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Autore: Always221B    31/03/2015    2 recensioni
Lo sento nell'aria, nel vento, sento il suo nome nella pioggia.
Dannazione, vorrei capire che mi succede.
Sono passati quasi due anni dalla morte di Sherlock e io sono ancora qui, in questo
squallido motel.
Mi sento come se non potessi più respirare da quando è andato via. Mi pare perfino di
aver dimenticato come si fa.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciaao, fangirl/boy è la mia prima fanfiction ahahah spero vi piaccia!
Spero di continuare a pubblicare ancora, ne ho appena iniziata un’altra.
Che ship? Ma è ooovvvio, sempre Johnlock, con cuoricini, arcobaleni ed unicorni saltellanti.
Vi avverto siccome è la mia prima volta i personaggi possono essere un po’ OOC (Sherlock soprattutto essendo meravigliosamente indescrivibile ahahah).
Aaallora, cos’altro devo dire? Aah sì, alloraaa questa ff è scritta in prima persona, a parlare è Watson… talvolta parlerà in prima persona anche Sherlock (gli scritti in corsivo grassetto seguiti dal trattino)…
Accenni alla Mystrade, sì perché mi va, perché è fluff e sono bellissimi.
Mycroft ti amo. Moffat e Godtiss fateci la Johnlock.
Genere: angst, sentimentale, fluff (come potrebbe non essero?:3).
Il rating è arancione, per il rosso non sono ancora pronta ahahaha.
Buona lettura e grazie dell’attenzione.
Spero di farvi rotolare negli arcobaleni.
Ciaaaop :3

-Questi personaggi non mi appartengono, non sono di mia invenzione ma della mente geniale di Sir Arthur Conan Doyle, della BBC e di quei due dei, diavoli, dI Gatiss e Moffat 
 

      You’ve always been there

 
 Da quanto tempo sto aspettando? E che cosa?
 Non siamo ridicoli, so benissimo che cosa.
 Mi sto lasciando consumare dal tempo.
 Sto aspettando lui, come se potesse varcare la soglia della porta.
 Non credo di farcela più.
 Non riesco a smettere di lottare con me stesso, mi sento ferito.
 Non ho mai visto una guerra del genere, le armi che fanno più male sono quelle che mi costringono a guardare la realtà.
 Sento nello stomaco una massa enorme di azioni che non ho mai compiuto, groviglio di parole che non sono mai riuscito a dire.
 Non capirà mai nessuno quanto amore ci mettevo anche solo nel guardarlo, non lo capirà mai nemmeno Holmes.
 Sento freddo, quasi paragonabile al gelo delle sue mani.
 Ghiacciate, rigide, morte.
 
Mi sento come se fossi fatto di vetro, solo, in questo squallido motel di fronte al 221B di Baker Street.
 Di fronte casa.
 Sono qui. Come se potessi sentire attraverso questi muri di cartapesta il suono dolce del suo violino.
 Come fa a svegliarmi alle quattro del mattino anche adesso che non c'è più?
 Lo sento nell'aria, nel vento, sento il suo nome nella pioggia.
 Dannazione, vorrei capire che mi succede.
 Sono passati quasi due anni dalla morte di Sherlock e io sono ancora qui, in questo  
 squallido motel.
 Mi sento come se non potessi più respirare da quando è andato via. Mi pare perfino di aver dimenticato come si fa.
 Asfissia. Il respiro non sarebbe dovuto essere involontario?
 Sento ardere qualcosa dentro di me, come un fuoco fatuo che mi brucia la gola, i polmoni, le labbra.
 Una fiamma che mi incenerisce la lingua, sento il bisogno di gridare "Ma non vedi
 come sto senza di te?".
 Ridicolo.
 Vestiti e coperte non mi salvano da questo perenne gelo.
 Ho le ossa di ghiaccio.
 Dannazione John, rifletti.
 Sei solo sconvolto. Razionalizza.
 E' che non ti passa questa ondata di freddo arrivata quando lui è andato via.
 Il telefono squilla in continuazione, ma che ore sono?
 Da quanto tempo mi rigiro in questo letto dalle lenzuola ruvide?
 
