Le sue mani sul mio corpo, era questo quella che mi faceva impazzire, il suo modo di toccarmi, le mani sicure che scandagliavano ogni singola parte della mia pelle, quasi a voler leggere l'alfabeto per i ciechi, stava lì e mi toccava, facendomi perdere a poco a poco il contatto con la realtà.
Ho desiderato le sue mani sul mio corpo appena lo conobbi, appena lui strinse con decisione la mia mano miscroscopica nella sua.
Mi ricordo del suo palmo vellutato, dei suoi occhi che esprimevano una fredda gentilezza, ma che quando eravamo nella semioscurità cambiavano completamente, diventando liquidi, bramosi, quasi pericolosi.
Mi ricordo quando mi trovò a dormire sul divano, era appena tornato dal teatro lasciando la sua nuova fidanzata con il desiderio bruciante di scoparlo, o forse prima di tornare si era anche fatto lei.
Avevo messo sua figlia a letto, e lei non poteva somiglirgli di meno, non sembrava nemmeno il padre.
Si sedette sul divano, al mio fianco, e con molta calma mi sfilò il libro di anatomia dalle mani, forse voleva lasciarmi dormire lì, però io mi svegliai e imbarazzata mi tirai su a sedere.
Mi mise una mano sul ginocchio per immobilizzarmi. Bastò uno sguardo perché quella mano salisse, toccando l'esterno coscia piano, fino ad arrivare alla mia vita, che strinse con entrambe le mani, facendola sembrare ancora più sottile.
Avevo paura di toccarlo, ma con sguardo docile mi permise di farlo.
La pelle perfettamente liscia diventava più ruvida in prossimità delle guance, dove la barba comunciava a crescere.
Uno, due, tre baci, le lingue che si toccavano, le Sue mani sul mio corpo. Persi completamente il contatto con il resto del mondo, e lo ripresi quando poggiò la testa sul mio petto, esausto.
Stemmo lì, completamente nudi con i corpi intrecciati e con una strana sensazione che attorcigliava le budella.
Mi chiese di restare ma non lo feci, per qualche strana ragione di orgoglio, o semplicemente perché avevo paura.
Se fossi rimasta avrebbe continuato a toccarmi ed io a perdere il controllo.
Quando me ne andai mi sentii un po' prostituta, mi aveva pagato per aver tenuto d'occhio sua figlia e mi lasciò tenere il resto, forse per pagare anche la scopata. No, è sempre stato un gentiluomo, non lo avrebbe mai fatto, e poi non aveva bisogno di pagare.
Continuammo così per un mese, lui tornava dal lavoro, dal cinema, dal teatro o dal ristorante e io lo aspettavo con ansia.
Stavo seduta in casa sua e correvo ad aprirgli la porta, e quando mi toccava mi sentivo completa.
Penso anche a quando mi diceva di andarmene che così non poteva continuare, che lei ci avrebbe scoperto, ma che dopo le mie urla e le mie lacrime le sue mani correvano a trattenermi, quasi non dipendessero dalla sua volontà.
Fare sesso era il nostro unico modo di comunicare, non sapevo più dove finiva il mio corpo e dove iniziava il suo, eravamo uno dentro l'altro non solo in senso fisico.
Mi ricordo anche di come se n'è andato, invitandomi al suo matrimonio al quale ovviamente non mi presentai.
È uscito dalla mia vita con la stessa velocità in cui è entrato.
E adesso lo guardo, incontrarsi stamattina è stato un colpo, finisce il suo caffè e mi sorride, le sue mani sono già tra le mie gambe nude.
Fine.
Ho desiderato le sue mani sul mio corpo appena lo conobbi, appena lui strinse con decisione la mia mano miscroscopica nella sua.
Mi ricordo del suo palmo vellutato, dei suoi occhi che esprimevano una fredda gentilezza, ma che quando eravamo nella semioscurità cambiavano completamente, diventando liquidi, bramosi, quasi pericolosi.
Mi ricordo quando mi trovò a dormire sul divano, era appena tornato dal teatro lasciando la sua nuova fidanzata con il desiderio bruciante di scoparlo, o forse prima di tornare si era anche fatto lei.
Avevo messo sua figlia a letto, e lei non poteva somiglirgli di meno, non sembrava nemmeno il padre.
Si sedette sul divano, al mio fianco, e con molta calma mi sfilò il libro di anatomia dalle mani, forse voleva lasciarmi dormire lì, però io mi svegliai e imbarazzata mi tirai su a sedere.
Mi mise una mano sul ginocchio per immobilizzarmi. Bastò uno sguardo perché quella mano salisse, toccando l'esterno coscia piano, fino ad arrivare alla mia vita, che strinse con entrambe le mani, facendola sembrare ancora più sottile.
Avevo paura di toccarlo, ma con sguardo docile mi permise di farlo.
La pelle perfettamente liscia diventava più ruvida in prossimità delle guance, dove la barba comunciava a crescere.
Uno, due, tre baci, le lingue che si toccavano, le Sue mani sul mio corpo. Persi completamente il contatto con il resto del mondo, e lo ripresi quando poggiò la testa sul mio petto, esausto.
