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Autore: alessandras03    04/04/2015    12 recensioni
"Sequel di 'Ostacoli del cuore', per chi lo avesse letto."
Sono trascorsi sei anni da quando la bella e ormai giovane donna Emily Stewart ha abbandonato il liceo. Adesso la sua vita è cambiata. Ha un lavoro, un uomo meraviglioso e nuovi progetti da realizzare.
Non poteva mai immaginare di dover riscontrare nel suo cammino quello che per lei è stato il suo amore adolescenziale. Brandon Felton è tornato a sconvolgere la sua vita in un batter d'occhio, ma quanto è forte il passato? Il loro legame è indissolubile come quello di un tempo o il destino ha nuovi piani per loro?
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«Brandon.. Felton?» Accenno una risata divertita per non apparire su di giri.
«Vedo che la barbetta e qualche anno in più non cambia il mio aspetto.» Sorride com’è solito fare e si avvicina tralasciando la mia lastra sul tavolo. Porta le mani dentro le tasche e si morde le labbra carnose.
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Rivivo nella mia mente i momenti romantici con Brady, le parole dolci, i ti amo, gli sconforti e i numerosi litigi e ricordo quella bambina che si emozionava con poco. Ricordo quella bambina che pensava di poter scavalcare tutto e tutti con quel ragazzo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 19.

 


«Emily… è arrivato questo» mia madre, dopo essermi svegliata, con il frastornante rumore dei tuoni, mi porge una busta.
Ancora assonnata, con sguardo confuso, lo prendo fra le mani posizionandomi sul divano.
Incrocio le gambe e sposto i capelli dietro l’orecchio, mentre lei mi si posa accanto, sul bracciolo del divano.
Apro la busta e vi ritrovo dentro un invito. Lo sfilo lentamente e lo osservo. Sono disegnate delle rose bianche ed è tutto ricamato raffinatamente. So già di chi sia.

A caratteri cubitali sono incisi i loro nomi: Hanna & Nathan. Il resto poco importa.
Fra una settimana esatta i due si sposeranno ed allegato a tutto ciò c’è un bigliettino per me.

“A breve ti manderemo il tuo vestito, ti prego… pensaci bene, indossalo e corri da noi.
Vi aspettiamo. Hanna e Nate.


«Nate si sposa» mormoro alzando la testa.
«Sì» annuisce mia madre. «So cosa pensi… e fidati che anche io sono amareggiata e delusa dal suo comportamento, ma lui è mio figlio, è tuo fratello… questo è il giorno più importante per lui e noi dobbiamo esserci. Siamo la sua famiglia.» Spiega cauta.
Ha ragione. E’ tutto vero.
Ma alla mia felicità lui ci ha pensato, invece?
Lui sta per sposare la donna che ama, creeranno una meravigliosa famiglia, avranno dalla vita ciò che desiderano ed io… cos’ho adesso? Cosa avrò?
«Sì, mamma… andremo» sussurrò con voce rauca.
Lei mi accarezza il capo, «bisogna che chiariate, che non portiate rancore… nessuno può cambiare il passato e ciò che è accaduto, ma si può rimediare» continua.
Non rispondo. Fanculo a tutto.


Con questo temporale non ho proprio intenzione di metter il naso fuori casa e Grace, stamane, ha combattuto con tutte le sue forze per convincere mia madre a non mandarla a scuola, fallendo in ogni tentativo. Così sono rimasta sola.
Mia madre è uscita a far la spesa, mio padre a casa non c’è mai per lavoro ed io sono raggomitolata sul divano, con il mio piumone, ancora con il pigiama di pile. A render ancor più triste la giornata si presenta in tv “P.S I love you”, il mio film preferito per eccellenza. Passerei giornate a riguardarlo, non mi stancherei mai. Nonostante l’abbia visto più di cento volte i singhiozzi non mancano mai.

