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Autore: RickishMorty    02/04/2015    6 recensioni
"Il Principe lo guardava con un sogghigno, a braccia conserte, volando ad una quindicina di metri da lui. Goku ebbe improvvisamente un flashback, riconoscendo in quella figura stagliata contro il cielo un ricordo che era marchiato a fuoco nella sua memoria: il loro primo scontro. Vegeta lo guardava con quella stessa espressione, quella stessa postura, quella stessa distanza, in una posizione superiore alla sua, simbolo del suo ossessivo bisogno di controllo, di supremazia. "
Omaggio a Kabu e alla sua bellissima storia, SkyWorld.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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What’s our Destiny?

 

Il Principe lo guardava con un sogghigno, a braccia conserte, volando ad una quindicina di metri da lui. Goku ebbe improvvisamente un flashback, riconoscendo in quella figura stagliata contro il cielo un ricordo che era marchiato a fuoco nella sua memoria: il loro primo scontro. Vegeta lo guardava con quella stessa espressione, quella stessa postura, quella stessa distanza, in una posizione superiore alla sua, simbolo del suo ossessivo bisogno di controllo, di supremazia.
Erano cambiate tante cose: Vegeta non aveva più la coda, la sua battle suit si era ripulita di tutti quegli orpelli che Freezer gli aveva conferito ed entrambi erano molto, molto più potenti. Sconfiggere Majin Bu li aveva portati ancora una volta oltre i loro limiti. Ma per i Saiyan non esistevano limiti, solo barriere da battere e superare. Loro due ne erano la prova vivente, nonostante fossero come il giorno e la notte: era la prova che nel loro sangue viveva la competizione e l’inarrestabile sete di combattimento.
“Quanto ancora vuoi stare là con quella faccia da idiota? Se hai voglia di battere la fiacca dimmelo immediatamente, non ho intenzione di buttare un’intera giornata di allenamenti per colpa tua!” il ghigno era sparito in quel breve lasso di tempo, lasciando spazio alla storica espressione furente e piena di disprezzo del Principe Vegeta, di cui Goku era il più grande collezionista, il più frequente destinatario.
Il pacifico Saiyan sorrise, sereno.
“Stavo solo ripensando a quando ci siamo scontrati la prima volta, ti ricordi? Anche l’ambiente era simile, nient’altro che rocce! Ero riuscito a convincerti ad andare in un posto isolato si ved…”
“PIANTALA!! Dacci un taglio con tutte queste maledette idiozie! Come ti viene in mente di rivangare quell’evento, la MIA sconfitta proprio all’inizio di un nostro scontro?”
Figlio di puttana. Bastardo. L’aveva fatto apposta. Ricordargli la sua più grande umiliazione, l’essere sconfitto da un guerriero di terza classe, tra l’altro minorato mentalmente. Strinse i pugni talmente forte che i guanti produssero un forte rumore per l’attrito. I muscoli delle braccia si tesero pericolosamente, la vena sulla tempia cominciò a pulsare senza sosta. L’inizio di tutto. Quello era stato l’inizio di tutto. Ed anche la fine.
Goku corrucciò la fronte, sollevando le braccia e i palmi delle mani verso l’alto, facendo spallucce: “Ma… ma non era per quello… mi era solo venuto in mente, è tutto così sim…”.
Il Saiyan non fece in tempo a terminare la frase: il Principe si teletrasportò fulmineo davanti a lui, assestandogli un poderoso calcio al volto, scaraventandolo di lato ad una velocità inaudita, tanto che Goku si conficcò contro un parete di roccia, disintegrandone metà.
Vegeta gli fu immediatamente addosso, stringendo con forza una mano contro il suo collo, mozzandogli il respiro mentre lo teneva saldamente ancorato contro la parete rocciosa. Goku aprì per metà gli occhi con un singulto, facendo appena in tempo a vedere il sogghigno sadico dell’altro, prima di ricevere una fortissima scarica di pugni allo stomaco, veloci, impietosi. Vegeta lo colpiva senza sosta, sentendo gli addominali dell’avversario contrarsi, segno che forse aveva finito di rimanere imbambolato come un fesso. Era come colpire una lastra d’acciaio con un martello.
“Avanti, Kakaroth!! Se continui così tanto vale che io mi alleni con Mr. Satan!”
Il Principe raddoppiò la velocità dei pugni, stringendo maggiormente il collo del rivale, che nel frattempo aveva mutato espressione, con un sorrisetto divertito, tipico dei suoi, mentre lo guardava con gli occhi socchiusi per lo sforzo di resistere a quella furia omicida.
Improvvisamente Goku sparì, facendo perdere l’equilibrio a Vegeta, che schiantò l’ultimo dei suoi poderosi colpi contro la roccia, disintegrandola del tutto. Non fece in tempo a voltarsi che Goku lo colpì alla schiena, con i palmi uniti, scaraventandolo contro il terreno.
Vegeta fece forza sugli avambracci per sollevarsi in fretta, voltandosi e digrignando i denti, cercando di scorgere il rivale fra tutta quella polvere.
Assottigliò lo sguardo, intravedendo in quella nuvola marrone dei piccolissimi bagliori, uno dopo l’altro: immediatamente capì, schivando alcuni di quei rapidissimi ki-blast, spazzandone via altri, senza riuscire però ad evitare l’ultimo, che gli esplose addosso.
Di nuovo a terra, sentì una furia cieca montargli dentro: la stessa di sempre, la stessa di tutta la sua vita. Quella della vergogna di non essere l’orgoglio del padre, di essere lo schiavo di Freezer, di essere inferiore a Goku. Quella di tutte le sconfitte che la vita gli aveva offerto, privandolo della capacità dei gioire dei suoi rari successi, come Trunks. Una stretta al cuore lo colse, talmente forte da mozzargli il respiro, più di quanto tutti quei colpi avessero fatto.
Esplose in un urlo, disperato, frustrato, furente, assassino. Strinse i pugni mentre la sua aura cominciò a crescere in maniera esponenziale, spazzando via la polvere residua che ancora gli fluttuava attorno. Una sfolgorante luce dorata lo avvolse, cominciando a fargli tremare il terreno sotto i piedi, aprendo crepe, sollevando i minuscoli frammenti calcarei sparsi a terra.
Un vento poderoso cominciò a penetrargli fra i capelli, a smuovere i lembi della sua tuta stracciata; i guanti si tesero all’aumento improvviso della sua muscolatura, e i capelli da nero corvino si fecero dorati come la luce pura.
Goku da lontano lo osservava trasformarsi, seguendo ogni suo movimento, notando ogni suo cambiamento: la tuta tendersi sempre di più, gli squarci ingrandirsi; quella luce che lo circondava sembrava stargli penetrando direttamente dentro la folta, svettante chioma.
Le sue urla furibonde Goku le aveva sentite milioni di volte, ed era impressionante quante volte aveva saputo ricondurne la causa a sé stesso. Respirò profondamente, osservando, bevendo con gli occhi Vegeta e la sua potenza, il suo inconfondibile profilo e la magistrale compostezza che sapeva mantenere con naturale eleganza, anche in preda alle sue emozioni più sordide, forti e malsane.
Chiuse gli occhi, ricordando come avesse realizzato tanti anni fa che Vegeta lo odiava. La cosa più grave, imperdonabile, incancellabile che aveva ferito il suo folle orgoglio era il diventare un Super Saiyan prima di lui.
Era stata quella la vera rottura, la più grande distanza che Vegeta avesse mai preso da lui, decidendo di odiarlo e disprezzarlo per sempre.
Non aveva mai visto niente che rispecchiasse un sentimento così forte, duraturo, eterno come l’odio che Vegeta provava per lui. Forse solo l’amore che lui provava per Gohan e Goten ci si avvicinava. Ma non aveva avuto quella sua stessa coerenza.
