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Autore: _browneyes    24/03/2015    2 recensioni
“Le paure superficiali sono facili, la paura del buio che hai quando sei bambino, solo perché temi che un mostro salti fuori dal tuo armadio, è facile.
Sai quando arriva il difficile?
Quando le tue fobie sono radicate dentro di te, quando la tua mente continua a farti rivivere le cose peggiori che ti sono capitate e ti tormenti, perché temi che possano succederti di nuovo, quelle cose.
E forse tu non lo capisci, ma è dannatamente difficile vivere in un mondo che ti sbatte in faccia le tue paure peggiori in continuazione, senza che tu possa fare nulla per impedirlo.
Vivere in questo mondo è come vivere in un incubo e il problema è che non puoi svegliarti."
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Capitolo Uno.
 
Mattina.
 
 
 
Euphemia Scott detesta con tutta sé stessa la mattina, fosse per lei, dormirebbe tutto il giorno. Sarà, forse, che è svogliata ‘chè sa che ogni giorno sarà esattamente uguale al precedente, o almeno così crede.
«Buongiorno», saluta i due ragazzi seduti attorno al tavolo della cucina, che ricambiano ancora assonnati il saluto. Le sette del mattino sono troppo presto per tutti, comunque.
Calum deve davvero fare uno sforzo per staccare lo sguardo dalle gambe magre delle ragazza, lasciate abbondantemente scoperte dai pantaloncini del pigiama ed è una fortuna, per lui, che Nate sia ancora troppo intontito dal sonno per notarlo. ‘Chè, per lui, nessuno dovrebbe permettersi di guardare Euphemia in un certo modo.
Lei si siede accanto al fratello, con la sua tazza di cappuccino fra le mani, come ogni mattina, e lui finalmente stacca lo sguardo dai cereali.
«Dovresti vestirti, tra un po’ viene Ashton», mugugna strizzando gli occhi nel vano tentativo di apparire più sveglio. Euphemia rimane in silenzio per qualche secondo, chiedendosi per quale motivo il fratello continui a cercare di farla riavvicinare ad Ashton, è inutile e lo sa benissimo anche lui. Non ha la minima voglia di vederlo, come sempre, ‘chè sa che sarebbe solamente una perdita di tempo e poi, comunque, sarebbe complicato. E a lei, le cose complicate, non sono mai piaciute, ha sempre preferito lasciarle correre fino a dimenticarle del tutto.
«Allora vado a prepararmi per il lavoro, così posso uscire prima che arrivi», dice semplicemente, svuotando la tazza in un sorso e alzandosi per riporla nel lavello mentre Nate alza gli occhi al cielo, perché sa che non cambierà mai, «Quando la smetterai?» Euphemia alza le spalle, trattenendo una risata quasi canzonatoria «Forse quando la smetterai di stressarmi».
Nate scuote la testa, ormai rassegnato al fatto che sua sorella sia troppo testarda per continuare ad insistere, e la guarda andare via quasi di corsa, nuovamente senza notare lo sguardo insistente del moro su di lei.
«Ah, Calum», Euphemia si affaccia nuovamente dalla porta, richiamando ancora l’attenzione del ragazzo su di sé, «visto che sei nuovo qui, se ti va, posso farti un giro visto che lavoro in centro, ti va?»
Il moro annuisce, «Volentieri» risponde, guardandola sparire nuovamente in camera sua, tanto velocemente che quasi non fa in tempo a rivolgerle un sorriso. Sta iniziando ad imparare, nonostante convivano solamente da cinque giorni, che Euphemia è sfuggente, inafferrabile quasi.
Ma, infondo, forse questa mattina per Calum Hood non è iniziata affatto male.
 
