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Autore: musa07    22/03/2015    3 recensioni
" Nessuno si sarebbe mai aspettato la neve il primo giorno di Primavera.
Ma fu quello che successe …
Arrivarono a casa di Hayato – che era quella più vicina – fradici come pulcini nei loro vestiti leggeri ...
E ora cercavano in qualche maniera di asciugarsi e scaldarsi. Non che Hayato avrebbe voluto trovarsi quel fissato del Baseball tra i piedi a casa sua, ma il senso civico e di carità cristiana, per fortuna di Takeshi, avevano avuto la meglio. Non poteva di certo lasciare che tornasse a casa sua in quegli stati.
Ecco perché ora si trovavano in camera sua ..."
I miei banani, quanto mi sono mancati! Era da tanto che non scrivevo qualcosa di diabetoso solo per loro due^^
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come si fa a non amarli?
Yep, è impossibile!
A NYCity ieri nevicava (sempre detto che NY è una città dove vivrei bene) è iniziata la primavera, ergo, io vado in delirio.
Quanti giorni mancano alla fine dell’anno scolastico? Hum … mumble mumble
Per fortuna ci sono i nostri banani qui a render più lieti certi momenti.


 
 
“L'imprevedibile è solo la variazione di un evento previsto nel tempo sbagliato”
 
 

Nessuno si sarebbe mai aspettato la neve il primo giorno di Primavera.
Ma fu quello che successe …
 
Arrivarono a casa di Hayato – che era quella più vicina – fradici come pulcini nei loro vestiti leggeri.
Ancora non si sapevano ben spiegare perché erano finiti nel comitato organizzativo del Festival Culturale. Takeshi aveva le ultime due partite del girone finale alle porte e di tempo non è che ne avesse molto, Hayato, beh: a Hayato – al pari di Hibari Kyoya – quel genere di agglomerati umani non andavano molto a genio e alla fine aveva accettato solo ed esclusivamente per solidarietà nei confronti del suo amato Juudaime.
Tsuna era rimasto incastrato a scuola a finir le decorazioni, mentre loro due spediti a recuperar il materiale mancate. E la neve, ma sarebbe stato il caso di dire: la tormenta, li aveva colti.
E ora, a casa di Gokudera, cercavano in qualche maniera di asciugarsi e scaldarsi. Non che Hayato avrebbe voluto trovarsi quel fissato del Baseball tra i piedi a casa sua, ma il senso civico e di carità cristiana, per fortuna di Takeshi, avevano avuto la meglio. Non poteva di certo lasciare che tornasse a casa sua in quegli stati. Se mai ci fosse arrivato.
Ecco perché ora si trovavano in camera sua, la stanza che si era riscaldata per prima, e gli aveva lanciato un asciugamano, mentre recuperava dall’armadio coperte che ormai aveva messo via, convinto che l’inverno avesse ormai ceduto il passo.
- M-ma che fai?! – gli sbraitò contro quando lo vide iniziare a spogliarsi.
- Eh? – chiese perplesso Yamamoto, con ancora le mani appoggiate ai lembi del gilet fradicio. Per lui era palese, e per uno abituato a far vita da spogliatoio non era un problema rimanere con i soli boxer addosso di fronte ad altri. Ok, non che Hayato fosse un altro qualunque. Non per lui ovviamente, ma questo si sarebbe ben guardato dal rivelarglielo per il momento, visto che ci teneva alla sua vita.
Si ricordava perfettamente della prima, e unica, volta che aveva tentato di dir all’altro che gli piaceva. Non aveva neanche fatto in tempo a proferir parola alcuna, nel momento in cui l’aveva delicatamente fermato per un braccio che Hayato, spostando lo sguardo sulla mano che lo stava gentilmente trattenendo per il polso, aveva sollevato gli occhi turchesi verso quelli nocciola di Takeshi fulminandolo seduta stante, ringhiando qualcosa d’incomprensibile. Molto probabilmente degli anatemi.
 
