieratezza, dolcezza, amore, noia, premura, indignazione... ma mai quell'espressione così disgustata nei miei confronti. No, quella mai. E vedere i suoi occhi caldi improvvisamente mutati in qualcosa di gelido mi fece tremare, e mi ferì più di una spada conficcata nel cuore. Più di un coltello in pieno stomaco. E capii cosa gli avevo fatto. Capii che mi ero sbagliata. E improvvisamente mi resi conto di averlo perso per sempre.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And when it rains on this side of town
It touches everything
Just say it again and mean it
We don't miss a thing
You made yourself a bed at the bottom
of the blackest hole (blackest hole)
and convinced yourself
that it's not the reason you don't see the sun anymore.


-Di' qualcosa- lo implorai, cercando, invano, di mantenere salda la mia voce tremante. -Qualunque cosa- continuai, chinando il capo -Dammi un ceffone se è quello che vuoi, urla, piangi, fai quello che diavolo ti pare, ma di' qualcosa-. Sollevai leggermente lo sguardo per osservare la sua espressione. Un'altra coltellata, un altro schiaffo in pieno viso. Vedere il suo viso contratto in tutto quel dolore mi fece male, troppo male. E capii quanto dolore io avessi inflitto a lui. -Sei arrabbiato? Deluso? Dimmelo, maledizione, dimmelo!- sbottai.
-Non lo so- rispose. E dalla sua voce bassa capii che avevo commesso uno sbaglio a cui non potevo rimediare in nessun modo.
-Non lo sai?-.
Scosse il capo -Tu... mi hai fatto male. Troppo male-. Era davvero Tom Kaulitz quello che stava parlando? Era davvero quello scemo che andava dietro a tutte? Quello con cui era impossibile fare un discorso serio? Quello che non piangeva mai, che non soffriva, che copriva ogni emozione dietro a un sorriso spavaldo? Era davvero il mio ragazzo? O meglio... era davvero quello che sarebbe rimasto il mio ragazzo ancora per poco? Come hai potuto?- mi chiese, socchiudendo le palpebre. Già. Come avevo potuto gettare al vento una storia di due anni solo per una mia sciocca paranoia? Mi accasciai ai piedi del letto, prendendomi la testa tra le mani. -Ti rendi conto di quello che hai fatto?- continuò. Io annuii, cercando a stento di trattenere le lacrime. Non ero io che dovevo piangere.
-Si- risposi, con un filo di voce.
-Perché, Alice?!- urlò, con le mani strette in due pugni, rigidi lungo i fianchi.
-Non lo so, cazzo, non lo so!- risposi, stringendo forte le palpebre per non piangere. Si avvicinò a me e mi prese un polso, stringendolo forte e tirandomi su, avvicinando il suo viso al mio.
-Non ti fidi di me, vero?! Credi davvero che io mi sia preso gioco di te per tutto questo tempo?!- mi guardò, la sua espressione dura non nascondeva tutto il dolore che gli avevo inflitto.
-Io non volevo ferirti- risposi, quasi in un sussurro.
-Ma lo hai fatto- lasciò il mio braccio, e si allontanò da me, per raggiungere la porta. Io gli corsi dietro.
-No! Mi dispiace, Tom, davvero! Io non volevo!-
-Con le tue scuse mi ci pulisco il culo! Sono due anni che siamo insieme e tu credi che io ti prenda in giro!? Davvero credi che sia così stronzo?! Io ti amavo!- rimasi impietrita. Dopo due anni mi aveva detto che mi amava. Per la prima volta. E proprio ora che era andato tutto perso.
-Io ti amo ancora- Si voltò per un secondo prima di lasciare la stanza, e rise, amaro.
-E dovrei crederti?- era ironico. Di un'ironia sottile, sarcastica, crudele.

