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Autore: Yume Kourine    03/04/2015    3 recensioni
Allyson ha un lavoro perfetto, più di vent'anni e una storia da raccontare... ma non è la sua storia: quattro ragazzi sono entrati nelle sue giornate quotidiane e le hanno insegnato i valori della vita, i moti della passione e che, a volte, la semplicità non è un difetto.
[Dal Capitolo cinque]
“Ammettilo” dopo qualche minuto di silenzio fui io la prima a parlare, senza però voltarmi “Stai ricavando un sadico divertimento a tormentarmi non è vero?”
“Non potrei mai” rispose basito “Se devo essere sincero non so nemmeno io perché sia seduto qui vicino a te a indagare le persone”
Volsi il capo verso di lui: quella sua risposta mi aveva lasciata stupita e anche curiosa, non tanto per il fatto che fosse ignaro del motivo per cui mi avesse cercata ma più per il suo interesse nel voler “indagare le persone”.
“Sei proprio strano. Mi spieghi cosa trovi di interessante nelle persone sconosciute?”
Scoppiò a ridere: aveva una risata, come potrei dire... viva. Sì, viva. Perché era fresca, melodica e sincera.
(Storia rivisitata)
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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D A IV I E L 
 

 

 

Non balbettare, non balbettare, non balbettare...

Salve... ehm, sono Dan Smith”

Ecco, l'ho fatto.

2002

 

Si dice che l'adolescenza sia il periodo più intenso e meraviglioso dell'intera vita: un immenso oceano di emozioni in cui immergersi, un cielo pieno di idee su cui planare, una terra sconosciuta da scoprire.

Scoperte... direi che questa sia la parola giusta per indicare quegli anni in cui ero solo un ragazzino di a malapena sedici anni, robusto e goffo.

Le persone a questa età pensano a divertirsi, a godersi la vita e a trovare l'amore senza conoscerlo in profondo... eppure io non mi sono mai sentito come gli altri; la mia era una ricerca diversa, più intima e personale.

Naturalmente anche io avevo i miei svaghi e amici stretti con cui condividevo giornate incredibili ed eventi memorabili. E, come tutti i miei coetanei, avevo un segreto... Un segreto che mai avrei rivelato.

O almeno così credevo.

“Daniel!”

Mia madre entrò in camera all'improvviso, costringendomi a bloccare di scatto lo schermo del computer, gesto che non avrei dovuto fare poiché colpii con il gomito la pila di fogli accanto a me, spargendo i suoi mattoni di carta per tutta la stanza.

“Di nuovo al computer? Ti fa male alla salute!” mi rimproverò lei chinandosi per raccogliere alcune bozze ma io mi alzai di scatto - o meglio dire, mi scaraventai dalla sedia - per sottrarglieli ed evitare che leggesse il loro contenuto: conoscendo la curiosità e la preoccupazione di mia madre non avrebbe esitato a dare un'occhiata a quei fogli stropicciati e riempiti da innumerevoli scritte e disegni.

“Potresti uscire con gli amici o studiare un po'! Non è normale che un ragazzo della tua età si isoli in casa a non fare nulla”

Nulla... Era questo che pensavano delle mie attività. Mi dava parecchio fastidio ma dentro di me sapevo che non avrei potuto fare altro che sopportare e tenere segreto il mio progetto.
“Veramente tengo calda la sedia, può andare bene come attività?” risposi, sperando che non chiedesse nulla riguardo ai fogli.
“Il tuo pessimo sarcasmo non mi tocca Daniel! Vedi di fare qualcosa di utile entro pochi minuti o non rivedrai il tuo computer per molto tempo!” concluse lei lasciando la stanza.

Appesantito dalle minacce di mia madre, abbandonai le forze e lasciai che la forza di gravità mi portasse a contatto con la morbida coperta rossa del letto, il migliore amico degli studenti adolescenti; immersi il mio volto nel cuscino e borbottai frasi assurde ma che non raggiunsero un suono comprensibile poiché l'oggetto morbido le bloccava non appena prendevano il volo dalla mia bocca.

Pochi minuti più tardi, mi ritrovai con lo sguardo rivolto verso il soffitto, in particolare mi concentrai su quelle ragnatele che, da qualche settimana, decoravano la mia stanza e mi facevano compagnia: erano particolarmente grandi, composte da numerosi intrecci che ricordavano sia forme geometriche che astratte.

Ho sempre avuto paura dei ragni, ma non posso non apprezzare la loro capacità artistica: scelgono con cura il posto adatto per costruire la loro casa, un insieme di fili argentati e di impegno, per poi poter vivere serenamente, fieri della loro opera che ogni creatura può ammirare.

Mi ero perso in questa riflessione in quel freddo pomeriggio, concentrandomi sul progetto che stavo portando avanti da molto, molto tempo.

In quei fogli non vi erano semplici appunti né parole messe a caso: era un gruppo di frasi che formavano un testo e ad accompagnarlo v'erano alcune note e suoni “silenziosi” non ancora definiti.