Vegeta non si era mai arreso, e sebbene la vicenda di Majin Bu li avesse avvicinati in qualche bizzarro modo, era perfettamente consapevole che di fondo era solo un odio cieco a spingere il Principe verso di lui, contro di lui.
Strinse i pugni anche lui, pensando al tempo sprecato, buttato di tutti quegli anni passati a stare l’uno contro l’altro: l’impossibilità di chiedere a Vegeta delle proprie origini, per scoprire più di entrambi, per fare mille altre cose…
Un muro impenetrabile era sempre stato fra loro. Eppure, c’erano state quelle rare, rarissime occasioni in cui si erano uniti per poter vincere, in cui si erano uniti e basta.
Goku vide il Principe schizzare verso l’alto ad una velocità supersonica, ritrovandosi davanti il suo viso in pochi secondi. Dei glaciali, micidiali occhi celesti lo fissavano. Per un minuscolo istante che sembrò un anno, si guardarono: la smorfia di rabbia di Vegeta, contro una delle espressioni più serie che Goku gli avesse mai dedicato. Uno sguardo di malinconia, nostalgia per un passato inesistente, di disperata e silenziosa sofferenza che non sapeva come poter essere lasciata andare, in quei tanti rimorsi e rimpianti che avvolgevano l’immaginario che aveva della vita di entrambi.
Ma Vegeta era cieco, non voleva, non riusciva a leggere quello sguardo, quegli occhi ancora neri che non sapevano come raggiungere i suoi, gelidi e furiosi allo stesso tempo. Lui aveva i suoi di pensieri, le sue di emozioni, fatte di rabbia, odio, frustrazione e dolore; non avrebbe mai lasciato spazio a quelle che poteva provare Kakaroth.
Sollevò il braccio, caricando un pugno micidiale, pronto a scaricargli addosso quanta più potenza il suo corpo fosse pronto a scatenare.
In quell’attimo Goku raggiunse il suo viso, prendendolo fra le mani, baciandolo ad occhi chiusi, un bacio urgente e silenzioso insieme. Premette le labbra sulle sue, stringendo le mani impercettibilmente attorno al suo viso, come per non lasciarlo andare, scappare, e contemporaneamente non volendo dargli fastidio, non dargli l’impressione di stare invadendo i suoi preziosi, inavvicinabili spazi.
Era semplicemente un bacio che sapeva a cosa stava andando incontro, ma a cui non importava.
Vegeta rimase col pugno a mezz’aria, gli occhi sbarrati, le pupille ridotte a una fessura. Quello non era il loro primo bacio. Ce ne erano stati tanti, ognuno diverso dall’altro. Baci di passione, di rabbia, di disperazione, esigenti, prepotenti, violenti e morbidi. Un moto di frustrazione gli aggrovigliò lo stomaco, ma ci mise troppo a staccarsi da quella bocca. Anche solo un secondo era troppo.
Lo spinse via con violenza, digrignando i denti, serrando i pugni: “Tu… tu non hai il minimo rispetto… in mezzo a una sfida, per l’ennesima volta, tu…!” ma non era sempre stato Goku ad iniziare, anzi… quella scena Vegeta l’aveva vista cominciare da sé stesso più di una volta. Con la stessa urgenza, lo stesso fervore, ma con molta più disperazione.
“A te non frega un cazzo, è questa la verità! Non te ne è mai fregato niente, e l’hai dimostrato in tutti questi anni! Hai sempre finto di dimenticarti della nostra sfida, o l’hai sempre interrotta, non hai mai preso sul serio niente da quel primo scontro in cui stavo per ucciderti! Non mi hai mai più considerato una minaccia! Ma sbagli! Io non sono, IO NON SONO INFERIORE A TE”.
Un silenzio irreale inondò quella pianura desolata e deserta dopo quell’urlo terrificante. Vegeta tremava in ogni fibra del suo corpo, stringendo spasmodicamente i pugni guantati, serrando i denti così forte che Goku poteva sentirli stridere fra loro.
Quando aveva avuto quella malattia cardiaca, sentiva ogni giorno delle fitte lancinanti al cuore, che gli toglievano il respiro. Non erano paragonabili a quelle che si scatenavano ogni volta che vedeva Vegeta così, rendendosi conto che ne era la causa. Aveva sempre pensato che si sarebbe ammalato prima o poi, vivendo ogni volta tutta quella rabbia e quella furia in maniera così viscerale, così profonda. E questo terrore non lo abbandonava mai, sapeva che un giorno o l’altro il suo orgoglio lo avrebbe ucciso.
“Io lo so, Vegeta… Io non ho mai…”.
“Ti odio”.
Un altro silenzio, ma meno irreale. A dir la verità a Goku non sembrava nemmeno più di poter udire il silenzio. Sentiva solo un lungo, lunghissimo fischio nelle proprie orecchie. Voleva deglutire, ma non ci riusciva. Era immobile, con la fronte tesa, gli occhi fissi in quelli del Super Saiyan. Sentiva la mancanza di quei pugni allo stomaco, molto più leggeri di qualsiasi cosa stesse sentendo in quel momento.
Come se il Principe gli avesse letto nel pensiero, Goku incassò un destro in faccia, distogliendo lo sguardo da Vegeta. Meglio così. Erano sempre stati meglio a gesti che a parole. A parole non facevano altro che ferirsi a vicenda: Goku senza rendersene conto, proprio come aveva fatto prima; Vegeta vomitandogli addosso tutto il suo disprezzo.
Sospesi a mezz’aria l’uno di fronte all’altro, l’uno avvolto da un’aura dorata, l’altro con lo sguardo rivolto verso il basso, i capelli ancora nero corvino.
Con la coda dell’occhio Goku vide il pugno del Principe caricarsi, e chiuse gli occhi, pronto ad incassare ancora, sentendo di star sbagliando ancora una volta: avrebbe dovuto combattere, era questo che Vegeta voleva, quello che aveva sempre voluto, e che in fondo anche Goku voleva. L’unico momento in cui entrambi fossero perfettamente in simbiosi.
“Ti odio…”
Il pugno di Vegeta non arrivò, trasformandosi in una mano aperta sulla sua nuca, che gli spinse il viso verso il suo, incontrandolo di nuovo in un altro bacio, meno cauto e prudente del precedente. Irruento e duro, insaziabile e bisognoso come l’altro, ma in una maniera diversa.
Goku si era lasciato guidare da quella mano, sorpreso ed ancora concentrato sulla frase pronunciata dal suo Principe. Vegeta era stato spesso definito lunatico, ma c’erano sinonimi molto più calzanti per descrivere la sua personalità: complessa, testarda, orgogliosa, prepotente, competitiva, indomabile.
Eppure Goku era sicuro di aver esplorato tratti nascosti di quel suo carattere, della sua persona nel corso degli anni. Forse anche più di quanto avesse mai fatto Bulma.
In fondo, era sempre stato dalla sua parte: fin da quando aveva fermato Crillin dall’ucciderlo, senza sapere che il Saiyan avrebbe fatto per sempre parte della sua vita da quel momento in poi. Era sempre stato attratto da lui in un modo o nell’altro: chiunque provava repulsione per Vegeta, ma Goku no; se per la sua stupidità o per altri motivi non era mai stato chiaro nemmeno a se stesso.
Vegeta era l’unico legame che gli rimaneva con un pianeta ed una razza che non aveva mai conosciuto, ma che gli appartenevano come e quanto la Terra. Probabilmente anche di più, anche se spesso aveva avuto paura nel pensarci: l’idea di essere un guerriero spietato, sanguinario, senza alcuno scrupolo come erano Nappa, Radish e lo stesso Vegeta lo ripugnava. Sapeva di non essere così, e al tempo stesso se n’era preoccupato spesso, sapendo di essere inadatto alla sua stirpe, di essere inadatto al suo Principe, di meritare il suo disprezzo.
