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Autore: Yumeji    11/04/2015    2 recensioni
Prima settimana.
Inizialmente, si trattava solo di una voce.
Seconda settimana.
Nessuno poteva credere che fosse...
Insomma, a lui si addiceva una morte ben più spettacolare, giusto?
Terza settimana
Eppure, rimanevano pochi dubbi su quale fosse stato il suo destino.
---
Quando si è perso qualcosa è normale andarla a cercare.
E più questa cosa, andata persa, è importante, più ci s'impegna per ritrovarla.
Avvolte però ci si può solo arrendere di averla perduta o a desistere di fronte a chi ce la vuole tenere nascosta.
Alcuni però non cedono, insistono, anche se non sono consapevoli di cosa abbiano perso, o di cosa stiano cercando.
Spinti, forse, solo dalla voce di un'illusione.
[Fanfiction divisa in due parti]
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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PRIMA PARTE



“A chi tocca stare sotto?.. A chi tocca stare sotto?

A Shizuo, a Shizuo… A contare tocca a te!”
Cantilenavano allegramente i suoi compagni nell’accerchiarlo, chiudendolo in un angolo contro la corteccia del grande sakaki che avevano già deciso sarebbe stata la tana.
Era la fine di agosto, un sole asfissiante brillava in un cielo troppo vasto ed esageratamente limpido, rendendo i colori su cui si rifletteva tanto brillanti da sembrare finti. Lo stesso parco in cui lui e i suoi amici si erano ritrovati per giocare, semplici bambini delle elementari in cerca di un modo per occupare le vacanze estive, era tanto bello ed immenso da parer uscito da una fiaba, colmo anche di alberi su cui potevano arrampicarsi.
- Non è giusto, perché tocca a me? - protestò il piccolo dai capelli castani, ripulendosi il moccio che gli colava dal naso usando il dorso della mano, con il risultato di impiastricciarsi tutto il volto di fango, avendo le braccia ricoperte di terra dopo essere malamente caduto durante l’ultimo gioco.
- Chi perde fa penitenza, eravamo tutti d’accordo - gli rinfrescò la memoria Shinra, sistemandosi un paio di occhiali troppo grandi per il suo viso infantile,
- E tu hai perso, Shizuo -  si aggiunse Kadota, costretto a tenersi con una mano la bandana che era solito portare perché non gli finisse sugli occhi, d’improvviso fattasi troppo grande per la sua testa.
- Quindi conti tu… quindi conti tu - continuavano intanto a canticchiare Erika e Walker con l’eccitazione tipica dei mocciosi di fronte ad un nuovo gioco o, trattandosi di loro, come se si fossero trovati davanti all’ultima opera completa del loro mangaka preferito.
- E va bene, va bene! Ho capito, contò io! - sbottò Heiwajima irritandosi, non trovando modo di replicare, e grattandosi nervoso le guance, insozzandole ancora di più. - Però dovete rispettare le regole: se vi trovo, vi ho trovato, quindi…- proclamò serio, come uno di quei personaggi con il camice bianco di una serie tv che la sua mamma amava tanto guardare, - … Non provate a scappare! -  e mise un leggero broncio, quello del vinto, costretto a piegarsi alla volontà dei compagni e fare penitenza.
- Eeh..? Non possiamo scappare? Ma allora che divertimento c’è? - protestò con voce irritante, lamentosa, il bambino di cui non sopportava neppure la vista, il quale era anche la causa per cui aveva perso all’ultimo gioco “acchiapparello“, quell’antipatico aveva barato! Lo aveva ingannato fingendo di farsi prendere solo per fargli lo sgambetto, con la conseguenza che era finito con il rotolare a terra come una trottola impazzita.
- Questa volta no! Non ho intenzione di inseguirti!..- insistette sul quel punto mentre si passava di nuovo la mano sul viso, in modo di nascondere le lacrime che gli si stavano formando ai lati degli occhi. Poco prima si era sbucciato un ginocchio, ed era doloroso, ma lui era Shizuo, e non poteva piangere. Doveva essere forte!
- Se ti trovo, ti ho preso! Hai capito, pulce? - ripete, già preparandosi per iniziare a contare,
- Uff… E va bene - si trovò ad accettare a malincuore, con un’espressione seccata, il piccolo Izaya Orihara, - Però tu vedi di trovarmi! - lo incitò, forse temendo che il castano, vista l’antipatia che incorreva fra loro, potesse abbandonarlo a metà della partita.
- Promesso, pulce -

E, nel bel mezzo della notte, con ancora sulle labbra le parole del Shizuo bambino, lo Shizuo adulto si svegliò di soprassalto nella propria camera da letto, buia e silenziosa, dal pesante odore di fumo. Il cuore gli martellava a mille nel petto, la pelle ricoperta di sudori, respirava come un uomo appena uscito da una lunga apnea e annaspava per incamerare più ossigeno possibile. I contorni del sogno da cui si era appena sottratto cominciavano già a svanire dalla sua mente, ma il mostro di Ikebukuro non poteva far a meno di pensare di essersi appena destato da un terribile incubo.
Nel buio, le sue mani corsero veloci alla ricerca del pacchetto di sigarette, mezzo vuoto, che aveva abbandonato qualche ora prima sul comodino vicino ad un posacenere già stracolmo.