L'orologio segna le "18:20", tra quaranta minuti ho appuntamento con Mary.
 
                                      ***
-Ore 20:30 Alldayes Pub.  Proposta di matrimonio per la futura signora Watson.
 

Prevedibile.
Forse è l'unica parola con cui non lo si può descrivere.
Baffetti stilizzati che fanno da contrasto con i miei, disegnati con una matita scura tanto quanto i suoi capelli.
L'eleganza nel muoversi, i lineamenti taglienti e perfetti.
Gli occhi di mare rincontrano quelli di cielo.
Mare e cielo si sfiorano senza mai toccarsi , si guardano con la stessa profondità.
Cielo e mare che sono una sola cosa, che sono natura.
Gli occhi cerulei mi guardano, il sorriso malizioso dipinto sul volto.
Che si aspetta?
Dovrei colpirlo in pieno petto con un pugno.
Forse può capire il male che mi ha fatto.
Uno alla bocca dello stomaco, uno al cuore.
Stringo le mani, una con l'altra.
Sento quelle di Mary stringere le mie.
La rabbia si sta impadronendo di me, la voglia di gridargli "Tu non hai idea del male che mi hai fatto".
Un pugno.
Mary mi fissa impietrita.
Un tonfo.
Sherlock è a terra, fra la tovaglia e le stoviglie.
Il bianco impeccabile della sua camicia macchiato dal rosso del vino. L'anello di fidanzamento accanto a lui.
Ci fissano tutti.
Si solleva, il suo sguardo scivola sul gioiello prezioso.
Gli occhi spenti, all'improvviso diventati di ghiaccio.
Il suo sguardo sembra essersi perso e i lineamenti diventano spaventosamente rigidi.
Sento qualcosa che mi divora dentro.
"Se avessi voluto sposarmi ti sarebbe bastato chiedere", ironizza, raccogliendo il cofanetto blu notte.
L'istinto mi dice di strapparglielo dalle mani, vorrei gettarlo nel primo bidone della spazzatura.
Mary prende il cofanetto, sorridente, "Tu devi essere Sherlock Holmes" .
 
                                   ***
 -Non sente Mary da due settimane ormai, ma ancora non è tornato a casa.



Oggi per la prima volta dopo due anni rimetto piede nell'appartamento della signora Hudson.
Nel covo di Sherlock Holmes.
La casa sembra deserta, l'odore stantio di vecchio si insedia nelle pareti.
La polvere è ovunque.
Percorro il corridoio, la carta da parati sembra stracciata, i mobili divorati dalle termiti.
"Signora Hudson?".
Nessuna risposta.
Un corpo giace sul divano logoro.
La donna apre gli occhi all'improvviso, "Oh Santo Cielo John mi hai spaventato".
"Dov'è Sherlock?"
Il silenzio lacera l'aria.
Penso di poter sanguinare.
Posso sentire il peso di ogni respiro.
"Caro, cosa ci fai qui?"
"Devo parlargli."
"John, siedi pure.. vuoi un thè?"
Resto in piedi. "No."
Sembra non sentirmi, si alza e si dirige verso la cucina.
La sua figura snella compare poco dopo, sulla soglia della porta del soggiorno con una tazza fumante color verde pistacchio fra le mani.
"Niente zucchero, giusto caro?"
Annuisco.
Prendo la tazza, la porto alle labbra. E' sudicia.
"Caro.", la Hudson inizia la frase con una voce tanto profonda da poter essere scambiata per la sentenza di una condanna a morte.
Si tormenta i capelli con le dita sottili.
"Sherlock non c'è. Non è così?"
"Lui è morto."
Mi sembra di essere stato bagnato con acqua gelida.
Mi sembra di essermi tuffato in un oceano.
L'abisso mi sta portando in profondità.
E' un sospiro del vento, quello che ti perfora l'anima e ti squarcia i pensieri, le parole, le idee, le emozioni.
Mi sento inconsistente, sono fumo, una sostanza non tangibile.
Mi sto imprigionando da solo.
Mi sto lasciando divorare dall'irrazionalità dell'immenso.
Buio.
                                      ***
 
 
-John e io non ci siamo più visti. Trecentotrentasei ore e trentasette minuti di assenza. Mi aspettavo scegliesse un nascondiglio meno scontato di un motel di fronte a casa mia... a casa nostra. Sono le 8:13 e mi trovo nella hall.
 
