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Autore: sese87    31/03/2015    4 recensioni
Non il preludio alla prima notte, ma i pensieri del giorno dopo sono protagonisti di questa one-shot.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Inizi'
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Definirei questa storia a rating verde, ma per sicurezza data “la lieve trattazione di tematiche sessuali” l’ho postata come gialla.

Nda: So bene che sono innumerevoli le storie di questo genere, spero almeno di aver scritto qualcosa di originale. L’impegno verso questa speranza c’è stato. Non si tratta del preludio alla prima volta di Bulma e Vegeta, ma dei pensieri che sono suscitati in seguito, nel cosiddetto “giorno dopo”. L’idea, ovviamente, mi è venuta grazie al mito del Minotauro che mi ha sempre affascinato. Le frasi in corsivo sono state prese dalla diverse traduzioni del manga e dell’anime, ho cercato di metterle tutte insieme trovando un senso comune.

 

                                                                               

 

Il Minotauro

 

Al risveglio notò Vegeta al suo fianco che, nudo, dormiva ancora come un qualsiasi umano sulla faccia della Terra; ma Vegeta non era un umano: era un Sayan cresciuto a sangue nei campi di battaglia; aveva molte cicatrici sul corpo e una fra tutte spiccava profonda sul petto scolpito. Era lì che Freezer l’aveva trafitto a morte, ma Bulma non poteva saperlo e lì aveva poggiato le sua labbra, inconsapevole di mischiare alla sua saliva un passato non del tutto accettato a un presente ancora in divenire.
Il giorno della sua morte per mano di Freezer era un evento a cui Vegeta pensava sempre con rancore. E di certo non aveva voluto quel genere di fantasmi tra le lenzuola.
Il sapore salato delle lacrime (lasciate andare ricolme di un ultimo, disperato ordine ad un proprio suddito, Kakaroth) era tornato sulla punta dell’agrodolce lingua di lei, a ricordargli di un orgoglio morto già troppe volte.

 
Lei che si era aspettata una passione bestiale, vestiti strappati e baci a fior di labbra si era invece trovata in un amplesso talmente ordinario che, se non avesse tenuto gli occhi aperti per tutto il tempo, non avrebbe creduto di stringere tra le cosce proprio Vegeta, l’indistruttibile e distrutto principe dei Sayan. Lo stesso Vegeta che, un attimo prima di baciarla, l’aveva minacciata di morte e che poi aveva fatto l’amore con lei tiepidamente, con impacciati colpi di reni.
Bulma Brief quella mattina mai e poi mai si sarebbe aspettata di trovarlo ancora addormentato su quel lato del letto. Eppure lui era là, in tutta la sua inaspettata umanità! La notte prima le era sembrato quasi di essere stata complice di un segreto, protagonista di episodio che aveva mostrato l’umana debolezza del principe alieno. Era davvero quello il modo in cui faceva l’amore? Dov’era finita la foga scimmiesca dei suoi sogni proibiti?
Quella
loro prima volta era stata del tutto diversa da come l’aveva sempre immaginata.
Deludente?

 
Il principe si svegliò accanto ad un lato del letto vuoto. Non si aspettava di trovarla addormentata lì vicino, si era accorto di come Bulma se l’era svignata all’alba, forse per evitare l’imbarazzo di trovarsi a letto con qualcuno con cui avrebbe preferito non lasciarsi andare. E non poteva darle torto. Così si era trovato da solo, nudo, in compagnia del suo ennesimo fallimento.
Si vergognava terribilmente della notte scorsa; consapevole di non aver fatto faville, reduce da un tiepido amplesso, adesso quasi si pentiva di non averla violentata. Avrebbe anche potuto tornarsene in camera sua, piuttosto che restarsene a dormire in quella coltre dal profumo dolciastro.
Restare, l’unica soluzione per non ammettere la propria vergogna.
Di solito, non era così che andava…
Tanto per cominciare non era mai stato un evento così intimo e nessuna aveva mai avuto tanta voglia di condividerlo con lui (non gratis, non senza violenza). Già quest’ultima era stata una novità di per sé sufficiente a deconcentralo; il naturale affievolirsi della sua eccitazione era risultato dalle attenzioni fino ad allora mai ricevute e dall’idea di sentirsi per la prima volta ardentemente desiderato anziché respinto. In fondo, le urla di dolore gli erano sempre piaciute, lo eccitavano. Ed erano mancate.
Delicato, un aggettivo che lo disgustava al solo pensiero, eppure lo era stato con Bulma che pareva non aver notato lo sforzo. Sia chiaro, della terrestre non gli importava: era quell’inconsueta attrazione che lei provava per lui ad affascinarlo.
Amore, non aveva mai trovato di questi valori nel suo mondo. Persino la parola stessa gli sfuggiva nell’eco di suppliche rivolte al cielo, che piuttosto spesso sceglieva invece di pisciarci su quelle preghiere. Così era successo anche lui, nell’impietrito e inascoltato dolore di una morte imminente.
Non era infatti scontato che qualcuno s’innamorasse del famigerato principe dei Sayan, un assassino. Ed anzi lui stesso aveva impiegato diverso tempo per abituarsi all’idea che qualcuno potesse avere sentimenti positivi nei suoi confronti. Anche Bulma, viceversa, aveva impiegato un anno per accettare e maturare l’idea di provare qualcosa per lui, tanto da costringersi in ragionate giustificazioni prima di arrendersi ai propri istinti. Innamorata, era stata un pomeriggio la sua impavida ammissione, che tuttavia lui aveva preso per una provocazione.