Quando qualcuno bussa alla porta, senza preoccuparmi del mio super abbigliamento all’ultima moda, corro ad aprire. Come se non bastasse Brady è davanti a me, bagnato fradicio. I suoi capelli sono gocciolanti ed i suoi vestiti altrettanto.
Mi porge una busta e si strofina gli occhi.
«Sono le lastre di tua sorella, tua madre sarebbe passata in clinica a ritirarle… ma non ci sarei stato.» Dice affannato.
Le prendo in mano ed asciugo le lacrime ancora sul mio viso. Lui le nota, ma non dice niente a riguardo. Chi sa che film si sarà fatto, adesso!
«Devo riferire qualcosa?» Chiedo senza guardarlo in faccia.
«Sì… se ha bisogno di qualcosa, può rivolgersi al dottor Stevenson.» Si sfrega le mani e prende un lungo respiro.
Sembra strano. Mi turba. «Va bene» annuisco.
Con un cenno di mano mi saluta, poi si volta, scende gli scalini velocemente, attraversa la strada correndo sotto la pioggia e raggiunge la macchina, distante da casa mia. Sembra troppo ambiguo.
Rientro e chiudo la porta, poggiando la carta sul mobiletto accanto. Poi torno sul divano, ma i pensieri sono ben altri per riuscire a concentrarmi sul film, così rimango per una mezz’ora abbondante con lo sguardo perso nel vuoto e non mi accorgo neanche che mia madre è appena rientrata.
Quasi le viene un collasso a vedermi in quello stato. Con gli occhi rossi e lo sguardo serio, sembro impossessata.

«Emily!» Esclama lei schioccandomi due dita davanti al viso.
Scuoto leggermente il capo e sospiro, «mamma quando sei arrivata?»
Subito mi posa una mano in fronte, «ma sei bollente tesoro, non avrai la febbre?» Chiede inarcando un sopracciglio.
«Brady è passato a portarti le lastre» gli indico il mobile e lei lo fissa confusa ed accigliata.
«Ma gli avevo detto che sarei passata a prenderle io… non è che è venuto qui per un altro motivo vero?» Domando sedendosi al mio fianco.
Deglutisco ed incrocio i suoi occhi, «quale altro motivo? Ha solo detto che erano per te, che lui dopo non ci sarebbe stato in clinica e che se avessi avuto bisogno avresti potuto consultare il medico Stevenson, poi… è andato via.» Scrollo le spalle.
«Quando dirai a questo ragazzo quello che provi senza timore?» Incrocia le braccia al petto e si fa dura in viso.
Aggrotto la fronte, «mamma… non ti ci mettere anche tu eh!» Mi metto in piedi.
«Emily, una volta nella tua vita… lasciati andare. Fin da ragazzina sei stata legata alle cose programmate, perfette e razionali… nell’amore non c’è niente di razionale.» Evviva le lezioni di vita delle madri. «Lo ami?» Domanda sgranando gli occhi, costringendomi a guardarla.
«Sì» decreto.
«E allora cosa diavolo aspetti ancora?»
Scuoto il capo e sposto lo sguardo da un’altra parte, «mamma Brandon è fidanzato al momento, non vuole ascoltarmi e ci ho provato a parlargli, ma non ne vuole sapere… cercherò di combattere, ma sembra una battaglia già persa in partenza.» Borbotto con le braccia conserte.
«Vuoi risolvere le cose ancora con le parole? E i fatti? I gesti dove glieli metti?» Domanda gesticolando. «Le parole se le porta via il vento… quando lo capirai?»


Quest’affermazione mi martella il cervello per ben una settimana, nel frattempo… non ho più visto Brady. Kris dice che si sia preso due giorni per andare dal padre insieme a Kaitlyn. Questo mi fa male e mi costringe ancor di più a pensare che tutto sia stato inutile e che Brady non sarà mai mio.

Sono giorni che le mie mani provano a scrivere qualcosa di sensato, un messaggio che mi  possa collegare a lui in qualche modo. Vorrei solo sapere come sta. Poi penso alle parole di mia madre… ai fatti, che fin ad ora non ho messo in conto. Forse il problema è proprio questo: la mia incapacità nel gestire situazione di questo genere, nel prendere in mano la circostanza e reagire come una vera donna. Eppure ci provo a comportarmi da tale, ma qualcosa mi blocca, probabilmente sarà la mia insicurezza che mi tiene incatenata in un mondo in cui non mi trovo neanche a mio agio.

