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Autore: Achernar    10/04/2015    3 recensioni
Come rifiutandosi di lasciarsi andare al sonno, la mente del più giovane si riaccese di colpo, e con la stessa imprevedibilità che hanno le grandi idee nel nascere, un concetto piuttosto irrazionale cominciò a farsi strada tra i suoi pensieri, con la discrezione di un felino, prendendo a poco a poco sempre più consistenza.
«Yami... Se potessi portare solo tre cose con te su un’isola deserta, cosa porteresti?».

FWP (fluff what plot) Birthday ficci per Masaya
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dark/Yami Yuugi, Yuugi Mouto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BUON COMPLEANNO MASAYACHAN! Mi dispiace doverti deludere anche quest'anno ma il rating di questa storia è un semplice verde. Spero comuqnue apprezzerai il fluff, di trama ce n'è ben poca... *coff è una Fluff What Plot coff Ache sperimenta nuovi generi coff* 

Ulteriori noticine alla fine della oneshot,

Buona lettura a tutti! 


Il mormorio sommesso della televisione e un sole radioso facevano da cornice alla placidità di quel tranquillo pomeriggio e Yugi aveva ragioni sufficienti per credere che sia lui che Yami fossero sul punto di assopirsi. Le palpebre non gli erano mai sembrate così pesanti e le ginocchia dell’altro se stesso, su cui aveva disteso la testa, erano fin troppo comode per resistere alla tentazione di abbandonarsi a Morfeo. In quanto a Yami, era da un po’ che Yugi non sentiva più la sua mano passargli distrattamente per i capelli a mo’ di pettine. Ma come rifiutandosi di lasciarsi andare al sonno, la mente del più giovane si riaccese di colpo, e con la stessa imprevedibilità che hanno le grandi idee nel nascere, un concetto piuttosto irrazionale cominciò a farsi strada tra i suoi pensieri, con la discrezione di un felino, prendendo a poco a poco sempre più consistenza. Una domanda, una curiosità, qualcosa a cui non avrebbe saputo dare un motivo ma che non era in grado di mettere a tacere. E Yugi era una persona curiosa di natura.

Sapendo che avrebbe perso la battaglia contro quel pensiero intrusivo, il ragazzo optò per un’onorevole resa e si voltò finalmente verso gli occhi chiusi di Yami. L’altro se stesso non sembrava dare segni di intensa attività, ma Yugi aveva bisogno di lui. Non si sarebbe arrabbiato se Yugi l’avesse svegliato, giusto? Non troppo almeno…

«Yami?» chiamò.

«Hm? ».

«Yami? ».

«Non sto dormendo…» mormorò pigramente l’altro. Un sorriso sfiorò le labbra di Yugi. Apprezzava la disponibilità di quella voce assonnata, ma riguardo alla sua sincerità nutriva dei dubbi. Del resto, Yami non avrebbe mai ammesso di essersi addormentato di fronte alla televisione come un comune mortale, la gente avrebbe potuto pensare che fosse umano. Yugi gli afferrò la manica, strattonandolo con fare infantile.

«Yami, svegliati. Devo chiederti una cosa». Cedendo alle insistenze del suo partner, Yami aprì un occhio, con la stessa pigra regalità di un gatto. Una minuscola fessura color granato proprio in mezzo al suo viso, fissa sulla persona che giaceva ancora sulle sue ginocchia. La fessura guardò Yugi con fare scettico, poi ritornò a nascondersi sotto le palpebre dell’ex sovrano. «Ti ascolto» mormorò questi sopprimendo uno sbadiglio. Yugi protestò.

«Non puoi ascoltarmi se non mi guardi».

«U-uh» negò lo spirito «Posso benissimo. Non hai idea di quante belle conversazioni ho ascoltato mentre ero ancora nel puzzle- ahi!» Yami fu costretto ad aprire gli occhi per la sorpresa più che per il dolore e si portò velocemente la mano dove Yugi gli aveva appena mollato un pizzicotto.