-Non te ne andare- Lo pregai, tendendo una mano verso di lui, sperando che la stringesse nella sua. Non rispose e la sua espressione si raggelò nuovamente.
-Che coraggio- borbottò, scansando con una botta la mia mano. Mi morsi il labbro e chinai il capo, e lui si chiuse la porta alle spalle. Io la spalancai subito e gli chiesi, mentre lo guardavo scendere le scale per andarsene.
-Tom!- lui si voltò verso di me -Poi... poi torni vero?-.
-Non lo so- rispose, secco. I miei occhi si fecero improvvisamente lucidi e di colpo desiderai affogare nelle mie lacrime. Lui si voltò e se ne andò, io mi chiusi di nuovo in camera e mi accasciai a terra con le spalle poggiate alla porta, iniziando a piangere. Stavolta non avrei potuto rimediare. Lo avevo ferito per una mia sciocca e inutile paranoia. Come avevo potuto dubitare, che dopo due anni, non mi amasse? Come potevo solo pensare che desiderava un'altra, che desiderava la mia migliore amica? E l'avevo messo alla prova, avevo organizzato tutto alla perfezione, sapevo che mi nascondeva qualcosa, e invece lui non l'aveva nemmeno sfiorata. Lei aveva provato di tutto per sedurlo, eravamo entrambe d'accordo, e lui cosa aveva fatto? Le aveva afferrato i polsi delicatamente e la aveva spostata più in là: “Sono fidanzato, e lo sai meglio di me”. Le aveva detto, stringendosi nelle spalle. E poi aveva capito tutto, aveva capito che era tutto organizzato, che IO avevo organizzato tutto. E il suo sguardo assunse diverse sfumature in poche manciate di secondi. Era rimasto stravolto, poi incredulo, poi aveva riso, dicendo che non era possibile, che era uno scherzo. Poi io gli avevo urlato “Volevo metterti alla prova! Non mi fidavo di te! Non capisci?!” e lui era rimasto allibito, il suo sguardo si era perso nel vuoto, e subito dopo si era iniettato di dolore. Un dolore che non avevo mai visto sul suo viso, un dolore che mai avrei creduto di poter infliggere a una persona, alla persona che amavo. Credevo che a lui piacesse la mia migliore amica, credevo che lui si prendesse gioco di me. E invece... Tom Kaulitz, oggetto dei desideri di milioni di ragazzine, aveva scelto me, e io ero stata l'unica ragazzina, l'unica per lui. Quella di cui avrebbe davvero potuto innamorarsi, quella che lo aveva catturato con uno sguardo, quella con cui era andato oltre una One-Night-Stand. A dire il vero non non ce l'avevamo nemmeno avuta una One-Night-Stand. Tra di noi c'era stato subito qualcosa, qualcosa che andava oltre il sesso, oltre l'amicizia, oltre la simpatia. C'era stato amore. E io che da una vita sognavo di abbracciarlo, di baciarlo, mentre guardavo i suoi poster sul muro della mia stanza, e mai avrei creduto che il mio sogno avrebbe potuto realizzarsi. E invece si era realizzato, e per un ipocrita capriccio lo avevo mandato in frantumi con le mie mani. Ero proprio una stupida ragazzina.
Perché era andato via ora che sentivo improvvisamente freddo? Ora che piangevo rannicchiata davanti alla porta? Perché era andato via senza voler nemmeno ascoltare le mie ragioni? Senza avermi dato il tempo di spiegare?
La finestra iniziò a bagnarsi, sembrava piangesse anche lei.
E fuori iniziò a piovere.
And no (oh) how could you do it
(oh I) I never saw it coming
(no oh) I need an ending
So why can't you stay
Just long enough to explain.

#Tom#
Stronza. Era una stronza. E io mi fidavo di lei. Io la amavo, cazzo, la amavo. Solo con lei riuscivo a sentire il cuore che batteva all'impazzata, era l'unica che mi avesse mai fatto quell'effetto, l'unica che riusciva a togliermi la facoltà di parola, l'unica che quando mi guardava dritta negli occhi mi mandava il cervello in pappa. La leggera pioggerellina di trasformò lentamente in un temporale, che mi costrinse ad infilarmi in un bar. Mi misi a sedere al bancone e mi presi la testa tra le mani, immergendomi nei miei pensieri, interrotti subito dal barista. -Vuole qualcosa?-. Scossi il capo.
-No grazie-. Mi sorrise e continuò a lucidare il bicchiere che aveva in mano con un panno bianco. Non vi prestai molta attenzione, e subito il corso dei miei pensieri ricadde su di lei. Perché mi aveva voluto mettere alla prova? Davvero credeva che io la volessi tradire? Dopo due anni? Eppure lei me lo aveva detto chiaro e tondo: non si fidava di me. Odiava quando facevo lo scemo con le altre. Odiava quando nelle interviste prendevo quasi in giro il nostro rapporto. Ma ciò non toglie che avrebbe potuto dirmelo, che poteva tranquillamente darmi un ceffone, urlarmi in faccia quello che pensava. Avremmo potuto litigare, e mi avrebbe fatto meno male. Ma appena avrebbe spiovuto me ne sarei tornato a casa, avrei fatto le valige e me ne sarei andato. Un rapporto è fatto anche di fiducia, dannazione. Mi voltai verso la grande vetrata del bar che dava sulla strada. La gente camminava veloce, l'uno accanto all'altro, sotto i loro ombrelli scuri. Qualche bambina che usciva da scuola passava correndo, coprendosi la testa con un libro. E le vecchiette sbuffavano, camminando fragili e tremanti come foglie. Come quelle foglie dai colori caldi che si staccavano dagli alberi e cadevano a terra, e subito venivano calpestate, come i miei sentimenti. E quella pioggia che sferzava insistente sul marciapiede mi ricordò lei, mi ricordò noi. Un lampo, immediatamente seguito da un tuono potente, illuminò tutta la strada, facendo spegnere per qualche istante le luci del bar. Pensai a quando eravamo a casa e pioveva, e lei amava restare davanti alla finestra a vedere la strada inondata di quei lampi bluastri di luce intensa, e poi venire tra le mie braccia. E restavamo sul divano, abbracciati, e il rumore della pioggia era come musica. E le piaceva restare al caldo tra le mie braccia. E ogni volta che un tuono copriva il dolce rumore della pioggia che batteva sulla finestra lei sobbalzava appena e il cuore le batteva forte. E quando un altro lampo invase la stanza capii cosa dovevo fare, capii che avevamo sbagliato entrambi, capii che non potevamo perderci così.

