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Autore: Kirito93    09/04/2015    3 recensioni
Nei primi anni del XVIII secolo, la pirateria domina il mar dei Caraibi, favorita dalle continue guerre fra i grandi imperi europei.
Tuttavia, dietro tutto questo, si celano poteri antichi quanto il Mito. Fra i rabbiosi flutti del mare, i Marine, cavalieri di Poseidone, combattono un antico nemico, che abita gli Abissi da molto prima del Dio del Mare ...
A fare la differenza saranno la volontà di John, un giovane marinaio, e il destino di Anne, una bella piratessa, che resteranno coinvolti e intrecciati in una guerra mitologica ...
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Nella lontana Era del Mito, Urano era stato detronizzato dal figlio Crono, Gea popolava le terre e Ponto faceva scendere le prime piogge sulla terra arida, generando i mari. Thalassa, una delle Dee ancestrali e moglie di Ponto, decise di dare la vita al mare come Gea stava dando la vita alla terra. Insieme al marito generò innumerevoli specie di animali e piante acquatici, e li divise fra il fondale sabbioso e le acque superficiali. Tutti gli oceani brulicavano di vita, tuttavia non ve ne era nessuna intelligente quanto i due Dei. Così, qualche tempo dopo, Thalassa diede alla luce cinque figli, i primi eredi del mare: Nereo, Taumante, Euribia, Forcide e Ceto.

Dopo diversi secoli, il mondo vide molte guerre e sanguinose battaglie per il potere, prima fra tutte la Titanomachia, che vide la vittoria dei futuri Olimpici. Durante il colossale scontro, gli Dei Ancestrali del mare, Ponto e Thalassa, si scontrarono contro i giovani Poseidone e Amphitrite, i quali li vinsero con estrema difficoltà, sigillandoli in un luogo remoto dei fondali marini … Alla fine della guerra quindi, il Sommo Zeus divenne sovrano dell'Olimpo, il temibile Ade degli Inferi e l’orgoglioso Poseidone dei mari. Il domino divino era incontrastato, dopo la Titanomachia nessun Dio o divinità minore osò sfidarli per un lunghissimo tempo.

Diversi secoli dopo, nell’Isola di Creta, scoppiò una violenta guerra di successione al trono reale, combattuta dai principi. Pregando Poseidone di vincere sui suoi fratelli, il principe Minosse chiese un segno che lo facesse apparire al popolo come legittimo sovrano. Ricevette quindi un grande toro bianco ma il Dio dei Mari volle in cambio la promessa che, dopo la vittoria, avrebbe sacrificato la bestia a lui. Tuttavia Minosse, incantato dalla bellezza dell’animale, dopo la vittoria, tenne il toro e sacrificò a Poseidone uno dei suoi.

Il Dio punì Minosse facendo innamorare la regina Pasifae, sua moglie, di quel toro bianco. Così dalla perversa unione nacque Asterione, il Minotauro. Inorridito dal suo figlio metà uomo e metà bestia, Minosse lo fece rinchiudere in un Labirinto, costruito da Dedalo, nel centro del palazzo reale di Knosso. Dopo il completamento dell’opera, il Re fece imprigionare anche Dedalo e il figlio Icaro nel Labirinto, così che non potessero rivelarne i segreti ad alcuno.

In seguito, adirato contro Poseidone, Minosse decise di attaccare Lemuria, il regno fondato da Rhode (figlia di Poseidone), approfittando del fatto che il Dio del Mare fosse assente poiché recatosi sul luogo dove avrebbe fondato Atlantide.

Nel frattempo Dedalo e il figlio Icaro fuggirono in volo dal Labirinto, diretti verso l’oceano. Il luogo più vicino che avvistarono fu proprio Lemuria.

Rhode ricevette Dedalo, unico superstite della fuga, che la informò della bestia e dell'imminente attacco della flotta cretese. La Dea armò la sua gente per la guerra, ma vennero duramente sconfitti dalle navi cretesi e Lemuria cadde in rovina.

Egeo, Re di Atene, alleata di Lemuria, fu costretto da Minosse a inviare 7 ragazzi e 7 ragazze ogni nove anni a Knosso per sfamare il Minotauro, come tributo per la “protezione” di Creta, vittoriosa dalla guerra contro Lemuria, alleata di Atene. La macabra cerimonia durò finché non toccò al figlio del re: il giovane Teseo.

Egeo, in ginocchio sulla costa, implorando di salvare il figlio, ricevette la visita di Nereo, che gli disse di mandare suo figlio sul fondo del mare il giorno prima della partenza. Il giorno seguente, senza alternative valide, Egeo invitò il figlio sulla sua nave. Giunti al largo della costa, Egeo raccontò al figlio della visita della divinità marina. Teseo con limpido coraggio si tuffò negli abissi, giungendo così alle porte di Atlantide, roccaforte di Poseidone negli abissi, dove Nereo gli consegnò da parte del dio del mare, la Scaglia dell'Ippocampo, un’armatura forgiata direttamente da Poseidone stesso.

