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Autore: Ross_S    29/03/2015    4 recensioni
C’è sempre qualcosa di affascinante nella pace che trovi quando finalmente sei pronto a voltare pagina. Un senso di profonda tranquillità ti invade e ti sembra che tutto il dolore e tutte le sofferenze provate nel capitolo precedente non esisteranno più. Ma appena riesci a girare quella pagina, ecco che arriva una folata di vento e sposta così tante pagine da giungere all'inizio della storia.
«Ciao angelo» disse qualcuno dietro di me.
Mi bloccai. Rimasi lì, ferma, immobile, senza girarmi verso quella voce.
|Terza classificata al contest “Introspective & Romantic indetto da Iamamorgenstern sul forum di EFP|
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Era bello ricominciare. Avevo scelto le mie migliori amiche per poter far questo, Alice e Chiara. Lasciai la macchina nel parcheggio e le raggiunsi in fondo al parco. Erano sedute su una panchina intente a parlare di chissà cosa ed io avevo bisogno proprio di questo.
C’è sempre qualcosa di affascinante nella pace che trovi quando finalmente sei pronto a voltare pagina. Un senso di profonda tranquillità ti invade e ti sembra che tutto il dolore e tutte le sofferenze provate nel capitolo precedente non esisteranno più. Ma appena riesci a girare quella pagina, ecco che arriva una folata di vento e sposta così tante pagine da giungere all’inizio della storia.
«Ciao angelo» disse qualcuno dietro di me.
Mi bloccai. Rimasi lì, ferma, immobile, senza girarmi verso quella voce.
Alice e Chiara mi guardavano stupite, ma non riuscivano a vedere la tempesta scoppiata dentro di me. In un istante solo riaffiorò tutto il dolore e l'odio che avevo provato a causa sua. Gli occhi stavano per velarsi di lacrime perciò li chiusi; con le palpebre serrate deglutii faticosamente e presi un bel respiro cercando di scacciare quelle lacrime prima riaffiorate. Riaprii gli occhi, salutai le mie amiche e, senza degnare di uno sguardo la persona dietro di me, me ne andai, a testa alta, con aria di sicurezza. Immagine completamente differente dall'uragano di emozioni in me. Raggiunsi in fretta la mia auto e appena infilai le chiavi nel quadro qualcuno aprì la portiera e si sedette dal lato del passeggero. Lui. Andrea. E sempre gli stessi occhi blu scuro. Volsi la testa dall'altra parte con aria di impazienza.
«Esci» dissi, perfettamente tranquilla. Non lo volevo più vedere, tanto meno nella mia macchina.
«Guardami» rispose lui con quel tono dolce che mi riscaldò il cuore. 
«No», non sarei mai riuscita a guardarlo di nuovo, avevo troppa paura, paura di innamorarmi di nuovo.
«Perché?» chiese, come se non lo sapesse. Lui per primo sapeva benissimo il perché e voleva ricordarmelo.
«Sadico» dissi con disgusto, mentre il dolore che avevo provato fino ad allora cominciava a farsi risentire.
«Sei tu la sadica che non mi vuole guardare, Claudia». Immaginai che sul suo viso fosse apparso il suo solito sorriso sghembo. Voleva farmi soffrire, ma, nonostante questo, non sapeva che la sua assenza mi aveva fatto diventare più forte, e, soprattutto, più fredda.
«Cosa vuoi?» gli chiesi una volta per tutte.
«Te». Questa risposta non me la sarei mai aspettata e la mia sicurezza cominciò a vacillare. Ero girata verso il parabrezza ed ero riuscita a non incrociare mai i suoi occhi. «Troppo tardi» risposi piano.
Impallidì. «Perché?»
Lui e i suoi stupidi perché. Chiusi gli occhi e le mani si strinsero forte sul volante, stavo cominciando a spazientirmi. Presi un respiri profondo per tranquillizzarmi e riaprii gli occhi. «Esci»
«Tu dimmi il perché». Quasi urlò e questo mi irritò ancora di più. 
«Esci ho detto! È la mia macchina!» gli urlai contro, e mi sporsi verso di lui per aprirgli la portiera, attenta a non toccarlo e a non guardarlo. I suoi occhi erano come veleno per me in quel momento. Tenni lo sguardo fisso sulle nuvole che sovrastavano il cielo davanti a me, aspettandomi di vederlo scendere. Lui rimase lì, invece, e richiuse la portiera. Dato che si ostinava a non scendere accesi il motore e cominciai a guidare senza una meta precisa. Passammo qualche minuto in silenzio, sicuramente si aspettava una risposta. Una risposta che non sarebbe mai arrivata. Pensavo di essermi risollevata dalla caduta che lui mi aveva provocato, pensavo di esserne uscita, un po’ ammaccata, ma pensavo seriamente di esserne uscita. Mi sbagliavo. Le lacrime mi annebbiarono la vista e alzai la testa sbattendo le palpebre per allontanarle. Non potevo piangere. Non dovevo piangere. Non davanti a lui. Non più.
