BUON COMPLEANNO MASAYACHAN! Mi dispiace doverti deludere anche quest'anno ma il rating di questa storia è un semplice verde. Spero comuqnue apprezzerai il fluff, di trama ce n'è ben poca... *coff è una Fluff What Plot coff Ache sperimenta nuovi generi coff*
Ulteriori noticine alla fine della oneshot,
Buona lettura a tutti!
Il
mormorio sommesso della televisione e un sole radioso facevano da
cornice alla
placidità di quel tranquillo pomeriggio e Yugi aveva ragioni
sufficienti per
credere che sia lui che Yami fossero sul punto di assopirsi. Le
palpebre non
gli erano mai sembrate così pesanti e le ginocchia
dell’altro se stesso, su cui
aveva disteso la testa, erano fin troppo comode per resistere alla
tentazione
di abbandonarsi a Morfeo. In quanto a Yami, era da un po’ che
Yugi non sentiva
più la sua mano passargli distrattamente per i capelli a
mo’ di pettine. Ma come
rifiutandosi di lasciarsi andare al sonno, la mente del più
giovane si riaccese
di colpo, e con la stessa imprevedibilità che hanno le
grandi idee nel nascere,
un concetto piuttosto irrazionale cominciò a farsi strada
tra i suoi pensieri, con
la discrezione di un felino, prendendo a poco a poco sempre
più consistenza. Una
domanda, una curiosità, qualcosa a cui non avrebbe saputo
dare un motivo ma che
non era in grado di mettere a tacere. E Yugi era una persona curiosa di
natura.
Sapendo
che avrebbe perso la battaglia contro quel pensiero intrusivo, il
ragazzo optò
per un’onorevole resa e si voltò finalmente verso
gli occhi chiusi di Yami. L’altro
se stesso non sembrava dare segni di intensa attività, ma
Yugi aveva bisogno di
lui. Non si sarebbe arrabbiato se Yugi l’avesse svegliato,
giusto? Non troppo
almeno…
«Yami?»
chiamò.
«Hm?
».
«Yami?
».
«Non
sto dormendo…» mormorò pigramente
l’altro. Un sorriso sfiorò le labbra di Yugi.
Apprezzava la disponibilità di quella voce assonnata, ma
riguardo alla sua
sincerità nutriva dei dubbi. Del resto, Yami non avrebbe mai
ammesso di essersi
addormentato di fronte alla televisione come un comune mortale, la
gente
avrebbe potuto pensare che fosse umano. Yugi gli afferrò la
manica,
strattonandolo con fare infantile.
«Yami,
svegliati. Devo chiederti una cosa». Cedendo alle insistenze
del suo partner,
Yami aprì un occhio, con la stessa pigra regalità
di un gatto. Una minuscola
fessura color granato proprio in mezzo al suo viso, fissa sulla persona
che
giaceva ancora sulle sue ginocchia. La fessura guardò Yugi
con fare scettico, poi
ritornò a nascondersi sotto le palpebre dell’ex
sovrano. «Ti ascolto» mormorò questi
sopprimendo uno sbadiglio. Yugi protestò.
«Non
puoi ascoltarmi se non mi guardi».
«U-uh»
negò lo spirito «Posso benissimo. Non hai idea di
quante belle conversazioni ho
ascoltato mentre ero ancora nel puzzle- ahi!» Yami fu
costretto ad aprire gli
occhi per la sorpresa più che per il dolore e si
portò velocemente la mano dove
Yugi gli aveva appena mollato un pizzicotto.
«Posso
avere la vostra attenzione, faraone? ».
«Tua.
La tua attenzione. Non
c’era il voi
ai miei tempi- ahi!» il braccio del faraone in questione
venne attaccato di
nuovo con crudele non curanza, questa volta le iridi granato parvero
indispettite.
«Potresti piantarla per favore?». Yugi si
limitò a ridacchiare impietoso,
carezzando con il dorso della mano la superficie da lui appena
martoriata.
«E’
che ho una domanda…».
«Ok,
parla. Ti ascolto».
Gli
occhi di Yami erano finalmente aperti e fissi su di lui,
l’irritazione aveva
sostituito la sonnolenza e la curiosità stava lentamente
sostituendo
l’irritazione. Il suo altro se stesso lo avrebbe ascoltato,
perciò Yugi si fece
coraggio e sentendo che la domanda pulsava ancora all’interno
della sua testa,
si decise a ingoiare l’imbarazzante infantilità
del quesito e aprì bocca.
«Se
potessi portare solo tre cose con te su un’isola deserta,
cosa porteresti?».
