Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: veronika95    24/03/2015    0 recensioni
In tutta la sua lunga e faticosa giornata c'è solo un momento per cui John vive e quel momento è quando può finalmente sdraiarsi a letto con il suo Sherlock e raccontargli la sua giornata. La mattina, però, dopo nottate tra coccole e parole d'amore, John deve fare i conti con una dura realtà
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
THAT DELICIOUS MOMENT


Era solo una deliziosa routine.

Ogni sera John scostava le coperte fredde del suo letto e vi entrava piano fino a riscaldarle completamente con il calore del suo corpo. L’ abat jour sul comodino emanava una luce fioca di quelle che fanno da sfondo ai bei sogni; prendeva un libro che da tempo stava leggendo e non riusciva mai a finire.
Solitamente leggeva per circa un’ora, ma i pensieri, che gli si scontravano in testa come macchine senza freni, lo distraevano facendolo andare avanti solo di poche righe.

Poco importava a John dei libri. L’unica cosa che davvero aveva importanza era il momento prima di addormentarsi.
John Watson proprio non riusciva a capire come potesse succedere, ma Sherlock Holmes, ogni notte, puntuale si infilava tra le sue coperte, pochi secondi prima che sprofondasse nel sonno.
Sherlock aveva modi eleganti persino mentre si intrufolava nel letto, sdraiandosi agile e sgusciando tra le lenzuola profumate di bucato. Assumeva sempre la stessa posizione, supino con lo sguardo fisso sulle assi in legno del vecchio soffitto, le braccia ferme lungo i fianchi. Aspettava nel silenzio di sentire il sorriso di John illuminargli il volto e solo quando era sicuro, che quell’espressione fosse durata abbastanza a lungo sul suo viso, si girava verso il coinquilino.
John attendeva quel preciso istante per tutto il resto della sua giornata. I turni in ambulatorio, le corse in taxi, le litigate con le casse automatiche, tutto era volto a quel momento; nient’altro importava, il focus della vita di John Watson era Sherlock che condivideva le coperte con lui. Certamente non avrebbe esagerato a dire che era la gioia della sua vita, l’unico momento per poter andare avanti.

Gli occhi glaciali di Sherlock, sotto le carezze morbide di John, diventano flebili fiammelle e poi tizzoni ardenti alla vista dell’uomo amato.

John era sempre delicato con il compagno, aveva paura fosse troppo fragile, con quel corpo smunto e la pelle diafana, per essere brusco con lui. Certe volte Sherlock si rannicchiava contro il corpo di John affondando la testa nel collo tozzo dell’altro e John aveva un moto di affetto nei suoi confronti e quasi temeva che l’uomo fantastico che stringeva al petto potesse essere solo un’illusione.

La notte, che stendeva buie lenzuola e coperte di oscurità, era tutto ciò che avevano, era il momento in cui potevano appartenersi. La notte, che scendeva con uno scintillio di stelle portandosi dietro silenzi disturbati da sirene spiegate, li proteggeva tenendoli al caldo, stendeva un manto d’illusioni rattoppate, sussurrava alle loro orecchie ingannevoli parole rassicuranti.
Allora John non poteva fare altro che cedere, abbandonarsi piano, farsi cullare dalla voce profonda e scura di Sherlock e credere; credere in tutto questo, nel loro amore, nelle notti cucite loro addosso, nella carne vibrante che stringeva.

Quanto assurdamente triste e priva di senso sarebbe potuto essere la sua vita senza quei rari istanti, si ritrovava a pensare John più spesso di quanto volesse. Ma non doveva preoccuparsene perché Sherlock alla fine arrivava sempre; poteva rimanere separato da lui tutto il giorno, ma di notte pretendeva, anzi, aveva assoluto bisogno che l’altro fosse lì a coccolarlo, a farlo sentire a casa, a farlo stare bene mentre si sentiva vivo come mai prima. John non sarebbe sopravvissuto senza Sherlock nel suo letto. Sarebbe impazzito se anche non fosse tornato per una sola notte. Era folle, irrazionale, paradossale, ma la più grande paura di John Watson era che semplicemente Sherlock un giorno non sarebbe più tornato lasciandolo solo per sempre.

Nelle fredde nottate tutto si svolgeva in maniera squisitamente ripetitiva.
Una volta che Sherlock si voltava verso John, quest’ultimo prendeva ad accarezzargli i riccioli scuri e raccontare nei dettagli la sua giornata ed i progetti per il futuro. Parlava fino a quando sentiva la gola riarsa e la saliva azzerata. Sherlock lo ascoltava in religioso silenzio, perdendosi qualche frase distratto da carezza più profonde di John. Sherlock non raccontava mai nulla come se la sua vita fosse vuota, riempita solo dalle parole del compagno, come se dipendesse dalle sue strette, dalle carezze e dalle frasi dolci. Come se Sherlock esistesse grazie a John.

