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Autore: BluechanXD    09/04/2015    1 recensioni
N e White terminano la loro battaglia finale in parità. Per rendere le cose eque, fanno un patto. N rinuncerà alle sue ambizioni ad una condizione: White deve diventare la sua principessa.
Storia tradotta da Lacie con il consenso dell'autrice.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: N, Touko
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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autrice: BluechanXD
traduttrice: Lacie
capitolo originale: qui


Capitolo 17: Una bugia confortante
~ A Comforting Lie ~


Caro N,
Come vanno le cose a Hoenn? Hai già fatto progressi? Non ho saputo niente dalle reclute nelle ultime settimane.

Comunque, arrivo dritta al punto di questa lettera. Sto male. Molto male. Ho una cosa chiamata mononuclesi e devo stare a letto per giorni. Non ti preoccupare. La dottoressa ha detto che passerà subito. Ahah, mi è quasi venuto un infarto quando l'ho saputo. A volte mi chiedo se provi ancora simpatia per me dopo quell' "incidente". Per favore, ascolta le mie ragioni, N. Non è stata colpa mia. La tua brava dottoressa mi ha assicurato che non è stata colpa mia. Se non credi a me, credi almeno al tuo stesso team? Spero che capirai, N.
Proprio adesso sono seduta fuori e guardo i miei Pokémon. Giocano così allegramente ora. L'atmosfera è piuttosto serena qui a Unima. Spero che le cose vadano bene anche lì ad Hoenn.
Mi manchi, N. Per favore, torna presto a casa.
White.