«Posso avere la vostra attenzione, faraone? ».

«Tua. La tua attenzione. Non c’era il voi ai miei tempi- ahi!» il braccio del faraone in questione venne attaccato di nuovo con crudele non curanza, questa volta le iridi granato parvero indispettite. «Potresti piantarla per favore?». Yugi si limitò a ridacchiare impietoso, carezzando con il dorso della mano la superficie da lui appena martoriata.

«E’ che ho una domanda…».

«Ok, parla. Ti ascolto».

Gli occhi di Yami erano finalmente aperti e fissi su di lui, l’irritazione aveva sostituito la sonnolenza e la curiosità stava lentamente sostituendo l’irritazione. Il suo altro se stesso lo avrebbe ascoltato, perciò Yugi si fece coraggio e sentendo che la domanda pulsava ancora all’interno della sua testa, si decise a ingoiare l’imbarazzante infantilità del quesito e aprì bocca.

«Se potessi portare solo tre cose con te su un’isola deserta, cosa porteresti?».

La fronte di Yami si aggrottò mentre le iridi rosse gli avrebbero volentieri sbattuto in faccia la sua ingenuità: loro erano state troppo scaltre per dare ascolto a Yugi, avevano previsto una domanda stupida e si erano giustamente richiuse, era stata solo colpa dell’ex faraone se erano state costrette a riaprirsi per una simile sciocchezza. Yami non voleva credere che avessero ragione, davvero aveva dovuto abbandonare il mondo dei sogni per rispondere a una simile trivialità? La logica venne in suo aiuto per fortuna e dovette riconoscere che, a conti fatti, qualunque cosa facesse o chiedesse Yugi non era una vera e propria trivialità ai suoi occhi, il che gli permise di zittire le rivendicazioni delle sue iridi e offrire al suo aibo uno sguardo puramente perplesso. Certamente la domanda di Yugi era più di quanto non lasciasse intendere il semplice modo in cui era stata formulata e l’apparentemente insulso ammasso di parole nascondeva un trabocchetto di qualche sorta. Qual era la risposta che si aspettava il ragazzo?

«Cosa intendi con cose?».

Yugi alzò le spalle mentre Yami attendeva degli indizi preziosi.

«Qualunque cosa, perfino un meteorite, un gatto, una persona…».

Della breve lista, Yami isolò solo l’ultimo termine. Una persona. Sì, l’indizio era stato lampante, più di quanto si aspettasse in effetti, ma questo non era uno dei loro soliti giochi, semplicemente una pigra conversazione da quattro del pomeriggio: i giri di parole erano inutili. L’ex faraone si abbandonò sullo schienale del divano, le braccia distese sulla spalliera e gli occhi persi sulle sagome sfocate del programma. La tv era ancora accesa e mormorava ancora il suo rumore bianco di discorsi senza senso, soprattutto per lui che non aveva prestato attenzione neanche nel momento in cui Yugi l’aveva accesa.

«Un kit di emergenza suppongo. Magari dei razzi per segnalare la mia posizione, qualcosa da mangiare…» Il volto di Yugi accolse la sua risposta con una scintilla di delusione. Non che Yami si aspettasse nulla di diverso.

«Intendo… qualcosa di speciale. Qualcosa da cui non vorresti separarti, che ti aiutasse a sconfiggere la solitudine. Qualcosa di simbolico, di importante…».

Scettico e allo stesso tempo stanco, Yami si strinse nelle spalle, cercando di far uscire dalle sue labbra parole un po’ meno vuote.

«Il deck allora. Il puzzle se fosse ancora qui, Kaiba magari. Così passerei un po’ il tempo…» questa volta trovò disapprovazione e perplessità nello sguardo di Yugi. Il ragazzo inarcò un sopracciglio.

«Porteresti Kaiba? ».