Stavo scrivendo una canzone, o meglio, stavo improvvisando alcune note sfruttando i miei pensieri e le mie considerazioni di quel periodo. Ero molto motivato, volevo impegnarmi con tutto me stesso per realizzare quella “canzone”.

Perché? Non so dare una risposta.

Ho sentito nella testa una melodia, ho approfondito una tematica maturata nella mia mente e da questa sono nate parole e significati che impulsivamente avevo trascritto su carta.

In quei mesi restavo chiuso in camera a scrivere e a comporre, anche se a dir la verità il risultato era abbastanza scadente, dato che sapevo suonare soltanto il pianoforte.

Molti si chiedevano cosa facessi in quella stanza, accusandomi di essermi isolato, lontano dal mondo e dalle sue distrazioni. Ma non ero un eremita, avevo anche io le mie debolezze, e i miei amici sapevano farle emergere al meglio, infatti in quel pomeriggio mi contattarono per darmi una notizia interessante.

“Mi stai prendendo in giro?”.

“E perché dovrei? So del tuo folle amore per Lynch e, dato che non ci vediamo da molto tempo e che avevo voglia di vedere film alternativi, ho pensato di coinvolgerti. Ci stai?”.

Volsi lo sguardo verso la locandina di Mulholland Drive, il film che aveva dato inizio a quella folle ossessione per il cinema e per l'horror, il primo film significativo che non si può scordare.
“Dieci minuti e sono da te!”

Sì. Stavo sorridendo come un bambino idiota: ma, cavolo, parlavamo di una maratona dei film Lynch, cos'altro avrei potuto desiderare?

E poi mia madre mi avrebbe lasciato andare di sicuro, data la mia scarsa voglia di uscire nell'ultimo periodo.

E così, in circa una mezz'oretta, raggiunsi la casa che presto sarebbe diventata il nostro cinema personale, con tanto di popcorn e poltrone scomode.

 

 

 

Spero che queste canzoni vi piacciono,

non so che altro dire, sono un tipo noioso...

ok, sto zitto”

Ma quanto sono cretino...



2007

 

“Signore e signori, ecco a voi il signor Daniel Campbell Smith pronto per una delle sue epiche figure di merda!”

Mi voltai verso i miei compagni e cercai di socchiudere gli occhi nel modo più malvagio possibile ma il risultato fu solo una buffa smorfia che aumentò il volume delle loro risate, credo che sia stato centro di attenzione dell'intero campus.

Cercai di non pensare a eventuali distrazioni, presi fiato e mi avvicinai a un gruppo di ragazze impegnate a ripassare vari argomenti, probabilmente per l'esame imminente; in pochi secondi divenni il soggetto di quegli occhi luminosi e curiosi, mi sentivo come un tordo che cercava di sfuggire ai cacciatori.

“Ciao” dissi con voce piatta. Nuovamente gli occhi delle giovani mi scrutarono da cima a fondo, la cosa mi dava parecchio fastidio e l'imbarazzo era riuscito a tingermi le guance di una lieve sfumatura rosa risaltata dalla mia carnagione pallida; e pensare che avevo origini sudafricane, la cosa era alquanto comica ed era solita essere soggetto delle battute dei miei compagni.
“Se inizi così non riuscirai a rimorchiare nessuna di noi, carino” disse quella appoggiata all'albero, aveva un forte accento irlandese.

“Veramente ho altre intenzioni, sono venuto per restituire un libro a Rachel” risposi pacatamente avvicinandomi timidamente a una giovane bionda, sdraiata su una coperta, che appena sentì pronunciare il suo nome alzò lo sguardo, dello stesso colore del filo d'erba che stava intrecciando, verso di me. Rachel era la mia compagna di corso, una ragazza sicura di sé, vivace... e bella. Dannatamente bella.

I miei tentativi goffi di flirtare con lei erano stati vani ma, per un buffo scherzo del destino, quel pomeriggio mi ero ritrovato il suo libro nello zaino. E ovviamente i miei amici mi spronarono a cogliere l'occasione, soprattutto Ralph, la mia “spalla” personale.

Porsi il prezioso libro pieno di appunti e foglietti di carta all'interessata che si alzò:
“Grazie Daniel” disse facendo un cenno con il capo. Poi, per mostrarsi gentile, iniziò a conversare con me “A che punto sei con il programma?”

“Direi piuttosto bene, dato che adoro questi autori” risposi sorridendo.

“Davvero? Per esempio?”.

“Blake e Wordsworth li ho studiati con piacere”.

“Sono autori che non ricevono abbastanza meriti a mio parere, non credevo fossero il tuo genere!” mi disse lei sincera.

“Perché? Che genere mi associ?” le chiesi, curioso di scoprire cosa pensasse di me.

Lei abbassò lo sguardo, per la prima volta la vidi in imbarazzo eppure, maledizione, era carina anche con quell'espressione impacciata.

“Gotico... qualcosa di più sovrannaturale” rispose infine lei.

“Beh, credo che potrei stupirti” le sussurrai.

