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Autore: Red Wind    29/03/2015    3 recensioni
Settembre 1881, Vienna
Dankmar Schuster, scrittore verista, trova una macabra sorpresa di ritorno dal suo viaggio di lavoro. Un delitto in musica. Un trucco per incastrarlo. Un nuovo amore.
Storia partecipante al contest a turni "Giallo a scelta multipla-Contest Originale" di Faejer
Genere: Mistero, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scesi velocemente in strada, respirando a pieni polmoni l'aria autunnale. Finalmente avevo compreso: non avevo più dubbi che l'assassina fosse proprio Diethild, per quanto questa consapevolezza fosse amara. Camminai a passo celere, furioso, tra le foglie caduchi, pensando a come mia sorella potesse avermi mentito così tranquillamente, ma in fondo era sempre stata una donna sicura di sé e determinata.
In breve giunsi dinanzi a casa di Sabine, bussai con forza e poco dopo giunse ad aprire una cameriera, la quale mi squadrò sconcertata. Solo allora mi accorsi di dover apparire piuttosto impresentabile, la faccia sconvolta e i vestiti mal messi per la camminata frettolosa. Cercai subito di assumere un minimo di contegno e chiesi con il tono di voce più pacato che trovai di parlare con la signorina Wallner. La cameriera andò a chiamarla non prima di avermi lanciato un’altra occhiata di disapprovazione.
Poco dopo Sabine uscì osservandomi preoccupata.
“Ho scoperto chi è l’assassino” esordii prima che potesse dire qualsiasi cosa.
“Chi è?” domandò trattenendo il fiato.
“Mia sorella”
“Che cosa?!” fece un passo indietro, a dir poco sgomenta.
“Ho capito… Ho capito come lo ha avvelenato. È stata indubbiamente lei!” dissi risoluto, nascondendo quello che la rivelazione comportava per me dietro al semplice dato di fatto.
Sabine sembrò imitarmi, assumendo a sua volta un atteggiamento forzatamente calmo.
“Raccontami tutto dal principio”
“Quando, stamane, hai parlato della musica, mi sono ricordato con quanto ardore mia sorella rifiutò di usare il grammofono, ieri. Mi venne anche in mente che la sinfonia n.9 è il brano prediletto di Florian e che aveva una copia di quel disco. Tutto ciò mi ha insospettito e così sono andato nuovamente a casa di Diethild. Dando un’occhiata in giro ho scoperto non solo che il disco era scomparso, ma anche che i due hanno problemi economici”
“Ma come? Florian è un medico di successo!”
“Difatti non me lo sarei mai aspettato. Ho immediatamente pensato che l’assassino fosse Florian.”
“Non l’hai mai visto di buon occhio”
“In quel momento mi sembrava la cosa più sensata, ma in breve ho scoperto che Florian ha un alibi: la sera dell’omicidio è stato occupato con una paziente dal pomeriggio fino a sera. Non ho intenzione di tediarti con i particolari, ma vedendo mio genero lavarsi le mani prima di visitare un paziente ho avuto un’intuizione: non è necessario che il veleno sia nel cibo, basta che la vittima lo tocchi prima di mangiare! A quel punto, sapendo del disco e con tale consapevolezza, mi sono ricordato che proprio prima di mangiare il dolce che gli avevo portato, mio padre aveva ricaricato il grammofono. Diethild deve avergli donato il disco e, mentre metteva in funzione il grammofono per fargli sentire il brano, deve aver cosparso la manovella per ricaricare con il veleno. Presumibilmente si è allontanata prima che la cuoca tornasse, ben sapendo che prima o poi Alexander avrebbe dovuto ricaricare il grammofono e che presto avrebbe desinato. Non è certo un piano infallibile, ma ben congegnato, proprio quello che ci si aspetterebbe da Diethild.”
“In effetti torna tutto…” ragionò Sabine, assimilando tutte quelle informazioni.
“Se solo non avessi portato quel dannato dolce…” mi rammaricai.
Sabine prese le mie mani nelle sue, provando a confortarmi senza parole, che in quel momento sarebbero state vane. Dopo qualche momento alzò lo sguardo, fissando i suoi occhi nei miei.
“Che cosa hai intenzione di fare ora?”