«Piangi?» chiese quasi sussurrando, e più che una domanda sembrava un’affermazione. Perché deve sempre accorgersi di tutto?
«Perché lo fai?» chiesi ad un tratto.
Lui sembrava sorpreso. «Fare cosa? Questo?» e indicò se stesso nella macchina.  «Farmi male!» scoppiai, «Ecco cosa! Farmi ricordare tutto quello che abbiamo vissuto da quando ho sentito la tua voce, prima, dopo tutto questo tempo! Farmi ricordare di tutto quello che ho passato da quando te ne sei andato!» le lacrime sgorgavano incessanti dal mio viso mentre il piede avanzava sull'acceleratore. 
Aveva un'aria afflitta. «Mi dispiace, angelo, io...» disse, prima che io lo interrompessi. «Non chiamarmi così! E non dire che ti dispiace! Non dirlo! Tu non sai come ho passato questo periodo, non lo sai! Ho passato un inferno, e per chi? Per uno stronzo che mi ha lasciata e che adesso viene a dirmi che gli dispiace».
Andrea allungò istintivamente una mano per asciugarmi le lacrime, ma io la cacciai via con la mia. «Non toccarmi» dissi brusca e mi asciugai da sola con un gesto rapido. Con la coda dell'occhio vidi dipingersi sul suo viso un'espressione di dolore e in parte anche di comprensione.
«Guardami» disse con voce grave. 
«No» risposi secca.
«Perché no?!» chiese esasperato.
«Perché non voglio innamorarmi ancora di te! Esattamente come la prima volta!» risposi d’impeto. Ci pensai un attimo e una lacrima rigò la mia guancia, lui se ne accorse.
Scossi la testa lentamente. «Come se avessi mai smesso di amarti» dissi piano e mi tirai i capelli indietro nervosamente. «Non ho mai smesso di amarti, e mi odio per questo. Pensavo di esserci riuscita, ma basta una tua parola e "pouf", tutte le mie certezze svaniscono» dissi con una risata malinconica. 
Andrea guardò fuori dal finestrino per un momento, era buio ormai. «Se mi ami ancora perché prima hai detto che è troppo tardi?» disse impassibile.
I miei occhi erano invasi dalle lacrime. «Perché? Me lo chiedi anche?» dissi con una risatina acida e lui si girò a guardarmi, ma subito dopo ritornai seria. «Perché mi hai distrutta. Mi hai distrutta! È come se non esistessi più ormai, la parte di me che conoscevi è crollata e non si è più rialzata. La persona che ero prima è come se fosse morta», la mia voce divenne sempre più bassa mentre la macchina continuava a correre veloce lungo le strade della tangenziale. Andrea, evidentemente, non sapeva cosa dire perché ne uscì fuori con un: «Rallenta, o moriremo».
«Come se non ci avessi già provato» sussurrai. 
«Dimmi che non l'hai fatto, angelo. Claudia dimmelo, ti prego» disse con la voce incrinata dal dolore. Non pensavo avesse sentito, non era mia intenzione fargli sapere questo. Per la prima volta mi voltai a guardarlo negli occhi, rispondendo silenziosamente alla sua domanda. Aveva uno sguardo sofferente, quello che gli avevo detto lo aveva stravolto. I suoi occhi brillavano come avevo visto solo poche volte; sì, ero decisamente ancora innamorata di lui.
Quell'incrocio di sguardi fu fatale. La macchina si schiantò contro qualcosa che non ebbi neanche il tempo di vedere. Non avevamo allacciato le cinture perciò ci stavamo sballottando da una parte all'altra dell'auto. Sbattei la testa contro qualcosa di duro ed emisi un urlo di dolore che per poco mi fece perdere i sensi, impedendomi di sentire altro dolore derivante dagli altri urti. Quando la macchina smise di rotolarsi ci ritrovammo una sopra l'altro. La testa mi pulsava e mi faceva male e il sangue continuava a bagnarmi i capelli. Sentivo che la testa diventava sempre più leggera, mi stavo per addormentare.
«Ti amo» mi sussurrò Andrea all'orecchio.
Mi risvegliai di scatto. Non pensavo che fosse venuto per dirmi questo.
«Non ho mai smesso di amarti», fece una pausa per deglutire ed emise un rantolo per il dolore. «Mi dispiace, ho sbagliato. Non dovevo lasciarti prima di andare in missione» disse piano, «mi dispiace, angelo, per tutto».
Mandai giù il groppo che avevo in gola. «Perdonato» sussurrai con un lieve sorriso, il massimo che potessi fare. Non sarei mai riuscita a baciarlo, ma con le dita gli accarezzai dolcemente le labbra. Lentamente chiusi gli occhi e pronunciai le mie ultime parole. «Ci vediamo dopo».
«Arrivo» aggiunse Andrea con un filo di voce.


 
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