Libri > Hunger Games
Segui la storia  |      
Autore: Pucciii_    04/04/2015    0 recensioni
Quella donna estrae il nome dalla bolla di vetro ed urla il nome chiaro e forte: "Atena Lampis, si faccia avanti", una vampata di aria calda finisce sul mio viso. "Su, dai, non avere paura signorina!" esclama mentre salgo gli scalini. Deglutisco e mi posiziono, come dovrà fare il maschio che verrà sorteggiato, vicino alla donna che mi ha pescato. "Ed ora i maschi!" pesca dalla boccia dei maschi, mentre io trattengo a stento le lacrime che mi fanno bruciare gli occhi. "Justin Mellark!" ed è ora che mi ricordo finalmente di lui.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri tributi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I.
Alla Mietitura


 

L'importante è sopravvivere, nient'altro.
 
 

 
Svegliarsi con l'angoscia di vivere è ormai un privilegio in confronto a svegliarsi con la paura della morte.
Costantemente sommersa di orribili pensieri, incubi.
Questa mattina mi sono svegliata assaporando l'odore fresco degli alberi centenari che si trovavano lì di fianco a quella piccola baracca che io chiamavo casa.
Mi alzo e trovo la piccola finestra che si imposta sopra al mio letto aperta, fuori tira un forte vento che proviene da est.
Mio padre che alle sette in punto di ogni giorno, si accosta vicino al mio letto sfiorandomi i capelli chiedendomi cautamente di svegliarmi, augurandomi sempre di avere una bella giornata: "Atena il sole è alto e tu sei ancora in basso, svegliati", poi si incammina insieme agli altri lavoratori verso le miniere di carbone.
Si trovano nella zona più buia del distretto 12, lì dove bambini perdono costantemente il padre a causa di incendi scoppiati per caso..così si mormora in giro per il paese.
I miei genitori mi chiamarono Atena, perché in antichità era la figlia prediletta di Zeus e della sua prima moglie Metide in cui tra i suoi tanti aspetti quello più nobile era quello della Guerra. Atena era sempre rappresentata con una corazza, quella di cui io ho fin troppo spessa, era la dea della Guerra. E' come se avesse preso dalla madre, anche se io non ho preso nemmeno un minimico pezzo di pelle dalla mia, sono tutta mio padre.
Il distretto girava tutto in torno al vecchio tempio, il Partenone. Lì dove si festeggiavano le disgrazie delle famiglie. Il disprezzo che puntualizzavo ad ogni minuto della mia lunga e faticosa giornata per Zeus City era fin troppo cattivo. Ed io che mi chiamavo Atena ma per qualche oscuro motivo era proibito chiamarsi come un antico dio, perfino chiamarsi Gesù era vietato. E perciò tutti mi conoscevano come Jane, Jane Waters.
Mi infilo dei vestiti comodi, i miei scarponi usati e vedo mia madre con mia sorella sorridere, so che sotto quei bellissimi visi si nasconde terrore. E' il giorno della mietitura, l'estrazione che portava verso la morte assicurata di ragazzi innocenti tra i 12-18 anni.
E' il distretto 12 e qui la gente riesce a stento a sopravvivere al contrario del distretto 1, 2 e 4. Lì i ragazzi erano già pronti ai giochi.
Guardo mia sorella con uno sguardo impaurito, voglio rassicurarla, ma non riesco nemmeno a rassicurare me stessa.
"Vado nei boschi, torno alle dieci in punto per prepararmi, farò in fretta ve lo prometto", bacio sulla fronte Vivienne - mia sorella - e scorro la mia mano lungo la sua treccia a destra, abbraccio mia madre che lascia in presso un sorriso degno di qualsiasi Partenone splendente alla luce del Sole sulla Terra.
Quando la Grecia fu distrutta del tutto, sorse questa terra chiamata Hellas, era formata da più di 12 distretti - quasi venti, ma qualcosa di inspiegabile spazzò via tutto - governati da una città troppo potente e troppo ricca di risorse per abbatterla chiamata Zeus City - presa dal nome del dio più importante nella storia della Grecia -
La distruzione fu causata dagli abitanti, una rivolta che causò troppi morti, da lì nacquero gli Olympic Hunger Games, un modo per ricordare il numero di persone morte in campo di battaglia, quasi come un dispetto che si fa ad un bambino, forse solo più grave.
Non posso mai parlare del disprezzo che mi porto sin da piccola verso quella capitale, rischierei un colpo di pistola dritto in fronte dai Pacificatori che controllano il distretto, anche se non sono molto severi, ma è sempre meglio non rischiare. Non ne parlavo nemmeno con mia sorella Vivienne è troppo piccola per capire anche se ha 12 anni anche a lei a rischio quest'anno per il gioco della fame, ho paura.
Scavalco la rete elettrica, mai attiva fortunatamente, per andare nei boschi, dove lì è severamente vietato andare, ma come riuscire a sfamare la famiglia senza la selvaggina proibita? Perché Zeus City ci teneva in queste condizioni?