Stemmo lì, completamente nudi con i corpi intrecciati e con una strana sensazione che attorcigliava le budella.
Mi chiese di restare ma non lo feci, per qualche strana ragione di orgoglio, o semplicemente perché avevo paura.
Se fossi rimasta avrebbe continuato a toccarmi ed io a perdere il controllo.
Quando me ne andai mi sentii un po' prostituta, mi aveva pagato per aver tenuto d'occhio sua figlia e mi lasciò tenere il resto, forse per pagare anche la scopata. No, è sempre stato un gentiluomo, non lo avrebbe mai fatto, e poi non aveva bisogno di pagare.
Continuammo così per un mese, lui tornava dal lavoro, dal cinema, dal teatro o dal ristorante e io lo aspettavo con ansia.
Stavo seduta in casa sua e correvo ad aprirgli la porta, e quando mi toccava mi sentivo completa.
Penso anche a quando mi diceva di andarmene che così non poteva continuare, che lei ci avrebbe scoperto, ma che dopo le mie urla e le mie lacrime le sue mani correvano a trattenermi, quasi non dipendessero dalla sua volontà.
Fare sesso era il nostro unico modo di comunicare, non sapevo più dove finiva il mio corpo e dove iniziava il suo, eravamo uno dentro l'altro non solo in senso fisico.
Mi ricordo anche di come se n'è andato, invitandomi al suo matrimonio al quale ovviamente non mi presentai.
È uscito dalla mia vita con la stessa velocità in cui è entrato.
E adesso lo guardo, incontrarsi stamattina è stato un colpo, finisce il suo caffè e mi sorride, le sue mani sono già tra le mie gambe nude.
Fine. sue mani sul mio corpo, era questo quella che mi faceva impazzire, il suo modo di toccarmi, le mani sicure che scandagliavano ogni singola parte della mia pelle, quasi a voler leggere l'alfabeto per i ciechi, stava lì e mi toccava, facendomi perdere a poco a poco il contatto con la realtà. Ho desiderato le sue mani sul mio corpo appena lo conobbi, appena lui strinse con decisione la mia mano miscroscopica nella sua. Mi ricordo del suo palmo vellutato, dei suoi occhi che esprimevano una fredda gentilezza, ma che quando eravamo nella semioscurità cambiavano completamente, diventando liquidi, bramosi, quasi pericolosi.Mi ricordo quando mi trovò a dormire sul divano, era appena tornato dal teatro lasciando la sua nuova fidanzata con il desiderio bruciante di scoparlo, o forse prima di tornare si era anche fatto lei.Avevo messo sua figlia a letto, e lei non poteva somiglirgli di meno, non sembrava nemmeno il padre. Si sedette sul divano, al mio fianco, e con molta calma mi sfilò il libro di anatomia dalle mani, forse voleva lasciarmi dormire lì, però io mi svegliai e imbarazzata mi tirai su a sedere. Mi mise una mano sul ginocchio per immobilizzarmi. Bastò uno sguardo perché quella mano salisse, toccando l'esterno coscia piano, fino ad arrivare alla mia vita, che strinse con entrambe le mani, facendola sembrare ancora più sottile. Avevo paura di toccarlo, ma con sguardo docile mi permise di farlo.La pelle perfettamente liscia diventava più ruvida in prossimità delle guance, dove la barba comunciava a crescere. Uno, due, tre baci, le lingue che si toccavano, le Sue mani sul mio corpo. Persi completamente il contatto con il resto del mondo, e lo ripresi quando poggiò la testa sul mio petto, esausto.Stemmo lì, completamente nudi con i corpi intrecciati e con una strana sensazione che attorcigliava le budella. Mi chiese di restare ma non lo feci, per qualche strana ragione di orgoglio, o semplicemente perché avevo paura. Se fossi rimasta avrebbe continuato a toccarmi ed io a perdere il controllo. Quando me ne andai mi sentii un po' prostituta, mi aveva pagato per aver tenuto d'occhio sua figlia e mi lasciò tenere il resto, forse per pagare anche la scopata. No, è sempre stato un gentiluomo, non lo avrebbe mai fatto, e poi non aveva bisogno di pagare.Continuammo così per un mese, lui tornava dal lavoro, dal cinema, dal teatro o dal ristorante e io lo aspettavo con ansia. Stavo seduta in casa sua e correvo ad aprirgli la porta, e quando mi toccava mi sentivo completa.Penso anche a quando mi diceva di andarmene che così non poteva continuare, che lei ci avrebbe scoperto, ma che dopo le mie urla e le mie lacrime le sue mani correvano a trattenermi, quasi non dipendessero dalla sua volontà. Fare sesso era il nostro unico modo di comunicare, non sapevo più dove finiva il mio corpo e dove iniziava il suo, eravamo uno dentro l'altro non solo in senso fisico. Mi ricordo anche di come se n'è andato, invitandomi al suo matrimonio al quale ovviamente non mi presentai. È uscito dalla mia vita con la stessa velocità in cui è entrato. E adesso lo guardo, incontrarsi stamattina è stato un colpo, finisce il suo caffè e mi sorride, le sue mani sono già