Scrissi il mio nome in fondo alla lettera. Se tutto andava bene, presto avrebbe raggiunto N. Hoenn era piuttosto distante e ci sarebbe voluto un po' perché arrivasse, anche via aereo. Ma era questo l'unico modo che avevo per comunicare con N. Gli Interpoké non funzionavano nelle altre regioni. Accidenti, N non aveva nemmeno un Interpoké! Le lettere erano dunque la mia unica opzione al momento.
Una volta che la lettera fu ripiegata in un involucro e accuratamente sigillata, controllai la sessione di allenamento dei miei Pokémon. Musharna fece vorticare uno Psicoshock verso Serperior che contraccambiò agilmente con la sua Codadrago.
"Basta così, ragazzi," ansimai. La dottoressa aveva detto che l'aria fresca avrebbe aiutato la mia guarigione ma i sintomi progredivano.
Musharna, Serperior e gli altri si strinsero attorno a me. Emisero lievi versi di conforto, strofinando gentilmente i loro nasi contro di me. Diedi a ognuno una carezza e mi rilassai sulla sedia da giardino. Sistemai gli occhiali da sole; era metà pomeriggio e il sole non era poi così abbagliante ma non volevo incendiarmi gli occhi con questa stupida storia della "fotosensibilità".
"Signorina White, vi ho portato la limonata che avete chiesto." Mildred posò il vassoio con la bevanda sul tavolo pieghevole accanto a me.
Sollevai la lettera verso di lei. "Potresti spedire questa ad N da parte mia, per favore?"
Lei sorrise raggiante, afferrando la lettera. "Certo, signorina White. Oggi gli invieranno un rapporto, perciò tempismo perfetto!"
Mildred rimase un momento al mio fianco in silenzio. "Vi sentite meglio, signorina White?"
"A malapena." Mi chinai ancora di più sulla sedia. "E come, con tutti i casini che stanno succedendo."
Lei rise, ma smise poco dopo. "Bailey è davvero crudele. Non posso credere che abbia messo in giro voci tanto orribili su di voi. So che il medico l'ha smentita, ma alcune reclute le credono ancora."
Non ero più legata alla flebo per il momento, ma non ero abbastanza in forma da dirne quattro a Bailey. Oh, come desideravo che arrivasse in fretta il giorno in cui avrei potuto alzarmi e urlarle addosso.
"Signorina White, se non sono indiscreta, cosa vi ha detto il dottore quando vi siete svegliata? Ha già effettuato la diagnosi?"
Mildred era mia amica, ma volevo davvero dirle cosa avevo?
Bevvi un lungo sorso di limonata, come scusa per non rispondere. Il liquido freddo e dolceamaro pizzicò la gola e io trasalii.
"Signorina White. So che lo sapete." Mildred mi scoccò uno sguardo preoccupato.
Un altro sorso.
"Signorina White, vi prego, ditemelo. Shirley ed io ci siamo preoccupate da morire e vogliamo aiutarvi in tutti i modi, ma non possiamo se non sappiamo cosa avete." Un groppo mi strinse la gola. "La dottoressa si prende abbastanza cura di me."
Mildred mi fissava ostinatamente. "Sapete cosa intendo, signorina White."
"Ho la mononucleosi! Sei contenta adesso?"
Affondai le unghie nella sedia di legno, scheggiando la vernice bianca. Avvertii la presenza dei miei Pokémon scivolare lentamente via mentre indietreggiavano. Lo sforzo del grido mi aveva provocato un accesso di tosse, e ogni colpo di tosse si aggiungeva al mal di testa lacerante. La testa mi pulsava e faceva un male atroce e lasciai sfuggire un urlo raccapricciante che echeggiò attraverso il giardino.
"Signorina White! Oh, signorina White! Qualcuno chiami il dottore!" Sentii Mildred strillare mentre mi strattonava tra le sue braccia.
Nel giro di un attimo, sentii una mano calda strofinarmi ai lati del collo. Un altro paio di dita mi massaggiava le tempie con un movimento rilassante. Le urla e i dolori si placarono, ma rimaneva un leggero mal di testa. Presi dei respiri profondi, ricadendo all'indietro sulla sedia come un peso morto.
"Va bene così. Vi sentite meglio, Lady White?" Il mio medico spinse via dal mio viso le ciocche madide di sudore, sorridendo dolcemente.
Inspirai, annuendo. Mildred le lanciò un'occhiata preoccupata.
"Starà bene, dottoressa?"
La mia dottoressa tolse la mano, facendo cenno ad una delle infermiere che portava una sedia a rotelle. "Sì. Ha solo bisogno di un po' di riposo. Dobbiamo tenerla il più possibile lontana dallo stress o la mononucleosi degenererà in una polmonite."
Non avevo la forza di reagire alla parola "polmonite". Non riuscivo addirittura a provare alcunché.
L'infermiera spinse la sedia a rotelle verso di me e la dottoressa mi aiutò a salirvi. Mi guidò su per il portico e attraverso le porte a vetri che conducevano al castello, lasciandosi alle spalle Mildred e l'infermiera. Gli occhi delle numerose reclute seguirono il mio corpo quasi senza vita, alcuni con sguardi afflitti, altri come se avessero un "Malosguardo". Ma io non vi prestavo attenzione. La mia mente era troppo annebbiata e intorpidita per badare a quello che le reclute pensavano di me. Il mio letto morbido mi accolse nell'amorevole abbraccio delle sue lenzuola quando la dottoressa mi adagiò sopra. Mi infilò sotto le soffici coperte e rimboccò i cuscini. "Riposatevi, Lady White. Ne avete bisogno." La sua voce materna mi cullò nel sonno come una ninnananna.



