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Autore: DanyMery96    29/03/2015    4 recensioni
Le due facce dell’amore.
Semplicità.
E’ la parola chiave per la vita di Giulia Turner. Una ragazza solare, divertente, dal carattere forte ma allo stesso tempo dolce. Nasconde la sua insicurezza, dietro una battuta di troppo. Cresciuta con la mamma, Rose. Donna di 34 anni, sola da tempo, è pronta per un nuovo anno, all’insegna del sorriso, non sapendo ancora quali piani riservi per lei il futuro.
Stefano Brooks, con un ideale di vita. Vivere, ridere e godersi tutto fino in fondo, anche se apparentemente insegnante di un università. Ma se la vita decidesse di giocare con loro? Intrecciandoli a tal punto d’impazzire? Un piccolo e banale avvertimento, potrebbe trasformarsi in un groviglio di emozioni, una trappola mortale. Una corsa senza tempo, contro chi a gli anni non dà peso. Può l’amore avere due facce? E si è davvero pronti a stravolgere il proprio ideale di vita?
Eccomi qui, con una nuova storia, spero stuzzichi il vostro interesse e che sopratutto, vi piaccia almeno un pò. Baci, la vostra Dany ;)
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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ANGOLO AUTRICE
Eccomi qui, sono tornata, con una nuova storia. Un contesto diverso, ma non meno importante. Spero vi piaccia come inizio. Fatemi sapere se un pò vi incuriosisce, e se siete contenti del mio ritorno. Un bacione la vostra Dany! :)

Capitolo 1

 
Nella vita capita spesso di essere certi di aver raggiunto un traguardo, tralasciando il fatto che forse quel che si è raggiunto è solo un obiettivo. Anni di studio, per ritrovarmi a Los Angeles, per un impiego accettato durante le vacanze. Nonostante mi sia trovato bene, nella vecchia scuola a San Diego, non posso lasciarmi sfuggire l’occasione che mi si è presentata dinanzi agli occhi. Insegnare all’università del sud California (USC). Nonostante i miei 30 anni, e i 3 anni da professore, credo di non essermi ancora abituato al suono di questa sveglia, che oggi sembra insistere più del dovuto. Volto lo sguardo su di essa, spalancando gli occhi subito dopo. Segna le 7.30. Ora in cui avrei già dovuto mettermi in cammino, evidentemente aveva già suonato prima, ma mi trovavo quasi in uno stato di incoscienza dovuto alla serata di ieri.
Corro in bagno per una doccia lampo, spalanco l’armadio e indosso una camicia bianca, un pantalone grigio e la giacca della stessa tinta. Prendo le chiavi della macchina e scendo.
La strada sembra più affollata del solito, come se il destino giocasse a fare a gara con me, ma nello stato in cui sono non posso certo permettermi di perdere tempo. Sorpasso un auto in corsa accelerando, superando il limite consentito, fino sentire un botto. Certo che stamani la fortuna è tutta dalla mia parte. Scendo dall’auto, mentre una serie d’insulti è pronta a colpirmi.
-“questo è un cretino! Ma chi gli ha dato la patente?” Sono le urla di una donna che echeggiano nell’aria. Scendo dall’auto, cercando un modo per chiederle scusa e allo stesso tempo un modo per non perdere tempo.        
-“Deve scusarmi signorina, vado di fretta”.
La donna si ferma a guardarmi, scrutandomi da capo a piedi, ed anch’io non sono affatto dispiaciuto di questo incontro.
Insomma non capita spesso di trovare una persona così di bell’aspetto.
Lo so, lo so. Alcuni commenti potrei evitarli, ma sono un uomo, per dirla tutta anche single.
-“Em.. si ma qui c’è un bel danno”. Commenta ancora, mettendo un po’ da parte la grinta mostrata inizialmente.
-“ Mi perdoni, le lascio un biglietto, mi richiami nel pomeriggio”. Lei annuisce, dopo essersi segnata il numero di targa, ed io dopo un veloce saluto, colgo l’occasione per scappare via.
Parcheggiata l’auto, cammino a passo spedito verso l’entrata della scuola, già colma di ragazzi.
-“Mi ricorda in che classe sono.” Dico alla segretaria lì vicino.
-“Lei è?”
-“Oh si, sono il nuovo Professore. Stefano Brooks”
-“2 A. Buona fortuna”.
So già in che situazione mi ritroverò. Non è la prima volta. Ragazzi che si sentono fighi, con le loro stupide battute, ragazze che fanno a gara nell’essere una più popolare dell’altra e magari, se si è fortunati, qualcuno davvero intenzionato ad apprendere qualcosa.