Dopo circa un’ ora John si stancava di parlare, allora Sherlock sapeva che da lì a poco John avrebbe passato l’indice e il medio sotto la sua mascella, facendogli alzare il viso e scontrandosi con quegli occhi blu, languidi e caldi nel vedere l’altro. Sapeva che gli avrebbe sorriso e lui avrebbe risposto con un uno di quei ghigni a metà, con uno di quei sorrisi somiglianti a cicatrici rimarginate. Sapeva che poi John l’avrebbe baciato piano, solo una lieve carezza di labbra che sfiorano labbra, l’avrebbe fatto stendere sopra di lui circondandogli la vita con le braccia muscolose e solo dopo innumerevoli minuti avrebbe dischiuso appena la bocca facendo scivolare la lingua nella sua ed avvolgendola, giocandoci piano. John lo faceva sempre, non lo deludeva mai.

Conosceva il sapore di quella bocca, delle labbra sottili che percorrevano il suo corpo e della lingua piatta e appuntita che non finiva mai di stuzzicarlo.

Conosceva il sapore dei suoi baci, così lievi e delicati, ma da cui traspariva comunque un’immensa passione.

Conosceva ogni fremito del corpo di John mentre durante il sesso cercava di trattenersi con la paura di fargli male, di farlo andar via.

Sherlock non se ne sarebbe mai andato, sarebbe sempre tornato tra quelle calde coperte, la sua unica casa. Invece, John era sempre così spaventato di poterlo perdere e lo faceva trasparire in ogni sua effusione, nel modo in cui gli accarezza la schiena in grandi cerchi e poi in figure del tutto scomposte quando non riusciva più a trattenersi, nel modo in cui entrava delicatamente dentro di lui dopo averlo preparato a lungo, nel modo in cui dopo aver fatto l’amore faceva incastrare i loro corpi.

Gli abbracci dopo il sesso erano lunghi; Sherlock si addormentava sul petto ampio e forte dell’altro, che si perdeva a contemplarlo qualche minuto prima di addormentarsi.




Le mattine successive erano disturbanti e dolorose sempre in egual misura.
Sherlock si alzava la mattina presto per uscire.
Prima di abbandonare il caldo del loro giaciglio baciava John saggiando la consistenza delle sue labbra, accarezzandole profondamente come sapesse che così gli avrebbe effuso la forza per la giornata.
Un bacio con mille significati. Un bacio guaritore e ristoratore. Uno di quei baci aggraziati e leggiadri che bisbigliano alla bocca dell’altro “Lo so che anche tu avrai una pessima giornata, ma affrontala e ci ritroveremo qui sta sera”. Un bacio, semplicemente un bacio di due persone innamorate.

Sherlock con un sorriso usciva dal letto come l’ombra di un fantasma, lasciando John lì a bearsi della bella figura che scompariva dietro lo stipite sinistro della porta.




Poi arrivava quell’assurdo momento. Quello che lo faceva ridere istericamente e poi piangere tante gocce di lacrime quanto il grigio cielo di Londra. Quello in cui vorrebbe sprofondare tra i cuscini, chiudere gli occhi e non riaprirli più. Quello dove vorrebbe solamente raggiungerlo per l’eternità, senza più luce del sole che arriva a dividerli.

Sherlock è andato via, non ha lasciato nessun tepore dalla sua parte del letto, nessun solco del suo corpo sul materasso, nessun intreccio di lenzuola stropicciate dalla notte.


John come ogni mattina si alza per portare i fiori sulla tomba dell’uomo che ama e a cui non è mai riuscito a confessarlo.
Come ogni mattina alza il mento, perché lui è un soldato e la vita la affronta a viso aperto esponendosi completamente con il petto all’infuori, pronto a tutto.

E lotta John Watson, lotta per cercare di uscire da quel loop infinito, lotta per guarire, lotta per far cicatrizzare le ferite, ma tutto ciò che desidera davvero è abbandonarsi all’estenuante piacere di un’altra notte, che già, può sentire, si sta beffando di lui; ed è l’eco di quel tacito ghigno che accompagna le sue ore di sole. Sono le risate maligne di un cielo buio quelle che sente ad ogni passo. Ed è l’affascinante maledizione di un’altra notte piena di illusioni quella cui John si aggrappa per riuscire a sopravvivere. Sempre.

Era solo una straziante routine.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: veronika95