Era una creatura a metà. A metà fra la Terra ed il Pianeta Vegeta. Aveva preso il meglio di entrambi mondi, eppure non riusciva a capire a cosa appartenesse.
Mentre sentiva la lingua di Vegeta avvolgere, cercare la sua gli venne un sorrisetto: chissà cosa avrebbe detto il rivale nel sapere che Goku era in grado di fare pensieri che andavano oltre l’elementare.
Ma Vegeta si accorse della piega che avevano preso le sue labbra, ed aprì gli occhi staccandosi da lui: “Che cos’hai da ridere?” gli chiese bruscamente. Ora gli faceva ridere anche come lo baciava? In cos’altro voleva umiliarlo? Come poteva eliminare ogni forma di rispetto verso di lui?
Goku sbiancò all’improvviso, cominciando ad agitare le mani, cercando di smentire quell’impressione. Oggi non ne faceva una giusta.
“No, no, stavo solo pensando che… che non mi hai mai parlato del nostro pianeta. Davvero, nient’altro”. Abbozzò un sorriso pacificatore.
Vegeta lo fissò, mentre i suoi capelli ritornavano velocemente neri, così come i suoi occhi. Squadrandolo, si convinse che quella doveva essere la verità: Kakaroth era talmente idiota che non sarebbe stato in grado di architettare una bugia nemmeno se fosse stato costretto. Chissà quale percorso allucinante avevano fatto i suoi pensieri per arrivare ad una conclusione simile.
Vegeta si lasciò andare, mettendosi a braccia incrociate, scivolando con leggerezza verso il suolo, seguito poco dopo dal suo compagno, sorpreso di non aver provocato una sua sfuriata.
Gli aveva chiesto tante volte dettagli, curiosità, particolari del loro mondo che aveva cercato di immaginare tante volte, ma che Vegeta gli aveva sempre negato, quasi per dispetto, come per mantenere un vantaggio su di lui.
In effetti il Principe provava un moto di orgoglio e di atterrimento insieme nel sapere che era ormai l’unico a custodire la verità sul loro popolo. Chi meglio di lui poteva celare quei segreti? L’ultimo della stirpe reale dei Saiyan ancora in vita.
Era rimasto solo ormai da tempo. Lui, e quell’infima terza classe.
Squadrò Goku che gli era atterrato accanto, con una smorfia sprezzante nel notare che quell’aria seria di poco prima era sparita, lasciando spazio alla sua solita espressione ingenua, infantile, curiosa e terribilmente ebete.
“Avevamo due soli. Ed il nostro cielo era rosso, a differenza di questo”.
Goku trattenne il respiro, non credendo alle sue orecchie. Glielo stava davvero raccontando.
“La gravità del nostro pianeta è… era dieci volte quella della Terra. Capirai ora perché mi trovassi così a mio agio nella Gravity Room. O devo spiegartelo?”.
Vegeta inarcò un sopracciglio, guardandolo sarcastico, ancora a braccia conserte, mentre Goku portava una mano a grattarsi la nuca, come suo solito quando cercava di sdrammatizzare una situazione spinosa.
“A questo riesco ad arrivarci anch’io!” proclamò vittorioso “Conoscevi mio padre?”.
Vegeta si corrucciò, infastidito e spiazzato dal candore di una domanda tanto personale: “Come vuoi che abbia potuto conoscerlo?? Un guerriero di così infimo livello non si sarebbe nemmeno potuto avvicinare alla famiglia reale. Già avere tuo fratello Radish come sottoposto era frustrante ed insoddisfacente!”.
Guardò di sottecchi l’avversario, cercando di capire se le sue parole, così crude e spicce, avessero sortito l’effetto sperato, una qualche sorta di vergogna nel provenire da un guerriero così insignificante. In questo Vegeta non temeva rivali: lui era il figlio del re, il più grande che i Saiyan avessero mai avuto.
Goku però era sovrappensiero, fissando il cielo con aria assorta, pensierosa.
Vegeta sbuffò sarcastico, con un grugnito infastidito “Sembri ancora più idiota del solito… a cosa diavolo stai pensando?”.
Goku si voltò verso di lui, sbattendo gli occhi due volte, prima di lasciar andare una risatina: “Ops! Mi ero imbambolato! È che c’è una cosa che non ho mai detto a nessuno…”
Il Saiyan si avvicinò a Vegeta con un sorrisetto, con una mano a coppa posta vicino alla bocca; il Principe dal canto suo sciolse le braccia conserte, sbilanciandosi all’indietro col bacino, in guardia, chiedendosi cosa fosse quell’improvvisa ricerca di vicinanza. Il respiro di Goku si diffuse nel suo orecchio, mentre il cuore pompava più velocemente sangue, facendolo arrivare alle sue guance, che diventarono porpora.
“Ka… Kakaroth… che caz…”
“Io ho visto mio padre” disse semplicemente, con ancora quel sorrisino, come di chi sta rivelando un segreto tenuto per tanto tempo.
Vegeta placò quelle sensazioni indesiderate ed inevitabili, sbirciandolo con la coda dell’occhio, incuriosito e dubbioso insieme: “Come sarebbe a dire?”.
Goku annuì, approfondendo il sorriso: “E’ apparso nella mia mente una volta, per incitarmi a sconfiggere Freezer, vendicandoci tutti. Era uguale identico a me, se non fosse stato per una cicatrice a forma di ics sulla sua guancia. Però sembrava uno tutto d’un pezzo, un vero duro! Un po’ come te, Vegeta!”.
Vegeta lo stava fissando, mentre la vena sulla tempia riprendeva a pulsare, dopo un raro momento di pausa. Goku inarcò un sopracciglio, fissandolo interrogativo: oddio, cosa aveva fatto adesso? Quale nervo scoperto di Vegeta aveva toccato? In che altro modo lo aveva infastidito? A volte gli sembrava che qualsiasi cosa dicesse, non riuscisse a far altro che irritare Vegeta, farlo arrabbiare, farlo soffrire.
Come se lui stesso fosse una malattia per il Saiyan.
“Che cosa c’è…?”
Un profondo, lento respiro riempì il petto di Vegeta, mentre induriva lo sguardo. Suo padre non l’aveva mai cercato dopo la morte. Non gli era mai apparso in mente. Nessuno sprone, nessun incoraggiamento, assolutamente niente di niente era mai derivato dal Re Vegeta. Ma, in fondo, nemmeno in vita.
Aveva sempre dovuto cavarsela da solo, per lui era un dovere, non solo un caratteristica naturale del popolo dei Saiyan. Più degli altri doveva rifiutare qualsiasi tipo di aiuto, lui che un giorno avrebbe dovuto governare un pianeta intero.
Il motivo però non doveva essere questo: il motivo era che lui sicuramente aveva deluso suo padre. Aveva fallito, in ogni cosa: le sconfitte che avevano segnato con solchi profondi il suo orgoglio erano innumerevoli. Goku era stata solo la più bruciante, la più vergognosa, quella più difficile. Perché loro erano potenzialmente pari: stessa razza, pochissimi anni di distanza (almeno per quanto riguardava i Saiyan), stessa spinta a combattere.
Non era lo stesso che paragonarsi a Cell, a Majin Bu, a qualsivoglia nemico. Era diverso: con lui avrebbe dovuto vincere. Avrebbe dovuto essere naturalmente superiore.
Ovvio che suo padre non aveva nulla da dirgli. Probabilmente solo insulti; il silenzio però era peggiore di qualsiasi epiteto o offesa.
“Difficile avere un’espressione idiota come la tua” disse solo.