Quando la sveglia suona, Amethyst sa che è troppo presto senza dover nemmeno guardare l’orario, così allunga il braccio e la spegne.
Non andrà al college nemmeno oggi, tanto non le importa minimamente di quello che il professor Jackson ha da dire sulla psicologia. Non le importa e, in realtà, non sa nemmeno perché continui ad ostinarsi a sbatterci la testa contro e ad imporsi di continuare ad andarci. Vorrebbe, da una parte, lasciare gli studi, come ha fatto Euphemia, tanto il lavoro al bar le basta e avanza.
È che ha sempre fatto fatica ad arrendersi, Amethyst.
Comunque, non le va nemmeno di andare a lavorare, infatti sono tre giorni che si da per malata quando in realtà non lo è. Ha solo bisogno di rimanere a letto, da sola al buio a riflettere e, si, magari pure di prendersi una pillola ogni tanto e di fumarsi una sigaretta quasi ogni ora; tanto a Seth, il suo coinquilino, non da fastidio, anzi di solito è lui a procurarle la roba buona.
Lo sente sbattere la porta dell’appartamento, mentre esce per andare a sbrigare i suoi affari; non lo ammette mai con lei, ma Amethyst lo sa benissimo che i “suoi affari” sono legati alla droga, ma le va bene, finche le rimane vicino.
Amethyst vorrebbe davvero non aver così bisogno di lui, vorrebbe davvero non avere bisogno di niente e di nessuno, ma la verità è che da sola non riesce a farcela.
Sta attraversando un altro di quei periodi, ma lo sa che prima o poi passerà, dopo un po’ la depressione le passa sempre.
 
Ad interrompere il sonno di Luke, è il campanello che suona. Sbuffa, infastidito dal fatto che nè Colleen, nè Ashton non si siano svegliati e che, quindi, tocchi a lui andare ad aprire. Non si cura nemmeno di infilarmi una maglietta, è ancora troppo intontito dal sonno per preoccuparsi di certi dettagli, e si trascina verso la porta. E lui tutto si aspettava, tranne che trovare nientemeno che Nirvana Harris davanti la porta di casa sua.
«Ciao», gli sorride e Luke, potrebbe pure giurarlo, che per vedere un sorriso del genere un’altra volta farebbe di tutto ‘chè, alla fine, il debole per Nirvana gli è rimasto, nonostante gli anni.
«Sono Nirvana, mi sono appena trasferita nell’appartamento qui accanto» si presenta lei, visto il momentaneo mutismo del ragazzo, causato dalla troppa sorpresa.
Luke annuisce lievemente, cercando di non apparire un completo idiota ai suoi occhi, oggi verdissimi, «So chi sei, andavamo a scuola insieme».
Lo sguardo di Nirvana si fa bollente contro la sua pelle, mentre assottiglia gli occhi nel tentativo di ricordare quel viso, così tanto cambiato negli anni, finche, incrociando le iridi azzurre del ragazzo con le proprie, capisce. ‘Chè, a dire il vero, degli occhi così, sono difficili da dimenticare, anche per Nirvana.
«Luke, sei cambiato tantissimo, non ti avevo riconosciuto», sorride lasciando intravedere la fossetta sulla guancia sinistra che a lui è sempre piaciuta da impazzire, «Comunque scusami se, probabilmente, ti ho svegliato così presto, ma ho dimenticato di comprare il caffè». Prima che possa terminare la frase, Luke le sta già facendo cenno di entrare in casa, «Non c’è problema, vieni».
Le fa strada fino alla cucina dove, quando lei finalmente si volta di profilo, può finalmente guardarla bene, di sottecchi. Cavolo, se è bella come si ricordava. Ma non una di quelle bellezze convenzionali, Nirvana è bellissima a modo suo ed è uno dei motivi per cui a lui è sempre piaciuta così tanto.
«E i capelli verdi?», chiede, cercando di rompere il ghiaccio mentre aspettano che il caffè sia pronto. Lei alza le spalle, «Avevo bisogno di cambiare».
Luke annuisce, cercando due tazze pulite tra il disordine di Ashton che i suoi turni di pulire non li rispetta mai, «Comunque, ti stavano bene».
Lei gli sorride, lasciando i capelli in modo da fargli coprire, almeno in minima parte, le guance lievemente arrossate. Il fatto è che proprio non c’è abituata a sentirsi dire certe cose.
«Allora, come va, Luke?», cambia velocemente argomento ‘chè, a lei, parlare di sé non è mai piaciuto molto.
Il biondo quasi resta sorpreso dalla reazione della ragazza alle sue parole ma, comunque, non si scompone e fa finta di nulla mentre le porge la tazza che lei prende facendo attenzione a non sfiorare minimamente le dita di lui; «Bene direi, e tu?». Nirvana accenna un piccolo sorriso, prima di portare la tazza alle labbra e bere un sorso, «Si va avanti».
Poi il silenzio ‘chè loro, alla fine, non hanno mai avuto nulla da dirsi, infondo non si conoscono così bene. Sono entrambi ognuno un mistero per l’altro.
«E’ una cosa provvisoria, o rimarrai a Sydney?», Luke spezza il silenzio anche perché, a dire il vero, ha tutta l’intenzione di recuperare il tempo e le occasioni perse al liceo. Non ha intenzione di far rimanere Nirvana Harris un mistero ancora a lungo. Lei beve di scatto l’ultimo sorso dalla tazza, un po’ anche per pensare che risposta dare ‘chè, in realtà, non c’aveva mai pensato. «Credo che resterò, non ho motivi per tornare a Los Angeles, comunque». Lo dice con un tono duro, quasi aspro, che lascia benissimo intendere che è successo qualcosa, che la decisione di tornare non è stato semplicemente l’ennesimo colpo di testa. Ma non fa domande, Luke, non ora; avrà il modo e il tempo, forse, ma non vuole accelerare nulla, aspetterà solamente.
Inavvertitamente sfiora il ginocchio di lei con il proprio, da sotto il tavolo, e, del tutto inaspettatamente, lei sussulta, allontanandosi come se si fosse scottata al quasi impercettibile contatto delle loro pelli. Sa benissimo anche lei, che ha avuto una reazione esagerata ma, comunque, le è venuto automatico agire in quel modo. Non è pronta per il contatto fisico, non ancora.
«Ora è meglio che vada, grazie di tutto», gli rivolge un breve sorriso, non radioso come quello di poco prima, ma semplicemente accennato, prima di lasciarlo solo in cucina. E mentre sente il rumore della porta che si chiude, Luke si chiede dove abbia sbagliato questa volta, con Nirvana.
 
