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Autore: Curleyswife3    03/04/2015    0 recensioni
[M.A.S.K.]
[M.A.S.K.]Variazione sul tema della puntata "Eyes of the Skull", con al posto del teschio di cristallo una statuetta di Lilith, la peccaminosa prima signora Adamo. Le conseguenze imprevedibili di un'asta al rialzo metteranno a repentaglio la salute di alcuni personaggi. E la virtù di altri.
Ci saranno: fantasy a volontà, rituali di esorcismo, un bel po' di gelosia e le improbabili mises notturne dei nostri eroi.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ok, amici lettori, seguaci di questo misconosciuto cartoon degli anni ’80, adesso il racconto entra nel vivo.
Se vi va, leggete e lasciatemi un pensiero.


Capitolo primo

Al cospetto di Re Salomone


Matt Trakker era certo che fosse ottobre inoltrato, quel pomeriggio aveva persino piovuto un po’… e allora come mai, tutt’a un tratto, sentiva un caldo così soffocante che si sarebbe volentieri strappato di dosso la giacca se solo fosse riuscito a muovere un muscolo? Per quale motivo, invece, era come paralizzato e a stento riusciva a respirare, a tenere gli occhi aperti? 
Di fronte a lui non c’era più un’ampia sala sobriamente arredata, ma si stendeva un deserto con basse dune di sabbia a perdita d’occhio, bagnate dalla luce argentea della luna piena più grande e vicina che avesse mai visto in tutta la sua vita.
Si trovava su un vasto, vastissimo terrazzo posto sulla sommità di una sorta di mostruosa piramide a gradoni di pietra calcarea, che dominava dall’alto quella interminabile distesa di sabbia; intorno a lui poteva scorgere altri edifici più bassi, i cui tetti erano interamente ricoperti da una vegetazione fitta e lussureggiante.
Candelabri accesi e fiaccole formavano cespugli di fuoco tra le coppe di terracotta dipinta e i piatti di pietra, i cumuli di neve delle montagne e i grappoli d’uva, tingendo di chiarori rossastri il pavimento levigato e le tavole di legno riccamente imbandite; nell’aria della notte ancora rovente si mescolavano sentori di resine e fiori esotici.
Si rese conto di non essere solo: una moltitudine di persone, abbigliate in una maniera che gli parve stranissima, vociava e si agitava come in preda a una frenesia orgiastica. V’era chi, sdraiato su grandi cuscini posati direttamente per terra, beveva avidamente uno scuro liquido schiumoso da basse coppe di terracotta incisa, chi divorava cibi colorati e odorosi che lui non avrebbe mai saputo riconoscere, chi, già ubriaco, russava sonoramente nella polvere. Risuonava una moltitudine di voci che parlavano simultaneamente - gridavano, ridevano, cantavano, sussurravano - in lingue diverse ma tutte allo stesso modo incomprensibili al suo orecchio.
A un tratto la folla ammutolì perché era apparso un uomo alto e massiccio: nonostante il clima torrido, indossava un pesante mantello nero gettato su una tunica di lino d’un bianco abbagliante, aveva un po’ di belletto sugli zigomi, una folta barba a ventaglio e, tra i capelli lunghi e arricciati, un diadema di pietre preziose.