Goku lo guardò per qualche secondo, spiazzato da quella risposta, prima di cominciare a ridere, grattandosi nuovamente la nuca, sollevato da quell’alleggerimento di toni, sapendo che però la verità il rivale non gliela aveva detta.
“Eh, devo darti ragione! Era decisamente più serio di me!”
Vegeta, guardandolo con quell’espressione infantile e serena, non poté fare a meno di essere contagiato da un sorrisino, scuotendo piano la testa: non sarebbe mai cambiato. Nonostante tutto quello che avevano passato, gli orrori e le guerre, Goku era sempre lì con quella risata, quell’espressione, quel modo di fare che lui non sarebbe mai riuscito a far suo.
Riusciva a fargli abbassare la guardia. Ci era riuscito più e più volte, nel corso degli anni, senza che lui nemmeno se ne accorgesse: l’aveva cambiato più di quanto lui non sarebbe stato in grado di ammettere. Lui, Bulma, Trunks, lo avevano cambiato profondamente, riempiendolo di terrore ogni volta che si soffermava su quel pensiero: la sua trasformazione in Majin Vegeta lo aveva dimostrato più di qualsiasi parola o gesto. Il disperato tentativo di tornare quello che era ed era sempre stato, lontano da valori come la famiglia, l’amicizia, la bontà. Fanculo. Anche ora, se ci pensava, non poteva fare a meno di avere una crisi di coscienza.
Com’era possibile cambiare così tanto?
Era la stessa cosa a cui stava pensando Goku in quell’istante, guardando Vegeta sciogliersi in quel sorriso ironico, ma vero. Quando lo aveva salvato, impedendo a Crillin di ucciderlo, era quello che aveva sempre sperato, desiderato: voleva davvero che Vegeta si salvasse. Che dimenticasse tutto quell’odio verso se stesso e gli altri, verso di lui, che riuscisse ad andare oltre ai propri traumi, ai propri dolori, a quella che era stata la vita per uno come lui.
Per questo era sempre riuscito a perdonargli tutto. Perché la realtà era stata più dura con lui che con chiunque altro. Figlio di un padre glaciale e distante, schiavo di un tiranno, sconfitto dentro e fuori da tanti nemici. Goku compreso.
Una stretta al cuore lo colse: aveva fatto di tutto per poterglisi avvicinare senza ferirlo e ricordargli ogni momento i suoi fallimenti. Ma nulla poteva cambiare il fatto che Vegeta non l’avrebbe mai sconfitto, e che entrambi lo sapevano. Una tacita consapevolezza regnava fra loro, la stessa che testimoniava il fatto che Vegeta non si sarebbe mai arreso. Mai.
“Com’è possibile che tu sia così diverso da noi e così simile a loro?” gli chiese il Principe, domandandolo al mondo più che a Goku stesso, corrucciandosi nel tentativo di trovare una risposta. In realtà Goku non era poi così simile nemmeno ai terrestri. Era diverso da tutti.
Il Saiyan guardò in alto, ponendosi il dito con fare pensieroso davanti alla bocca, in un mugolio di riflessione.
“Mmh… ricordo che il mio nonnino mi diceva sempre che ero terribile da piccolissimo. Ribelle e violento. Un giorno caddi in un burrone, battendo forte la testa. Magari è collegato, tu che dici Vegeta? Non ricordo nulla di quel mio caratteraccio, in fondo”.
Il Principe, con un sogghigno sarcastico, gli si avvicinò, piegando la testa nel guardarlo: “Ne hai prese fin troppe di botte in testa, evidentemente non c’è limite al peggio. Da piccolo sarai stato un genio in confronto a ora”.
Sollevò la mano destra davanti al suo viso, mentre una minuscola, luminosa sfera di energia cominciava a crescere sul suo palmo, pericolosamente vicina a Goku.
Il sogghigno di Vegeta si approfondì: “Vediamo se riusciamo ad uccidere anche l’ultimo neurone”.
Il ki blast partì a grande velocità, trovando la traiettoria libera davanti a sé: Vegeta si voltò improvvisamente, incrociando le braccia nel parare un calcio di Goku all’ultimo momento, teletrasportatosi alle sue spalle.
Anche lui ora sorrideva con sfida, mettendo le mani in una posizione che il mondo aveva imparato a riconoscere come la sua mossa distintiva: la Kamehameha.
Vegeta si sollevò in aria, fino a formare una diagonale perfetta rispetto al suo avversario, esplodendo in una risata di eccitazione mentre caricava il proprio colpo, in un mirino preciso: “Galick…”
“KAMEHAMEHA!!”
“… CANNON!!”
Un’immensa luce si propagò dai due colpi energetici, che si scontrarono fra loro dando vita ad un’esponenziale sfera di energia, che non faceva che aumentare ad ogni nuovo apporto di forza da parte dei due Saiyan. Le urla continuavano e crescevano, così come il flusso delle due onde, in un’energia che sembrava infinita.
L’ennesima sfida a cui entrambi davano vita, l’uno contro l’altro, senza che al mondo esistesse niente se non quel momento. Tutto scompariva, tranne loro due.
L’incontro dei raggi si dipanò alla sua massima potenza, sollevando una quantità di polvere tale da poter costituire una tempesta di sabbia, finchè la luce inghiottì tutto, nel picco di energia dei due flussi, finalmente esauriti.
Goku stava ansimando, reggendosi il braccio sinistro col destro, scrutando fra le polveri la figura longilinea del rivale, senza riuscire a trovarla. Aveva lo sguardo corrucciato, ma sorrideva, elettrizzato, compiaciuto da quella prova di forza.
Un allenamento con lui non deludeva mai. Per questo e mille altri motivi.
“Urca, Vegeta! Ti sei allenato parecchio, eh? Erano secoli che non ti vedevo fare quella mos…” interrotto di nuovo, il viso di Vegeta davanti al suo, ad occhi chiusi, che lo baciava, raggiungendolo in un fulmineo teletrasporto.
Entrambi i Saiyan caddero a terra, alzando ancora più polvere, quasi scomparendoci dentro.
Vegeta lo cingeva dietro il collo, mentre Goku gli avvolgeva il bacino con le braccia; un bacio vorace, prepotente, istintivo, ispirato dall’eccitazione di quella battaglia, da quella scarica di energia che ancora correva loro in corpo.
Il Principe sembrava volerlo divorare, non gli dava tregua in quell’incontro di labbra, di lingue, che Goku assecondava senza mai ritrarsi, conoscendo l’impulsività del Saiyan, la sua voracità. Così come nel cibo, anche nel sesso: nessuno di loro era mai sazio.
Goku insinuò le dita sotto la sua aderente battle suit, sollevandola verso l’alto, scoprendogli la schiena in una carezza, sentendo i dorsali del guerriero strusciare sotto i suoi palmi. Vegeta era molto più longilineo di lui: era snello, perfettamente proporzionato, molto più compatto di quanto non fosse lui, senza che per questo avesse meno tono muscolare. Per un periodo aveva pensato che fosse solo un’illusione che dava la battle suit, aderente com’era, prima di tastare con mano che erano diversi anche in questo.
Al sollevamento della canottiera sentì Vegeta irrigidirsi, trattenendo il respiro, come un gatto che rizza il pelo ed abbassa le orecchie, in avvertimento, senza però allontanarsi dalle sue labbra. Goku, però, in un modo o nell’altro, lo portava sempre oltre i propri limiti. Era la sua inconsapevole specialità.
Gli tolse velocemente la canottiera, staccandosi dalle sue labbra per un solo istante, che Vegeta annullò veloce. Scese di nuovo giù, insinuando le dita sotto i suoi pantaloni, non incontrando altro se non la pelle bollente del guerriero, la curva perfetta e soda delle sue natiche sotto i propri polpastrelli. Nel momento esatto in cui cominciò a stringere, Vegeta afferrò in una morsa i suoi polsi, sbattendogli le braccia all’indietro, inchiodandogli le mani nel terreno.
