E poi boh, da marzo ti ritrovi a giugno che non ti sei neanche goduto i narcisi, o le vacanze pasquali. 
Suppongo sia questo che succede a provare l'ebbrezza di recuperare tutte le materie prima di aprile. I mesi ti scorrono via dalle mani perché non hai più niente a cui pensare che non riguardi sole, acqua salata, sabbia, arrampicate, infradito e scarponcini indossati con gli shorts. Già al decisivo otto in inglese di quel fatidico ventinove marzo 2015 mi sembrava di pregustare il familiare formicolio dello iodio nel sangue, il retrogusto amarognolo dell'Estathè, e l'adrenalina per quell'estate che pareva a un palmo da me.
E lo era. Due mesi passarono in un lampo, e così quella ridicola settimana di scuola a giugno, che sembra l'ultimo velleitario tentativo della stagione scolastica di tenerti con sè.
La campanella dell'ultima ora dell'otto di giugno fu il colpo di grazia a quello stupidissimo anno di scuola. Nulla fu più lungo di quella patetica manciata di secondi prima del suono, ma passarono anche quelli. Al primo istante in cui la campanella trillò, il sangue iniziò a ribollire, pieno di bollicine e di adrenalina, trasmettendosi in ogni parte del corpo. 
Mi alzai come un razzo e raccolsi i libri, con il sorriso sulle labbra e la gioia nel cuore. La scuola era finita, fuori c'era il sole, i miei genitroi avevano già prenotato due meravigliose settimane al mare: mi apprestavo a trascorrere l'estate che sognavo da tutto l'anno.