Teseo nascose lo Scrigno contenente la Scaglia con dei panni e la portò con se a Creta. Una volta nel Labirinto, indossò la Scaglia e distrusse il Minotauro, grazie anche all’aiuto della principessa Arianna.

Dopo quell’evento, numerose Scaglie vennero forgiate da Poseidone e altrettanti uomini speciali vennero reclutati dal dio del mare per proteggere il Santuario di Atlantide, costituendo un esercito noto come Marine. Tuttavia, ad un certo punto nella storia, Poseidone decise di far piovere sugli uomini un secondo maremoto, per estinguerli nuovamente, stavolta su consiglio segreto di Nereo e Taumante (come gli altri figli di Thalassa, facenti parte della sua corte ad Atlantide).

Tuttavia Amphitrite scoprì il patto segreto e fuggì da Atlantide per aiutare Atena, che si opponeva al piano del Dio del Mare. Resasi conto della superiorità del nemico (i Marine facevano strage dei guerrieri di Atena) Atena creò il Piano delle Costellazioni, forgiando i Cloth. I guerrieri cui furono affidate tali armature sacre, si chiamarono Saint. Una spedizione di otto Saint giunse ad Atlantide e sconfisse Poseidone.

Piena di rabbia e delusione, Amphitrite sconfisse duramente Nereo e Taumante, e scacciò per sempre la progenie di Thalassa da Atlantide. In assenza di Poseidone, Amphitrite e i suoi figli regnarono indisturbati ad Atlantide, sperando che un giorno, quando il sigillo di Atena si fosse sciolto, il marito potesse uscirne come un Dio diverso e meno ambizioso.

 

Dopo molti secoli, il mondo subì tantissimi cambiamenti, e Atlantide fu ricordata solo come la leggendaria "Terra Sommersa". Il nuovo mondo era dominato dagli Imperi e potenze coloniali europee, sempre in guerra fra loro per le rotte commerciali e il dominio sui mari. Prime fra tutte le potenze Britannica e Spagnola.

Per sfuggire alla battaglia, o semplicemente guadagnarne profitto, numerosi capitani e corsari si diedero alla pirateria, depredando le navi imperiali per denaro e fama. Proprio in quelle piccole isole dominate dal caos e dal terrore, all’ombra di temuti pirati, il Mito iniziò a rinascere …