- Va in bagno a spogliarti! – lo redarguì Hayato, mentre cercava ancora di recuperar le coperte. Ma perché diamine le aveva lanciate nella parte più imboscata?, si stava interrogando mentalmente.
- E perché? Che problema c’è? – chiese Takeshi, cercando di mantenere il suo sorriso serafico, mentre calcolava rapidamente che quella situazione si sarebbe potuta rovesciare a suo vantaggio. Dopotutto, se a Hayato dava fastidio che si spogliasse davanti a lui, forse era perché si sentiva in imbarazzo, e se si sentiva in imbarazzo … stava macchiavellando alacremente la mente dello spadaccino, che era un ottimista di natura.
“ Forse è perché un po’ gli piaccio. O, per lo meno, non gli sono del tutto indifferente.” Pensava, perché comunque certi segnali li aveva colti. Hayato era scaltro, era sveglio, ma certe cose istintive non le puoi nascondere con l’ingegno molto semplicemente perché vengono spontanee. Come il rossore quando le loro mani, per caso, si sfioravano.
La prima volta Takeshi credette fosse per un eccesso di pudicizia, la seconda anche, per bontà sua. Ma la terza, quando l’aveva fatto apposta, beh … qualche dubbio gli era legittimamente venuto.
Per fortuna di Hayato, Yamamoto era un buono, non era uno che approfittava delle situazioni, ma in lui il desiderio di poterlo sfiorare, toccare, era così grande che a volte non riusciva proprio a trattenersi.
Come la settimana prima, quando un sole caldo aveva imperversato per tutto il giorno e loro tre – lui, Hayato e Tsuna – si erano spinti a consumare il loro pranzo giù in giardino, invece che in terrazzo, seduti sull’erba. Poi Tsuna era stato richiamato dal professore responsabile della classe a fargli far delle fotocopie per l’ora successiva, ed erano rimasti soli. Hayato, disteso su quel tappeto erboso, si era offerto di aiutare il suo Juudaime, ma Tsuna con un sorriso aveva rifiutato l’aiuto. Voleva che i suoi due migliori amici restassero da soli, e li aveva salutati saettando via veloce, prima che Gokudera – in un eccesso di zelo – lo seguisse.
Takeshi aveva sospirato piano, ringraziando mentalmente l’amico, mentre aveva iniziato ad accarezzare piano i fili d’erba intorno a lui, giusto per resistere alla tentazione di farlo con i capelli di Hayato, il quale – dopo aver guardato Tsuna sparire dietro l’angolo – era rimasto ancora seduto per un istante, con le mani appoggiate dietro a sorreggere il peso del corpo. Aveva leggermente sbadigliato, gettando una piccola occhiata sonnacchiosa intorno, a valutare quale sarebbe stato il posto migliore per schiacciare un pisolino e a Takeshi era parso tanto un gatto in quel momento. Aveva schiuso le labbra, giusto per dirgli che se voleva, poteva appoggiarsi su di lui, sulle sue gambe ma, incredibilmente, Hayato era stato più veloce.
Senza dire una parola, aveva leggermente gattonato verso di lui – facendogli perdere all’incirca un migliaio di anni di vita – per poi appoggiare la testa sulle sue gambe.
Lo spadaccino aveva deglutito a vuoto, irrigidendosi e dimenticandosi di respirare.
- Stai occupando l’unico posto sotto le fronde degli alberi. – ci aveva tenuto a giustificarsi il Guardiano della Tempesta, socchiudendo un unico occhio al suo indirizzo.
- Certo … - aveva replicato Takeshi sornione, rilassandosi.
Fortunatamente, la testa di Hayato era posizionata in maniera tale che questi non si sarebbe accorto della sua vergognosa erezione pulsante, che si era risvegliata prepotentemente a quell’immagine, neanche se si fosse messo d’impegno.
Ed erano rimasti così, con Yamamoto seduto, appoggiato al tronco dell’albero e Hayato appoggiato con la testa sulle sue gambe, sonnacchioso, tanto che ad un certo punto lo spadaccino, impavido, aveva iniziato ad accarezzargli davvero i capelli. Dapprima timidamente - timoroso che l’altro potesse risvegliarsi e tipo massacrarlo di botte o farlo saltar per aria – delicatamente. Aveva guardato le sue dita giocherellare con le ciocche dell’altro, sorridendo dolcemente, non potendo minimamente sapere che quel gesto, in futuro, sarebbe divenuto la consuetudine prima di addormentarsi alla sera.
Hayato si era lasciato quietamente fare. Gli piaceva quello sfiorare leggero, il calore delle dita di Takeshi che si appoggiavano fugacemente sul suo volto. Aveva trattenuto il respiro quando aveva chiaramente percepito che il volto dell’altro si era pericolosamente avvicinato al suo.
Takeshi si era piegato in avanti, verso il viso di Hayato. Titubante, il polpastrello dell’indice aveva sfiorato leggero-leggero le labbra dell’altro. Si era guardato intorno, a vedere che non ci fosse nessuno. Aveva sostenuto un’intensa lotta intestina dentro di sé, a decidere se abbassarsi ulteriormente, a sfiorare quelle labbra morbide con le proprie, ma alla fine – con l’ennesimo sospiro silenzioso – si era sollevato nuovamente. Sarebbe stato meschino approfittare in quella maniera di Gokudera, aveva pensato. Oltretutto, un passettino alla volta, ma Hayato si stava avvicinando a lui. E questo, per il momento, gli era sufficiente. Al bacio ci sarebbero arrivati. O almeno era quello che sperava! Oltretutto voleva che, se mai un bacio tra loro due ci fosse stato, fossero senzienti – e partecipi soprattutto, non dormienti! – entrambi.
Hayato, dal canto suo, che era ben sveglio, da una parte aveva sospirato di sollievo - non era ancora pronto -, dall’altra aveva avuto un moto di stizza, perché sapeva benissimo che non avrebbe mai avuto il coraggio di far lui il primo passo.
 