La
fronte di Yami si aggrottò mentre le iridi rosse gli
avrebbero volentieri
sbattuto in faccia la sua ingenuità: loro erano state troppo
scaltre per dare
ascolto a Yugi, avevano previsto una domanda stupida e si erano
giustamente
richiuse, era stata solo colpa dell’ex faraone se erano state
costrette a riaprirsi
per una simile sciocchezza. Yami non voleva credere che avessero
ragione, davvero
aveva dovuto abbandonare il mondo dei sogni per rispondere a una simile
trivialità? La logica venne in suo aiuto per fortuna e
dovette riconoscere che,
a conti fatti, qualunque cosa facesse o chiedesse Yugi non era una vera
e
propria trivialità ai suoi occhi, il che gli permise di
zittire le
rivendicazioni delle sue iridi e offrire al suo aibo uno sguardo
puramente
perplesso. Certamente la domanda di Yugi era più di quanto
non lasciasse
intendere il semplice modo in cui era stata formulata e
l’apparentemente
insulso ammasso di parole nascondeva un trabocchetto di qualche sorta.
Qual era
la risposta che si aspettava il ragazzo?
«Cosa
intendi con cose?».
Yugi
alzò le spalle mentre Yami attendeva degli indizi preziosi.
«Qualunque
cosa, perfino un meteorite, un gatto, una
persona…».
Della
breve lista, Yami isolò solo l’ultimo termine. Una
persona. Sì, l’indizio era
stato lampante, più di quanto si aspettasse in effetti, ma
questo non era uno
dei loro soliti giochi, semplicemente una pigra conversazione da
quattro del
pomeriggio: i giri di parole erano inutili. L’ex faraone si
abbandonò sullo
schienale del divano, le braccia distese sulla spalliera e gli occhi
persi
sulle sagome sfocate del programma. La tv era ancora accesa e mormorava
ancora
il suo rumore bianco di discorsi senza senso, soprattutto per lui che
non aveva
prestato attenzione neanche nel momento in cui Yugi l’aveva
accesa.
«Un
kit di emergenza suppongo. Magari dei razzi per segnalare la mia
posizione,
qualcosa da mangiare…» Il volto di Yugi accolse la
sua risposta con una
scintilla di delusione. Non che Yami si aspettasse nulla di diverso.
«Intendo…
qualcosa di speciale. Qualcosa da cui non vorresti separarti, che ti
aiutasse a
sconfiggere la solitudine. Qualcosa di simbolico, di
importante…».
Scettico
e allo stesso tempo stanco, Yami si strinse nelle spalle, cercando di
far
uscire dalle sue labbra parole un po’ meno vuote.
«Il
deck allora. Il puzzle se fosse ancora qui, Kaiba magari.
Così passerei un po’
il tempo…» questa volta trovò
disapprovazione e perplessità nello sguardo di
Yugi. Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
«Porteresti
Kaiba? ».
«Sarebbe
contento. Avrebbe tutte le rivincite che vuole» si
giustificò Yami ostentando
un sorriso. Yugi non rispose subito, piuttosto rivolse di nuovo la sua
attenzione alle figure che si muovevano sullo schermo. Il patto di resa
che
aveva stipulato con la propria curiosità era stato
soddisfatto, ma non poteva
certo dirsi appagato per le risposte ottenute. Non esplorò
la motivazione di
queste ultime, piuttosto decise di immergersi nuovamente
nell’indolenza del
pomeriggio.
«Ok»
mormorò alla fine «Era una domanda stupida, grazie
per aver risposto» si sforzò
di sorridere.
Yami
rimase in silenzio. Non gli serviva leggere nel pensiero del suo
partner per
capire cosa gli frullasse per la testa in quel momento, ne aveva avuto
già un
piccolo assaggio quando lo aveva pregato di concedergli qualche
indizio, poco
prima. Sapeva di non aver dato a Yugi la risposta che voleva, ma sapeva
anche
che per nulla al mondo avrebbe risposto in modo diverso, neppure per
conformarsi alle aspettative del suo aibo. Sarebbe stato come andare
contro la
propria natura. Ma forse quello che a Yugi serviva davvero non era una
risposta
diversa, ma una spiegazione. Il ragazzo fissava distrattamente la tv,
il
fantasma di un sorriso steso sulle sue labbra e Yami represse un
sospiro. Sì,
forse era stata una domanda stupida, ma nulla che Yugi facesse o
dicesse
sembrava mai stupido ai suoi occhi.
Si
sporse in avanti, poggiando la mano sulla guancia del suo partner per
costringerlo a girarsi verso di lui.
«Non
porterei mai te, aibo» spiegò con un sussurro.
Yugi
non disse nulla, lo fissava negli occhi e basta. Paziente. Le dita di
Yami
scorrevano delicatamente lungo il volto del più piccolo, era
sicuro che a Yugi
fossero sufficienti poche parole per capire, lo conosceva
così bene… forse era
l’unica persona al mondo a conoscerlo davvero. Lo spirito del
puzzle non si
apriva mai. Retaggi di un’educazione rigida e di un passato
politicamente
intenso probabilmente, o più semplicemente per pura
introversione. Ma a Yugi
gli era impossibile nascondere qualcosa, evitare di
giustificarsi… Con lui si
sentiva a casa, libero di essere imperfetto. Debole.
«Io… ti
amo troppo per metterti in pericolo.