Mi svegliai al suono di un pianoforte. Il mio corpo sembrava rinvigorito dal riposo, ma avevo di nuovo la flebo conficcata nel braccio. Un attimo. Pianoforte? Era davvero N? Aveva ricevuto la mia lettera! Era tornato per me! Mi sollevai sulle braccia deboli per vedere il mio fidanzato ex fuggiasco.
"Oh, p-principessa White! Sono felice che vi sentiate meglio!"
Non era lui.
Mi sarei messa a piangere se non fosse stato per il fatto che sapevo chi era la recluta; era la recluta timida di qualche tempo fa.
"P-principessa, s-state piangendo! C'è q-qualcosa che vi turba? H-ho fatto qualcosa di sbagliato?" I suoi occhi erano sgranati come quelli di un Emboar.
Mi strofinai gli occhi. Avevo pianto.
"No. È solo che... pensavo fossi N."
Le sua guance si tinsero di un rosso scarlatto e indietreggiò imbarazzato. "P-perdonatemi, principessa, m-ma nessuno mi ha m-mai paragonato al p-principe. È-è un onore!"
Non era stata mia intenzione fargli un complimento, ma il suo sorriso mi fece sentire soddisfatta.
"Suoni molto bene."
Il rossore della recluta si accentuò. "S-sono felice che lo pensiate, principessa. Mi hanno mandato qui per calmarvi e aiutarvi a riposare meglio."
"Sono felice che l'abbiano fatto. Grazie."
Sì alzò dalla sedia e si inchinò. "Be', sarà m-meglio che vada. Vostra Altezza ha c-compagnia."
Avevo visite? Doveva trattarsi con tutta probabilità di Mildred e Shirley venute a controllare, o qualcosa del genere. Qualcuno bussò e la recluta si affaccendò alla porta. La tenne graziosamente aperta per il mio ospite, che entrò cautamente. Impossibile!
"Mamma?" Mi strofinai gli occhi, pregando che non fosse un sogno.
"Oh, la mia bambina, White!" La mamma si precipitò al mio capezzale per stringermi in un abbraccio forte. Era reale.
Mi aggrappai saldamente a lei, per accertarmi definitivamente che fosse reale e non un prodotto della mia immaginazione. "Mamma, ti hanno lasciato entrare?"
Lei annuì contro di me. "Il membro del Team Plasma di stanza al laboratorio mi ha detto che eri molto malata. Tutta Soffiolieve era così in pensiero per te. La professoressa Aralia, la famiglia di Belle e quella di Komor erano distrutte. Continuavano a chiedermi se stessi bene."
Deglutii al suono del nome di Komor.
La mamma frugò nella sua borsa, tirando fuori tutto un assortimento di regali, che spaziava da cartoline di buona guarigione a pacchetti incartati. Posò i regali sul mio grembo, ma io mi limitai a fissarli, senza alcuna voglia di scoprirne il contenuto.
"Dai, tesoro!" Tentò lei, spingendo i regali ancora più verso di me. "Sono da parte di persone che ti amano."
Inspirai aspramente, mordendomi un labbro per impedirmi di scoppiare in lacrime. Madre. Qual era la tua definizione di amore?
"Ti aiuteranno a stare meglio!"
Nessun tipo di regalo avrebbe potuto riempire il vuoto che sentivo nel cuore.
"Se ti può far stare meglio, cara, Belle ha detto che le manchi. E Komor, povero, non ha pronunciato neanche una parola quando mi ha dato il tuo regalo. C'era un tale dolore, un tale vuoto nel suo sguardo. Sono sicura che gli manchi moltissimo."
Volevo urlare. Dirle di stare semplicemente zitta e lasciarmi sola. Come faceva a non capire che non volevo parlare di lui? Era mia madre, per tutti i santi!
"Mamma, puoi lasciarmi dormire? Ho capogiro." Non avrei voluto mentire, ma mi sarei sentita meglio senza di lei.
"White, tesoro, vuoi che chiami la dottoressa?" Posò ansiosamente la sua mano sulla mia.
Scossi la testa. "No, è tutto a posto. Ho solo sonno."
La mamma sospirò e si alzò in piedi. "Sono preoccupata per te, cara. Il medico mi ha detto che hai dormito fino a poco fa. Deve essere la malattia. Porterò i tuoi saluti."
"Sì, grazie mamma." Annuii, poggiando la testa sul cuscino.
La mamma si fece strada fino alla porta. "Buonanotte, tesoro mio. Avrei voluto rimanere più a lungo. Spero che ti rimetta presto."
Chiuse la porta dietro di sé, lasciandomi sola nella mia stanza buia. Mi sentivo sola, ma era sempre meglio che dover sentir parlare di... lui...
A tal proposito, scorsi tra i miei regali, alla ricerca proprio del suo. Strizzai gli occhi, cercando il suo nome su uno di essi.
E infine lo trovai; una semplice cartolina bianca con la sua firma familiare nell'angolo in fondo. L'impulso di ridurla a pezzettini sorse in me, ma una morbosa curiosità ebbe la meglio e decisi di dare un'occhiata al contenuto. Dovetti strizzare ancor più gli occhi per leggere la sua grafia minuta.

