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Autore: genesisandapocalypse    30/03/2015    7 recensioni
Calum è un disegno su carta.
O uno schizzo, piuttosto.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum Hood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Schizzo
L’arte astratta non esiste.
Devi sempre cominciare con qualcosa.
Dopo puoi rimuovere tutte le tracce della realtà.
- Pablo Picasso.
 
Grace ci spende sempre le ore nel cercare di trasformare Calum in un dipinto.
Si siede scomposta sulla poltroncina bordeaux di fronte alla scrivania di legno, con la foto del viso di Calum di fronte a lei, il telefono spento, ‘ché la disturberebbe, e la solita cioccolata calda all’angolino, ben lontana dal foglio che «magari è la volta buona» si ripete, con un sorrisino a illuminarle il viso.
Rex, un labrador che ha raccolto dalla strada a suo tempo, si siede ogni volta ai suoi piedi e la osserva mordersi la lingua appena finisce per tracciare una linea sbagliata.
Non è mai stata una da imprecazioni, lei.
Grace ci prova sempre nel riempire gli spazi dell’abbozzo che le esce, calcando con la matita scura o creando ombre per tutto il viso spigoloso. Ogni tanto usa persino i colori, ma nulla, il ritratto non spunta.
Forse perché Calum non è uno da quadri.
Calum è un disegno su carta.
O uno schizzo, piuttosto.
Un bozzetto astratto e incompleto, impreciso, una di quelle figure che si osservano per minuti interi, senza riuscire a trovarne la fine, o l’inizio. Una di quelle figure che non sempre piacciono, o almeno non a tutti.
Sì, decisamente, Calum è uno schizzo, uno di quei scarabocchi fatti all’una di notte sotto le coperte quando si è stanchi, o in classe, durante una lenta e lunga lezione di letteratura e ci si annoia da morire.
Calum è una figura intangibile, sbiadita, un insieme di tratti somatici particolari che, Grace, in anni di viaggi e osservazioni, difficilmente ha visto già.
Lui, poi, non è uno da colori. Rimane nell’anonimato del bianco e del nero, osservando a occhi bassi le tinte sfavillanti di lei, un misto di gradazioni allegre e appariscenti.
Lei lo capisce pian piano, però. Lo capisce ritrovando in lui quelle sfumature grigie di chi ha un passato alle spalle che si può nascondere, ma non si puòdimenticare.
Grace lo capisce ritrovando in lui i tratti incorporei di chi vive nei ricordi e non nella realtà.
E lo capisce alle due e trentatré di quella notte, dove è ancora sveglia, con la matita in mano e l’ennesimo foglio di carta ruvida davanti, illuminato dalla luce fioca del abat-jour. Il secchio ripieno degli ultimi sette disegni accartocciati e nessuna foto del proprio ragazzo che le abbellisce la scrivania, semplicemente perché, ormai, lo conosce a memoria.
Sa delle sopracciglia folte e scure, dei due nei sulla guancia destra, dell’occhio sinistro più aperto rispetto all’altro e del labbro inferiore che risulta decisamente più carnoso.
E poi, Calum – totalmente nudo – si è appena addormentato sul suo letto, a qualche metro di distanza da lei, con una gamba che penzola dal materasso, le labbra schiuse, i capelli spettinati e il respiro pesante, quindi le basterebbe un’occhiatina.
A differenza di come fa di solito, non ricalca il profilo, né lo sistema aggiungendo i particolari più invisibili e, tantomeno, spende tempo a colorarlo.
Lo guarda più di una volta e si accorge che, sì, quello è Calum, un semplice abbozzo fatto con poca cura, di fretta, uno scarabocchio che non piace nemmeno, ma si tiene perché, alla fine, c’è sempre chi riesce a vederci una bellezza nascosta, così come Grace.
A lei, il suo schizzo, piace da morire.
Un po’ meno, però, di quanto possa piacerle Calum.
  
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