Scoppiò a ridere e strinse forte il libro. Eccola lì, la meravigliosa bellezza di Rachel.

“Potresti farlo domani pomeriggio. Che ne dici di un ripasso e di un caffè?” mi propose mentre si portò dietro all'orecchio una ciocca bionda.

“Certo, mi farebbe molto piacere” Non riuscivo ancora a credere alle mie parole, anzi, alle sue parole!

Mi allontanai ancora sconvolto mentre udii la risatina acuta da parte del gruppo di ragazze, mi voltai per un istante e Rachel mi salutò con un delicato movimento della mano.

Sorrisi e raggiunsi il mio gruppo di amici e, non appena seppero del mio “appuntamento”, per un istante rimasero in silenzio, poi si alzarono e si congratularono con me.

Ralph appoggiò una mano sulla mia spalla e mi arruffò i capelli con l'altra.

“Te lo avevo detto... Wordsworth e Blake non deludono mai se si tratta di donne! Potresti recitarle un sonetto di Shakespeare, cadrebbe subito ai tuoi piedi!”.

“Morire, dormire. Dormire, forse sognare.

Sì, qui è l’ostacolo, perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire

dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale deve farci riflettere”.

“Bravo, così la fai scappare!” mi diede un leggero pugno sul petto e poi sorrise. “Anzi, perché non le fai leggere direttamente quello che scrivi?”.

“Cosa?!” sgranai gli occhi spaventato. “Come fai a sapere...”.
“Mi prendi per stupido? Sono un compositore anche io Dan, riconosco perfettamente chi scrive canzoni” alzò lievemente il capo, come se volesse dimostrare la sua superiorità. Dopo una lunga pausa però mi sussurrò “E poi dal bagno si sente quando suoni il pianoforte, sai?”
.

I miei pensieri rimasero immobili così come le mie labbra, in quel momento non sapevo cosa dire. Certo, non avrei potuto nasconderlo per sempre ma mai avrei pensato che qualcuno si interessasse a quello che facevo.

Solitamente, quando componevo canzoni, le persone non facevano caso ai miei suoni né mi domandavano se fosse una mia creazione. Vi era un sorta di menefreghismo, o almeno così credevo.

“A proposito delle tue canzoni” Mi voltai verso il mio coinquilino, Stephen se non ricordo male, e per la prima volta vidi nel suo volto una serietà spaventosa.

“Ecco, ho trovato le tue canzoni interessanti e quindi... Ti ho iscritto al Bright Young Things”.

Tre parole.

Furono quelle tre parole a fermare il tempo, soffocare i suoni, oscurare le immagini attorno a me.

Per pochi secondi restai come immerso in acqua: senza pensieri, parole né respiri.

Lo stupore modellò il mio volto mentre il mio cuore si esibì in un “assolo” di battiti e pulsazioni così intensi da raggiungere le mani e i piedi.

“Dan?” chiese Stephen e dal suo sguardo capii che non si aspettava questa mia reazione. Riacquistai il controllo del mio corpo e del mondo circostante.

“Quando mi hai iscritto? E quando si sapranno i risultati?” chiesi calmo, senza mostrare alcuna agitazione.

“Il vincitore è stato annunciato ieri. Non so come dirtelo...” abbassò il tono della voce.

Sospirai e scoppiai a ridere. Credo di non aver mai sperato di poterlo vincere, quel concorso; le mie canzoni non erano niente di speciale né tanto meno potevano essere considerate una novità, non sarebbero mai piaciute ad una giuria o ad un pubblico.

“A questo punto posso tranquillizzarmi! Potevate tenerlo segreto, non sarebbe cambiato nulla! Mi avete fatto prendere un colpo! Non provate mai più a fare una cosa del genere altrimenti io potrei...”

“No Dan, sto cercando di dirti che... hai vinto”.

“Eh?!”.

Ralph sgranò gli occhi e pochi secondi dopo si buttò sulle mie spalle: “Congratulazioni Smith! Ma guarda te, il ragazzo più pessimista che io conosca ha vinto il Bright Young Things!”.

Il mondo sembrò diventare meraviglioso, lo stesso mondo che pochi istanti prima mi parve rallentare; mentirei se dicessi che non provai gioia, anzi, per la prima volta nella mia tranquilla e breve vita capii l'importanza della parola “orgoglio” e che il mio non era un semplice passatempo.

Io avevo vinto.

Le mie canzoni e la mia passione avevano vinto.

“Assurdo... Assurdo”.

 


 

 

 

Mi stanno guardando tutti... forse sono troppo rigido?

O forse ho stonato?

Gli altri sono così tranquilli... Come fanno? No, devo restare concentrato.

Dan, fallo per loro.

 

 

2010

Era stato un pomeriggio molto interessante: mi ero letteralmente immerso tra i libri sparsi sul mio letto, il mio santuario che non vedevo -e su cui non restavo comodamente sdraiato- da parecchio tempo, e appunti di film che avevo visto negli ultimi tempi... e ovviamente era scattata l'ispirazione.