Non sapeva cosa lo spingesse ad alzare lo sguardo, a scrutare con occhio scrupoloso e attento i tetti di quegli edifici fatiscenti dalla muratura in bella vista sulla facciata, lordi dai fumi dell’inquinamento, coperti da uno spesso strato di sporcizia che ne anneriva le pareti, rendendoli tristi, pietosi, inguardabili.
“Chissà se provocavano la stessa pena anche quando erano abitati“, si chiese Shizuo senza reale interesse, osservando con l’indifferenza tipica di chi la storia del secondo dopoguerra l'aveva semplicemente letta nei libri scolastici, senza alcuna curiosità per l’architettura tipica del periodo. Non gliene fregava nulla di come la presa degli occidentali si era fatta opprimente sul Giappone sconfitto, la cui rivoluzione Meiji e quell’apertura che l’aveva spinto ad adattare la propria cultura al “grande occidente”, era stata da tempo dimenticata, sostituita da un nazionalismo non meno dannoso della politica precedente.
Ad osservarli senza un vero motivo, però, l’Heiwajima non riusciva a far tacere quella parte di se, ben lontana dalla furia, dalla cieca bestia assopita in lui appena sottopelle, e del tutto inedita - probabilmente nata nel suo animo dopo una pesante sbornia triste, la quale forse doveva ancora smaltire del tutto -, che perdeva tempo a filosofare.
Così differenti apparivano quegli edifici dai palazzi attuali, in cui le pareti esterne ricoperte da vetrate sembravano voler riflettere la luce del sole solo per accecare i passanti, facendoli risplendere di una bellezza immensa, nascondendo a quel modo il loro scheletro in acciaio e cemento, quel svettare impunemente verso l’alto, quasi a toccare un cielo che avevano finito per soffocare, oscurare alla vista dei mortali, tanto ammaliati dalla grandezza delle nuove divinità del mondo moderno, i grattacieli.
Dove fosse finito esattamente, Shizuo non lo sapeva, era solo conscio che quella scorciatoia, la quale lo portava lontano dalla via principale, sempre riccamente affollata, gli faceva risparmiare una ventina di minuti rispetto a quella che percorreva di solito. Un tempo doveva trattarsi di un quartiere industriale, giudicò, sede di grandi fabbriche brulicanti operai pagati a fame, con un eterno cielo plumbeo a sovrastarle a causa dei fumi che producevano, e con annessi gli appartamenti dei loro lavoratori, le cui famiglie erano sempre troppo numerose per poter sopravvivere decentemente in quei piccoli spazi concessi per puro scrupolo.
Ormai da qualche settimana Shizuo passava spesso per quella via, la quale era annessa alla principale solo tramite una via secondaria, più simile ad un vicolo a dirla tutta, il quale pareva abitato unicamente da sporcizia e ratti di fogna, la prima volta c’era finito proprio seguendo uno di questi ultimi, l’ennesimo dei creditori del suo capo che si rifiutava di sganciare la grana. Sospirò Heiwajima al ricordo, non esisteva vita facile per uno della “riscossione debiti“ e si accese l’ennesima sigaretta, già stretta tra le labbra, nel tentativo di scacciare il nervosismo che quel ricordo gli suscitava, nell’ultimo periodo, doveva per lo meno riconoscerlo, fumava davvero troppo. O, almeno, abbastanza da destare qualche preoccupazione a Tom, il quale lo conosceva da così tanto tempo da essere coscienzioso al punto giusto da sapere fin dove poteva spingersi con gli avvertimenti e osservazioni, difatti, insieme a Dotachin, era una delle poche persone che conosceva a non averlo mai fatto uscire fuori dai gangheri. Da sempre, soprattutto da quando gli aveva trovato un lavoro in cui la sua forza era un vantaggio, Shizuo teneva un’alta considerazione per il partner, e così come faceva con Simon, prestava orecchio alle sue osservazioni.