«Sarebbe contento. Avrebbe tutte le rivincite che vuole» si giustificò Yami ostentando un sorriso. Yugi non rispose subito, piuttosto rivolse di nuovo la sua attenzione alle figure che si muovevano sullo schermo. Il patto di resa che aveva stipulato con la propria curiosità era stato soddisfatto, ma non poteva certo dirsi appagato per le risposte ottenute. Non esplorò la motivazione di queste ultime, piuttosto decise di immergersi nuovamente nell’indolenza del pomeriggio.

«Ok» mormorò alla fine «Era una domanda stupida, grazie per aver risposto» si sforzò di sorridere.

Yami rimase in silenzio. Non gli serviva leggere nel pensiero del suo partner per capire cosa gli frullasse per la testa in quel momento, ne aveva avuto già un piccolo assaggio quando lo aveva pregato di concedergli qualche indizio, poco prima. Sapeva di non aver dato a Yugi la risposta che voleva, ma sapeva anche che per nulla al mondo avrebbe risposto in modo diverso, neppure per conformarsi alle aspettative del suo aibo. Sarebbe stato come andare contro la propria natura. Ma forse quello che a Yugi serviva davvero non era una risposta diversa, ma una spiegazione. Il ragazzo fissava distrattamente la tv, il fantasma di un sorriso steso sulle sue labbra e Yami represse un sospiro. Sì, forse era stata una domanda stupida, ma nulla che Yugi facesse o dicesse sembrava mai stupido ai suoi occhi.

Si sporse in avanti, poggiando la mano sulla guancia del suo partner per costringerlo a girarsi verso di lui.

«Non porterei mai te, aibo» spiegò con un sussurro.

Yugi non disse nulla, lo fissava negli occhi e basta. Paziente. Le dita di Yami scorrevano delicatamente lungo il volto del più piccolo, era sicuro che a Yugi fossero sufficienti poche parole per capire, lo conosceva così bene… forse era l’unica persona al mondo a conoscerlo davvero. Lo spirito del puzzle non si apriva mai. Retaggi di un’educazione rigida e di un passato politicamente intenso probabilmente, o più semplicemente per pura introversione. Ma a Yugi gli era impossibile nascondere qualcosa, evitare di giustificarsi… Con lui si sentiva a casa, libero di essere imperfetto. Debole.

 «Io… ti amo troppo per metterti in pericolo. Non ti porterei mai con me in un posto del genere. E non mi importa se era una domanda stupida. Non ti permetterei mai di seguirmi. Non permetterei mai che ti succedesse qualcosa». Il suo pensiero volò a Kaiba e l’ex faraone si ritrovò a ridere. «Per Seto è diverso. Tanto mi troverebbe comunque pur di provare a battermi, e se dovesse finire stritolato da un pitone o mangiato dagli squali beh, me ne farò una ragione».

«Gentile» commentò Yugi con un sorriso.

«Ma se la stessa cosa dovesse succedere a te io… non lo so, penso che sarei capace di aprire in due il pitone e incidergli geroglifici nell’intestino, o la prima cosa stupida che ti viene in mente. E non credere che lo squalo se la caverebbe meglio». Adesso anche Yugi ridacchiava, avrebbe dovuto saperlo che l’altro se stesso non sarebbe mai cambiato. Gli scostò una ciocca di capelli dal viso. Yami sospirò.

«Lo so. Sono esagerato».

«Non più del solito» sorrise Yugi scuotendo la testa. La domanda era stata stupida, la reazione di Yugi alla risposta di Yami lo era stata anche di più, ma la giustificazione… così dolcemente infantile… gli faceva venir voglia di fare domande stupide più spesso.

«E tu invece cosa porteresti?».