La vita di Michael Clifford procede regolare, sempre controllata. Non è il tipo di vita che ci si aspetterebbe da uno come lui, no di certo, e non è nemmeno la vita che lui voleva per sé stesso. Ma le cose stanno così e, comunque, ormai è troppo tardi per cercare di cambiare.
È fatto di contraddizioni, Michael. ‘Chè se da una parte detesta quella vita che non ha scelto lui, che gli è praticamente stata imposta dai genitori, dall’altra sa di non poter fare nulla per cambiare, a lui i cambiamenti, anche se piccoli non sono mai piaciuti. Anche se, a dire il vero, un cambiamento più accentuato di lui stesso, non potrebbe esserci. Anche solamente quattro anni prima, non avrebbe mai nemmeno lontanamente pensato di poter assecondare i progetti di suo padre; lui, a fare l’architetto, ma quando mai? No, lui non era certo tipo da mettersi lì, a disegnare con tutta quella precisone e tutta quella pazienza, in giacca e cravatta.
No.
Strano come le cose cambino in fretta. Perché lui, adesso, è proprio tutto quello che non avrebbe mai voluto diventare. E, davvero, non si sente nemmeno a sua agio in questa vita. Si sente quasi in gabbia. Si sente in gabbia tutte le mattine quando suona la sveglia e lo attende un’altra giornata di lavoro, in gabbia quando annoda la cravatta, in gabbia quando sta chino a disegnare per ore. In gabbia, perché suo padre sta sempre lì a controllarlo, ad assicurarsi che non sgarri nemmeno di una virgola, anche a fare sempre smorfie disgustate davanti ai tatuaggi e al piercing fatti quando era più piccolo e ai capelli costantemente tinti, che poi sono l’unica cosa di lui ad essere rimasta autentica negli anni.
Ed ogni giorno, ogni mattino è una prigione e non c’è via d’uscita.
 
 
 
Writer’s wall.
Non è un miraggio, sono viva e sto aggiornando.
Mi scuso, intanto, per il tremendo ritardi di quasi un mese, ma ho avuto parecchio da fare fra compiti, interrogazioni e altri impegni. Comunque eccomi qui, alla fine (non farò più ritardi del genere, giuro).
In questo capitolo iniziamo a conoscere meglio i personaggi, ancora è ovviamente un capitolo introduttivo, ma già si nota il carattere un po’ sfuggente di Euphemia, che sembra avere anche qualche problema con Ashton.
Poi c’è Amethyst, che ammettere è uno dei miei personaggi preferiti, e per il momento forse non è molto chiara, ma ci si arriverà poco a poco; anche Michael è un personaggio un po’ strano, che ha bisogno di essere approfondito, è tutta una contraddizione, lui.
E poi ci sono Luke e Nirvana, il loro primo incontro da quando lei è tornata a Sydney e con lei è tornata anche l’infatuazione di Luke, che forse non è mai andata via del tutto.
Vi lascio perché sto morendo dal sonno, domani risponderò a tutte le recensioni, giuro) e spero di riuscire ad aggiornare il più presto possibile,
un bacio
-Mars
  
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