Vorrei agire, vorrei riprendermi Brady, ma questo può avvenire solo con un segnale. Un segnale che mi dia l’input, che faccia scattare la scintilla, che mi faccia balzare come una molla.
Sono ferma. Bloccata. Ed ho paura che così rimarrà per sempre.
La mia mente mi dice di prendere il primo aereo e correre da lui, ma poi penso a come potrebbe reagire, quando piomberò nella sua vacanza, insieme al padre e alla fidanzata. Penso che potrei rovinare un bel momento, durante il quale Brady sta presentando la nuova ragazza a suo padre. Penso alla sua felicità e quella che merita di avere e si blocca tutto. I muscoli del mio corpo non reagiscono, la mia mente elabora mille monologhi ed è qui che vorrei prendermi a pugni da sola.


Sono davanti allo specchio con addosso un abito rosso fuoco a campana. Hanna ha scelto proprio un bel vestito da farmi indossare al matrimonio. I miei capelli sono alzati in una strana acconciatura elaborata proprio dalla sua parrucchiera personale ed il trucco è molto leggero, proprio come avevo chiesto.
Quando mi volto e la noto dietro di me, rimango stupefatta e per un attimo immagino la faccia di mio fratello fra qualche minuto.
E’ bellissima, soprattutto con quel pancione. Nonostante le divergenze, mi volto ed avanzo verso di lei sorridendole. Per questo giorno ho deciso di essere felice per loro e come ha detto mamma di non portare rancore, poiché non gioverà a nulla, solo a creare altri litigi. Così, senza molti giri di parole, io e Nate ci siamo scambiati un abbraccio.
Io ed Hanna, invece, ci stiamo incontrando solo adesso ed io mi sento un esserino minuscolo ed insignificante di fronte alla sua bellezza.
E’ in quell’istante che mi torna in mente la ragazzina che al liceo era peperina, con la risposta sempre pronta e con la lingua lunga, sempre la prima ad attaccare chiunque.
Noto solo adesso il suo enorme cambiamento e lo apprezzo. La donna che è diventata potrebbe far invidia a chiunque, persino a me. Mi sono resa davvero conto di quanto sia innamorata di Nate, solo quando ha tenuto nascosto quella cattiva bugia, per tenere lontano Brady da me. Nonostante io sia  sua amica, ha preferito stare dalla sua parte.
Forse è proprio così che ci rende l’amore: vulnerabili ed egoisti.

«Stai benissimo» ammetto.
Lei sorride dolcemente e si sfiora il ventre, «sono la donna più felice del mondo oggi» scoppia a ridere teneramente e noto sui suoi occhi una lacrima.
«No, non piangere… rovinerai un meraviglioso lavoro.» Dico sospirando.
Sfrega nervosamente le mani e si morde il labbro inferiore morbosamente, «ascolta io sono contentissima che tu e la tua famiglia siate qui oggi, non puoi neanche immaginare. Mi dispiace per tutto e ti prometto che da oggi in poi tutto andrà per il verso giusto…» mormora stringendomi entrambi le mani, «non voglio che tra di noi ci siano divergenze, voglio che tu sia mia amica, la zia di mio figlio e voglio che tu sia presente nelle nostre vite Emily Stewart» una lacrima le ricade sul viso, «ti prometto che tutto il buio che stai vedendo fin ora, più avanti sarà inebriato da una luce intensa… perché non meriti del male ed io so… che in qualche modo te ne ho fatto e mi scuso per questo.» Le sue parole fanno piangere anche me. Forse è proprio quello che volevo sentirmi dire, forse quest’incoraggiamento potrà servire a qualcosa.
Con cautela, sperando di non rovinarle il vestito ed i capelli, l’abbraccio stringendola forte, mentre le sussurro all’orecchio che le voglio immensamente bene e che nonostante tutto gliene vorrò sempre. E’ giusto dare una seconda possibilità a chiunque ed in quel momento io la stavo dando a lei, a loro.