Yugi tacque. Trovare la propria risposta alla domanda era stata la prima cosa che aveva fatto, prima ancora che questa insistesse per essere rivolta a Yami, eppure dopo aver sentito il parere dell’altro se stesso, Yugi non era più tanto sicuro del proprio. Il suo punto di vista era cambiato e non poteva non riconoscere che Yami aveva ragione e che al suo posto avrebbe fatto e detto la stessa cosa. Separarsi dai suoi amici, dal nonno, da Yami… sarebbe stata la cosa più difficile, ma Yugi non era sufficientemente egoista per portarli con sé. La sua risposta probabilmente sarebbe stata la stessa del suo altro se stesso: il deck, il puzzle, un arci nemico qualunque con cui passare un po’ il tempo. E hamburger. Decine di hamburger. Il pensiero di qualcosa di più allegro lo fece finalmente ridacchiare e Yami gli rivolse un’occhiata confusa.

«Non lo so, non ne ho idea» rispose infine Yugi con una scrollata di spalle, ma sapeva che Yami non si sarebbe accontentato.

«Sì che ce l’hai».

«No».

«U-uh».

«E che cosa allora?» mormorò Yugi. Il faraone accolse la sfida nascosta dietro a quel semplice mormorio e lo guardò negli occhi ancora una volta prima di scompigliargli affettuosamente i capelli.

«Me».

Il ragazzo dagli occhi viola si affrettò a negare.

«No, non voglio che tu venga con me sull’isola deserta».

«Sì che lo vuoi».

«Come puoi sapere quello che voglio? ».

«Io ero te aibo. So sempre quello che vuoi. E soprattutto so sempre quello che è meglio per te. E anche se non mi volessi troverei il modo di convincerti perché non c’è alcuna possibilità al mondo che io ti lasci andare su un isolotto sperduto in mezzo all’oceano da solo».

«E se fossi su un aereo e l’aereo precipitasse, come faresti a impormi la tua presenza, mamma? ».

«In quel caso bisognerà fare in modo che il piccolo Yugi non salga mai da solo su un aereo».

«Addirittura... Non ti fidi di me? ».

«Certo che mi fido di te aibo. Sempre» mormorò Yami «E’ dei piloti che non mi fido».

Le palpebre di Yugi si fecero di nuovo pesanti ora che la sua curiosità era stata appagata, annuì distrattamente mentre un sorriso gli sfiorava le labbra. L’atmosfera pigra di quel pomeriggio sembrava essergli penetrata nelle ossa, come una medicina che fatichi ad entrare in circolo. Si alzò per avvicinarsi all’altro se stesso, accasciandosi a lui con la testa reclinata sulla sua spalla. Gli spostò ancora una volta una ciocca dietro l’orecchio. Forse Anzu aveva ragione e Yami aveva bisogno di tagliarsi i capelli, ma poi con cosa avrebbe giocherellato Yugi tutto il giorno?

«In quel caso però saresti in pericolo anche tu» mormorò «Non voglio che tu sia in pericolo…».

Yami sorrise, gli occhi semi socchiusi e le iridi granato finalmente placide. «Allora perché non lasciamo perdere le isole deserte? Troviamo un posto più sicuro». Yugi chiuse gli occhi in segno di assenso.

«Allora a partire da adesso ti proibisco di lasciare questo divano».

L’ex faraone ridacchiò, poggiando le labbra sulla fronte del suo partner.

«Ogni tuo desiderio è un ordine».


Yep, decisamente una FWP... sonoadorabiliperòcomefaianonscriverefluff???? 

Ahem, noticine, sì. Il titolo! Apparentemente privo di senso, la parola Shiroi (bianco) è stata scelta dopo lungo ponderare: l'intenzione era rimandare al concetto di 'rumore bianco', qualcosa quasi impercettibile e apparentemente insignificante che faccia però da sfondo a qualcosa di più significativo. La domanda dell'isola deserta è il nostro rumore bianco, un pretesto per avere un po' di fluff per far dire a Yami per l'ennesima volta quanto adori il suo aibo.

Ancora tantissimi auguri zia Masy, grazie a chiunque abbia letto una delle oneshot più corte che abbia mai pubblicato e grazie a La_Fe10 perchè sopporta il mio fluff anche alle due di notte. Agli interessati do appuntamento per domenica: Pictures of You non aspetta altro che distruggere i vostri cuori!

Ache

  
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