 

 Sono steso su un letto.
 Era solo un incubo, Dio Santo.
 E' tutto brutto senza di lui.
 L'odore di smog che penetra dall'unica finestra della stanza mi fa immediatamente  
 capire dove mi trovo.
 Lenzuola ruvide, materasso scomodo.
 Sono nel motel di fronte casa.
 "Pensavi davvero che non ti avrei trovato?"
 Una voce familiare tanto quanto il profumo del caffè.
 Ho le labbra secche, mi sento pesante. "Che ci fai qui?"
 "Pensavo di farti una sorpresa", il nuovo arrivato si accomoda sul letto.
 “Fantastico. Pensavo ti fosse bastata quella dell’ultima volta.” Ironizzo, infastidito.
 "Cambiati, ho rimesso la tua poltrona a casa. Abbiamo un caso." si alza e si sporge verso la finestra.
 I raggi del sole sembrano mettere in evidenza la perfezione del suo corpo, slanciato dal
 lungo cappotto nero.
 Si volta, notando i miei occhi fissi su di lui.
 Sembra incerto, si tormenta le labbra mordendole nervosamente.
 Non è da lui.
 Una macchiolina rosso scuro emerge dalle sue labbra.
 Quelle le labbra. 
 Passa distrattamente la punta della lingua sulla bocca, come per ripulire il sangue.
 Quel semplice gesto mi sta destabilizzando, non riesco a smettere di guardarlo, 
 neppure mentre mi vesto.
 Ha le occhiaie, probabilmente non ha dormito e sicuramente non ha mangiato.
 Si muove rapidamente.
 Mi si avvicina, stavolta lentamente.
 E’ a pochi centimetri da me.
 Così vicino che posso sentire il suo profumo insediarsi nelle mie narici, nei miei
 polmoni.
 Così vicino che potrei baciarlo.
 Potrei sbatterlo contro il muro e riempirlo di baci fino a che non mi spinge.
 Ne sarei capace.
 Ne avrei la forza. Ne avrei la voglia.
 Vedo il suo sguardo posarsi sulle mie labbra, poi incerto lo sposta contro la parete
 giallastra della stanza.
 L'aria si carica di un qualcosa che non credo di aver mai percepito prima di ora.
 Si allontana di qualche centimetro, in modo tale che il suo respiro e il mio non si
 confondano più.
 “Allora? La tua nuova amica?”
 "Mi ha lasciato."
 "L'avevo immaginato." risponde, con un tono impassibile.
 "Come fai a sapere sempre tutto?"
 “Sono Sherlock Holmes, non dimenticarlo.”
 “Sul serio.”
 "Andiamo a casa, ci sono cose più importanti." Lo dice privo della solita spavalderia.
 "Tipo?" chiedo.
 Sembra in ansia.
 Mi guarda.
 Un istante che pare durare un'eternità.
 Sherlock continua a guardarmi
 Ho i suoi occhi puntati addosso.
 "Tipo?" ripeto.
 Mi dà le spalle. Apre la porta, lo seguo e andiamo a casa.
     ***
Mi mancava questo profumo.
 Mi mancava sentirmi a casa.
 Sempre lo stesso parquet, gli stessi mobili.
 La mia poltrona di fronte a quella di Sherlock.
 Tutto com'è sempre stato. Tutto come se niente fosse successo.
 Sherlock si dirige in cucina e apre il frigo per cercare uno dei suoi esperimenti fra  
 teste e dita mozzate.
 Si siede su una sedia con il microscopio davanti.
 E’ concentrato.
 Sembra essere da solo in casa, nonostante la mia presenza.
 Ad un tratto una donna sale le scale e mi viene incontro abbracciandomi "John  da quanto tempo, quel ragazzo ci ha fatto penare. Come mai sei qui? State di nuovo insieme?" chiede, con un sorriso malizioso.
 "Signora Hudson non sono gay." dico, quasi discolpandomi.
 Eppure è sempre stato così, fino a quel 12 ottobre.
 Fin quando non l’ho visto per la prima volta.
 Era così bello, con il microscopio tra le mani, con lo sguardo intelligente, sfrontato,curioso e allo stesso tempo così innocente.
