And
when it rains on this side of town
It touches everything
Just say it again and mean it
We don't miss a thing
You made yourself a bed at the bottom
of the blackest hole (blackest hole)
and convinced yourself
that it's not the reason you don't see the sun anymore.
-Di'
qualcosa- lo implorai, cercando, invano, di mantenere salda la mia
voce tremante. -Qualunque cosa- continuai, chinando il capo -Dammi un
ceffone se è quello che vuoi, urla, piangi, fai quello che
diavolo ti pare, ma di' qualcosa-. Sollevai leggermente lo sguardo
per osservare la sua espressione. Un'altra coltellata, un altro
schiaffo in pieno viso. Vedere il suo viso contratto in tutto quel
dolore mi fece male, troppo male. E capii quanto dolore io avessi
inflitto a lui. -Sei arrabbiato? Deluso? Dimmelo, maledizione,
dimmelo!- sbottai.
-Non lo so- rispose. E dalla sua voce bassa
capii che avevo commesso uno sbaglio a cui non potevo rimediare in
nessun modo.
-Non lo sai?-.
Scosse il capo -Tu... mi hai
fatto male. Troppo male-. Era davvero Tom Kaulitz quello che stava
parlando? Era davvero quello scemo che andava dietro a tutte? Quello
con cui era impossibile fare un discorso serio? Quello che non
piangeva mai, che non soffriva, che copriva ogni emozione dietro a un
sorriso spavaldo? Era davvero il mio ragazzo? O meglio... era davvero
quello che sarebbe rimasto il mio ragazzo ancora per poco? Come hai
potuto?- mi chiese, socchiudendo le palpebre. Già. Come avevo
potuto gettare al vento una storia di due anni solo per una mia
sciocca paranoia? Mi accasciai ai piedi del letto, prendendomi la
testa tra le mani. -Ti rendi conto di quello che hai fatto?-
continuò. Io annuii, cercando a stento di trattenere le
lacrime. Non ero io che dovevo piangere.
-Si- risposi, con un
filo di voce.
-Perché, Alice?!- urlò, con le mani
strette in due pugni, rigidi lungo i fianchi.
-Non lo so, cazzo,
non lo so!- risposi, stringendo forte le palpebre per non piangere.
Si avvicinò a me e mi prese un polso, stringendolo forte e
tirandomi su, avvicinando il suo viso al mio.
-Non ti fidi di me,
vero?! Credi davvero che io mi sia preso gioco di te per tutto questo
tempo?!- mi guardò, la sua espressione dura non nascondeva
tutto il dolore che gli avevo inflitto.
-Io non volevo ferirti-
risposi, quasi in un sussurro.
-Ma lo hai fatto- lasciò il
mio braccio, e si allontanò da me, per raggiungere la porta.
Io gli corsi dietro.
-No! Mi dispiace, Tom, davvero! Io non
volevo!-
-Con le tue scuse mi ci pulisco il culo! Sono due anni
che siamo insieme e tu credi che io ti prenda in giro!? Davvero credi
che sia così stronzo?! Io ti amavo!- rimasi impietrita. Dopo
due anni mi aveva detto che mi amava. Per la prima volta. E proprio
ora che era andato tutto perso.
-Io ti amo ancora- Si voltò
per un secondo prima di lasciare la stanza, e rise, amaro.
-E
dovrei crederti?- era ironico. Di un'ironia sottile, sarcastica,
crudele.
-Non
te ne andare- Lo pregai, tendendo una mano verso di lui, sperando che
la stringesse nella sua. Non rispose e la sua espressione si raggelò
nuovamente.
-Che coraggio- borbottò, scansando con una
botta la mia mano. Mi morsi il labbro e chinai il capo, e lui si
chiuse la porta alle spalle. Io la spalancai subito e gli chiesi,
mentre lo guardavo scendere le scale per andarsene.
-Tom!- lui si
voltò verso di me -Poi... poi torni vero?-.
-Non lo so-
rispose, secco. I miei occhi si fecero improvvisamente lucidi e di
colpo desiderai affogare nelle mie lacrime. Lui si voltò e se
ne andò, io mi chiusi di nuovo in camera e mi accasciai a
terra con le spalle poggiate alla porta, iniziando a piangere.