White,
Mi ricordo quando eravamo solo dei bambini, tua madre mi invitava a casa vostra così che potessimo giocare insieme. Una volta, ci fece sedere a tavola, ci portò del latte con i biscotti e ci raccontò la leggenda di Soffiolieve. Ci disse che se avessimo mai visto un leggendario, avremmo potuto esprimere un desiderio che poi sarebbe diventato realtà.

Ma c'era un prezzo. Se ciò che desideravi era qualcosa di fisico, non avresti potuto guardarlo per ventiquattro ore. Se avessi desiderato qualcosa di immateriale, non avresti dovuto dire il nome del leggendario a nessuno per ventiquattro ore.
Ma io ricordo, che tu mi dissi che se avessi mai visto un leggendario, avresti desiderato la pace nel mondo. Io fui d'accordo e dissi che avrei espresso lo stesso desiderio, ma ora mi guardo indietro e penso a quanto sia stato stupido a pensare che il mondo potesse mai raggiungere un simile risultato. Crescendo cominciai a pensare che la leggenda fosse solo una bugia.
Circa un mese fa, io vidi il Pokémon leggendario, Terrakion, nella Via Vittoria. Non so cosa mi sia preso quel giorno, ma cominciai a desiderare. Sai che cosa chiesi? Chiesi sicurezza in me stesso. Desiderai cose per cui mi era sempre mancato il coraggio.
Sai che cosa è successo dopo? Un giorno, i miei genitori mi avevano lasciato solo a casa. Decisi di cercare nella dispensa e trovai qualcosa che vorrei non aver mai trovato. Cabernet. Credevo che il mio desiderio fosse maturo, ma ora che ci penso, era più infantile del primo. Non puoi desiderare la pace nel mondo. Non puoi desiderare il coraggio.
Se non altro, ho imparato una cosa.
Se una bugia ti consola, tanto più la verità ti farà male.
Mi dispiace.

Chiusi debolmente la cartolina, e mi accinsi a farla a pezzi. Non aveva il diritto di sentirsi in colpa! Né la mamma né Komor potevano capire come mi sentivo adesso. Nessuno poteva capire! Le mia dita afferrarono con fermezza la carta, tirando in direzioni opposte. Era giunta l'ora di scacciare Komor dalla mia mente una volta per tutte.
Per un attimo, rimasi lì seduta, senza muovere un muscolo. Le mia dita rifiutavano di muoversi. Il mio respiro cominciò a vacillare. Dovevo farlo. Era l'unico modo per poter dimenticare. Era la mia rivalsa.
All'improvviso, la carta scivolò dalla mia presa e mi cadde in grembo. Le mani rimasero nella stessa posizione mentre io guardavo il nulla. Tremavo, lacrime silenziose scivolavano dai miei occhi.
Le braccia ricaddero ai miei fianchi, senza vita. Cominciai a piangere nell'oscurità del mio abisso solitario.
Non ci riuscivo.



Note della traduttrice (translator's notes):
- Il Cabernet è un tipo di vino rosso.
Grazie come sempre a tutti coloro che hanno seguito e continuano a seguire la presente storia, e a quanti la aggiungono alle loro liste facendola arrivare sempre più in alto nella lista delle popolari.
  
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