 Io ho provato profonda attrazione per le donne, ma Sherlock è tutt’altra cosa.
 Non è questione di uomini o donne. È questione di Holmes.
 "Il mio motto è 'vivi e lascia vivere'". Risponde l’anziana.
 Per un istante mi ritorna in mente l'incubo della notte scorsa.
 "Non sono attratto dagli uomini, ma dalle donne."
 Mi sento decisamente ridicolo. Tento di convincere lei, o me?
 "Sherlock è un esemplare di donna molto raro." ammicca la padrona di casa.
 "Io sono unico, non raro e affermare che appartengo al genere umano mi sembra un ottimo modo per sottovalutarmi." dice, entrando in soggiorno.
 Penso solamente una cosa: "Fantastico."
 "Oh Sherlock caro, non sapevo che fossi in casa" dice, per poi dileguarsi nel suo appartamento, imbarazzata .
 "Non mi hai detto come mai ti ha lasciato. Aveva paura di mettersi in competizione con
 me?" domanda, una volta soli.
 Imbarazzo.
 Sembra che sappia.
 Ovvio, lui sa sempre tutto.
 Lei aveva sempre temuto di essere la sostituta di Sherlock. Aveva il terrore di lui.
 Era stata lei a capire per prima ciò che provavo per lui.
 Si è spaventata quando l'ha visto.
 L'ho lasciata io, in realtà.
 Mary è una persona adorabile, amorevole, simpatica.
 Al contrario Sherlock è detestabile, cinico e freddo.
 Ma lei non potrà mai essere lui.
 Gli rispondo "Qualcosa del genere."
 "Perfetto, ci rallentava." gli occhi brillano.
 L’elegante maschera di indifferenza gli lascia scappare un sorriso.
 E' uno di quei momenti in cui non so se tirargli un pugno o se stringerlo a  me.
 "Mi sei mancato."
 "Anche tu." risponde, guardandomi dritto negli occhi.
 Non ci posso credere "Davvero?"
 Sorride, per la prima volta lo vedo impacciato.
 Durante questi anni ho pensato a lui così tanto spesso che alla fine il suo ricordo si è insediato dentro la mia anima, ho iniziato ad avere un atteggiamento più cinico e freddo. Il suo modo di essere è rimbalzato addosso a me, dovevo per forza tenere vivo il suo ricordo.
 Il sorriso sul suo volto non si è ancora spento.
 Mi guarda come se si aspettasse una risposta. Sembra quasi sperarci.
 Le labbra sembrano ritornare nello posizione originale.
 Le morde.
 Non so che dirgli, vorrei stringerlo forte.
 Vorrei baciarlo.
 Se solo fossi in grado di capirlo.
 La situazione sta diventando struggente.
 Sempre più spesso mi viene da pensare che mi sto uccidendo.
 Non posso continuare a prendermi questo “lusso”, non posso continuare a non baciarlo.
 Poggio una mano sulla sua spalla, come se il contatto dei due corpi potesse porre un freno a questo taciturno dolore.
 Sorride di nuovo.
 Continua a tacere e a sorridermi, e io lo imito.
 Solo che il mio silenzio a differenza del suo è pieno di lui.
 Di nuovo però qualcosa nello sguardo di Sherlock cambia.
 I suoi occhi cerulei, come il fiume che custodiscono, non riescono a nascondere la sensazione di angoscia e panico che sta nascendo dentro di lui.
 Sembra follemente spaventato.
 Lui è qui ma è lontano. Non voglio che vada via ancora.
 
                                     
-Non credo di farcela. Io che amo le sfide sto per perdere questa contro me stesso.
Io non posso.
Non ho mai ritenuto niente così importante. È impossibile.
No Sherlock, no. Stupido. Stupido. Stupido. Non esiste l’impossibilità, ma la probabilità.
Non è impossibile, ma solo altamente improbabile.
Non posso fare questo a John.
Ho paura di rovinare tutto..

 
   
 
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