 
Come le piaceva ascoltare la sua voce! Che feroce era stata udita in battaglia, in galassie lontane scomparse prima ancora che lei nascesse. Lui era nel cielo che da piccola osservava da un telescopio; era il desiderio che invocava da bambina: era il cattivo che solo per lei diventava buono.
Da grande aveva poi capito che cattiveria e bontà erano concetti relativi, dipendenti dalla percezione che si aveva degli altri. Un punto di vista. La rabbia, un sentimento universale.
Vegeta meritava indulgenza, perché chiunque con quel destino avrebbe agito allo stesso modo. Persino lei sarebbe stata capace di uccidere se fosse stato necessario alla conquista della propria libertà.

 
“Ti ammazzo, se mi stai prendendo in giro”,
era stato il preludio del loro primo bacio; una brusca minaccia seguita da uno sfiorarsi di labbra incerto. Vecchi fantasmi avrebbero condiviso il loro primo letto. Primo fra tutti, se stesso; il temibile principe dei Sayan perdeva quel giorno il primo pezzo, decidendo di non violentarla aveva già perso infatti se stesso. O forse, proprio nell’indulgenza di quel corpo avrebbe infine ritrovato Vegeta.
È stato Freezer a rendermi quello che sono, Kakaroth, uccidilo. Vendica il nostro popolo.
Debole, davanti al destino. Patetico, come un umano. Mortale, persino se mostro.
Bulma gli piaceva. Nell’inadeguatezza dei suoi pensieri, nell’acerbità dei suoi modi, il suo corpo aveva già scelto per lui prima ancora della sua testa. Solo, non aduso a quei moti dell’animo (mani sudate, cuore battente) vi badava appena, magari affatto. Non la voleva.
Non voleva.

 
Tornò nella stanza a sorprenderlo con una tazza di caffè fumante, fragrante. Raggiante.
In quello sguardo Vegeta ne rivide tante; epifanie passate di donne straziate. Lei vide solo un uomo.
Lasciò la tazza sul comodino e con la mano di nuovo libera allacciò le dita ai suoi capelli corvini e gli lisciò i pensieri, intrecciandone di nuovi.
Cercò di essere normale ma lui non osò tanto.
C’era qualcosa di pazzo e di attraente nell’amore incondizionato che gli veniva esposto. Si chiese se tutto il male che aveva inferto era servito a meritarselo, quel perdono davvero scomposto.
Abituato a dover rendere conto di ogni sua azione, la osservava in attesa di una spiegazione; di un resoconto per il fallimento della missione. E già impastava l’insulto che le avrebbe rivolto.
So benissimo che è pericoloso; Freezer può distruggere il pianeta con un dito, non fa differenza dove siamo; così prima di finire all’altro mondo, mi piacerebbe sapere che tipo di persona è” sfornò invece in ricordo la sua mente, portandolo ancora a lei.
Leggerezza. La stessa per cui adesso veniva sollevato dal suo passato, quando per Yamcha non erano bastati mille baci a comprendere un niente.
Se non avesse ucciso così tanto, non le sarebbe bastato. Sentì di essere una preda, né più né meno che una conquista d’orgoglio, com’era infondo sempre stato.
Non era forse quello il motivo per cui anche Freezer lo aveva risparmiato, padrone del più potente dei guerrieri?
Quanti
sacrifici sopportati, quante promesse a lenire una condizione di schiavo, principe nato suddito di un tiranno.
Bora, Avanda, Edra, Shirte migliaia di altri. Ricordava ogni pianeta, ogni volto. Incarichi sempre più difficili per mettere alla prova la vita e crescere in forza.
La forza, infatti, è tutto ciò che conta, per il soldato che nella ribellione aveva trovato la sua tomba e per il bambino, conservato, a cui di virtù non era mai stato spiegato nulla.

 
«Hai il segno del cuscino sulla guancia.»
In quella frase finì il suo mondo scomposto. Sì sentì normale, costante dell’universo che per l’immortalità aveva tentato di sconfiggere: umano.
Il più forte dei superstiti, in diritto di una leggenda, lo era stato. Voleva esserlo ancora.
In quegli occhi azzurri non vide che la volta celeste verso cui sarebbe svettato, scappato, per riprendersi se stesso. Lo doveva al bambino che non era stato, allo schiavo maltrattato e al guerriero ribelle.
La bancarella dell’esotico aveva smesso di interessarlo. Era stata solo una notte ma ignorava sarebbe durata per sempre, dopo il baratto del proprio seme per il suo grembo.
Sarebbe partito, nel profondo spazio oscuro, a trovare un posto di pace alla sua mente, a nascondere la frustrazione nella realizzazione di un sogno. Tuttavia, sarebbe tornato: non all’eroe, questa volta, era stato teso il filo del ritorno.

 

 

 

Ringrazio tutti coloro che sono arrivati alla fine. Spero questa one-shot sia stata di vostro gradimento. Se volete, lasciate pure un commento per la gioia dell’autrice. Alla prossima! :)

Ps: spero di non aver seminato errori (od orrori!) nel caso, non fatevi problemi a segnalarmeli.

 

 

 

 

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