Prendo il mio arco e le mie frecce immischiati in un piccolo buco ricoperto di foglie secche quando tutto ad un tratto sento spaccarsi un legnetto a terra grazie ad un piede umano, respiro a fondo e mi giro.
Mi rassicurai quando incontrai gli occhi azzurri di Hektor: "Giorno della mietitura eh?!", mi dice lui, annuisco a forza.
E' da anni che lo conosco, ha due anni in più di me, ne ha diciotto, condividiamo conversazioni strazianti verso la Capitale da quando io avevo 12 anni, ci incontrammo nei boschi, quando durante la settimana imparavo a cacciare da sola perché mio padre si trovava nelle miniere a lavorare.
Da lì, abbiamo imparato a condividere il bottino e a mantenere due famiglie, lui perse il padre grazie ad un incendio e si trova a curare sue madre e le sue tre sorelline.
Tutto ad un tratto mi passa davanti uno scoiattolo, faccio segno a lui di stare immobile, prendo freccia e arco, prendo la mira ed ecco che si va ad incastrare nell'occhio di quell'animale: "Preso in pieno", sorride come solo lui sa fare, c'è intesa tra noi, ma non credo sia portata per l'amore.
Alla fine delle poche ore che ci son rimaste siamo riusciti a cacciare quattro conigli e lo scoiattolo, ma non siamo riusciti a parlare della mietitura perché ci spaventava, in quella bolla di vetro ci sarà scritto il mio nome una decina di volte e la sua almeno il doppio, ma guadagnare tessere almeno riusciva a portare a mala pena la famiglia a fine mese, quei cereali non bastavano neanche.
"Ci vediamo dopo", nascondo il mio arco e le mie frecce nella solita buca, li nascosi, scavalco la rete e torno a casa a lavarmi e mettermi un vestito che non ritraeva il mio carattere da combattente che mi scorre nel sangue.
Mamma riuscì, mentre ero nei boschi, a riscaldarmi la bacinella d'acqua in tempo al mio arrivo.
Scrollo ogni mia piccola sporcizia che si trovava sul mio corpo, lavo i miei capelli cautamente senza rovinare la mia treccia, ma son costretta a slegarmela.
Trovo steso sul letto un vestito color verde smeraldo, mi ricordo che nei giorni seguenti mamma era impegnata a cucire questo vestito, le sue mani sono magiche.
Ero pronta per andare al Partenone, dove tutti i ragazzi si trovavano lì per l'estrazione dei tributi ai prossimi settantaquattresimi Olympic Hunger Games.
Sale sul palco Effie Olympus con la sua parrucca verde, quest'anno si era data al verde quella donna, quasi come il mio vestito, questo non prometteva niente di buono.
Si aggiusta il microfono e incomincia a parlare: "Benvenuti, quest'anno non sarà uno qualunque, questo sarà il GRANDE anno, ricordiamo la storia di questi Hunger Games, del perché siamo arrivati fino a qui, siate orgogliosi!", poi continua con le solite frasi demenziali, tutti sono in silenzio in preda alla frustrazione.
"Bene..prima le ragazze", mescola un po'; vedo i ragazzi con la loro tipica espressione calma e tranquilla, tanto prima le femmine, quanto li odio. Ma non vedo l'ora di quando saranno loro ad essere pescati, io sorriderò compiaciuta, anche se non vorrei mai che loro morissero. Ovviamente non sarà mai così: quella donna estrae il nome dalla bolla di vetro ed urla il nome chiaro e forte: "Jane Waters... si faccia avanti", una vampata di aria calda finisce sul mio viso, la paura mi avvolge tutta, voglio solo scappare tra i boschi ma non posso, le mie gambe vogliono cedere ma io reggo. "Dai, sù, non abbiamo mica tutto l'anno, eh! Mica ti mangio!" ride stupidamente. Morirò, sarebbe meglio il fatto che lei mi mangi prima che io entri in quella prigione di tortura, di morte, prima che entri in quell'arena, in poche parole giuste. Tutti in un grande silenzio mi aprono la via verso il palco, mi fissano, quasi come se fossi un alieno. A passi lenti ed incerti mi avvio dritta a testa bassa. Salgo i scalini lentamente e mi dirigo verso di lei, fino a quando non sono costretta a fermarmi, accanto a lei e di fronte alla boccia delle ragazze, ormai inutile per quest'anno. Morirò, addio mamma, addio papà, addio alla mia famiglia.
"Ora tocca ai maschi", fa la stessa procedura e poi legge il bigliettino: "Justin Mellark", ed allora mi ricordo di lui. Che schifo la vita, a volte. E invece altre va goduta al meglio, ma per me è troppo tardi.


ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti ragazzi, questa è la mia prima fanficiton su questo sito, l'ho scritta un po' di tempo fa e ho pensato che sarebbe stato carino pubblicarla, e perciò ecco che la sto pubblicando. Spero vivamente che vi piaccia, se sì potete lasciarmi una recensione XD eheheh mi piacerebbe. Okay, mi immagino Justin Mellark un gran pezzo di gnocco come Peeta, ma molto diverso. Che altro dire? Cercherò di aggiornare al più presto, alla prossima,
Baci e "Free Hugs" (?)
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Pucciii_