Io l’avrò invece?


Mi posiziono affianco a Nate ed osservo mia sorella, che indossa un vestito lungo blu, per coprire la sua ingessatura. I miei occhi si spostano da una parte all’altra, soprattutto su mio fratello, che, ansioso si gratta i palmi delle mani, nell’attesa di veder entrare in chiesa la sua futura sposa. Improvvisamente il mio occhio viene rapito da una figura a me non nuova, che, di profilo, assomiglia proprio a Noah. Assottiglio lo sguardo e lo intravedo in solitudine poco più distante da me, come al suo solito, tutto in tiro. Non avevo messo in conto la sua presenza, ma mi fa piacere vedere che sta bene.

Quando parte la melodia nuziale, si mettono tutti in piedi e si voltano a guardare Hanna entrare a braccetto con il padre. Dietro di lei due bimbe fanno svolazzare in aria dei petali rossi.
Ripongo lo sguardo su Nate che sembra incantato.
Quando finalmente arriva all’altare, mio fratello la prende per mano e sorridendole le sussurra qualcosa, mentre lei abbassa lo sguardo emozionata.
Sorrido anche io.
La cerimonia è appena iniziata e già la mia mente vaga in un mondo completamente diverso da questo, sono in un’altra dimensione.
Poi cerco di rimanere presente ed osservo tutto come se mi trovassi al loro posto. Riesco quasi a percepire la loro felicità, anche solo osservando i loro occhi innamorati.




«Io Nathan Stewart prendo te Hanna Parker come mia sposa, per amarti e sostenerti da oggi in avanti. Prometto di esserti fedele, di custodirti e di condividere i miei pensieri, i miei sogni e le mie speranze con te. Non vedo l'ora di passare il resto della mia vita insieme a te, amore mio e di crescere i nostri figli.» Sorride ed il suo occhio cade immancabilmente sul ventre di lei, sopra il quale c’è posata la mano destra di lei. Poi nell’anulare sinistro infila la fede.
«Sei il più prezioso dei doni della mia vita, sei la mia primavera, la mia speranza e la mia gioia. Sei tutto quello che c'è di buono, di puro e di vero. » Si blocca trattenendo le lacrime. «Prometto di amarti ed onorarti per il resto dei miei giorni, di confortarti nel dolore e gioire con te nelle vittorie. Prometto di essere il tuo vero amore da questo giorno in avanti e per sempre.» Continua con voce tremante. «Si, ti sposo!» Esclama alla fine sfoggiando un sorrisone e mettendo la fede al dito di Nathan.
«Per il potere conferitomi dalla chieda vi dichiaro marito e moglie… può baciare la sposa.» Il pastore si rivolge a mio fratello, che, senza farselo dire più di una volta avvolge fra le sue braccia Hanna, lasciandosi andare in un lungo e caldo bacio.
Alla fine mi lascio andare anche io e nuovamente la mia mente si perde in altri pensieri, senza far attenzione alla fine del rituale. Mi rendo conto solo dopo che mi tocca firmare, in quanto testimone. In seguito mi accingo anche io ad uscire insieme alla folla di gente, la maggior parte sconosciuta.