Volevo scrivere qualcosa che si distaccasse dallo stereotipo di cantante e durante questo pensiero un suono prese forma nella mia mente e mi spinse a battere le mani e a scuotere il capo, come per seguirlo, lasciarmi trasportare da quello che era partito come una nota e si era trasformata in melodia.

In quel momento avevo solo un obiettivo: dar vita a quella melodia.

Accesi la tastiera e presi un foglio pentagrammato, ero pronto per comporre. Era da molto tempo che non mi concentravo in quel modo: da quando avevo vinto il Leeds' Bright Young Things la mia vita era cambiata, in pochi mesi mi ritrovai su vari palchi, davanti a una folla di persone e la cosa mi aveva particolarmente traumatizzato.

Avevo scritto tante altre canzoni, “Alchemy” e “Words are words” erano quelle che mi erano riuscite meglio, ne andavo molto orgoglioso ma non era bastato l'amore per i miei testi a farmi restare calmo durante le esibizioni.

Eppure sentivo l'impulso di andare avanti, di scrivere. Ma alle mie parole e alla mia semplice melodia mancava qualcosa. C'era un vuoto dentro me e non riuscivo a colmarlo.

“Mi piace questa frase, meglio segnarla...”.

“Dan!” la voce di mia sorella irruppe nei miei timpani, lasciandomi paralizzato per qualche secondo. “È da un po' che ti chiamo! Sono stufa dei tuoi decolli verso il tuo mondo mentale!” continuò e agitò le mani come se stesse per spiccare il volo.

“Signori passeggeri, è il capitano Dan che vi parla, il volo verso il mondo mentale è stato interrotto a causa di una perturbazione brutta, criticona, rompiscatole,...”

Io e mia sorella eravamo molto uniti, persino negli insulti si percepiva il nostro affetto reciproco.

“Smettila di fare lo stupido. C'è Ralph di sotto che ti sta aspettando, sbrigati e raggiungilo!”

“Digli che tra due minuti l'aereo atterra!”
“Come faccia quel povero ragazzo a sopportarti è proprio un mistero!” concluse prima di allontanarsi verso camera sua.

Avevo un appuntamento importante con Ralph quel pomeriggio: mi aveva proposto di incontrare un suo conoscente, esperto nel campo musicale. Dato che era da parecchio che non vedevo Ralph e in quei giorni non avevo programmi in mente, accettai il suo invito convinto che avrebbe portato qualcosa di utile nel mio obiettivo.

Uscimmo di casa senza fretta, era una bella giornata e volevamo godercela al meglio: vi era una fresca brezza, piacevole da respirare, che aveva disposto le nuvole in modo ordinato per rendere più regale l'ingresso del sole, protagonista di un gioco di raggi luminosi che si concentravano principalmente sulla London Eye, l'occhio che riusciva a vedere ogni cosa, bella o brutta che fosse, di Londra.

“A proposito, hai trovato lavoro alla fine?” mi chiese Ralph ad un tratto. Giorni prima lo avevo avvisato che avrei cercato un lavoro part-time per guadagnare abbastanza soldi da permettermi una tastiera nuova.

“Sì, dal McDonald's in pieno centro. La paga è buona ma il berretto è veramente scomodo, mi sento ridicolo”
Ralph provò a immaginarmi con il grembiule e il cappello con il logo del fast food (e quindi ai miei folti capelli nascosti dentro a un cappello) risultato? Una rumorosa e lunga risata che attirò l'attenzione dei passanti.

Chiacchierammo parecchio durante la nostra passeggiata, il tempo passò in fretta; raggiungemmo un grande palazzo, sede di numerose aziende e uffici. La cosa che mi colpì di più furono le finestre decorate con cornici e il colore pietra che rendeva l'edificio maestoso, ovviamente anche la sua elevata altezza faceva bella figura.

“Ralph, sei sicuro che non disturbiamo?” Avevo una certa abitudine ad agitarmi poco prima di un incontro o di iniziare qualcosa di importante, ma ormai Ralph sapeva bene come tranquillizzarmi.
“Non essere nervoso, Mark è un amico e sono sicuro che lo troverai interessante"
.

“Se lo dici tu”.

Entrammo nell'imponente edificio e fummo accolti da una segretaria che cortesemente ci indicò la via per raggiungere il piano interessato, che per nostra fortuna non era uno degli ultimi, non credo che sarei riuscito a fare tutte quelle scale. Non ero mai stato in un edificio così spazioso e alto, ammetto che ero molto emozionato.
“Quindi... hai deciso di continuare?”.

“Che intendi dire?” Quella domanda improvvisa mi turbò non poco. Non capivo a cosa si stesse riferendo Ralph.
“Quando sono entrato in camera tua...” si fermò sul pianerottolo e si voltò per farsi capire meglio.
“Sei entrato in camera mia?!” lo interruppi, stupito di non essermi accorto della sua presenza.

“Non te ne sei accorto, eri entrato in trance e stavi borbottando qualche frase, deduco quindi che tu voglia continuare a suonare”.

