Si solum nugae essent
«Non
pensate
che sia un fatto curioso, Publi?»
Crasso
si sedette al tavolo, dove la mappa
era stata spiegata e riempita di pedoni, a simboleggiare le truppe
romane e
l'esercito nemico.
«Quale
fatto, praetor? Che il Trace
minacci la stessa Roma con un esercito di
schiavi? Che quegli schiavi osino alzare gli occhi fino a guardare
Giove,
chiamando schiavi i loro
padroni?»
«Sì,
Publi,
lo trovo curioso.»
«Si
solum nugae essent.» La voce di Roma fu un sibilo,
che attraversò l'aria
nella tenda e si unì al vento che s'era sollevato nel
pomeriggio. «Se fossero
solo sciocchezze, non ci saremmo dovuti allontanare dall'Urbe. E invece
sono
fatti pericolosi» lanciò un'occhiata a Crasso
«oltre che curiosi.»
«Roma
die uno non aedificata est, così si
dice,» rispose l'altro, con un tono di voce più
misurato rispetto a quello infuriato di Roma, «e non
cadrà per un esercito di
schiavi.»
Romolo
riprese contegno, come una persona
sobria che ha solo finto di essere ubriaca - ma lui era furibondo, e
solo con
un enorme sforzo di volontà riuscì a contenere la
rabbia, tanto era vergognosa
l'offesa di quello schiavo della Tracia. Riusciva appena a trattenere
l'ira dei
senatori che gli stava consumando le viscere.
Ma
anche allora, Roma sapeva di avere un
vantaggio sull'esercito di Spartaco: il Trace non aveva nessuno spirito accanto a sè.
Roma
aveva Romolo; Spartaco non aveva nessuno.
Ah,
le battaglie! Dimenticare tutto quel
che non è la propria spada e quella del proprio avversario,
finché la morte di
uno dei guerrieri non riporti alla memoria del mondo attorno.
A
Romolo non dispiaceva né trovarsi ad
ascoltare i senatori nell'Urbe, né scendere sul campo di
battaglia, con la
spada impugnata dalle stesse mani che uccisero un fratello e
costruirono una
città con argilla mescolata al sangue.
Per
certi versi, certe volte, si sentiva fiero dell'essere uno
strigo.
Roma
alzò gli occhi al cielo, non vide
uccelli levarsi in volo. Davanti a sé vide le fila degli
schiavi ribelli, e gli
occhi scuri che avevano guardato il cielo divennero rossi per la rabbia.
Le
truppe della legione parvero prendere un
respiro profondo prima di gettarsi in avanti, come in apnea, contro i
loro
nemici. Romolo fece lo stesso, e all'ordine dell'imperator
seguì i soldati
nella loro marcia.
Oh,
Roma proprio non poteva rimanere
lontana dallo scontro, a cavallo di una collina, a guardare la propria
vittoria
divenire sempre più nitida. No, Roma doveva combattere, Roma
doveva sentire le
nocche bianche e le ginocchia cedere, imbracciare lo scudo e marciare
al fianco
dei soldati in prima linea.
Una
volta Ellas gli aveva detto che, la
prima volta che lei lo vide, le
ricordò intensamente Achille.
Io
non morirò giovane, Ellas,
le aveva risposto Romolo, convinto più
che mai.
Gli
tornò in mente quel vecchio ricordo
quando si trovò faccia a faccia con Spartaco, il Trace di
cui nessuno sapeva
più il vero nome - ma in fondo, Spartaco era uno schiavo,
per quale motivo
conoscere quel che poteva restituirgli dignità d'uomo?
Roma
ghignò. L'energia che aveva conservato
per quell'incontro finalmente potè scatenarsi. Fu come
sentire l'aria caricarsi
d'elettricità, e forse dei soldati attorno a loro, bardati
com'erano con armi e
armature di metallo, vennero colpiti da delle scosse.
Spartaco
si pulì via il sangue dal viso con
un gesto secco della mano, deciso, preparato. Se Romolo vide le mani
dello
schiavo tremare, forse fu per la densità dell'aria,
perché Giove li stava
guardando da vicino, portatore di fulmini, re dell'Olimpo.
Allora
Spartaco si levò in avanti con un
movimento improvviso, e Roma sorrise - quel sorriso di sfida con cui
avrebbe
potuto peccare di hýbris.
Si
incontrarono al centro della corsa, e fu una danza di spade, un breve
scatto o
una lunga marcia verso la morte, nessun lo ricorda.
Roma
aveva Romolo; Spartaco non aveva
nessuno.
[Fu dunque inevitabile la
rovina e la crocifissione dei ribelli
che
sopravvissero all'ultima battaglia di quella guerra...? ]
Ma
se fossero state solo sciocchezze, Roma
non l'avrebbe raccontato ai propri nipoti.
Se fossero state solo sciocchezze, non potremmo conoscere la storia dell'uomo dal nome dimenticato per sempre, simbolo della strappata dignità degli uomini.
Note Autrice:
È una vecchia storia di qualche anno fa - penso metà 2013, quando ero tutta presa a seguire il telefilm Spartacus. A me era piaciuto (la Nagron soprattutto, lol). Credo che, quando l'ho scritta, avessi cercato di essere accurata, e a me questa piccola cosa (che Roma chiamerebbe sciocchezza, probabilmente, se mi potesse gridare addosso) piace anche così. Volevo condividerla con qualcuno, e quindi eccomi qua. Non l'ho modificata da quando l'ho ritrovata.
Spero di non aver scritto idiozie in latino, perché le ho scritte tanto tempo fa e ora di latino mi ricordo solo due cose. Se leggete scempiaggini, avvisatemi! C:
Grazie per aver letto.
Alla prossima,
claws_Jo