“Non ne ho idea… Non ci sono prove concrete di quanto ho scoperto. Per me non si sono più dubbi che l’assassina sia mia sorella, perché nessun altro avrebbe avuto la possibilità di fare tutto ciò, ma la mia sicurezza deriva dal fatto che so di non essere stato io. Per l’ispettore e per chiunque altro io sono ancora tra i sospettati.”
“Sei certo che non ci sia nessuna traccia? Un testimone magari?”
Scossi la testa sconsolato.
“Diethild è troppo furba per aver fatto errori. Finirò in prigione al suo posto.”
Scese il silenzio, come una condanna. Avevo scoperto l’identità dell’assassino, ma non era servito affatto. Sabine interruppe i miei pensieri, che stavano diventando sempre più cupi.
“Qualcuno ha toccato il grammofono?” chiese all’improvviso, gli occhi luccicanti.
“No…” risposi, senza capire dove volesse arrivare.
“Mi è venuta un’idea… Vieni!”
S’incamminò a passo svelto, quasi correndo, trascinandomi per un braccio. Dopo un attimo di attonimento mi bloccai. Sabine si voltò, quasi sorpresa.
“Gradirei sapere dove stiamo andando”
“Dannazione, Dankmar, fidati di me e fai silenzio per una volta! Non c’è tempo da perdere!”
Lo disse con quello sguardo crucciato e deciso che compariva sul suo volto raramente, ma sempre al momento giusto. Riprese a camminare ancora più spedita e io mi portai al suo fianco, seguendola senza più fare domande. In breve ci trovammo davanti alla caserma.
“Hai intenzione di consegnarmi all’ispettore Baumgartner prima del tempo?” chiesi ironico.
Sabine mi azzittì sorridendo.
“Tra poco saprai tutto.”
Appena ottenemmo di parlare con l’ispettore Sabine ci illustrò il suo piano, lasciandoci tutti stupefatti.
Qualche minuto dopo l’ispettore mandò un inserviente a chiamare Diethild, dicendole che c’erano novità sul caso e che era invitata a presentarsi tra mezz’ora nella casa della vittima. Mia sorella acconsentì e quando sopraggiunse ad aspettarla trovò Baumgartner, Sabine, seduta in un angolo con la sua espressione più angelica, quasi non fosse stata lei ad orchestrare tutto ciò, ed io. L’ispettore prese la parola con autorità.
“Purtroppo, nonostante le approfondite indagini, non abbiamo scoperto niente di nuovo sulla morte del signor Shuster. L’unico sospettato rimane il figlio della vittima e per quanto me ne rammarichi è mio dovere arrestarlo. Prima, però, voglio fare un ultimo tentativo che spero possa aiutarmi a chiarire la dinamica del delitto. Quello che voglio chiedervi è di ripetere esattamente quello che accaduto la sera dell’omicidio, in modo che io possa vedere con i miei occhi. Vi darò indicazioni basandomi sulla dichiarazione rilasciata da Dankmar, il quale interpreterà se stesso, ripetendo le stesse azioni di quelle sera. Avrò bisogno di tutti voi…”
Sabine lo interruppe.
“Mi dispiace di non potervi essere molto d’aiuto, ma sono davvero una pessima attrice.”
Non era assolutamente vero: in quello stesso momento stava recitando alla perfezione.
“Non si preoccupi signorina Wallner, in questo caso lei interpreterà la parte della cameriera, una comparsa diciamo.”
La ragazza annuì.
“A questo punto non resta che la vittima…” concluse l’ispettore guardando mia sorella.
“Devo interpretarla io?” chiese scocciata e forse nervosa.
“Non vedo nessun altro che possa farlo” rispose con ovvietà Baumgartner.
Diethild annuì debolmente.
“Per iniziare la vittima deve sedersi al tavolo, mentre voi due potete aspettare fuori” quando tutti si furono posizionati l’ispettore continuò “Dankmar, entra pure.”
Obbedii, imitando i gesti di quella sera, mentre Sabine si limitò ad affacciarsi dalla porta. Misi dei dolci in tavola e mi sedetti; simulammo una conversazione finché l’ispettore non ci interruppe.
“Secondo la testimonianza a questo punto Alexander dovrebbe alzarsi per ricaricare il grammofono”
Diethild esitò, prima di obbedire; fece tutto molto lentamente, mentre noi restavamo col fiato sospeso, poi tornò a sedersi.
“Adesso dovrebbe mangiare il dolce. Stia tranquilla, ho controllato personalmente che non fossero avvelenati”