- Shizuo, c’è qualcosa che ti preoccupa?- quando, in un tratto di strada tra un cliente e l’altro, Tom gli aveva fatto quella domanda, Shizuo, in un primo momento, se ne era sentito spiazzato, cadendo letteralmente dalle nuvole, poiché stava già pensando al pranzo che avrebbero consumato dopo quell’ultimo lavoro.
- Non mi sembra…- si grattò la testa incerto, riservando un’occhiata superficiale a quel tratto di cielo azzurro visibile alla vista, strano, con tutto quel grigiore che lo circondava, era convinto non fosse affatto una bella giornata, eppure quel colore tanto vivido e il sole dorato, che scaldava la pelle, sembrava già richiamare a se la primavera, nonostante fosse di qualche settimana in anticipo. - No, non c’è nulla- si era preso tempo per riflettere, chiedendosi se avesse tenuto qualche comportamento con il quale aveva finito per portare l’altro ad allarmarsi.
- Fumi il doppio, se non il triplo del solito… sicuro che non ci sia nulla?- aveva avuto un attimo di esitazione nell’insistere. Shizuo l’aveva ben percepito nella pausa che si era preso prima di porgergli la domanda, probabilmente Tom si chiedeva se non stesse ficcando troppo il naso, se non fosse imprudente spingerlo a parlare quando, forse non era una questione di “non sapere” ma di “non voler dire”, di certo, e di questo il biondo poteva mettere una mano sul fuoco, il partner di lavoro temeva una sua reazione violenta. Eppure, non ne aveva motivo, una volta tanto.
- Certo che ne sono sicuro, anzi, ti dico che, da un paio di settimane a questa parte, la mia vita è divenuta mille e mille volte più serena - rispose, ma non sorrise al proprio commento, nonostante l’espressione del tutto piacevole delle parole, e si accese un’altra sigaretta dopo averne appena gettata una (forse per quel gesto inconscio del “buttare il mozzicone” il suo partner aveva temuto che stesse per infuriarsi).
Tom lo osservò per un lungo momento in silenzio, sembrava soppesarne le azioni, e un velo di preoccupazione gli attraversò lo sguardo, sapeva cosa l’Heiwajima tentava di nascondergli o, almeno, intuiva quale inquietudine lo affliggesse e a chi fosse associata. Il biondo negava, ma lui vedeva che qualcosa non andava, per quanto fingesse, la cosa non poteva non toccarlo. Alla fine, però, il ragazzo dovette cedere ad affrontare l’argomento, erano appena giunti all’abitazione del loro cliente successivo e, dal fumo che usciva dalla finestra del suo appartamento, giudicò che, come tutti i precedenti, anche quello non si sarebbe rivelato un compito facile. Per affrontare i tormenti di Shizuo, decise, una sera lo avrebbe prima invitato al Russia sushi e poi a bere.

Successivamente, Shizuo aveva rifiutato l’invito, per svincolarsi si era inventato qualche impegno improrogabile e probabilmente anche poco plausibile, ma che Tom aveva accettato senza chiedere altro, comportamento, fra l’altro, molto premuroso da parte sua. L’Heiwajima se ne sarebbe sentito umiliato se l’amico avesse indagato quel poco per far cadere la sua bugia, obbligandolo ad ammettere che, semplicemente, non se la sentiva di andare al Russia sushi, doveva sapeva avrebbe incontrato altre facce conosciute, e probabilmente anche Shinra.
Per un qualche motivo, in quel periodo il biondo evitava le persone a lui familiari, stava sulle sue limitandosi a qualche sporadica apparizione, con cassonetti volanti, grida furiose e compagnia bella, solo per far sapere a tutti di essere ancora vivo e, a parte quegli episodi, ultimamente se ne stava tanto tranquillo da rasentare la noia. Certo, non se ne lamentava, infondo, non aveva sempre desiderato una vita serena? Senza insetti molesti a ronzargli attorno a farlo uscire dai gangheri?.. Bhé, quel desiderio si era finalmente realizzato, quindi, di cosa si lamentava?
Shizuo ispirò profondamente il fumo della sigaretta, lasciandolo stanziare per qualche istante nei propri polmoni, prima di espirarlo dal naso, ripetendo il processo più e più volte, all’ultimo però trattenendo l’aria un istante di troppo, causandosi un attacco di tosse convulsa e catarrosa.
Infondo, era consapevole che stava esagerando con le sigarette, ma non ne poteva fare a meno,  si sentiva colmato da quel fumo grigio e malsano dal sapore di tabacco e petrolio, ciò gli causava un benessere difficile da spiegare. Il gusto che gli riempiva in bocca lo tranquillizzava, più di quanto avesse mai fatto da quando aveva preso il vizio, fumare sembrava essere l’unica azione capace di riempire quel senso di vuoto che gli coglieva il petto sempre più spesso, attenuando anche l’opprimente nodo allo stomaco da cui non aveva pace.
“Forse… dovrei smettere?” si domandò ben poco convinto, consapevole che non avrebbe mai mantenuto un tale proposito, l’intera Ikebukuro avrebbe rischiato di soccombere sotto i suoi colpi, se solo ci avesse provato.
Meccanicamente, portò ancora una volta lo sguardo sui tetti dei palazzi che lo circondavano e, quasi immediatamente, il suo volto si riempì d’irritazione. Avrebbe riconosciuto quell’ombra, che dall’alto si stagliava in cima ad un cornicione, simile a un corvo o a un avvoltoio intento ad attendere di gettarsi su una carcassa, fra mille.