“NO!” ordinò, guardandolo fisso negli occhi, digrignando i denti. Il rossore sulle sue guance era evidente però, ma che fosse di rabbia o vergogna, Goku poteva solo supporlo. Le cose erano così labili con lui, a volte.
Goku allargò le mani, come in un quieto, paziente segno di resa: conosceva i ritmi di Vegeta, i suoi segnali, ma non sempre li seguiva ed assecondava. Anzi.
Il Principe lo tenne così per qualche secondo, fissandolo arcigno, prima di lasciargli le mani, insinuandogli le dita nei folti capelli neri, identici ai suoi, assalendogli le labbra in quello che non era un bacio, ma un morso: i suoi denti si serrarono sul labbro inferiore di Goku, che strinse gli occhi in un ansito sorpreso. Lo stava rimettendo al suo posto, lo stava punendo, era arrabbiato perché gli era piaciuto troppo, stava ricominciando la loro perenne lotta? O semplicemente quello era Vegeta; un misto di tutto, o semplicemente il suo “modo”.
Goku strinse i denti, sentendo il sapore del sangue, il proprio, sulla lingua; il Principe, soddisfatto, distese le labbra in un sogghigno, mentre il sangue dell’avversario gli scorreva lungo la mascella.
Goku riaprì gli occhi, corrucciandosi, e con fare testardo, sconsiderato, abbassò nuovamente le mani sulle natiche di Vegeta, concentrandosi però stavolta sulla zona dell’osso sacro, nel punto in cui la coda ricresceva: difficile trovare una zona più sensibile di quella, per quanto li riguardava.
Nel momento in cui il rivale aprì la bocca per protestare, Goku cominciò a massaggiargli quel preciso punto col pollice, mozzando il respiro a Vegeta, costretto a chiudere gli occhi e a serrare i denti per mascherare quell’incontenibile brivido che gli stava possedendo la schiena.
“Ka… Kakaroth… fermo… fermo maled…” serrò il pugno, stretto nel guanto bianco, prima di piantarlo accanto al viso di Goku, che non si fermava, ma anzi, continuava quella tortura con dei movimenti circolari. Vegeta si inarcò, come per andare più incontro a quella mano, incoerente coi suoi pensieri, le sue parole, la sua espressione. Questo bastò all’altro Saiyan: scivolò con la mano ancora più in giù, insinuando l’indice nella sua fessura, fino a trovare il lato più nascosto di lui, scivolandoci dentro deciso, attento ad ogni contrazione del rivale.
Vegeta spalancò gli occhi, esplodendo in un gemito, prima di mordersi le labbra a sangue, in una imperativa interruzione di quell’ansito: Goku sorrise a quel gesto, notando come alcune cose fra loro non cambiavano mai; c’era sempre un muro che il Principe tirava su fra di loro, senza mai lasciarsi andare completamente, senza mai dargliela vinta del tutto.
Vegeta smise immediatamente di inarcare la schiena, senza però riuscire a farlo uscire completamente da sé, premendogli con forza le mani sul petto per allontanarsi; Goku però lo precedette: afferrò con decisione il braccio con cui lo stava spingendo, ribaltando la loro posizione in un colpo di reni, ritrovandosi sopra il guerriero, entrando in lui con più forza, tanto che il Principe non poté non trattenere un altro gemito, seguito da ansiti sempre più incontrollati, ogni volta che Goku ripeteva il movimento, dentro e fuori.
Si abbassò sulla sua gola, poggiandovi le labbra calde, sentendo il suo odore, il suo respiro, la sua pelle bollente e madida di sudore, ricordandosi ogni battaglia in cui aveva registrato quei dettagli. Vegeta scostò il volto da lui, tentando di allontanarsi, premendogli la mano sulla spalla nel mandarlo via, senza però fare nulla per stringere le gambe.
“Vegeta…” disse Goku, accigliandosi, come in un rimprovero, sentendolo però sempre più rilassato in quell’anello di muscoli, sentendo la sua erezione premere contro la battle suit, evidente, prorompente. Decise di assecondare quella mano sulla spalla che lo spingeva via, abbassandosi però: il Principe non se ne accorse, testardamente occupato a tenere gli occhi chiusi, stretti, prima di spalancarli nel sentire la sua erezione libera dalla tuta, ma immediatamente accolta nella sua calda, umida bocca.
“AH!” esplose, andando con le mani a serrargli le spalle, in un ennesimo tentativo di controllarlo, di essere padrone della situazione, di lui, di sé stesso. Ridicolo. Neppure quando gli succhiava il cazzo riusciva a sentirsi padrone della situazione.
No. Era troppo. Kakaroth non doveva azzardarsi, non doveva osare: come si era permesso di usare quella voce rimproverevole? La stessa che usava quando lui lasciava libero sfogo al suo egoismo, al suo disprezzo, quando criticava il suo patetico senso di sacrificio, così vergognosamente fuori luogo per un Saiyan.
Lo afferrò per i capelli, stringendo forte, quasi fino a strapparglieli, tanto che Goku non poté fare a meno di sollevarsi, lasciandolo nuovamente libero.
“P-piantala idiota! Non ti azzardare… ad usare quel tono…” lo stava fulminando con lo sguardo, ma aveva le pupille fin troppo dilatate, il respiro fin troppo mozzo, il viso fin troppo accaldato per poter intimidire l’altro.
Goku rimase fermo qualche secondo, uscendo da lui, sentendo nella propria bocca sapori contrastanti: il sesso di Vegeta ed il proprio sangue, lì dove l’aveva morso. Li conosceva entrambi a memoria.
Quel momento di pausa bastò al Principe, che rapidamente riprese padronanza di sé stesso, ribaltando ancora una volta la loro posizione: scalciando si liberò degli stivaletti, si tolse i guanti nell’afferrargli la camicia, stracciando quella sua ridicola divisa all’altezza dei pettorali, per poi romperla del tutto. Ogni volta non poteva fare a meno di distruggerla: era patetica, insopportabile, lontana anni luce dalle battle-suit che usavano portare loro.
Si abbassò sul suo petto, coprendolo di piccoli morsi, mentre la sua mano andava ad infilarsi sotto i pantaloni di Goku, incontrando la sua erezione, altrettanto pronta. Un mugolio di piacere gli arrivò alle orecchie, non potendo fare a meno di fargli mancare un battito: lui non aveva problemi nel lasciarsi andare, nel godersi le cose per quello che erano, senza ansie o rancori. In ultimo morso sollevò il volto, vedendo l’espressione beata che aveva, ad occhi chiusi, in un sorriso. Sentì lo stomaco attorcigliarsi all’idea che lui non avrebbe mai potuto avere quella serenità, e nel riflettere sul fatto che Goku si fidasse così tanto da non opporsi, non rimanere in guardia.
I morsi si trasformarono in baci mentre risaliva verso il suo collo, e cominciava a dargli piacere, muovendo la mano per tutta la sua lunghezza, stando attento a regolare la forza: anche in questo invidiava Goku; era più bravo lui a letto, riusciva a tenere a bada potenza e istinto con facilità, mentre Vegeta doveva sempre trattenersi, cercare la strada giusta nell’equilibrio fra dolore e piacere, sempre sbilanciato verso la sofferenza.
Goku lo cinse con un braccio, in una stretta morbida e spontanea, facendo violentemente arrossire il Principe, che nascose il volto sotto il suo mento, mandando la folta chioma ad arricciare il naso di Goku, solleticato da quei capelli sempre uguali, fin da quando l’aveva conosciuto.
I capelli dei Saiyan non crescono mai, gli aveva detto un tempo. Solo una delle mille cose che gli aveva insegnato su di sé, su di loro.