Uscendo dalla chiesa, affianco a mia sorella, noto ancora una volta Noah, che accende una sigaretta allontanandosi. Non l’aveva mai fatto quando stavamo insieme, evidentemente è un vizio che si è preso da poco.
«Ti do il diritto di andare da lui… è giusto» sussurra Grace.
Rimango basita dall’ordine che mi è stato appena dettato e senza indugiare scendo gli scalini lentamente, facendo attenzione a non cadere e lo raggiungo.
Lui è di spalle, ma sente il rumore dei tacchi, così si volta.
Boccheggia e poi mi sorride. «Stai proprio bene, Emily» si gratta il capo imbarazzato.
«Anche tu» balbetto in preda al panico. Non so che dire.
«Tu…tutto okay?» Domanda indicandomi, mentre con l’altra mano porta alla bocca la sigaretta.
Annuisco. «Potrebbe andare meglio, naturalmente» abbasso lo sguardo. «Hai preso a fumare?» Domando con la stessa posizione.
«Ho scoperto che riesce a calmarmi… ho scoperto un sacco di cose Emily, in questi ultimi tempi… ho capito anche che il Noah che ero non ti piaceva» scrolla le spalle, gettando la cicca a terra e poi nasconde le mani nelle tasche dei pantaloni neri.
«Non è vero…» mormoro inclinando il capo da  un lato.
Accenna una risata amara e sospira alzando gli occhi al cielo. «Non ho mai smesso di chiedere di te, mai… e so che sei stata una merda ultimamente… mi dispiace, perché non lo meriti» avanza lentamente. «Tante volte avrei voluto chiamarti, per chiederti di fare una chiacchierata insieme… ma… poi ho pensato che l’unica persona che volevi al tuo fianco a consolarti era proprio quella che ti stava facendo soffrire» si bagna le labbra, «così sono rimasto al mio posto, ma non è ciò che avrei voluto.»
«Grazie, ma io sto bene… sul serio. Capita di dover affrontare un brutto periodo…» mento. Il brutto periodo non è ancora passato, ma sta trapassando dentro di me, tagliandomi in due.
«Quello che ti chiedo è di non cambiare mai, di rimanere l’Emily splendida che ho conosciuto io, di sorridere sempre e di pensare che c’è sempre un rimedio a tutto» sussurra prendendomi una mano e stringendomela, «se ti sentirai sola, pensa che al mondo ci sono tante persone che ti vogliono bene, che ti amano ed una di queste sono io.» Arriccia il naso e respira profondamente scostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Soprattutto voglio che tu sia felice e per far ciò… devi rincorrere quel ragazzo.» Annuisce. «Mi raccomando» dice infine.
Non mi sono accorta delle lacrime che lente ricadono sulle mie guance, sbavandomi il trucco. «Grazie per tutto» sussurro.
«Vado più in là… raggiungi la tua famiglia tu» mi lascia un bacio in guancia e poi si allontana, mentre io raggiungo mia sorella.

Grace continua a guardarlo curiosa ed io rimango silenziosa per cinque minuti abbondanti.
«Se fosse stato sempre così» borbotta lei di sottofondo, «no… non mi sarebbe andato a genio ugualmente. » Ridacchia alla fine. Poi nota la mia espressione e mi accarezza un braccio. «Quando ti vedrò felice e sorridente, mi scoppierà il cuore di gioia… perché non ne posso più di questa tua espressione.» Sbuffa.
Rido. «Non preoccuparti per me.» Le scompiglio i capelli pieni di lacca, estremamente ricci.
La sua arrabbiatura non si fa attendere, tanto che sbraita e cerca immediatamente uno specchio nel quale osservare se le avessi sfasciato l’acconciatura. Da lontano mi rivolge un’occhiataccia e mi alza il dito medio, mentre io di rimando un bacio.



POV. BRANDON.



Sono giorni che impacchetto scatoloni pieni di scartoffie e cianfrusaglie varie.
Sono giorni che preparo le valige mettendo dentro tutto il necessario.
Sono giorni che penso a quel momento in cui il primario mi informava del mio trasferimento.

Inutile dire quanto sia rimasto male di fronte a ciò e quante notti in bianco ho trascorso prima di metabolizzare l’idea di dover andare via da New York. Sembra più una via di fuga. Il destino mi sta dando l’opportunità di ricominciare, di abbandonare tutto ed intraprendere una vita nuova in un’altra città, lontana da qui.
Non ho perso un attimo per accettare ed il giorno stesso ho lasciato la mia scrivania al dottor Stevenson. Ho abbandonato la clinica in cui lavoravo da un paio di anni e sono tornato a casa, con il pensiero di dover prenotare il primo biglietto disponibile per Denver.