PROLOGO

LA MELODIA DEL CAOS

Isla Tortuga, una punta di terra dalla forma di un carapace di tartaruga (da qui il nome), che emergeva per poche miglia dalle acque cristalline dei Caraibi. Rifugio di marinai, pescatori ed ex-piantatori andati in bancarotta. Non era l’apice della civiltà, certo, ma era tranquilla, e raramente visitata dai pirati o peggio, dalla marina militare.
Quella notte, fu come un fulmine a ciel sereno, anzi, un tuono. Il boato terrificante delle bordate e il frastuono delle misere capanne di palma che esplodevano in mille pezzi. La gente che correva ovunque cercando di scappare persino nella giungla, incuranti dei giaguari e dei coccodrilli. Come belve fameliche, le truppe dall’uniforme gialla avanzavano divorando il piccolo villaggio. Le loro sciabole, pistole e baionette, erano riservate alla testa di quelli che non scappavano abbastanza velocemente, o che erano tanto pazzi da reagire. Le donne, ragazze, anche bambine, venivano rapite e portate via per farne violenze indicibili.
In questo caos disperato, una bambina in fuga dal massacro, inciampa su un detrito di legno. Non prova nemmeno a pararsi il volto dalla sabbia, sporca di sangue e cenere. I suoi occhi sbarrati e la bocca contratta in un’espressione di terrore. L’impotenza di fronte ad un orrore del quale non conosceva nemmeno il motivo.
<< Alzati! >> - sentì una voce che parlava accanto a lei. Non distingueva l’origine del suono, a causa delle urla e degli spari, ma sapeva che qualcuno la stava chiamando.
<< Alzati!! >> - insisteva la voce. Adesso la bambina la distingueva meglio: era una voce femminile. Diversa da quella di sua madre, che fra l’altro, aveva sentito ben poche volte e in situazioni che è meglio non ricordare.
<< Alzati, forza!!! >> - finalmente la bambina sollevò la testa e si fece forza. Davanti a lei c’era un giovane uomo dai lineamenti delicati. Il suo volto era macchiato di fuliggine, gli occhi neri gli lacrimavano per il fumo. Quelli verde acqua della piccola piangevano di gioia: qualcuno era lì per lei, per salvarla. In tutti i sensi.
<< Afferra la mia mano, su! >> - il ragazzo le tese la mano, con aria frettolosa. La bambina la afferrò. Era fredda e rigida: non lo aveva notato prima, ma alzandosi e dando un’occhiata generale al suo salvatore, vide che era coperto da una sorta di armatura. Era di fattezze eleganti, dorata, e sfoggiava due splendide ali come fosse un angelo. Quella infatti fu la prima impressione che fece alla bambina.
<< Dobbiamo andare via da qui! >> - fece il ragazzo - << Puoi correre? >> - la bambina annuì. Uno sparo improvviso molto ravvicinato la fece urlare: la marina stava arrivando.
<< Forza, corriamo! >> - la incitò il giovane in armatura. Corsero più veloce che potevano, diretti verso la parte occidentale della costa. Fra la densa coltre di fumo, la bambina riuscì a distinguere la vaga forma di una nave, più piccola di quelle da cui erano scesi i soldati, ma pur sempre una via di fuga da quell’inferno.
Mentre erano quasi arrivate alla nave, una palla di cannone colpì la sabbia di fronte a loro, causando un polverone indescrivibile. Fortunatamente il ragazzo in armatura ebbe riflessi tali da arrestare la corsa in tempo, e schermare la bimba col suo corpo.
<< Ehi! Ehi!! Stai bene?! >> - fece ansiosa la bambina, fra un colpo di tosse e un altro, i suoi capelli azzurri coperti di sabbia. 
<< Certo, piccola … sto benissimo, per chi mi hai preso? >> - rispose lui, alzandosi a malapena in piedi. La sua armatura l’aveva protetto dall’impatto, e non si era nemmeno graffiata. 
<< Forza, la Syren è vic-?! >> - nemmeno potè finire la frase che si udirono urla in spagnolo. Davanti a loro c’erano una decina di soldati, con le sciabole alla mano.
<< Stai dietro di me >> - fece il giovane. La bambina non se lo fece ripetere. Incurante degli insulti o chissà cos’altro detto dai soldati, il ragazzo in armatura estrasse un flauto e iniziò a suonarlo. Nonostante il frastuono tremendo, il suono misterioso di quello strumento era udibile al di sopra di ogni altro. Al sentire quella bizzarra melodia, i soldati abbassarono le armi, come fossero in trance. Poi, ad un tratto, le sollevarono nuovamente.
<< Chiudi gli occhi >> - fece lapidario il giovane. La bambina, combattuta fra la curiosità e la paura, decise di obbedire.
Il ragazzo e la bambina si voltarono e ripresero la loro fuga verso la nave. Lei non si era voltata nemmeno. Dietro di loro, dieci corpi umani giacevano per terra, nella macabra posizione di un uomo che si infilza una sciabola nella bocca.
<< James! Forza! >> - gridava verso di loro un uomo, probabilmente della ciurma della nave, dato che era accanto all’ormeggio.
<< Bene, ci ha visti. Ascoltami, piccola: raggiungi quell’uomo, è il quartiermastro della nave. Io ti raggiungo >> - disse il giovane, con tono rassicurante, ponendo le mani sulle delicate spalle della bambina.
<< Uhm, va bene. Grazie di tutto >> - rispose commossa la piccola.
<< Tranquilla, ora vai! >> - la bambina non se lo fece ripetere e corse verso la salvezza. Il ragazzo in armatura, chiamato James, si soffermò qualche minuto ad osservare l’inferno che era diventata quella piccola e tranquilla isoletta.
(So che ci siete voi dietro … questo orrore non resterà impunito …), pensò, mordendosi le labbra. Il disgustoso sapore della cenere gli invase il palato. Sputò con rabbia per tentare di levarselo. Scrollando le spalle e tirando un sospiro rassegnato, James voltò le spalle a quel caos e tornò sulla sua nave.
Come una piccola scintilla, le lanterne della nave si allontanavano nell’oscurità del mare notturno, mentre l’isola bruciava.
A bordo, i marinai erano impegnati ovunque, mentre la bambina stava attaccata al suo salvatore, ancora in armatura. Entrambi osservavano dalla poppa il triste spettacolo di Isla Tortuga.
<< Come ti chiami? >> - fece la voce innocente della piccola.
<< James, James Kidd, bimba >> - rispose il giovane, accarezzando i capelli arruffati della bambina.
<< E tu, invece, come ti chiami? >> - chiese alla piccola - << Anne, signore! >> - rispose lei, con uno sguardo pieno di gratitudine ed emozione.

  
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