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Autore: claws    29/03/2015    2 recensioni
«Non pensate che sia un fatto curioso, Publi?»
[Terza guerra servile][≈700 parole]
Genere: Generale, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Antica Roma
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Storie della Storia'
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Si solum nugae essent

 

 

 

«Non pensate che sia un fatto curioso, Publi

Crasso si sedette al tavolo, dove la mappa era stata spiegata e riempita di pedoni, a simboleggiare le truppe romane e l'esercito nemico.

«Quale fatto, praetor? Che il Trace minacci la stessa Roma con un esercito di schiavi? Che quegli schiavi osino alzare gli occhi fino a guardare Giove, chiamando schiavi i loro padroni?»

«Sì, Publi, lo trovo curioso.»

«Si solum nugae essent.» La voce di Roma fu un sibilo, che attraversò l'aria nella tenda e si unì al vento che s'era sollevato nel pomeriggio. «Se fossero solo sciocchezze, non ci saremmo dovuti allontanare dall'Urbe. E invece sono fatti pericolosi» lanciò un'occhiata a Crasso «oltre che curiosi.»

«Roma die uno non aedificata est, così si dice,» rispose l'altro, con un tono di voce più misurato rispetto a quello infuriato di Roma, «e non cadrà per un esercito di schiavi.»

Romolo riprese contegno, come una persona sobria che ha solo finto di essere ubriaca - ma lui era furibondo, e solo con un enorme sforzo di volontà riuscì a contenere la rabbia, tanto era vergognosa l'offesa di quello schiavo della Tracia. Riusciva appena a trattenere l'ira dei senatori che gli stava consumando le viscere.

Ma anche allora, Roma sapeva di avere un vantaggio sull'esercito di Spartaco: il Trace non aveva nessuno spirito accanto a sè.

Roma aveva Romolo; Spartaco non aveva nessuno.

 

 

 

 

Ah, le battaglie! Dimenticare tutto quel che non è la propria spada e quella del proprio avversario, finché la morte di uno dei guerrieri non riporti alla memoria del mondo attorno.

A Romolo non dispiaceva né trovarsi ad ascoltare i senatori nell'Urbe, né scendere sul campo di battaglia, con la spada impugnata dalle stesse mani che uccisero un fratello e costruirono una città con argilla mescolata al sangue.

Per certi versi, certe volte, si sentiva fiero dell'essere uno strigo.

Roma alzò gli occhi al cielo, non vide uccelli levarsi in volo. Davanti a sé vide le fila degli schiavi ribelli, e gli occhi scuri che avevano guardato il cielo divennero rossi per la rabbia.

Le truppe della legione parvero prendere un respiro profondo prima di gettarsi in avanti, come in apnea, contro i loro nemici. Romolo fece lo stesso, e all'ordine dell'imperator seguì i soldati nella loro marcia.

Oh, Roma proprio non poteva rimanere lontana dallo scontro, a cavallo di una collina, a guardare la propria vittoria divenire sempre più nitida. No, Roma doveva combattere, Roma doveva sentire le nocche bianche e le ginocchia cedere, imbracciare lo scudo e marciare al fianco dei soldati in prima linea.

Una volta Ellas gli aveva detto che, la prima volta che lei lo vide, le ricordò intensamente Achille.

Io non morirò giovane, Ellas, le aveva risposto Romolo, convinto più che mai.

Gli tornò in mente quel vecchio ricordo quando si trovò faccia a faccia con Spartaco, il Trace di cui nessuno sapeva più il vero nome - ma in fondo, Spartaco era uno schiavo, per quale motivo conoscere quel che poteva restituirgli dignità d'uomo?

Roma ghignò. L'energia che aveva conservato per quell'incontro finalmente potè scatenarsi. Fu come sentire l'aria caricarsi d'elettricità, e forse dei soldati attorno a loro, bardati com'erano con armi e armature di metallo, vennero colpiti da delle scosse.

Spartaco si pulì via il sangue dal viso con un gesto secco della mano, deciso, preparato. Se Romolo vide le mani dello schiavo tremare, forse fu per la densità dell'aria, perché Giove li stava guardando da vicino, portatore di fulmini, re dell'Olimpo.

Allora Spartaco si levò in avanti con un movimento improvviso, e Roma sorrise - quel sorriso di sfida con cui avrebbe potuto peccare di hýbris. Si incontrarono al centro della corsa, e fu una danza di spade, un breve scatto o una lunga marcia verso la morte, nessun lo ricorda.

Roma aveva Romolo; Spartaco non aveva nessuno.

 

 

[Fu dunque inevitabile la rovina e la crocifissione dei ribelli

 che sopravvissero all'ultima battaglia di quella guerra...? ]

 

 

 

Ma se fossero state solo sciocchezze, Roma non l'avrebbe raccontato ai propri nipoti.

Se fossero state solo sciocchezze, non potremmo conoscere la storia dell'uomo dal nome dimenticato per sempre, simbolo della strappata dignità degli uomini.








Note Autrice:

È una vecchia storia di qualche anno fa - penso metà 2013, quando ero tutta presa a seguire il telefilm Spartacus.  A me era piaciuto (la Nagron soprattutto, lol). Credo che, quando l'ho scritta, avessi cercato di essere accurata, e a me questa piccola cosa (che Roma chiamerebbe sciocchezza, probabilmente, se mi potesse gridare addosso) piace anche così. Volevo condividerla con qualcuno, e quindi eccomi qua. Non l'ho modificata da quando l'ho ritrovata.

Spero di non aver scritto idiozie in latino, perché le ho scritte tanto tempo fa e ora di latino mi ricordo solo due cose. Se leggete scempiaggini, avvisatemi! C:

Grazie per aver letto.

Alla prossima,

claws_Jo

  
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