Non ho mai capito come diavolo facesse Ralph a leggere nella mia mente... sembrava che i miei pensieri sporgessero dalla mia fronte, come in un altorilievo, da quanto erano facilmente percettibili.
“A dir la verità, sento un forte desiderio di comporre musica però non voglio farlo da solista. Voglio... formare una band”
.

“Sul serio? Come mai questa decisione?”.

“Ho in mente qualcosa di grande, Ralph. E per riuscire al meglio nell'intento ho bisogno di un gruppo”.

A Ralph potevo raccontare tutto, dalle cose più banali ai discorsi più intimi e profondi, era e rimane tuttora una persona fantastica su cui contare sempre. Credo di essergli davvero grato per l'appoggio che mi ha dato in quei giorni.

Nuovamente sembrò riuscire a tradurre le mie espressioni perché sorrise dolcemente, come un fratello maggiore fa con il fratellino che ha appena imparato una nuova parola.

“Ti vedo determinato, mi fa molto piacer...” Ralph venne interrotto bruscamente poiché venne travolto da una ragazza che stava correndo per le scale: mai vista tanta velocità nel percorrere gradini così alti.

Quando mi passò accanto mi accorsi che aveva una scia lucente che le ricalcava la guancia mentre il capo era inclinato verso il basso, chiaro segno di pianto. Ma per quale motivo?

In pochi istanti mi accorsi che era una ragazza molto giovane, forse troppo giovane per far parte di una compagnia del genere. Allora perché era lì? Non so perché mi concentrai tanto su quella sconosciuta, ma tutte quelle domande che la circondavano suscitarono in me il desiderio di volerla conoscere.

“L'educazione è diventato un'opinione a quanto pare. Che tipo” sbuffò Ralph tenendo lo sguardo fisso sulla ragazza che raggiunse la rampa successiva. Poi si accorse della mia messa a fuoco sulla ragazza in fuga e cercò di capire la situazione: “Dan? Che ti prende?”.

Scossi il capo, come se mi fossi svegliato da un sogno, anzi, come se avessi distolto lo sguardo durante la visione di un film interessante.

“Niente”.

 

Dopo un'ultima rampa di scale riuscimmo a raggiungere il fatidico piano: era pieno di gente che correva da una stanza all'altra, mi sembrava di essere finito in un alveare.

Ralph si guardò intorno e riconobbe una persona, probabilmente il famoso Mark Crew di cui mi parlava in continuazione.

La barba folta gli dava un'espressione da duro ma i suoi occhi sembravano dire tutt'altro, pensate che mi ero addirittura calmato quando le sue iridi si concentrarono su di me.
“Sei Dan Smith, l'autore di Alchemy?”
.

Arrossii, incredulo che qualcuno si ricordasse di quella canzone, anzi, che qualcuno sapesse chi fossi grazie ad una mia creazione.

“Vorrei farti i miei complimenti. Mi è piaciuta molto sin dal primo ascolto, sei riuscito a creare una perfetta “alchimia” di temi e di suoni. E il testo è proprio originale”.
“T-ti ringrazio” borbottai. Non ero abituato a sentire commenti sulle mie canzoni e la cosa era molto piacevole e allo stesso tempo terribilmente assurda.

Iniziammo una lunga conversazione, almeno a me parve non finire mai; Mark si era dimostrata una persona attenta e precisa, ma anche molto ironica e aveva gusti musicali molto simili ai miei.

“Se hai intenzione di continuare questa strada sarei felicissimo di aiutarti. Sono un produttore alle prime armi certo, però porto sempre a termine i miei progetti e i miei obiettivi e me la cavo con la tastiera.”

“Senz'altro. Sarà un piacere lavorare con te Mark!”
Ero rimasto colpito ed ero entusiasta di aver trovato un collaboratore. Il desiderio di formare una band era diventato qualcosa di raggiungibile... e presto sarebbe diventato inevitabile.

Ritornai a casa distrutto ma con una meravigliosa sensazione nel cuore. L'ingresso di mia madre però mi costrinse a rimandare i bei pensieri ad un altro momento.

Si avvicinò agitando un foglio e me lo porse:
“Guarda un po' cosa ho trovato nella cassetta della posta! Potrebbe servirti.”
“Grazie, mi mancava giusto un volantino alla mia collezione di fogli che tu ritieni inutili, cos'è? Sei passata al lato oscuro?” la schernii ma mia madre rimase impassibile: il mio senso dell'humour aveva toccato livelli bassi.

Lessi attentamente il contenuto e rimasi stupito, poi guardai mia madre che iniziò a parlare:

“Potresti imparare a suonare la batteria, così potrai sperimentare nuovi suoni per le tue canzoni”.

Per qualche arcano motivo, quando la mia famiglia “scoprì” della mia attività di cantante amatoriale non si stupì né si oppose, anzi furono molto entusiasti, soprattutto mia sorella.

“Mamma non credo di essere portato per la batteria e poi non posso chiamare uno sconosciuto così all'improvviso e...” non ebbi il tempo di finire la frase che lei aveva già digitato il numero e aveva portato il telefono all'orecchio:

“Salve, lei è il signor Wood? Vorrei prendere appuntamento...”.