Un moto di gratitudine, rispetto, di molto altro lo colse, facendo scendere la mano sugli addominali del guerriero, fino ad incontrare di nuovo la sua erezione. Lo voleva felice. Voleva, per una volta, far sì che fosse semplicemente felice con lui, per lui, senza traumi o rancori. Per una volta voleva essere causa di altro oltre che di rivalità, rabbia ed odio.
Odio.
Era tanto che non glielo diceva. “Ti odio”. Un brivido gli corse lungo la schiena nel ricordo dei pochi attimi prima. Vegeta non se ne accorse, troppo concentrato nel non rallentare il suo ritmo, ora che Goku ne aveva iniziato un altro.
Un raro momento di pace, che si perdeva in quegli ansimi, mentre le loro menti erano prese da pensieri diversi.
Vegeta deglutì, mentre guardava quel volto pochi istanti prima sereno, solcato ora da una ruga di preoccupazione, di tensione, così insolita per Goku. Che cosa c’era? A che cosa stava pensando? Forse era troppo brusco, troppo rude? Andava troppo svelto?
Si accigliò a quei pensieri, scacciandoli: Goku non si era mai lamentato in quelle occasioni, come non lo aveva fatto lui. Lì la loro intesa, così come in uno scontro, era tacita e reciproca. Non la avrebbero mai messa in dubbio, ma nemmeno l’avrebbero ammessa. Goku per non mortificarlo, Vegeta perché… era Vegeta.
Cos’era quindi quell’espressione? Si fermò, facendo uscire la mano dai suoi pantaloni, ponendola a lato del suo viso, sul terreno.
“Che c’è?” lo fissava. Era un ordine, non una richiesta.
Anche Goku si fermò, sorpreso: si era lasciato sfuggire un’espressione di troppo? Vegeta se ne era accorto, però… persino in un momento come quello, riusciva ad osservarlo, a concentrarsi su di lui, a capirlo senza alcun bisogno di parole.
Tanto egoista nella vita, tanto generoso in quei momenti.
“Nu-nulla…” rispose, intimorito. Non gli avrebbe mai potuto dire a cosa pensava. Cosa avrebbe dovuto rispondergli in fondo, Vegeta? No, non ti odio? Si, ti odio?
Non lo avrebbe mai messo in una situazione del genere.
Ma il Principe non pareva d’accordo, abbassandosi su di lui, facendo sfiorare i loro sessi in un movimento casuale, che provocò però ad entrambi una forte scossa elettrica. Premette la fronte sulla sua, inchiodandolo col corpo e con lo sguardo.
“Non dirmi stronzate, Kakaroth. Non sono stupido come te”.
Come uscirne? Goku lo guardò fisso, deglutendo. Non aveva la bravura di inventarsi bugie o scorciatoie, quindi disse la prima cosa che gli venne in mente, guardando quei furenti occhi d’ossidiana.
“Sei bello” disse, candidamente, come solo lui sapeva fare.
In fondo non era una bugia.
Aveva funzionato: Vegeta era spiazzato, mentre il rossore tornava rapido ad avvampargli le guance. Quell’idiota!!
Goku sorrise, trattenendo un moto di vittoria, mentre lo stringeva di nuovo, baciandolo, cogliendolo ancora alla sprovvista: ci riusciva sempre, la spontaneità non era nulla che Vegeta potesse prevedere o calcolare.
Per una volta il Principe gli fu grato: quel bacio nascose il vistoso rossore che quella frase aveva rivelato. Trattenendosi dallo scuotere la testa, si lasciò sfuggire un sorrisetto, insinuando le dita in quei suoi capelli assurdi, stringendoli con bisogno.
Riusciva sempre a fregarlo. A fargli abbassare la guardia, a dargli un’altra prospettiva.
A volte era così stanco di opporsi. A volte voleva solamente crollargli addosso.
“Cretino…” rispose, tardi, senza guardarlo, con ancora le mani fra i suoi capelli, la bocca sulla sua.
Aveva bisogno di lui, più di quanto sarebbe mai stato in grado di ammettere. Era l’unico in grado di guarirlo dalle ferite che proprio lui gli aveva inferto. La malattia e la medicina insieme. O forse era solo la medicina, e la malattia era lui stesso.
Si sentì ribaltare piano, senza violenza, ritrovando Goku sopra di lui, nell’ennesimo scambio; il Saiyan più giovane scese di nuovo, percorrendo il corpo perfetto del Principe con la bocca, le dita, la lingua, scivolando sui suoi addominali, liberandolo finalmente della tuta che era rimasta alle ginocchia.
Non si fermò dove Vegeta si aspettava però, scendendo più giù, sollevandogli appena le gambe, bloccandole  con un braccio posto sotto entrambe le ginocchia: lo leccò a fondo, lubrificando la sua parte più intima e nascosta, lievemente dilatata.
“Bastard…! AH!!” il guerriero si tappò la bocca, piegando il braccio libero in un pugno contro il terreno, prima di cercare la testa di Goku con le dita, senza arrivarci.
Il volto in fiamme, il cuore impazzito, i muscoli preda degli spasmi, la mente che annaspava fra resa e ribellione, in un tossico, inestinguibile ed inevitabile bisogno di lui.
Lo voleva. Lo desiderava in maniera insaziabile ed ossessiva, come lo aveva sempre voluto, come aveva voluto un potere ingovernabile ed invincibile dentro di sé.
Come era avere Goku dentro di sé. La prima volta se ne rese conto.
Era quello superare i propri limiti. Unirsi insieme, più profondamente di quanto qualsiasi fusione avrebbe potuto concedere loro.
E Goku stava vincendo, di nuovo. Anzi, aveva già vinto.
Si sollevò sulla schiena, afferrandolo per i capelli, portandolo ad un soffio dalla propria bocca, sibilandogli con la voce rotta, resa roca da quel movimento continuo e minuzioso della lingua: “Sbrigati… SBRIGATI, KAKAROTH! CHE ASPETTI?”.
Due paia di occhi neri si guardarono, diversi come il Fuoco e l’Acqua, incompatibili ed indivisibili.
Goku lo cinse, risalendo, mentre Vegeta si inarcava contro di lui, stringendolo a sua volta: gridarono all’unisono nel momento in cui si unirono, dando libero sfogo a quelle sensazioni trattenute, covate, chi per un motivo, chi per l’altro. Le loro auree si fecero visibili, scatenando un’energia sempre maggiore, avvolgendoli in un’accecante luce dorata, mentre si amavano in quella terra sporca e desolata, ormai biondi, color del Sole.
Nemici. Rivali. Compagni. Fratelli. Amanti.
Nessun termine più di un altro si addiceva loro. Erano tutto ed il contrario di tutto.
Si amarono più volte, in vari modi, finché il giorno non finì ed il Sole lasciò lo spazio al tramonto, in attesa della Luna.
Quella landa desolata visse quel giorno dei loro ansimi, dei loro gemiti, di quella luce a cui solo loro riuscivano a dare vita, insieme.
Questo aveva sempre voluto Goku, da Vegeta. Che capisse quanto insieme avrebbero potuto dare, mentre lui li divideva costantemente con barriere d’odio insormontabili, che parevano eterne.
Esausti, ansanti nella polvere, l’uno sopra all’altro, nuovamente mori. Avevano le mani unite, arrossate per lo sforzo spasmodico con cui si erano tenute.
Goku lo stringeva, senza più cautela, senza più paura di un rifiuto, sentendolo al limite della resistenza, della tensione, impercettibile ma pur sempre presente in Vegeta.
Il Principe voltò il viso contro l’incavo del suo collo, respirando quell’odore che aveva solo Goku; lo conosceva a memoria anche lui. Lo respirò come fosse l’unica aria presente nel mondo, mentre le mani salivano ad accarezzargli la nuca.