Ed ora era passata una settimana. E lo scenario atmosferico era completamente differente. E anche l’ambientazione! Non erano all’aperto. Erano a casa sua, lontano da occhi indiscreti. Da soli!
Hayato, al solito, faceva lavorare alacremente la sua mente e i pensieri si susseguivano vorticosamente.
Era in panico! Oh, sì! In panico!, pensò, dopo aver distolto lo sguardo dal corpo sempre così scandalosamente sensuale dell’altro.
Non aveva saputo dargli una risposta, ovviamente. Perché non ci sarebbe stata nessuna risposta sensata o non compromettente al suo domandargli che problema ci fosse se si spogliava lì, in camera sua, di fronte a lui.
“Mah, solo che vorrei saltarti addosso!” era l’unica risposta, ma si era ben guardato dal fornirgliela.
E quindi ora era lì che sbuffava a cercar di recuperar quelle dannate di coperte, e non si accorse minimamente che Takeshi si era avvicinato a lui, magnificamente nudo come mamma l’aveva fatto, fosse solo per i boxer.
- Attento! – sussurrò dolcemente Yamamoto, arrivatogli alle spalle e prendendo per lui la coperta dallo scaffale più alto.
Inutile dire che si trovò boccheggiante. Nonché schiacciato dal corpo di Takeshi – come faceva ad essere così maledettamente bollente anche con 0° gradi centigradi fuori!? – verso l’anta dell’armadio.
- A-ah … -
Non riuscì a dire altro. Come al solito, la presenza di quello stupido fissato del Baseball gli faceva perdere l’uso della parola.
Deglutì ripetutamente quando, continuando a dar le spalle all’altro, vide le mani di Takeshi appoggiarsi entrambe al mobile, all’altezza dei suoi occhi.
Era intrappolato. Ma che prigione a dir poco incantevole!
Sentì il respiro caldo dello spadaccino tra i capelli umidi. Sentì le sue labbra poggiarsi delicatamente sulla sua nuca. Lievi. Leggere … e gli diedero i brividi.
- Gokudera … -
Il suo nome sussurrato in quel modo …
Quante volte Yamamoto l’aveva pronunciato in quella maniera, caricandolo di un’infinità di significati impliciti? Tante. E lui quei significati li aveva sempre colti perfettamente. Tutti …
Eccolo là, colui il quale si professava temibile braccio destro del Vongola Juudaime … non aveva neanche il coraggio di voltarsi! Proprio temibile, eh! Da far ridere i polli, non c’era che dire.
Per sua fortuna era Takeshi, e sempre sarebbe stato, il più bravo tra i due a manifestare e tradurre in realtà i desideri di entrambi.
Delicatamente, lo spadaccino fece scivolare lentamente una mano via dal muro e lungo il fianco di Hayato, poggiandola dolcemente. E altrettanto dolcemente lo fece voltare verso di sé.
Takeshi addolcì lo sguardo, rendendolo semplicemente meraviglioso come solo lui sapeva esserlo, vedendo come l’altro si ostinasse a tenere lo sguardo fisso verso terra.
- Gokudera … - bisbigliò soave, abbassandosi quel tanto che bastava per poggiargli un bacio sulla fronte, dopo avergli scostato i capelli da davanti.
Non ce la poteva fare. Non ce la poteva indubbiamente fare!, pensò Hayato, sentendo la ben nota stilettata trafiggergli il cuore.