Ho chiesto a Kris di fingere che io sia partito in vacanza. Non avevo proprio voglia di dover salutare Emily. L’ultima cosa che voglio è un addio strappalacrime, come quello di un tempo. E’ la mia possibilità di lasciarmi alle spalle il passato e andare avanti con un’altra vita e l’ho colta al volo.

Marcus e Kris non hanno ancora digerito la notizia ed io, invece, sono contento che entrambi andranno a vivere insieme. La mia nipotina avrà due genitori spettacolari, in tutti i sensi. Anche se loro mi hanno dato del coglione per il resto di questi giorni, pregandomi di restare, non riesco proprio a compiacergli. Ho bisogno di tranquillità, di relax.

Kaitlyn mi chiama da giorni, piomba in casa mia, fortunatamente, quando io non sono dentro e non ho ancora avuto il coraggio di affrontarla, per riferirle che a breve sparirò da questa dannata città e lei non verrà con me.
Mi sento un leone in gabbia, che ruggisce, che sta combattendo per fuoriuscire da lì, ma presto ci riuscirà ed il mondo fuori gli apparirà diverso, magari imperfetto, ma diverso.

«Non posso pensarci che te ne stai andando» Kris è alle mie spalle. Io sto ancora mettendo in valigia tutti i miei indumenti. «Mi lascerai sola… anche tu… e dovrò far visita da sola a Tom» singhiozza. «Non è giusto.»
A quelle parole mi volto scattante. «Io ci sono sempre Kris. Tom è sempre qui…» poso una mano sul cuore, «mi appartiene per sempre e non serve una lapide per riuscire a parlare con lui.» Dico tranquillamente. «Kris ho bisogno di lasciar andare tutto, voglio scappare via di qui… mi sta opprimendo questa città, mi manca l’aria.» Gesticolo nervoso.
«Ti prego… non lasciare il lavoro più difficile a me» scuote il capo piangendo, «non puoi lasciare a me il compito di dirle che sei andato via» sbotta stringendo i pugni.
Sta parlando di Emily. Per giorni ho scritto una lettera ed ho strappato decine di fogli con parole insensate. Non me ne andrei mai, senza dirle addio. In un modo o nell’altro l’avrei fatto. Mi avvicino, così, alla scrivania e sfilo da un cassetto una busta bianca. Socchiudo le palpebre e, finalmente, voltandomi mi decido a cederla a mia sorella.
«L’unica cosa che ti chiedo è di dargliela» lei la prende fra le mani osservandola.
Si avvinghia a me, stringendomi forte il collo. «Promettimi che se ho bisogno correrai subito qui.» Sussurra a denti stretti.
«Lo prometto» le accarezzo la schiena e sospiro.
«A che ora è il volo razza di stronzo?» La voce di Marcus rimbomba nella stanza quasi vuota. Compare dalla porta alle mie spalle e si avvicina con le braccia conserte.
Poggio le valige pronte a terra e mi avvicino al mio amico. «Tra due ore» decreto.
«Ti accompagno io all’aeroporto» dice con tono duro e severo senza riuscire a guardarmi in faccia. Sta provando a non dirmi addio. Lo conosco troppo bene.
«Okay… ma prima devo fare una cosa» indosso il giubbotto velocemente, infilo il cellulare in tasca e corro di sotto.

Apro la portiera della Porsche e metto in moto, partendo verso il negozio di abbigliamento nel quale ci lavora Kaitlyn.