Di nuovo. Era successo di nuovo, in maniera inevitabile.
Aveva gli occhi lucidi per lo sforzo, e deglutì quell’improvviso nodo che gli stava stringendo la gola.
Si odiò per questo, si odiò per il fatto che non poteva fare a meno di desiderare ogni volta che accadesse, di viverlo in maniera naturale, come fosse destino quel loro inseguirsi, scontrarsi, incontrarsi, unirsi.
Destino. Si, era stato scritto nel Destino che si incontrassero.
Risparmiati entrambi dall’estinzione della propria razza, sopravvissuti ad ogni sorta di nemico e battaglia, solo per ritrovarsi su questa Terra, l’uno dentro la vita dell’altro.
Vegeta lo osservò di sottecchi: la sua naturale aria serena e beata si mischiava ad una spossatezza e ad un abbandono totali. Gli ricordò quando spesso si era buttato per terra dopo la sconfitta di un potente avversario, nell’ennesima salvezza della Terra.
Quel pensiero gli fece rodere qualcosa dentro. Sconfitta era la parola che gli risuonava in testa, ma che non riusciva a cancellare quel misto di emozioni che ancora gli pulsavano dentro. Non riusciva più ad opporsi a lui con la forza che aveva un tempo, era questa la verità.
Erano sempre più le volte in cui si arrendeva, per quanto questa parola potesse entrare a far parte del vocabolario di Vegeta. Senza nemmeno accorgersene gli dava più di quanto gli avesse mai dato in passato: se pensava che all’inizio, nemmeno riusciva a farsi toccare…
Quello stesso abbraccio in cui era rinchiuso sarebbe stato impensabile anni prima.
Trattenne il respiro, coi polmoni pieni di lui, le dita chiuse fra i suoi capelli, come rinchiudendosi in quella stretta, fuggendo dai suoi pensieri, da quei sensi di colpa, quel complesso di inferiorità che tornava a tormentarlo ogni istante.
Quell’ossessione che era Goku aveva toccato ogni possibilità di esistenza, entrando a far parte di lui più della sua natura stessa di Saiyan. Gli si era scolpita dentro. Trasformandosi in altro.
Goku lo stava accarezzando lentamente, passando le dita sulla sua schiena piena di cicatrici, sentendole nitidamente sotto i polpastrelli, riconoscendole una ad una.
“Che bel freschetto, vero?” una domanda retorica, nel godersi quel momento.
Vegeta sollevò gli occhi al cielo, notando per l’ennesima volta la differenza dei loro pensieri. Complessità ossessiva contro semplicità disarmante.
Non rispose, sollevandosi, osservando quella figura nuda ed abbandonata a terra, così familiare e al tempo stesso atipica. Goku teneva ancora gli occhi chiusi, sorridente e stremato.
Quello era il sorriso migliore sulla faccia della Terra, ne era sicuro. Nemmeno i bambini li avevano così puri, semplici, ingenui. Spontanei, senza ombre d’altro.
I suoi erano sempre ghigni sarcastici o di scherno, forse solo con Trunks aveva sorriso di cuore, senza pensarci.
Forse anche con lui. Non poteva immaginare che Goku ricordava ogni volta in cui Vegeta aveva disteso le labbra in un’espressione serena, quasi felice. Le aveva tutte tatuate nella mente.
Non si accorse nemmeno di star sorridendo ora, in quel preciso momento, guardandolo: Goku se ne accorse, però. Aprendo un occhio incontrò l’espressione di Vegeta, sollevando la mano sul suo viso, ad accarezzargli la guancia con un piccolissimo pizzico sullo zigomo.
Fu come premere un bottone: Vegeta si corrucciò immediatamente, alzandosi e dandogli le spalle, diretto verso la canottiera volata in un angolo, sospinta dal vento delle loro auree.
“Era da un po’ che non ci allenavamo così” constatò Goku, gli occhi verso il cielo, le mani dietro la testa.
Vegeta arricciò le labbra, in uno sbuffo sarcastico e sprezzante, infilandosi la canottiera, abbassandosela con uno scatto: “E tu questo lo chiami allenarsi? Magari ci fossimo allenati invece di… di…”
Goku lo guardò, come aspettando che lo dicesse. Era curioso di sapere come l’avrebbe espresso, con quale termine, ma la paura di sentire parole di disprezzo lo spinse a precederlo, suggerendogli l’unica che gli venisse in mente: “Fare l’amore?”.
Vegeta sbiancò, voltandosi verso di lui, fissandolo. Non poteva averlo detto.
Da dove gli veniva quel coraggio? Come poteva definirlo così, semplicemente?
Come poteva dire quella verità inconfessabile come se stesse parlando di tutt’altro?
Goku si schiarì la voce, spiegandosi a quello sguardo difficile da sostenere: “Io provo qualcosa di molto simile in entrambi i casi, con te”.
Un’altra verità, meno palese, però. Vegeta stesso non se ne era accorto subito che in fondo per loro, combattere ed amarsi, era la stessa cosa. Sforzi, sensazioni, eccitazione, voglia, si eguagliavano solo in quei due casi, in quei due momenti.
Solo due Saiyan potevano capirlo.
Le sue palpebre si abbassarono, in un sospiro, in una risatina sommessa, impercettibile. Era il suo tacito consenso, che Goku colse con un sorriso.
“Devi averla preso proprio forte quella botta in testa…” disse, ravviandosi i capelli umidi con entrambe le mani, come ricomponendosi.
Goku non si alzò, senza dare l’impressione di volersene andare, rimanendo disteso sulla schiena, riprendendo le forze con lunghi respiri.
“Non è la stessa cosa quando mi alleno con gli altri… Junior, Gohan, Ub… Mai stata la stessa cosa”.
L’ennesima frase detta per fargli piacere, l’ennesima pugnalata non calcolata, involontaria. Quel silenzio glielo fece intuire.
Vegeta si voltò immediatamente, andando a recuperare i guanti, infilandoli fino in fondo, con strattoni tali da rischiare di romperli. Ub. Certo, come no.
Infatti, non era la stessa cosa. Con quel moccioso crestone ci era partito, se n’era andato per allenarcisi per un tempo incalcolabile. Facendoci poi chissà che cazzo di altro. No, che non era la stessa cosa. A lui non aveva mai dato lo stesso tempo, lo stesso spazio, lo stesso credito.
Non dopo tutto ciò che aveva fatto per poter essere alla sua altezza: ore, giorni, mesi, anni passati a cercare di raggiungerlo; persino vendendosi a Babidi, tutto, pur di raggiungerlo. E lui questo non lo vedeva. Non l’aveva mai visto, nemmeno quando gli aveva tenuto nascosto di aver raggiunto il terzo livello, per poterlo usare in… “occasioni più importanti”. Ma vaffanculo.
“Vaffanculo, Goku”.
Goku sbarrò gli occhi, senza vedere più il cielo di fronte a sé, interrompendo quella serie di respiri regolari.
Cosa?
“No che non lo è stata. Sei sparito, volatilizzato, allenandoti con quella misera reincarnazione di quel grassone rosa. Gli hai dato qualcosa che sai che io ho sempre voluto. Non mi hai mai cercato di tua spontanea volontà per un vero incontro, tu… Tu…” strinse i pugni, abbassando la testa, digrignando i denti.
Eccoci. Eccoci. C’eravamo. Gli avrebbe vomitato addosso tutto il suo odio, il suo disprezzo. Sarebbe tornato tutto come prima. Avrebbero ristabilito i ruoli.
Avrebbe rinforzato quel “ti odio” dell’inizio, annullato da tutto il dopo che era venuto.
Gli avrebbe detto che era un idiota, un indegno, un traditore, un codardo, un imbroglione; tutto ciò che la gelosia avrebbe potuto suggerirgli, nella speranza che davvero non fosse la stessa cosa fra lui e gli altri, che momenti così erano solo fra loro e così sarebbe stato sempre.
