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Autore: JeyCholties    31/03/2015    2 recensioni
« Da certe cose non si può scappare » sussurra con tristezza Clarke.
« Ma da me sì... Vero? » la voce di Bellamy è ferita.
Clarke si rende conto che se si potesse disegnare una voce, quella di Bellamy sarebbe un ringhio strozzato di un animale morente.
E si rende conto che è stata lei a ferirlo, ad annientarlo e che ora avrebbe potuto dargli il colpo di grazia inavvertitamente.
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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43 days.

 

Bellamy non riesce a levarle gli occhi di dosso.

Non la vede da 43 giorni.

Vorrebbe non saperlo con tanta precisione, eppure non ha fatto che contare da quando lei se ne è andata.

 

43 giorni senza l'unica persona che lo potesse veramente capire.

 

67 pugni contro una lamiera dell'arca.

 

234 passi per arrivare all'ingresso di Mount Weather.

 

384 fosse scavate nel cimitero che avevano costruito nei pressi della montagna.

 

29 le volte in cui Jasper gli era passato accanto, senza degnarlo di uno sguardo.

 

51 le volte in cui Bellamy si era ritrovato a consolare Monty.

 

3 le volte in cui Raven era riuscita a farlo ridere.

 

Bellamy non ha fatto altro che contare e ora mentre guarda Clarke dall'altra parte della stanza si rende conto che tutti i suoi conti sono sbagliati.

 

È tutto sbagliato da quando lei se n'è andata.

E dovrebbe essere felice del suo ritorno, dovrebbe saltare di gioia, dovrebbe correre ad abbracciarla e dirle semplicemente ' mi sei mancata principessa '.

Ma non ci riesce.

 

Bellamy guarda Abby riabbracciare per l'ennesima volta la figlia, poi è il turno di Raven e di Monty.

Lui invece non si è mosso, e non pensa nemmeno di esserne in grado.

 

I suoi compagni gli lanciano occhiatine nervose e lentamente capiscono che stare intorno a Bellamy in quel momento non è una delle migliori idee.

Perché Bellamy non sembra affatto in sé.

 

La stanza comincia a svuotarsi, tutti si rendono conto che c'è qualcosa nell'aria.

Qualcosa che va detto e che non spetta a loro dire.

Gli ultimi a trascinarsi fuori sono Abby, Kane, Raven e Wick, tutti e quattro hanno intercettato lo sguardo di Bellamy e hanno letto il muto consenso sulle labbra di Clarke.

 

Quando la porta si chiude con un tonfo metallico, cala il silenzio.

Clarke guarda Bellamy e si chiede cosa sia successo, si chiede il motivo di quello sguardo così intenso.

 

« Bellamy » pronuncia il suo nome con dolcezza e fa un passo verso di lui.

« Clarke » replica lui, con lo stesso tono con cui direbbe – E quindi sulla parte orientale del fiume dobbiamo costruire delle turbine per l'energia elettrica... -.

 

« Va tutto bene? » mormora Clarke, le sue labbra assumono una smorfia preoccupata.

« No, e a te va tutto bene? » risponde Bellamy, schietto.

 

Clarke lo guarda interdetta.

« No, non va tutto bene » dice, aggrottando la fronte.

« Allora non ha funzionato... » esclama Bellamy, e finalmente si muove. Si allontana dal tavolo del Consiglio dell'Arca.

 

« Di che stai parlando? » chiede Clarke, sempre più confusa dall'atteggiamento dell'amico.

« Della tua fuga... Ti ho lasciato andare perché pensavo che così saresti riuscita a stare meglio... » dice Bellamy, la voce gli trema appena.

 

« Da certe cose non si può scappare » sussurra con tristezza Clarke.

« Ma da me sì... Vero? » la voce di Bellamy è ferita.

 

Clarke si rende conto che se si potesse disegnare una voce, quella di Bellamy sarebbe un ringhio strozzato di un animale morente.

E si rende conto che è stata lei a ferirlo, ad annientarlo e ora avrebbe potuto dargli il colpo di grazia inavvertitamente.

 

« Bellamy... Io non stavo scappando da te... Tu non capisci... » la voce di Clarke è un sussurro supplicante.

« Io non capisco? » quella domanda sferza l'aria come una frusta « Pensi che io non capisca, Clarke?! ».

 

Bellamy si avvicina.

« Sono un assassino quanto te » sussurra, guardandola e scavando nel suo sguardo.

« Bellamy... »

 

« Per quarantatré notti mi sono svegliato urlando e ti ho cercata nel buio... Perché avevo bisogno del tuo perdono, ma tu non c'eri principessa e ho dovuto fare tutto da solo... » la maschera di Bellamy cade al suolo, spezzandosi in mille pezzi.

 

Clarke lo fissa incredula.