And when it rains
You always find an escape
Just running away
From all of the ones who love you
From everything
You made yourself a bed at the bottom
Of the blackest hole (blackest hole)
And you'll sleep till May
You'll say that you don't want to see the sun anymore.



#Alice#
Mi avvolsi nella coperta sul divano, con il viso bagnato di lacrime. Ormai lo avevo perso per sempre, tra noi era finita, niente sarebbe più stato come prima. Un'altra lacrima bagnò il mio viso. Avevo sbagliato, era colpa mia, avevo distrutto il mio sogno con le mie stesse mani. E sentii di nuovo freddo mentre un tuono si infrangeva nell'aria. Volevo lui, volevo abbracciarlo, stare con lui, avvolti nella stessa coperta; volevo addormentarmi cullata dal suo respiro dolce e avevo bisogno della sua mano stretta nella mia. Ero stata una sciocca, avevo dubitato di lui e di noi. E senza accorgermene mi addormentai, mentre fuori ancora pioveva.


(Explain your side, Take my side)
Take these chances to turn it around
Take these chances we'll make it somehow
And Take these chances and turn it around
Just turn it around.

#Tom#
Mi alzai di scatto in piedi e uscii, iniziando a correre verso casa sotto la pioggia. Avevo capito, senza di lei non avrei potuto farcela. Era lei l'unica che mi aveva cambiato la vita e non poteva finire così. Correvo veloce sull'asfalto scivoloso, e la mia maglietta si bagnava di pioggia. Della
nostra pioggia. Di quella pioggia che avremmo dovuto ascoltare insieme in quel momento. Raggiunsi in pochi minuti casa, ed entrai piuttosto affannato. Mi guardai intorno. Tutte le luci erano spente, filtrava solo un po' di luce dai lampioni della strada che illuminavano la finestra, dalla televisione, e dal fuoco del camino ormai quasi spento. La televisione era accesa a volume basso, e un giornalista borbottava qualcosa che non mi fermai nemmeno un secondo ad ascoltare. E lei era lì, rannicchiata nella coperta, sul divano, addormentata. Subito andai verso di lei e le presi il viso tra le mie mani gelide. La sua pelle era calda e umida, bagnata dalle sue lacrime. Posai le labbra sulle sue e lei aprì gli occhi lentamente. -...Tom...- mormorò, cingendomi il collo con le braccia -...sei tornato...- sussurrò, stringendomi più forte, come per paura che potessi scappare da un momento all'altro.
-Sono tornato e non me ne vado più... scusa, davvero-. Mi sdraiai accanto a lei, coprendo entrambi con la sua coperta. Alice affondò il viso nell'incavo del mio collo, sfiorandolo con le labbra. La sentii piangere silenziosamente e le accarezzai i capelli. -Non piangere- mormorai -Sono qui. Per sempre, con te-. Lei annuì e la baciai lentamente, spostandole i capelli scuri all'indietro e stringendola più forte.
E la nostra pioggia, la nostra colonna sonora continuò silenziosamente a canticchiare le sue dolci note sconnesse.

E le tue lacrime saranno la pioggia che mi rattrista,
e i tuoi singhiozzi silenziosi i tuoni che mi fanno battere il cuore di paura.
E quando non ci sono, e fuori è freddo e piove,
chiudi gli occhi, aspettami, e tornerò da te.
E io ti giuro che tornerò.





*[La canzone è When It Rains dei Paramore]

  
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