- Gokudera, guardami … - sussurrò nuovamente, con quella voce da brividi – Per favore … - pensò bene di aggiungere, giusto per mandarlo ulteriormente in confusione.
Lentamente, Hayato sollevò gli occhi turchesi verso il volto dello spadaccino. E si sentì morire!
Quello sguardo … quell’espressione … quegli occhi …
Quanto amore! Nessuno, a parte sua madre, l’aveva mai guardato così.
Di nuovo, schiuse la bocca per dire qualcosa – grazie, per esempio, grazie per amarmi così – ma non disse nulla. E stavolta non solo perché le corde vocali, né tantomeno il cervello, si rifiutavano di collaborare, ma perché Takeshi si era abbassato ulteriormente e le sue labbra, finalmente!, avevano sfiorato le sue. Si erano appoggiate su di lui.
E allora fu tutto un istinto.
D’istinto gli gettò le braccia al collo, circondandolo. D’istinto si spinse verso il suo corpo. Lui ancora con i vestiti umidi addosso, Takeshi con il suo corpo bollente ad andargli incontro.
Timidamente ed impacciatamente, come solo un primo bacio sa essere, entrambi cercarono di approfondire il contatto tra le loro bocche, per staccarsi infine ridacchiando.
Ci sarebbe stato tempo per approfondire, per conoscersi meglio e più a fondo.
- Hai freddo. – costatò Takeshi, sentendolo rabbrividire e stringendolo a sé.
- Hn-hn … - scosse la testa Hayato, dopo averla affondata sul suo petto – Tu sei caldo … - mormorò poi timidamente, e il tono usato – così inusuale in Gokudera e soprattutto per rivolgersi a lui – gli fece sentire una felicità assurda esplodergli nel cuore. Semplicemente, era nato per amare quel testone!
- Spogliati, che ci mettiamo sotto le coperte … - gli bisbigliò, stringendolo ancora di più, senza malizia alcuna, ma l’altro non fu dello stesso parere a sentir quelle parole.
- Hah?????!! – sbraitò Hayato, spingendolo via per il petto con forza – Non ti mettere strane idee in testa, stupido fissato del Baseball! –
- M-ma … Gokudera … - piagnucolò Takeshi – Io volevo solo scaldarti. Non ho cattive intenzioni  … -
- Tch! Disse il lupo all’agnello. – sentenziò Hayato, incrociando le braccia al petto. Ma la sua ira funesta durò il tempo di un battito di ciglia. La solita espressione da cucciolo smarrito di Takeshi gli fu fatale, e sempre gli sarebbe stata.
Cercando di mascherare un sorriso con uno sbuffo, si spogliò, rimanendo in boxer, a tempo di record, fiondandosi verso il letto.
Takeshi rimase per un attimo interdetto, fissandolo accigliato, prima che Hayato – grugnendo – gli intimasse di sbrigarsi a raggiungerlo, che stava morendo di freddo.
Lo spadaccino, passato il momento di smarrimento iniziale, si aprì nel suo meraviglioso sorriso, raggiungendolo.
Hayato, con le coperte tirate su fino al naso, lo osservò prender posto al suo fianco.
Sospirò appagato, beandosi del calore che il corpo di Yamamoto sprigionava, accoccolandosi su di lui.
Semplicemente, era nato per farsi amare da quel testone!
 
 
Fine^^
 
I miei amori *ç* 
   
 
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