Capitolo 1
Tenevo le scarpe in una mano e la
giacca nell'altra.
I piedi affondavano morbidi nella moquette del lungo e
lussuoso corridoio dell'albergo.
Non ricordavo neanche quale dovesse essere
la sua stanza, il che voleva praticamente dire che girovagavo per i piani
dell'albergo senza sapere dove fossi.
La vista appannata era un chiaro segno
del fatto che alla fine avevo ceduto alle lacrime. Era l'ultima cosa che
volevo.
Così, prima di imbattermi in lui, cercai di migliorare anche se di
poco la mia immagine e così mi passai la mano con cui stringevo la giacca sotto
gli occhi e il dorso si colorò di nero.
Se non altro, magari, gli avrei fatto
pena e mi avrebbe ripreso con lui, oppure mi avrebbe sbattutto la porta in
faccia.
Continuai a camminare fino alla fine del corriodoio e poi, senza un
reale motivo, bussai, senza staccare lo sguardo dallo smalto rosso che colorava
le unghie dei miei piedi.
La porta si aprì soltanto dopo qualche secondo e
sentii le lacrime risalirmi dalla gola, dove avevo cercato inutilmente di
reprimerle.
Guardai le converse che stavano davanti ai miei piedi e alzai lo
sguardo incrociando gli occhi più profondi che avessi mai visto che mi fissavano
da qualche centimetro più in alto.
"Tutto ok?", mi chiese il ragazzo
proprietario di quello sguardo così dolce e io abbassai di nuovo la
testa.
"Scusa. Io...scusa".
Mi voltai aspettando di sentire la porta
richiudersi alle mie spalle ma quando non sentii nulla, mi voltai ancora.
Il
ragazzo era ancora in piedi che mi fissava.
"Ti serve una mano?".
Scossi
la testa, gesto tutt'altro che consigliato quando ti sbronzi per la prima volta
in vita tua e ti senti totalmente confusa.
"Sicura?".
Non gli risposi, ma
voltatami ancora, ripresi a camminare andando verso l'ascensore.
"Ehi,
aspetta".
Sentii il rumore delle sue converse attutito dalla moquete e in
meno di un secondo, mi stava di fianco.
"Stai cercando qualcuno? E' un posto
grande questo. Sei con qualcuna delle band del festival?".
Mi fermai e mi
voltai verso di lui.
"Non volevo svegliarti. Ho sbagliato stanza, forse anche
albergo. Scusa".
"Lo hai già detto".
"Scus...lascia stare. Devo andare
adesso".
"Chi stai cercando?".
"Un musicista".
"Lo hai trovato", disse
sorridendomi.
Lo scambiai come un gesto gentile per mettermi a mio
agio.
"Non sei tu. Ma grazie lo stesso".
"Ha un nome questo musicista?
Posso chiedere ad un mio amico se lo può cercare per te. Sei all'ultimo piano
dell'albergo e se non lo hai ancora trovato forse non è qui e fuori ci saranno
almeno sette gradi sotto zero. Fatti aiutare".
"Perchè mi aiuti?".
"Perchè
sembri averne bisogno".
"Deve essere l'eye-liner colato".
"Non me ne ero
accorto veramente. Sono state le scarpe in mano".
Sorrise ancora e questa
volta mi sentii come se lo avessi conosciuto da anni.
"Allora, posso dire al
mio amico di cercarlo?".
"Grazie".
"Vieni".
Si voltò verso la direzione
da cui eravamo venuti, e io lo seguii in silenzio fino alla sua camera.
Aprì
la porta e mi fece sedere sul divano bianco vicino alla finestra.
"Hai
freddo?".
"No", mentii.
Tirai le gambe sulla stoffa fredda su cui ero
seduta e lo guardai muoversi per la stanza in cerca del suo telefono.
"Puoi
riposarti un pò se ti va".
Alzai gli occhi ancora una volta nei suoi e lo
trovai serio e quasi veramente preoccupato.
Non mi fece rispondere,ma mi
diede le spalle e ricominciò a cercare in giro.
Gli
dissi il nome della persona che stavo cercando e quando finalmente trovò il suo
cellullare, la sua voce cominciò a suonarmi sempre più lontana mentre mi sentii
scivolare sul divano fin quando non ebbi la testa poggiata su di uno dei
braccioli.