Non ti porterei mai con me in un posto del genere. E non mi importa se
era una
domanda stupida. Non ti permetterei mai di seguirmi. Non permetterei
mai che ti
succedesse qualcosa». Il suo pensiero volò a Kaiba
e l’ex faraone si ritrovò a
ridere. «Per Seto è diverso. Tanto mi troverebbe
comunque pur di provare a
battermi, e se dovesse finire stritolato da un pitone o mangiato dagli
squali
beh, me ne farò una ragione».
«Gentile»
commentò Yugi con un sorriso.
«Ma
se la stessa cosa dovesse succedere a te io… non lo so,
penso che sarei capace
di aprire in due il pitone e incidergli geroglifici
nell’intestino, o la prima
cosa stupida che ti viene in mente. E non credere che lo squalo se la
caverebbe
meglio». Adesso anche Yugi ridacchiava, avrebbe dovuto
saperlo che l’altro se
stesso non sarebbe mai cambiato. Gli scostò una ciocca di
capelli dal viso.
Yami sospirò.
«Lo
so. Sono esagerato».
«Non
più del solito» sorrise Yugi scuotendo la testa.
La domanda era stata stupida,
la reazione di Yugi alla risposta di Yami lo era stata anche di
più, ma la
giustificazione… così dolcemente
infantile… gli faceva venir voglia di fare
domande stupide più spesso.
«E
tu invece cosa porteresti?».
Yugi
tacque. Trovare la propria risposta alla domanda era stata la prima
cosa che aveva
fatto, prima ancora che questa insistesse per essere rivolta a Yami,
eppure
dopo aver sentito il parere dell’altro se stesso, Yugi non
era più tanto sicuro
del proprio. Il suo punto di vista era cambiato e non poteva non
riconoscere
che Yami aveva ragione e che al suo posto avrebbe fatto e detto la
stessa cosa.
Separarsi dai suoi amici, dal nonno, da Yami… sarebbe stata
la cosa più
difficile, ma Yugi non era sufficientemente egoista per portarli con
sé. La sua
risposta probabilmente sarebbe stata la stessa del suo altro se stesso:
il
deck, il puzzle, un arci nemico qualunque con cui passare un
po’ il tempo. E
hamburger. Decine di hamburger. Il pensiero di qualcosa di
più allegro lo fece
finalmente ridacchiare e Yami gli rivolse un’occhiata confusa.
«Non
lo so, non ne ho idea» rispose infine Yugi con una scrollata
di spalle, ma
sapeva che Yami non si sarebbe accontentato.
«Sì
che ce l’hai».
«No».
«U-uh».
«E
che cosa allora?» mormorò Yugi. Il faraone accolse
la sfida nascosta dietro a
quel semplice mormorio e lo guardò negli occhi ancora una
volta prima di
scompigliargli affettuosamente i capelli.
«Me».
Il
ragazzo dagli occhi viola si affrettò a negare.
«No,
non voglio che tu venga con me sull’isola deserta».
«Sì
che lo vuoi».
«Come
puoi sapere quello che voglio? ».
«Io
ero te aibo. So sempre quello che
vuoi. E soprattutto so sempre quello che è meglio per te. E
anche se non mi volessi
troverei il modo di convincerti perché non
c’è alcuna possibilità al mondo che
io ti lasci andare su un isolotto sperduto in mezzo
all’oceano da solo».
«E
se fossi su un aereo e l’aereo precipitasse, come faresti a
impormi la tua
presenza, mamma? ».
«In
quel caso bisognerà fare in modo che il piccolo Yugi non
salga mai da solo su
un aereo».
«Addirittura...
Non ti fidi di me? ».
«Certo
che mi fido di te aibo. Sempre» mormorò Yami
«E’ dei piloti che non mi fido».
Le
palpebre di Yugi si fecero di nuovo pesanti ora che la sua
curiosità era stata
appagata, annuì distrattamente mentre un sorriso gli
sfiorava le labbra.
L’atmosfera pigra di quel pomeriggio sembrava essergli
penetrata nelle ossa,
come una medicina che fatichi ad entrare in circolo. Si alzò
per avvicinarsi
all’altro se stesso, accasciandosi a lui con la testa
reclinata sulla sua
spalla. Gli spostò ancora una volta una ciocca dietro
l’orecchio. Forse Anzu
aveva ragione e Yami aveva bisogno di tagliarsi i capelli, ma poi con
cosa
avrebbe giocherellato Yugi tutto il giorno?
«In
quel caso però saresti in pericolo anche tu»
mormorò «Non voglio che tu sia in
pericolo…».
Yami
sorrise, gli occhi semi socchiusi e le iridi granato finalmente
placide. «Allora
perché non lasciamo perdere le isole deserte? Troviamo un
posto più sicuro».
Yugi chiuse gli occhi in segno di assenso.
«Allora
a partire da adesso ti proibisco di lasciare questo divano».
L’ex
faraone ridacchiò, poggiando le labbra sulla fronte del suo
partner.
«Ogni
tuo desiderio è un ordine».