Non appena mi vede entrare lascia tutto e corre da me. Ha un’espressione sconvolta e so che vorrebbe spaccarmi la faccia. Abbasso gli occhiali da sole e la guardo fisso negli occhi.
«Usciamo» le faccio cenno con la testa, «ti devo parlare» indietreggio, mentre lei con le mani sui fianchi e senza fiatare mi segue fuori.
Si posiziona di fronte a me ed aspetta una mia spiegazione. «Kaitlyn io sto per partire…» dico deciso.
Lei sgrana gli occhi e spalanca la bocca. «C-cosa?» Balbetta.
«Mi hanno trasferito a Denver e sto andando via… per sempre» scrocchio le dita delle mani e continuo a fissarla.
«Faccio la valigia e vengo con te… subito» esita frettolosamente.
«No. Vado solo a Denver.» Sentenzio con tono severo.
I suoi occhi si riempiono velocemente di lacrime. «Solo?» Singhiozza arricciando il naso. «Mi stai lasciando?»
Annuisco abbassando la testa.
«Sei un pezzo di merda» sbotta lei dandomi uno spintone, senza riuscire a smuovermi di mezzo centimetro. «Dovevo capirlo che era tutta una presa per il culo» sussurra con voce stridula. «Questa è la tua occasione per non pensare più a quella Emily! Vero?» Sbraita.
Non rispondo.
«Vero? Rispondi, cazzo!» Accenna una risata morbosa.
Respiro profondamente. «Me ne vado. E’ questo che conta. Non voglio vedere più nessuno. Me ne vado via, per sempre. Accettalo Kait, non tornerò più.» Dico nervoso aumentando gradualmente il tono di voce.
«Sei un codardo» sbotta. E siamo a due. «Non voglio vederti mai più… mi fai schifo Brandon Felton. Buona vita.» Indietreggia e corre dentro sbattendo la porta d’ingresso.
Sussulto, ma poi risalgo in macchina e nervosamente prendo a pugni lo sterzo.
Faccio retromarcia e sfreccio per ritornare a casa, avviandomi verso la strada più breve.


Quando rientro Marcus ha già messo in auto tutto, mentre Kris e la bambina giocano  nel giardinetto. Appena Lux mi nota mi salta in braccio e cinque minuti abbondanti non faccio altro che baciarle il capo e le guance, cercando di inalare il suo profumo, per ricordarmelo quando sarò già via.

«Io con piacere ti farei perdere il volo, ma dobbiamo andare» dice Marcus salendo in auto.
Do un ultimo bacio a Lux e la ripongo a terra, poi guardo Kris. «Vai… se ti abbraccio finisce che piango di nuovo.» Scoppia  a ridere.
«Brava, almeno mi ricordo di te… con il sorriso» le mando un bacio indietreggiando e mi rifugio nel sedile dell’auto, mentre Marcus parte.
Per tutto il viaggio lui non fiata. Lo so che è incazzato nero e che l’avrà a morte con me, così non mi permetto di accennare parola. L’ultima cosa che vorrei al momento è litigare con il mio migliore amico.

Arrivati in aeroporto mi aiuta con le valige e mi accompagna fino a dentro, dove già stanno annunciando il mio volo.
Sfrega i palmi delle mani e nervosamente si morde il labbro inferiore.
«Ascoltami» gli stringo con entrambe le mani le spalle mentre lo guardo dritto negli occhi, «prenditi sempre cura di Kris e Lux, non fare cazzate.» Gli raccomando.
Lui annuisce e sospira.
«Sei il mio migliore amico, mi fido di te.» Aggiungo.
«Puoi stare tranquillo» mi rassicura. I suoi occhi sono completamente lucidi e rossi.
Scoppio a ridere e dopo avergli dato una pacca sulla spalla prendo il borsone e la valigia. «Ti voglio bene» detto ciò, mi incammino verso il gate.
«BRO!»
Mi volto avvertendo un urlo e noto Marcus che sta correndo verso di me. Poi si blocca e mi abbraccia.
«Non sai quanto ti sto odiando, adesso» mormora a denti stretti.
Mi distanzio e lo guardo di sottecchi. «Sei il migliore, bro!» Gli do il cinque e finalmente posso andare. Un altro cenno e scompaio completamente.

Non so se trovandomi sopra New York avrò nostalgia di essa, ma so per certo, che, in un modo o nell’altro tutto sarà già mutato.




Angolo autrice.

Buon pomeriggio! Eccoci qui con il penultimo capitolo. I ringraziamenti sono ormai riservati alla prossima. Detto ciò spero vi sia piaciuto. A presto e fatevi sentire nelle recensioni, che ci tengo. Baci!
  
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