Stavolta non avrei potuto rimediare. Lo avevo ferito per una mia
sciocca e inutile paranoia. Come avevo potuto dubitare, che dopo due
anni, non mi amasse? Come potevo solo pensare che desiderava
un'altra, che desiderava la mia migliore amica? E l'avevo messo alla
prova, avevo organizzato tutto alla perfezione, sapevo che mi
nascondeva qualcosa, e invece lui non l'aveva nemmeno sfiorata. Lei
aveva provato di tutto per sedurlo, eravamo entrambe d'accordo, e lui
cosa aveva fatto? Le aveva afferrato i polsi delicatamente e la aveva
spostata più in là: “Sono fidanzato, e lo sai
meglio di me”. Le aveva detto, stringendosi nelle spalle. E poi
aveva capito tutto, aveva capito che era tutto organizzato, che IO
avevo organizzato tutto. E il suo sguardo assunse diverse sfumature
in poche manciate di secondi. Era rimasto stravolto, poi incredulo,
poi aveva riso, dicendo che non era possibile, che era uno scherzo.
Poi io gli avevo urlato “Volevo metterti alla prova! Non mi
fidavo di te! Non capisci?!” e lui era rimasto allibito, il suo
sguardo si era perso nel vuoto, e subito dopo si era iniettato di
dolore. Un dolore che non avevo mai visto sul suo viso, un dolore che
mai avrei creduto di poter infliggere a una persona, alla persona che
amavo. Credevo che a lui piacesse la mia migliore amica, credevo che
lui si prendesse gioco di me. E invece... Tom Kaulitz, oggetto dei
desideri di milioni di ragazzine, aveva scelto me, e io ero stata
l'unica ragazzina, l'unica per lui. Quella di cui avrebbe davvero
potuto innamorarsi, quella che lo aveva catturato con uno sguardo,
quella con cui era andato oltre una One-Night-Stand. A dire il vero
non non ce l'avevamo nemmeno avuta una One-Night-Stand. Tra di noi
c'era stato subito qualcosa, qualcosa che andava oltre il sesso,
oltre l'amicizia, oltre la simpatia. C'era stato amore. E io che da
una vita sognavo di abbracciarlo, di baciarlo, mentre guardavo i suoi
poster sul muro della mia stanza, e mai avrei creduto che il mio
sogno avrebbe potuto realizzarsi. E invece si era realizzato, e per
un ipocrita capriccio lo avevo mandato in frantumi con le mie mani.
Ero proprio una stupida ragazzina.
Perché era andato via
ora che sentivo improvvisamente freddo? Ora che piangevo rannicchiata
davanti alla porta? Perché era andato via senza voler nemmeno
ascoltare le mie ragioni? Senza avermi dato il tempo di spiegare?
La
finestra iniziò a bagnarsi, sembrava piangesse anche lei.
E
fuori iniziò a piovere.
And
no (oh) how could you do it
(oh I) I never saw it coming
(no oh) I need an ending
So why can't you stay
Just long enough to explain.
#Tom#
Stronza.
Era una stronza. E io mi fidavo di lei. Io la amavo, cazzo, la amavo.
Solo con lei riuscivo a sentire il cuore che batteva all'impazzata,
era l'unica che mi avesse mai fatto quell'effetto, l'unica che
riusciva a togliermi la facoltà di parola, l'unica che quando
mi guardava dritta negli occhi mi mandava il cervello in pappa. La
leggera pioggerellina di trasformò lentamente in un temporale,
che mi costrinse ad infilarmi in un bar. Mi misi a sedere al bancone
e mi presi la testa tra le mani, immergendomi nei miei pensieri,
interrotti subito dal barista. -Vuole qualcosa?-. Scossi il capo.
-No grazie-. Mi sorrise e continuò a lucidare il bicchiere
che aveva in mano con un panno bianco. Non vi prestai molta
attenzione, e subito il corso dei miei pensieri ricadde su di lei.
Perché mi aveva voluto mettere alla prova? Davvero credeva che
io la volessi tradire? Dopo due anni? Eppure lei me lo aveva detto
chiaro e tondo: non si fidava di me. Odiava quando facevo lo scemo
con le altre. Odiava quando nelle interviste prendevo quasi in giro
il nostro rapporto. Ma ciò non toglie che avrebbe potuto
dirmelo, che poteva tranquillamente darmi un ceffone, urlarmi in
faccia quello che pensava. Avremmo potuto litigare, e mi avrebbe
fatto meno male. Ma appena avrebbe spiovuto me ne sarei tornato a
casa, avrei fatto le valige e me ne sarei andato. Un rapporto è
fatto anche di fiducia, dannazione. Mi voltai verso la grande vetrata
del bar che dava sulla strada. La gente camminava veloce, l'uno
accanto all'altro, sotto i loro ombrelli scuri. Qualche bambina che
usciva da scuola passava correndo, coprendosi la testa con un libro.