“O mio... Che stai facendo?” Le urlai prendendole il telefono e lei, dopo essersi abbassata gli occhiali, mi dedicò uno dei suoi sguardi vittoriosi che facevano gelare il sangue. Sbuffai sconfitto e avvicinai il telefono all'orecchio.

“Pronto?”.
“Perdona l'impulsività di mia madre.” presi fiato, la conversazione era partita nei peggiori dei modi, perciò continuai con una semplice presentazione “Comunque piacere, sono Daniel”.
“Ciao, sono Chris. Vuoi prenotare una lezione? Dimmi dove e quando così ci possiamo mettere d'accordo” sembrava molto esaltato, come se fossi il suo primo cliente.

“Da quanto tempo suoni la batteria, se posso chiedere?”.

“Da tanti anni, non sono all'altezza di John Bonham ma posso confermare che me la cavo piuttosto bene e conto di migliorare sempre più...” Bastarono quelle parole a far scattare qualcosa; quell'ambizione, quella fiducia nelle proprie capacità erano quello che stavo cercando.

Senza rendermene conto e senza lasciarlo finire di parlare gli chiesi, quasi sfacciatamente:

“Vuoi entrare nella mia band?”.

Il resto della conversazione fu totalmente assurdo, quando mia madre mi chiese com'era andata con lo “sconosciuto” le risposi sorridendo: “Non è più uno sconosciuto. È il mio batterista”.

 

 

 

Di solito prendevo le cose con calma e riflettevo bene prima di buttarmi in qualcosa, ma non quella volta.

Io e Chris, che preferì farsi chiamare Woody, ci esibimmo poco tempo dopo esserci incontrati, in uno dei bar che organizzava volentieri le esibizioni delle band locali, anche se la serata mi è costata ben la paga di due giorni di lavoro è stata molto gratificante e produttiva. Come supponevo (e speravo) era nata una perfetta sintonia tra noi due, non mi ero mai trovato così bene a suonare con qualcuno.

E anche il pubblico se ne rese conto: Woody era fenomenale ad ogni brano che suonammo, per una volta mi sentii in grado di affrontare qualsiasi evento o situazione.

Dopo la nostra esibizione ci prendemmo da bere e ci lasciammo trasportare dall'atmosfera del locale. Ad un tratto mi accorsi di una ragazza, una mia vecchia conoscenza e cara amica:

“Lucy” L'interessata si voltò e appena mi riconobbe mi venne incontro e mi abbracciò.

“Dan come stai? È da tanto che non ci vediamo!”.

“Troppo tempo”.

“Avevo ragione allora, il cantante eri tu! Ti ho riconosciuto subito”.
“Davvero? Perché sono alto e irresistibile?” Alzai il mento come per vantarmi e lei scoppiò a ridere.
“Che scemo! Soltanto Dan Smith poteva restare rigido come una corteccia! Comunque siete stati proprio bravi!”
.

“Non prendermi in giro!”.

In quel momento si avvicinarono a Lucy due persone e lei, da brava amica qual era, li presentò:

“Loro sono Elizabeth, una mia compagna di liceo, e William, un suo amico. Ragazzi questo è Daniel Smith, il ragazzo di cui vi ho parlato poco fa.”.
“Siete stati bravissimi!” mi disse Elizabeth.

“Sì, non siete niente male, lo confesso” borbottò il ragazzo, non capii se fosse serio o rimasto veramente colpito dalla nostra musica. Aveva un'aria misteriosa, all'apparenza parve una persona seria e dall'aspetto fisico sembrava il classico burlone che faceva a botte per divertimento.
“Ti ringrazio, anche se abbiamo ancora tanta strada sono sicuro che faremo progressi!”
.

Lucy ed Elizabeth, vedendoci attenti nelle nostre conversazioni, si allontanarono per prendersi da bere.
“Le hai scelte tu le cover da eseguire?” mi chiese William curioso e rimasi sorpreso da quella domanda.
“Sia io che il mio compagno” dissi indicando Woody che si avvicinò sentendosi tirato in causa.

“Abbiamo cercato di comprendere tutti i generi” continuai e Woody annuii.

“Beh, non ho sentito nulla di jazz” mi confessò per poi esplodere in un sorriso.
“Personalmente il jazz non mi piace” gli disse Woody scatenando una strana reazione da parte del ragazzo.

“Nemmeno a me per questo non abbiamo suonato nulla di simile... perché a te piace?” gli chiesi.
“No... certo che no!” disse abbassando lo sguardo per poi proseguire “Comunque se aveste degli archi e qualche chitarra secondo me otterreste un grande successo”.
“Sembri molto preparato... Per caso sai suonare qualcosa?”
.

Woody mi guardò perplesso, temendo che fossi pronto per una nuova azione impulsiva. E William mi provocò per bene:
“Beh, me la cavo al basso e alla chitarra ma...”

Mi bastò sentire il nome dei due strumenti per farmi avvicinare a William con occhi lucenti:
“Vorresti entrare nella mia band?”
.