Apro la porta, ritrovando alcuni ragazzi in piedi. Un colpo di tosse, basta a farli voltare nella mia direzione.
-“Buon giorno, io sono il nuovo professore. Mi chiamo Stefano Brooks, cominciamo con l’appello”.
Elenco i vari nomi, ed ognuno si presenta, un po’ per farsi conoscere.
Tutto fino a quando qualcuno spalanca la porta, entrando, come facesse parte di una maratona. Siede al suo banco, dandomi le spalle, e chiedendo qualcosa ad un’amica, che le fa cenno nella mia direzione.
-“ Le sembra educazione questa?” domando un tantino irritato.
-“Pensavo non fosse ancora arrivato il professore, mi scusi”. Risponde a tono la ragazza.
-“Ed io cosa rappresenterei? Un clown forse?” Continuo, prendendola di mira.
-“Bè non capita spesso un professore così nella nostra classe” interviene la ragazza che le siede vicino.
-“Qual’ è il suo nome?” chiedo alla ragazza arrivata in ritardo, mentre tra le mani mi rigiro una penna.
-“Senta non credo sia il caso di arrivare ad una nota, è solo un piccolo ritardo. Provi lei a correre per prendere un pullman che le passa davanti e a raggiungere l’altra fermata in tempo. Comunque sono Turner, Giulia Turner”
Un lieve sorriso fa inarcare le mie labbra.
-“Devo solo metterle la presenza, si tranquillizzi”. Le rispondo, mentre l’imbarazzo si affaccia sul volto della giovane, facendo diventare rosee le sue guance. Subito dopo la lezione ha inizio.

 

POV GIULIA.

La solita routine bussa alle porte, mentre le vacanze estive sono volate via. Solo la voglia di tornare alla realtà è ancora in vacanza.
-“Giulia, sveglia o farai tardi a scuola”
Ecco questa è mia mamma, Rose. 34 anni, una bellissima donna. Dai capelli lunghi neri, un viso dai lineamenti fini e un carattere forte, ma allo stesso tempo tremendamente dolce. Parlo nei miei confronti. Perché credo di non averla mai vista innamorata. Non conosco mio padre, lui ha lasciato la mamma, appena ha saputo di me, quindi lei ha dovuto imboccarsi le maniche e fare tutte e due le parti. Ecco perché è una donna davvero forte. Ma alla quale somiglio per tanti aspetti. E’ molto peggio di un gallo che si fa sentire, molto peggio di una sveglia che si può spegnere. E’ un vero è proprio comandante, ed una cosa è certa se dice che devo svegliarmi, è meglio farlo.
Mi alzo dal letto, con tutti i capelli scompigliati, credo che se  mi vedessero così, sarebbe uno spavento assicurato. Dopo una colazione veloce, corro a lavarmi.
-“Giulia, vado a lavoro” dice la mamma. Chissà quanto ha urlato, per riuscire a sentirla oltre la doccia.
Indosso una canotta color cammello, i jeans aderenti e le scarpe dello stesso colore della maglia. I capelli lisci e un po’ di mascara. Sono pronta.
Con le cuffie nelle orecchie, cammino per raggiungere la fermata dell’autobus, fino a quando non la vedo passare proprio dinanzi ai miei occhi.
-Fermati, fermati- supplica la mia mente. Ma le mie preghiere sembrano proprio essere inutili, e così mi ritrovo a correre per un viale nella vana speranza di raggiungere la fermata successiva.
Ho il fiatone ed una cosa è certa, la giornata non sta di certo cominciando per il verso giusto.