All’unisono, tutti - soldati, dignitari, dame elegantemente vestite e semplici servi - si prostrarono con la faccia nella polvere e attesero che la regale apparizione con un cenno del capo desse loro il permesso di levarsi.
Poi, il sovrano - perché tale doveva essere senza dubbio, comprese il milionario -  iniziò a recitare quella che sembrava una formula magica in una lingua dimenticata da millenni, sepolta dalla sabbia del tempo; quelle sillabe solenni, ultraterrene, dapprima salirono verso il cielo in un mormorio quasi inintelligibile e poi rimbombarono echeggiando sulla pietra come una sorta di mantra che rotolava e tuonava senza sosta.
Come una tempesta che s’infrange sugli scogli, squassa la foresta e ulula tra le cime dei monti.
All’improvviso dalla folla arrivò un mormorio di sorpresa e di ammirazione, perché nel mezzo dell’ampia spianata era apparsa dal nulla, in un turbine di luci fosforescenti, una giovane donna: sotto un velo scarlatto che le nascondeva il seno e la testa si distinguevano gli occhi di fuoco, le sopracciglia arcuate, i calcedoni che brillavano ai suoi lobi e la sfumatura bluastra della pelle.
Il drappo di seta multicolore che le copriva le spalle era fermato in vita da un’alta cintura d’oro riccamente cesellata; i veli iridescenti che l’avvolgevano le ondeggiavano intorno al corpo snello mentre avanzava flessuosa fino a porsi di fronte al sovrano.
A differenza degli altri, non si inchinò e non abbassò nemmeno la testa; quegli occhi che l’americano intuiva essere profondi come un baratro e morbidi come velluto sostennero lo sguardo del re che l’aveva richiamata con la propria potente magia dalle tenebre che le erano congeniali.
Poi, con un meraviglioso gesto circolare si liberò del velo, che finì sul pavimento; i lunghissimi capelli rossi e ricciuti, intrecciati in maniera bizzarra, le ricaddero sul petto, le spalle, la schiena e le anche.
Subito dopo, Lilith cominciò a danzare.
I suoi piedi passavano l’uno davanti all’altro, al ritmo del flauto e di una coppia di crotali; le braccia di madreperla si muovevano sinuose come serpenti gemelli, quasi inseguissero qualcuno che tentava senza sosta di sfuggirle.
Con le palpebre socchiuse si torceva, agitava i fianchi e faceva tremare i seni con le ondulazioni di una mareggiata seguendo il rimbombare dei cembali. Si rovesciava all’indietro, simile a un fiore piegato dalla tempesta, mentre le pietre preziose che le ornavano le sue orecchie, i polsi e le caviglie splendevano di bagliori variopinti.
Dai suoi piedi, dai capelli lucenti, dall’orlo della veste trasparente sprizzavano scintille che incendiavano gli uomini: adesso tutti i presenti, fossero soldati avvezzi alle privazioni del deserto, nobili dissoluti, sacerdoti barbuti o miseri sguatteri, tutti palpitavano di bramosia.
Lilith aveva danzato senza guardare nessuno e all’improvviso si fermò: gli occhi scintillanti di bagliori fiammeggianti, le sopracciglia nerissime, il sudore che le imperlava la fronte d’alabastro, si voltò con un gesto repentino e il suo sguardo fendette la folla assiepata e vogliosa, oltrepassò il re barbuto e si appuntò esattamente sullo spettatore più allibito, che aveva assistito a tutta la scena immobile e senza articolare parola
.

