-Un altro incubo?-
La ragazza dai capelli corvini e dagli occhi cerchiati da
grandi borse nere, aveva annuito a quella domanda.
Era ormai da una settimana che andava avanti così: ogni
volta si svegliava nel cuore della notte, con il volto imperlato di
sudore, per
via dei tanti incubi riguardanti tutti sua madre.
-Cos’hai sognato, stavolta?- chiese nuovamente il ragazzo
dai capelli color porpora.
Le loro conversazioni iniziavano sempre così: prima, Michael
si accorgeva che qualcosa non andava nella ragazza, poi, visto che era
l’unico
a sapere dei suoi brutti sogni, le chiedeva con curiosità il sogno
fatto, e poi
cambiava argomento, come se nulla fosse accaduto.
E a lei stava bene così.
-Ero davanti alla cucina- disse, con un fil di voce, la
ragazza –ero impotente, non riuscivo a muovermi, e guardavo il corpo
insanguinato di mia madre, steso sul pavimento ghiacciato. Non ero
riuscita a
salvarla.-
Le lacrime minacciavano sempre di uscire, ma lei le
respingeva ogni volta che raccontava che cosa doveva vivere tutte le
notti.
Si ricordava benissimo, quel fatidico giorno, in cui sua
madre morì, e Michael sembrò essere l’unico che ascoltava i suoi sfoghi
e la
calmava. Lui era come una fiamma che le riscaldava il cuore, gelido,
come il
pavimento su cui trovò sua madre, l’ultima volta che l’ebbe vista.
-E’ colpa mia, Mikey?- chiese dopo vari minuti, spezzando
quel tranquillo silenzio che si era creato tra i due ragazzi.
Il vento le solleticava la pelle non coperta dai suoi
vestiti. La testa era appoggiata sulla spalla del ragazzo, e i suoi
occhi
puntavano fissi su un punto qualsiasi del paesaggio dai colori verdi.
-No.- il ragazzo lasciò uscire un sospiro dalla bocca,
cercando di cambiare argomento –Comunque, questa sera un mio amico darà
una
piccola festa, ti andrebbe di venire? Potresti anche divertirti!-
La ragazza scrollò le spalle.
-Non so, Mikey. Sai che non mi piacciono queste cose…-
Ed eccolo che arriva, il labbruccio e quegli occhi dolci;
come dire di no ad un così bel faccino?
-E va bene!- esclamò, esasperata. Tanto, lo sapeva che
sarebbe andata a finire così.
***
L’orologio appeso in una stanza dalle pareti
bianche come il
latte, segnava le nove meno un quarto. Il ragazzo dai capelli viola
sarebbe
dovuto passare tra un quarto d’ora, e la corvina non aveva ancora
deciso cosa
mettersi.
Di solito, non amava i vestiti troppo scollati, ma non
poteva di certo andare ad una festa con un maglione bianco e dei
leggins neri,
così optò per una maglietta a maniche corte dei Guns ‘n’ Roses, dei
jeans neri
e dei semplici stivali in pelle nera.
Proprio appena finito di mettere un po’ di mascara, tanto
per sembrare anche se solo di poco decente, vide dalla finestra la BMW
nera di
Michael e, prima che potesse schiacciare ripetutamente il campanello di
casa,
producendo un rumore fastidiosissimo, la ragazza andò ad aprire alla
porta.
-Sarà meglio per te che sia divertente.-
-Ehy, ciao. Ciao, come stai? Bene, tu? Oh, sì, tutto
bene.- il ragazzo sorrise, appena
entrati tutti e due in macchina, accendendo il motore. –E sì, ti
divertirai.-
Passarono tutto il tragitto in silenzio. Un silenzio
pesante, non piacevole, come piaceva alla corvina.
-Prometti di non allontanarti?- urlò lei, per superare il
rumore della musica.
-Sì!- gridò lui di rimando, stringendo forte la mano
dell’altra, entrando finalmente in quel grande edificio.
Dovevano essere grandi amici, pensò lei.
-Michael- rispose lui, puntando subito i suoi occhi dello
stesso colore del mare su quelli della ragazza, gelidi. -Non mi
presenti la tua
amica?-
-Oh, certo!- si schiarì la voce –Luke, lei è Hella. Hella,
Luke.- sorrise, mentre si stringevano la mano.
Restarono vari minuti a parlare, quando Luke, che si era
scoperto essere il proprietario di quella casa e migliore amico di
Michael, se
ne era andato.
-Vado a prendere qualcosa da bere- disse ad un tratto il
ragazzo, lasciando la mano di Hella che, un po’ controvoglia, lo lasciò
andare.
Aveva un po’ di paura, a restare sola in quel posto, per
lei, pieno di pericoli.
Contò i secondi passare.
Uno, due, tre…
-Ehy.-