Tutti, però, sapevamo che il veleno si trovava sulla manovella del grammofono e che se Diethild lo avesse mangiato avrebbe rischiato di avvelenarsi a sua volta. Prese il dolce, la mano tremante, e lo avvicinò alla bocca. Quel momento mi sembrò eterno: se avesse tentato di mangiarlo la mia teoria sarebbe crollata. Alla fine abbandonò la mano sul tavolo, in segno di resa.
“Che cosa sta facendo?” chiese l’ispettore continuando ancora un po’ quella messinscena.
“So benissimo dove volete arrivare. Mi avete scoperta e avete deciso di distruggere la mia vita” asserì Diethild con disprezzo.
“Lei ha ucciso suo padre! Ha distrutto la sua vita e anche la propria”
“Certo, l’ho fatto, ma sono stata costretta! Mio marito mi aveva promesso una vita agiata, invece ha sperperato quasi tutti i nostri soldi nelle corse dei cavalli. Stava già parlando di vendere la casa e andare ad abitare in una più modesta. Modesta, capite? Avrei dovuto avere una vita modesta. Io. Non ho avuto scelta” concluse.
Tutti noi eravamo attoniti da quelle giustificazioni.
“E io?” chiesi “Avresti lasciato che finissi in prigione al tuo posto?”
“Credevo che trovandolo avvelenato avrebbero incolpato la cuoca. Non volevo arrivare a questo” disse scrollando le spalle.
Cadde un silenzio pesante. La donna estrasse dalla scollatura una boccetta contenente il veleno “Sembra così innocua questa polvere bianca…” disse malinconicamente.
“Adesso la sua vita sarà molto meno che modesta” intervenne Baumgartner, pronto ad arrestarla.
Diethild sorrise. Non il suo normale sorriso, ma uno disperato e nostalgico che mi gelò il sangue nelle vene.
“Mai.” rispose “Non mi abbasserò mai a tanto. Non vincerete.”
Un attimo dopo aveva aperto la boccetta e ingerito il contenuto senza esitazioni. Fissò ancora per poco i nostri visi pietrificati con sguardo di sfida, poi iniziò ad annaspare e in breve cadde a terra, sotto ai nostri sguardi allibiti, concludendo quella simulazione in modo troppo realistico.
Sabine, che era restata tutto il tempo sulla porta, entrò di corsa per soccorrere Diethild.
“Non doveva andare così!” disse piangendo “Non avrei mai suggerito questo piano se avessi saputo che l’epilogo sarebbe stato questo, volevo solo farla confessare!”
Sollevò il capo della donna e provò a sentire il battito, poi si arrese e le chiuse gli occhi, rimasti spalancati nel momento di massimo dolore. In quel momento anche io e l’ispettore ci sciogliemmo da quello stato di glaciazione.
“Vado a chiamare le autorità competenti. Voi andate pure a casa, ci occuperemo domani delle deposizioni. Avete fatto fin troppo, vi meritate un poco di pace.” concluse Baumgartner uscendo.
Io andai da Sabine, ancora china sul corpo di mia sorella, la feci alzare e l’abbracciai, sentendo i suoi singhiozzi risuonare sul mio petto. La portai via da lì, in camera mia.
“Non doveva andare così” ripeté ancora, tra le mie braccia.
“Era troppo orgogliosa, ha preferito così. Non potevamo farci niente, Sabine”
“Non avremmo dovuto permetterglielo!”
“Non potevamo saperlo e in un modo o nell’altro ci sarebbe riuscita” dissi, convincendo un po’ anche me stesso.
“Mi dispiace così tanto, Dan. La tua famiglia…”
Sì, nel giro di qualche giorno tutto quello che restava della mia famiglia era andato distrutto.
“Purtroppo non è dipeso da noi” dissi stringendola più forte.
Affondai il volto nell’incavo della sua spalla e restammo così, per un tempo indeterminbile.
“Costruiremo una famiglia nostra, andremo avanti. Ce la faremo, insieme” mi sussurrò alla fine.

E per quella volta ci credetti davvero.


 
Il Cantuccio dell'Autrice
Non ci speravate più, eh? Invece eccomi qua, con il penultimo capitolo. Come al solito spero vi piaccia e vi invito a farmi sapere cosa ne pensate. Al più presto aggiornerò con l'ultimo capitolo, ambientato un anno dopo.
A presto!

Red Wind

P.S. il banner è un po' così, ma ormai l'ho fatto e ve lo cuccate u.u
   
 
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