E le vecchiette sbuffavano, camminando fragili e tremanti come
foglie. Come quelle foglie dai colori caldi che si staccavano dagli
alberi e cadevano a terra, e subito venivano calpestate, come i miei
sentimenti. E quella pioggia che sferzava insistente sul marciapiede
mi ricordò lei, mi ricordò noi. Un lampo,
immediatamente seguito da un tuono potente, illuminò tutta la
strada, facendo spegnere per qualche istante le luci del bar. Pensai
a quando eravamo a casa e pioveva, e lei amava restare davanti alla
finestra a vedere la strada inondata di quei lampi bluastri di luce
intensa, e poi venire tra le mie braccia. E restavamo sul divano,
abbracciati, e il rumore della pioggia era come musica. E le piaceva
restare al caldo tra le mie braccia. E ogni volta che un tuono
copriva il dolce rumore della pioggia che batteva sulla finestra lei
sobbalzava appena e il cuore le batteva forte. E quando un altro
lampo invase la stanza capii cosa dovevo fare, capii che avevamo
sbagliato entrambi, capii che non potevamo perderci così.
And when it
rains
You always
find an escape
Just running away
From
all of the ones who love you
From everything
You made yourself a bed at the bottom
Of the blackest hole (blackest hole)
And you'll sleep till May
You'll say
that you don't want to see the sun anymore.
#Alice#
Mi
avvolsi nella coperta sul divano, con il viso bagnato di lacrime.
Ormai lo avevo perso per sempre, tra noi era finita, niente sarebbe
più stato come prima. Un'altra lacrima bagnò il mio
viso. Avevo sbagliato, era colpa mia, avevo distrutto il mio sogno
con le mie stesse mani. E sentii di nuovo freddo mentre un tuono si
infrangeva nell'aria. Volevo lui, volevo abbracciarlo, stare con lui,
avvolti nella stessa coperta; volevo addormentarmi cullata dal suo
respiro dolce e avevo bisogno della sua mano stretta nella mia. Ero
stata una sciocca, avevo dubitato di lui e di noi. E senza
accorgermene mi addormentai, mentre fuori ancora pioveva.
(Explain
your side, Take my side)
Take
these chances to turn it around
Take these
chances we'll make it somehow
And Take
these chances and turn it around
Just turn it around.
#Tom#
Mi
alzai di scatto in piedi e uscii, iniziando a correre verso casa
sotto la pioggia. Avevo capito, senza di lei non avrei potuto
farcela. Era lei l'unica che mi aveva cambiato la vita e non poteva
finire così. Correvo veloce sull'asfalto scivoloso, e la mia
maglietta si bagnava di pioggia. Della nostra
pioggia. Di quella pioggia che avremmo dovuto ascoltare insieme in
quel momento. Raggiunsi in pochi minuti casa, ed entrai piuttosto
affannato. Mi guardai intorno. Tutte le luci erano spente, filtrava
solo un po' di luce dai lampioni della strada che illuminavano la
finestra, dalla televisione, e dal fuoco del camino ormai quasi
spento. La televisione era accesa a volume basso, e un giornalista
borbottava qualcosa che non mi fermai nemmeno un secondo ad
ascoltare. E lei era lì, rannicchiata nella coperta, sul
divano, addormentata. Subito andai verso di lei e le presi il viso
tra le mie mani gelide. La sua pelle era calda e umida, bagnata dalle
sue lacrime. Posai le labbra sulle sue e lei aprì gli occhi
lentamente. -...Tom...- mormorò, cingendomi il collo con le
braccia -...sei tornato...- sussurrò, stringendomi più
forte, come per paura che potessi scappare da un momento all'altro.
-Sono tornato e non me ne vado più... scusa, davvero-. Mi
sdraiai accanto a lei, coprendo entrambi con la sua coperta. Alice
affondò il viso nell'incavo del mio collo, sfiorandolo con le
labbra. La sentii piangere silenziosamente e le accarezzai i capelli.
-Non piangere- mormorai -Sono qui. Per sempre, con te-. Lei annuì
e la baciai lentamente, spostandole i capelli scuri all'indietro e
stringendola più forte.
E la nostra pioggia, la nostra
colonna sonora continuò silenziosamente a canticchiare le sue
dolci note sconnesse.
E
le tue lacrime saranno la pioggia che mi rattrista,
e i tuoi
singhiozzi silenziosi i tuoni che mi fanno battere il cuore di paura.
E quando non ci sono, e fuori è freddo e piove,
chiudi
gli occhi, aspettami, e tornerò da te.
E io ti giuro che
tornerò.
*[La canzone è When It
Rains dei Paramore]