L’avrebbe fatto, l’avrebbe fatto davvero, se non fosse avvenuto ciò che non doveva permettere di lasciar succedere.
“Come mi hai chiamato?” chiese Goku in un soffio, senza poterci credere, ormai in piedi.
Vegeta si accigliò, senza capire. Cosa aveva detto? Cosa…
Goku. Lo aveva chiamato Goku.
NO!! Si tappò la bocca, con forza, come per ricacciare indietro quella semplice, singola parola, l’ultima barriera, quella che non era mai riuscito ad abbattere, l’unica vittoria, l’ultimo baluardo che Vegeta ancora poteva vantare.
NO!! Non poteva averlo fatto! Si maledisse, mille e mille volte, con disperazione, rendendosi velocemente conto che era la prima volta che lo chiamava per nome. Non poteva avere anche quella soddisfazione, no! Non poteva esserselo fatto scappare! L’abitudine di pensarlo nella sua mente con quel nome aveva vinto contro la sua ostinazione nel chiamarlo col suo nome Saiyan, Kakaroth.
Aveva perso ancora, di nuovo. Ma poteva negare. Si, doveva.
“N-no… io non ho…” si voltò, di nuovo in guardia, sulla difensiva, il cuore che batteva forsennato nel petto, il respiro mozzo che combatteva per uscire. Goku gli si stava avvicinando, con un’espressione che poteva giurare di non avergli mai visto, che non riusciva ad interpretare.
“STAI LONTANO! ALLONTANATI, KAKAROTH! TI AMMAZZO SE TI AVVICINI ANCORA! FAI UN ALTRO PASSO E TI UCCIDO! LO GIURO, LO GIURO SUL MIO ON…” uno scatto, e Goku fu sulle sue labbra, tirandolo a sé in un abbraccio serrato, che annullò la difesa di Vegeta, costretto con le braccia lungo il corpo. Il Principe sbarrò gli occhi, in un mugolio di opposizione, cercando di allontanarsi da lui, di spingerlo via, di voltare il viso. Lo morse, più forte che poteva, aprendogli altri squarci sulle labbra; gli graffiò la schiena, sentendo la sua pelle venire strappata via dalle sue dita; si divincolò in quella stretta che non lo lasciava andare, lo teneva stretto accettando ogni supplizio, ogni dolore.
Goku smise di baciarlo, le labbra sporche di sangue, salendo con la bocca alle tempie di Vegeta, alla fronte, alla palpebra chiusa, baciandole piano mentre la voce del rivale saliva, la pressione delle mani sul suo petto aumentava.
“LASCIAMI, CAZZO! NON TOCCARMI, VATTENE! VATTENE DA QUELL’IDIOTA DI TUA MOGLIE, DA QUEL NEGRETTO DEL CAZZO! SPARISCI, VATTENE, IO TI…”
Nemmeno quella parola avrebbe potuto correggere quella terribile svista, quell’ammissione che era più grande di qualsiasi offesa. Forse per questo non la pronunciò. Forse per questo si arrese di nuovo: perché quella bocca era troppo morbida, quel corpo troppo caldo, quella stretta tutto ciò che voleva in quel momento sulla terra. Doveva curarlo di nuovo.
Le unghiate sulla sua schiena si trasformarono in un aggrapparsi, mentre la sua fronte si appoggiava sulla sua spalla, nascondendogli tutto ciò che gli restava, affidandogli tutto ciò che gli rimaneva.
Goku respirò fra i suoi capelli, le mani sovrapposte sulla fine della sua schiena, ammorbidendo l’abbraccio proprio mentre Vegeta lo serrava.
Lo sentiva trattenere il respiro contro di lui, sentiva il suo battito che stava per esplodere. Lo sentiva, semplicemente, in tutto ciò che era.
Si godè quel momento, non sapendo se sarebbe tornato, nutrendosi di quello che sapeva essere il Vegeta migliore. Poggiò la guancia sul suo collo, quasi si stessero cullando a vicenda, prima di portarlo con sé a terra, senza lasciarlo andare.
Infilò una mano fra i suoi capelli, facendolo sollevare quel tanto che bastava per incontrare il suo sguardo, corrucciato, a disagio; la bocca piegata in una smorfia di insicurezza e turbamento.
Goku lo sapeva, lo sapeva che gli era costato tanto. E Vegeta sapeva che quel semplice nome lo aveva fatto più felice di quanto sarebbe stato naturale pensare.
“Molto meglio di Kakaroth, no?” chiese, affondando il dito nella piaga con nonchalance, sapendo però di aver superato la soglia di pericolo mortale.
Il Principe, infatti, si limitò a digrignare i denti, arrossendo: “Non so di cosa parli”.
Non l’avrebbe viziato più di quanto non stesse già facendo. E comunque entrambi i nomi erano piuttosto idioti.
Goku assecondò quel suo fare finta di niente, baciandolo ancora, senza riuscire a togliersi quel sorriso di dosso: non sarebbe mai più successo probabilmente, e non si sarebbe lasciato sfuggire quel momento unico al mondo.
Un forte gorgoglio allo stomaco interruppe quel silenzio rumoroso, facendo abbassare gli sguardi di entrambi alla pancia di Goku, ancora nudo.
“Pffr…” fu il commento di Vegeta, che alzò gli occhi al cielo ironico, con un ghigno.
Immediatamente il suo stomaco gorgogliò in maniera ancora più chiassosa.
Il sorriso gli scomparve dalla faccia nel vedere quello divertito di Goku.
“Sta zitto”.
“E chi ha parlato!”.
Vegeta poggiò la guancia sul suo petto, inspirando lentamente.
Stavano per andare via.
Lui da Bulma, lui da Chichi. In questo, almeno, aveva vinto lui: Bulma era più bella, divertente, sveglia, comprensiva. Ma in quel momento non gliene importava nulla.
Riusciva solo a pensare che quel raro momento era finito. E che probabilmente interessava più a lui che a Goku. Lo sapeva che da parte sua non c’era la stessa attesa, lo stesso spasmo nell’attendere un altro allenamento, solo loro due.
Lo sapeva che non era la stessa cosa. Lui aveva molto più bisogno di Goku, di quanto il Saiyan avesse bisogno di lui. E questa consapevolezza lo distruggeva, insieme alle mille altre che era costretto a calcolare quando si trattava di lui.
“Rimaniamo qui” era stato Goku a parlare, a metà fra una richiesta e una decisione.
Vegeta non rispose per un po’: il dubbio insensato che quella testa di rapa potesse leggere nel pensiero lo aveva attanagliato.
“Morirai di fame” rispose, storcendo le labbra e chiudendo gli occhi, ancora appoggiato al suo petto, in un abbandono di cui non si era nemmeno accorto.
“No” rispose, con un sorrisino, sfiorandogli nuovamente l’osso sacro, provocandogli un fremito.
Vegeta arrossì, aprendo gli occhi: quell’idiota sapeva addirittura fare dei doppi sensi? O era lui che ne aveva letti in quel “no”?
Socchiuse gli occhi, mentre Goku lo stringeva meglio.
“Come ti pare” acconsentì, brusco, fingendo noncuranza. Non voleva fare altro se non dormirgli addosso, per ore, giorni, vite.
Goku approfondì il sorriso, rilassato, baciandogli la fronte.
“Grazie, Vegeta”.
Il Principe aveva le orecchie piene del suo battito; lo stavano cullando, portandolo in un profondo torpore. Non era la prima volta che si addormentava così.
Lo strinse a sua volta, riuscendo a pensare solo due parole, che gli rimbombavano in testa, ribelli ed ingovernabili, calde e rassicuranti.
Grazie, Goku.

  
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