William sgranò gli occhi, borbottò qualcosa tra sé e sé e poi mi fissò:
“Ma sì. Contate su di me”
.

Quello è stato il reclutamento più rapido di tutta la storia, credo. A ripensarlo, non riesco a non trattenere una risata.

 

 

 


Eravamo molto esaltati: Will si era adattato in pochissimo tempo, anzi, notavo che suonava il basso con una naturalezza che mi resero ancora più orgoglioso di averlo preso nel gruppo.

Il tempo volava ma i progressi non si vedevano per il semplice fatto che in tre era difficile lavorare al meglio, avevo bisogno di altri membri. Ma ogni volta che provavo a chiedere ad amici e ad amici di amici di conoscenti l'unica risposta che ricevevo era un durissimo “no”, per il semplice fatto che ci scambiavano per dei ragazzini che si divertivano a giocare ai musicisti.

Non si rendevano conto che per noi non era un gioco, e con il tempo mi resi conto che anche per Will e per Woody era la stessa cosa: la formazione della band divenne un obiettivo di importanza vitale.

E così mi ritrovai all'ennesima festa di amici sperando di reclutare qualcuno, mi sentivo come un lupo che scrutava attentamente tra le prede per scegliere quella più tenera e gustosa.

“Dan smettila di fissare la gente! Metti paura” ansimò Ralph dandomi uno strattone.

“Ralph non hai capito che sono qui per cacciare! Devo essere inflessibile e attento”.

Avevo bevuto un bicchiere di troppo quella sera... No, sarò sincero con voi. Avevo bevuto qualche bottiglia di troppo, ma non ero ubriaco... non tanto almeno.

“Devo reclutare gente per la mia band!” urlai ad un certo punto.
“Non mi sembra il luogo né la situazione adatta, sai? Non puoi chiedere a gente estranea di...”
“Ti piacerebbe entrare nella mia band?” chiesi a due ragazzi, i loro volti mi avevano ispirato peccato che la cosa non fu reciproca perché mi mandarono a farmi fottere per poi riprendere le loro attività stupide, ovvero picchiarsi davanti alle ragazze e versare i bicchieri per terra per fare un po' di scena.

“Senti Dan, facciamo così. Ti siedi qui e mi aspetti.” Ralph mi fece accomodare vicino a un tavolo pieno di patatine, bicchieri mezzi vuoti e pieni di fazzoletti sporchi. Istintivamente gli chiesi molto esaltato:

“Stai andando a cercarmi i membri per la band?”.
“Sì, Dan. Quando tornerò avrò un sacco di numeri di gente che vorrà entrare nella tua band. Vado a prendere le chiavi della macchina”
.

E vidi Ralph sparire tra la folla che si era messa a ballare sulle note di una canzone molto pop, non ricordo quale fosse, forse Lady Gaga o Madonna.

Mi appoggiai sullo schienale del divano e mi guardai intorno fino a quando non vidi una ragazza simile a quella che si scontrò con Ralph.

Strizzai gli occhi cercando di capire se fosse lei finché sentii una mano cingermi la spalla, quando mi voltai vidi il volto di un giovane ragazzo dai folti baffi e dalla barba vaporosa.

“Quella ragazza è troppo simpatica! Sai, ha un portachiavi troppo carino, a forma di gatto”

“Ti piace quella ragazza per via del suo portachiavi? Sei strano, amico”.
“No, tu sei quello strano perché ti ho visto guardare le persone con una faccia assurda!”
.

Scoppiammo a ridere e in quel preciso istante misero sul tavolo una decina di bottiglie di birre e noi, da bravi uomini qual eravamo, ne approfittammo. Dopo il brindisi iniziammo a “sorseggiare” un'abbondante quantità di birra per poi discutere e conoscerci meglio.

Ricordo poche cose di quella conversazione: avevamo studiato entrambi all'Università di Leeds eppure non ci eravamo mai incontrati, era un fanatico di gatti ed entrambi eravamo talmente esaltati che ci mettemmo a intonare canzoni senza senso.

C'è una parte che però ricordo con certezza. Beh, un dialogo così non si può scordare...

“Aspetta... Ricominciamo: io sono Dan Smith. Vuoi entrare nella mia band?”.

“Ciao, sono Kyle Simmons. Sì, voglio entrare nella tua band”.
Inizialmente rimasi con la bocca spalancata poi scoppiai a ridere e lo riempii di abbracci e di inchini.

“Aspetta, aspetta! Dammi il tuo numero così ci sentiamo! Riesci a dettare il tuo numero?”
“Senti, sarò brillo ma non sono ubriaco! Allora...” Rimase in silenzio e poco dopo mi disse che non si ricordava il numero così dovette prendere il telefono; dopo varie peripezie riuscimmo a scambiarci i numeri.

Poi ci furono le risate, le danze... e il buio più totale, almeno fino al giorno dopo.

Mi svegliai con un tremendo dolore alla testa e mi ricordai che Ralph mi aveva riportato a casa e buttato, letteralmente, sul letto.