 

Quel ragazzo le aveva concesso il perdono così facilmente il giorno in cui lei se n'era andata, si era offerto di alleviare il suo dolore nell'unico modo che conosceva; ma nemmeno per un secondo Clarke aveva pensato che lui avesse avuto bisogno della stessa cosa.

 

Lo aveva guardato negli occhi, aveva poggiato le labbra sulla sua guancia e lo aveva abbracciato, ma non aveva ricambiato il favore.

E Bellamy si era dovuto arrangiare, aveva dovuto cucire malamente una ferita, probabilmente facendosi più male.

 

E per un attimo l'immagine di un possibile Bellamy che si sveglia urlando, scappando dai suo incubi la spiazza, riesce quasi a vedere le coperte attorcigliate alle sue gambe, il sudore colargli sul collo e il suo sguardo frenetico cercarla nel buio.

« Non avevo idea... Io... Per me eri già perdonato... » sussurra Clarke, tirando su con il naso.

Bellamy crolla in ginocchio, ma non dice niente.

Clarke si china verso di lui.

 

« Bellamy, sono qui ora... » sussurra, cercando di non singhiozzare.

« Allora toglimelo dalla testa! » la voce strozzata di Bellamy risuona nella stanza.

Clarke gli sfiora i capelli.

« Toglierti cosa? »

« Quel bambino a cui ho tolto il padre... » singhiozza Bellamy.

 

Clarke non riesce a capire, aspetta che sia lui a chiarire.

« Era una semplice guardia... Io l'ho solamente visto come una guardia... Invece era una persona vera... E io gli ho negato di essere ancora un padre... » le parole di Bellamy erano sconnesse.

 

Ma Clarke capì a cosa si riferiva: Lovejoy.

Raven gli aveva accennato al fatto che Bellamy avesse avuto un brutto momento a Mount Weather con il bambino di una guardia che aveva ucciso.

 

« Bellamy » Clarke gli alza il viso.

« Quel bambino ora si trova in un posto migliore, con suo padre... E probabilmente ti stanno ringraziando perché li hai tolti da una realtà terrificante, da una realtà dove avrebbero dovuto sterminarci per poter accarezzare l'erba di nuovo... Non è giusto... Ma tutti abbiamo ucciso e condannato delle persone innocenti » la voce di Clarke è un sussurro. La ragazza parla sfiorando a ogni parola i capelli di Bellamy.

 

« E quel bambino è qui dentro... » Clarke picchiettò il dito sulla tempia di Bellamy « Perché sei umano, e hai lasciato che lui ti entrasse dentro per poterti punire... Ma tu non devi essere punito, Bellamy... ».

 

Bellamy la guarda, incantato.

Non riesce a toglierle gli occhi di dosso.

Un peso dentro di lui si allevia, non sente più le dita del bambino serrate intorno alla sua mano, non sente più le sue parole sfocate, non sente più lo sguardo del padre sulla nuca.

Bellamy aveva avuto bisogno di lei, mentre Clarke aveva avuto bisogno di scappare, di fuggire il più lontano possibile.

E in qualche modo si erano ritrovati, ed erano riusciti a completarsi di nuovo.

 

« Grazie » sussurra Bellamy, e all'improvviso sono una cosa sola.

Bellamy affonda la testa nell'incavo del suo collo, abbracciandola.

Clarke lo lascia fare e lo stringe con forza.

 

 

Restarono così per quelli che sembrarono quarantatré giorni.

 

Note dell'autrice: 

Questa ff è strana, lo so.. Ma ho voluto vedere Bellamy sotto un'altra prospettiva. 
Provate a pensarci, nella 2x16 quando Clarke se ne va, lui praticamente la supplica di rimanere. 
Le offre un drink e con esso l'occasione di parlare, di svuotarsi.
Ma Clarke ha bisogno di andarsene, lui prova a darle quello che vuole: il perdono, ma lei si vede ancora colpevole.

Così si gira e se ne va. 

Nessuno ha pensato però a Bellamy, a quello che lui ha dovuto fare e sopratutto alla scena della 2x11, dove quel bambino gli chiede del padre che lui ha appena ucciso. 
Bellamy lo ha tenuto dentro, ha aspettato la fine della guerra per potersi guardare dentro.
Aveva bisogno di essere perdonato dall'unica persona che avesse un valore significativo nella sua vita: Clarke. 
Ma quando lei se ne va, e lo lascia solo, lui è costretto a "medicarsi" da solo, ma lo fa male. 
Perchè permette ai suoi sensi di colpa di tenerlo sveglio per quarantatrè notti. 

E quando Clarke torna, lo trova cambiato e diverso, perchè il dolore lo sta consumando dentro. 
Bellamy si è costruito una maschera che cadrà solamente quando non riuscirà più a sopportare nulla. 
Clarke lo perdona e lui sembra poter respirare di nuovo.

Spero solamente che la mia visione non sia troppo OOC, ma alcune situazioni le capisco, e so che il dolore cambia le persone. 

Un bacio,
-JC. 

 

 

  
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