Matt istintivamente tese la mano fino a toccare la liscia superficie di pietra, sorprendendosi del fatto che non fosse fredda come aveva immaginato ma, al contrario, calda e vibrante.
“Ehi…”
La voce di Gloria e il suo tocco gentile sul braccio lo richiamarono bruscamente alla realtà; ritirò la mano in un guizzo, sbatté le palpebre e deglutì, sentendosi la gola arida e la bocca come impastata. Il cuore gli martellava furiosamente nel petto e dovette chiudere le mani a pugno per non rivelare il tremito che le attraversava.
“Tutto bene?” esclamò la ragazza con un sorriso allegro.
L’uomo aprì la bocca per rispondere, ma era ancora senza fiato per ciò che aveva appena visto e non riuscì a dire nulla.
Gloria piegò la testa di lato, fissandolo con aria interrogativa.
“Andiamo a cena? Gli altri sono già tutti usciti”.
Lui la seguì muovendosi quasi in trance, come un sonnambulo.

***

T-Bob aprì gli occhi all’improvviso quando i suoi sofisticati sensori avvertirono un’improvvisa oscillazione del campo elettromagnetico; allarmato, si mise a sedere e si guardò intorno.
Nell’elegante camera della suite che divideva con Scott  era apparentemente tutto in ordine; il ragazzino dormiva tranquillo nel letto al suo fianco, raggomitolato su un fianco, e da dove si trovava l’androide riusciva a sentirne il respiro regolare.
Solo un raggio di luce argentata filtrava attraverso i vetri della finestra andando a riflettersi sull’ampio specchio posto sulla parete di fronte, che ne rimandava i bagliori tingendoli di una fosforescenza inquietante.
A un tratto apparvero delle luci piccole e tremanti, indiscutibilmente strane, che si raccolsero al centro della stanza: se il robottino avesse saputo cos’erano i fuochi fatui, avrebbe di certo pensato che assomigliavano appunto a quelle fiamme che di notte si possono vedere vicino alle paludi o nei cimiteri.
Comparvero dal nulla, come emerse dall’aria e dalla luce della luna, e iniziarono a vorticare: ben presto divennero una nebbia luminosa che tremava e girava su se stessa, un fuoco rilucente di guizzi e scintille, quasi una concrescenza di raggi lunari condensati.
L’essere meccanico si trascinò tremante fuori dal letto, fece un paio di passi verso le luci ondeggianti e poi si bloccò; se avesse respirato, il fiato gli sarebbe morto in gola e se avesse posseduto un cuore, probabilmente in quel momento avrebbe perso qualche colpo.
La presenza diventava a ogni momento più concreta fino a quando, tra la finestra a la porta d’ingresso, si erse al posto della colonna di nebbia fosforescente una donna di meravigliosa bellezza: Lilith, l’immortale Signora dei Lilin - dapprima trasparente, poi traslucida e infine pressoché solida a dispetto della sua natura spettrale - si guardò intorno e un tenue sorriso le increspò le labbra sensuali.
I suoi meravigliosi lineamenti esotici erano attraenti, in una maniera che il mondo non ha sognato o immaginato da innumerevoli anni.
Lilith, che si stagliava nella penombra della camera silenziosa, era una bellezza da troppo tempo dimenticata per esistere anche solo come un ricordo remoto.
Lilith, l’eterna Regina di tutte le notti di luna piena, colei che danzava davanti a Re Salomone. 
Il piccolo robot, terrorizzato, lanciò un grido stridulo che fu sufficiente affinché l’apparizione si voltasse verso di lui con uno sguardo che per poco non fece scoppiare il suo circuito primario di alimentazione: l’essere, fluttuando a mezz’aria, gli si avvicinò e lo trafisse con le sue pupille acuminate come punte di selce, oscure più della notte che l’aveva partorita.
Sollevò appena una mano e con il palmo diafano rivolto verso l’androide fece un movimento impercettibile e mormorò poche parole in una lingua sconosciuta: fu sufficiente perché i suoi circuiti andassero momentaneamente in corto e si accasciasse sul pavimento come una marionetta alla quale fossero stati d’improvviso tagliati i fili.  
La Figlia della Danzatrice ebbe un sorriso freddo come l’alito di una tomba e altrettanto velenoso.
Ondeggiante, vibrante come la fiamma di una candela eppure vivo, vivente in qualche maniera sconosciuta e inspiegabile, il demone della tempesta attraversò con  passi invisibili di gambe scomparse da millenni l’ampia stanza e il corridoio della suite che conduceva fino alla camera da letto dove Matt dormiva profondamente; era tranquillo e rilassato e non si accorse della sua presenza che covava nell’ombra come una tremenda minaccia alla sua esistenza ordinaria.
Lo sguardo infinitamente antico e misterioso di Lilith si posò sull’uomo, che giaceva immobile con un braccio sugli occhi; nella camera faceva piuttosto caldo e lui aveva gettato da un lato lenzuola e coperte.
Indossava boxer di seta nera e una maglietta dello stesso colore con disegnata davanti una piccola corona bianca e sotto la scritta KEEP CALM and kick V.E.N.O.M.’s ass.   
Agrat bat Mahhat fluttuò accanto a lui e si chinò, fissandolo, tanto vicina da poter sentire il suo respiro caldo e regolare su quelle che un tempo incommensurabilmente lontano erano state labbra viventi.
Levò una mano ingioiellata e con una carezza impercettibile, leggera come uno zefiro, gli sfiorò la guancia. Lui parve avvertire quel contatto incorporeo e si agitò nel sonno; senza destarsi, mugugnò qualcosa di incomprensibile e si girò dall’altra parte affondando la faccia nel cuscino.
La presenza si raddrizzò, piegò la testa di lato con un gesto assolutamente femminile e senza ritrarre la mano mormorò una parola soltanto: “Baali”.

 

Note&credits: la storia è una specie di sequel di “L’evocazione”  (“The Lamia in the Penthouse”) carinissimo racconto dell’americano Thorp McClusky, apparso nel 1952 sulla mitica rivista Weird Tales. La descrizione del ballo è ispirata alla scena della danza di Salomè del racconto “Erodiade” di Flaubert. 
Baali è una parola semitica che vuol dire “padrone”, ma implica anche “marito”.
Agrat bat Mahhat, Regina di Zemargad, Ardat Lilî, Figlia della Danzatrice, etc… sono appellativi riconducibili nelle diverse tradizioni esoteriche e religiose alla figura di Lilith.

   
 
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