“Ieri ho alzato troppo il gomito... anzi entrambi i gomiti” borbottai prima di lasciarmi cadere nuovamente sul materasso.

Presi il telefono per controllare l'ora: erano le due del pomeriggio. Mi massaggiai la testa cercando di ricordare qualcosa di quella serata; sentivo che era successa una cosa importante. Quando guardai fuori dalla finestra mi accorsi di un gatto che attraversava la strada, in un istante mi ricordai di Kyle e della nostra conversazione.

Cercai il suo numero in rubrica e quando vidi tra i contatti “Kyle dal baffo lungo” scoppiai a ridere, ripensando a quanto fossimo ubriachi.

Digitai il suo numero e restai in attesa, con la speranza che si fosse ricordato di me.

“Okay -Dan dal gomito facile- ” quel soprannome mi aveva infastidito parecchio “mi ricordo poco e niente, perciò rinfrescami la memoria.”
“Ti ricordi per caso la storia della band?” gli chiesi fiducioso.
“Sì! Quella me la ricordo” Sorrisi e feci per rispondergli ma lui mi anticipò “molto divertente come battuta”

Rimasi in silenzio e in preda alla confusione:
“Guarda che io ero serio. Voglio che tu sia il quarto membro”
.

“Come?! Scherzi?!”.
“No, Kyle entra nella mia band ti prego!”.

“NO! Non sai nemmeno cosa suono né se suono bene”.
“Scommetto su di te!”
.

Non vi sto a raccontare tutti i tentativi per convincere Kyle ad entrare nel gruppo, sono troppi e superflui, impiegherei dei giorni. Volevo solo citarvi questo episodio perché... mi fa sorridere sempre.

E ammettiamolo, è la cosa più assurda che possa capitare!


"Grazie a tutti per essere venuti,
spero abbiate passato una splendida serata!"
È andata

 

 

Quella sera le strade erano deserte, persino le zone vicino ai locali erano state accolte da un'insolita pace, quasi mistica. Eravamo soltanto io e la notte.

Ho sempre adorato viaggiare in tarda serata, sia a piedi che in macchina, non capisco perché l'essere umano tende ad averne paura... No, mi correggo: credo che si temano le persone che manipolano la notte più della notte stessa.

Raggiunsi il mio appartamento verso le undici e la prima cosa che feci fu sedermi sul divano e togliermi le scarpe. Ralph non era ancora tornato per via dei suoi impegni come membro dei “To Kill A King”, in quel periodo lo vedevo raramente, tra il lavoro e le esibizioni.

Lasciai alle spalle ogni pensiero, in quel momento volevo soltanto sdraiarmi sul mio adorato letto e recuperare le forze, non mi ero neanche tolto i vestiti infatti pochi istanti più tardi la coperta assorbì il forte odore di alcol e fumo mescolati insieme, ma in quel momento non mi crearono fastidio. Inizialmente pensai ad Allyson, a come fossi stato duro nei suoi confronti, poi però mi concentrai sull'esibizione: era un momento delicato e non potevo permettermi distrazioni. Inizia a riflettere su ogni particolare di quella serata: come prima volta ero piuttosto soddisfatto, ma sapevo bene che non era abbastanza; dovevamo impegnarci di più, perfezionare la nostra tecnica così da poter passare a generi diversi e nuovi e proporre qualcosa di originale.

Posai lo sguardo sulla scrivania vicino alla finestra, nel punto in cui si innalzava una serie di fogli e poi scoppiai a ridere: ripensando agli otto anni precedenti, quella pila era soltanto un gioco, un modo per poter evadere dalla realtà, invece con il passare del tempo si era evoluta in qualcosa di più prezioso, era l'esito di quella che è diventata una passione, un ideale da realizzare. In quei fogli vi erano le bozze di quelle che sarebbero diventate le canzoni della band.

All'epoca eravamo solo quattro sconosciuti riuniti per suonare canzoni, chiacchierare davanti a un bicchiere di birra e inseguire un sogno che sembrava non doversi trasformare in realtà.

Mai avrei detto né immaginato che saremmo diventati inseparabili, che le nostre canzoni sarebbero diventate la colonna sonora delle giornate delle persone di tutto il mondo o che... Forse sto correndo troppo, vi sto raccontando di una band che, dopo mesi di lavoro, non aveva nome.

La storia inizia adesso...

 

 

 

 

 

 

 

 

~La Tana dell'Autrice~

Ciao a tutti! Prima di tutto un avviso: tutto questo è frutto della mia fantasia, mi sono ispirata solo in parte alla realtà.

Secondo, mi dispiace non essere più riuscita a continuare questa storia, cercherò, dopo la maturità, di riprenderla con ritmi più rapidi e regolari.

Spero vi piaccia! Vi sarei grata se lasciaste un commentino o una critica.

A questo proposito ringrazio tutti coloro che hanno recensito questa storia e coloro che sono passati a leggerla! GRAZIE MILLE!

Vi auguro una buona Pasqua!

Alla prossima

Yume

   
 
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