Riesco a salirci, mentre ho il tempo di prendere aria.
La musica mi rilassa, facendomi pensare a tante cose, o meglio dire qualcuno.
Certo, come si può non pensare ad Alex. Mio compagno di classe, ma soprattutto il ragazzo che viaggia nella mia mente da molto molto tempo. Chissà come sarà rivederlo? O magari, chissà se quest’anno cambierà qualcosa?

Scendo dal pullman, con una velocità che non credevo di possedere, e mi affretto a raggiungere la scuola. Odio arrivare in ritardo, sentirmi in imbarazzo, ed avere gli sguardi puntati addosso. Così dopo aver raggiunto la porta della classe, la spalanco sedendomi al fianco di Jasmine.
-“Ho fatto in tempo, per fortuna” sussurro.
Fino a sentire una voce a me sconosciuta, che mi chiede se la mia sia educazione. Da quanto in qua, ai ragazzi di questa classe importa del mio buongiorno?
Seguo lo sguardo di Jasmine, fino ad incrociare gli occhi di un uomo, che come mi è stato suggerito, sarebbe il nuovo professore.
I capelli neri, gli occhi di un azzurro fuori dal normale, i lineamenti di un angelo. Bè l’unica cosa che spero è che lo sia davvero.
Ma dalle sue battute, questo qui sembra avercela con me. Lui non ha mai fatto ritardo in vita sua?
Fatto sta che è riuscito a chiudere la conversazione in un modo davvero imbarazzante. La lezione è iniziata, ma credo sia la prima volta, che sono completamente disinteressata alla lezione di storia dell’arte. Poggio la testa sul banco, mentre mi scappa uno sbadiglio che cerco subito dopo di contenere.
-“signorina Turner, non le interessa la lezione?” domanda quella vocina che sto cominciando ad odiare.
-“si mi interessa, mi scusi” è la seconda volta che ripeto questa parola. Sembra che abbia perso l’uso di altri vocaboli.
-“allora le piacerebbe ripetere quello di cui parlavo?”
Sorrido in maniera forzata, mentre mi costringo ad essere gentile, ancora una volta.
-“Ok. Vuole che ammetta di non essere stata attenta? Lo ammetto. Ma la smetta di osservare ogni mio minimo movimento”. Sbotto innervosita.
-“Mi avevano parlato di lei in maniera diversa. L’alunna che eccelle. Credo che quest’anno ci saranno delle modifiche se continua cosi”.
Cosaa? Ditemi che questo coso sta scherzando. Non può arrivare da chissà dove e rovinare il mio quieto vivere.
Mi alzo dalla sedia, mandando a quel paese la gentilezza e i finti sorrisi.
-“Senta, ha detto bene. Se le hanno detto che eccello, è perché lo hanno notato in molti. Lei è arrivato da meno di un ora è sta trovando problemi in me, dal primo minuto. E’ lei l’insegnante. Se mi sto addormentando si faccia una domanda.”
Concludo soddisfatta del mio discorso, ma allo stesso tempo infastidita dallo sguardo di tutti, e soprattutto anche dal suo, che sembra esaminarmi.
-“Perfetto signorina Turner. Sono io l’insegnante. Quindi la prego di accomodarsi fuori. Forse potrà riposare meglio” Controbatte indicandomi la porta.
Sistemo la canotta, e mi allontano da lui. Da quella classe.
Ma da dove è venuto? Poteva restarsene dov’era. Questo qui riesce solo a farmi incazzare più del dovuto.



 
 
  
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