- Alla fine fai rivedere nuovamente la tua brutta faccia, pulce - fu il saluto con cui lo raggiunse Shizuo, preceduto da un ringhio e dal lancio di un cestino dei rifiuti che doveva aver raccolto dalla strada e si era trascinato dietro per tutte le scale. Sfortunatamente, i suoi sforzi furono inutili, poiché il proiettile mancò totalmente il bersaglio e l’immondizia di cui era stracolmo, nel compiere la sua parabola, prima di schiantarsi a terra, si sparse per tutto il tetto dell’edificio, propagando un fetore asfissiante simile a quello di una carogna rimasta troppo tempo sotto al sole.
- Ti sforzi sempre di darmi un’accoglienza calorosa. Eh, Shizu-chan? - lo ricambiò con un sorriso beffardo Izaya, le mani nascoste nelle tasche della giacca, alla probabile ricerca del fedele coltellino. Si muoveva agilmente come al suo solito, evitando il lerciume che a causa del barista ora pioveva dal cielo, per nulla stupito dal suo arrivo.
Dall’alto, l’informatore aveva notato subito la figura del biondo mentre si dirigeva a passo pesante verso l’edificio, la sua apparizione non aveva quindi nulla di sorprendente o di eclatante ai suoi occhi. Sapeva che sarebbe corso immediatamente da lui non appena lo avesse notato, anche solo per il gusto di sputargli in faccia ma, solitamente, l’Heiwajima non si accontentava di così poco.
- Taci, e torna in quel buco di fogna dove sei rimasto nascosto sino ad adesso, IZAYA! - gli intimò, già lanciandosi contro il corvino ancor prima di concludere la frase, non aveva trovato segnali stradali nelle vicinanze, quindi per quella volta poteva affidarsi unicamente ai propri pugni, di cui d’altronde si fidava moltissimo, ma era ben consapevole della pericolosità di finir invischiato in uno scontro a breve distanza con Orihara. Per quanto non potesse rivaleggiare in forza, si rivelava incredibilmente lesto con le lame, e se comunque Shizuo era quasi insensibile al dolore, anzi, assuefatto ad esso, se il corvino riusciva a colpirgli i nervi, il braccio o la gamba ferita, diveniva completamente inutilizzabile.
- Vuoi cacciarmi dopo che ci siamo appena incontrati? Ma quanto sei crudele Shizu-chan, non ti sono mancato neppure un po’? - parlò con quel tono di scherno ed arroganza con cui amava tanto irritarlo, evitando a col tempo il suo pugno, schivandolo con facilità e prevedendone anche i colpi successivi. Possedendo un “ottuso cervello da protozoo” i movimenti di Heiwajima risultavano al quanto limitati ed estremamente semplici, non cambiavano mai molto da uno scontato attacco diretto, e tenendo presente l’esperienza accumulatasi con anni e anni di scontri, per Izaya diveniva facile affrontarlo alla pari sfruttando la propria velocità.
Eppure, per quanto l’informatore si mostrasse spavaldo, persino lui preferiva non affrontare l’avversario in uno scontro a breve distanza, sarebbe bastato un momento di distrazione, un errore di calcolo perché, con un unico colpo da parte sua, il biondo gli spappolasse gli organi interni o gli frantumasse tutte le ossa.  
In sostanza, una simile situazione non era vantaggiosa per nessuno, ma a Shizuo era già montato il sangue alla testa e non appariva abbastanza lucido da vedere il problema, come al suo solito agiva d’istinto, infischiandosi del resto.
- Davvero è solo questo che vuoi fare? - lo incalzò Izaya, compiendo un balzo indietro così da creare un po’ di distanza tra se e il mostro di Ikebukuro, arrampicandosi sul cornicione che delimitava la tettoia su cui si trovavano, in equilibrio precario tra solido e vuoto.
E, a quel punto, qualcuno con più sale in zucca avrebbe intuito qualcosa, avrebbe sentito odore di bruciato, in quella posizione l’informatore sembrava concedersi all’avversario come una tortora caduta in gabbia, era palese che si trattasse di uno stratagemma ordito per far cadere il suo avversario in trappola. Per un istante Orihara dubitò persino che il biondo ci sarebbe cascato, non poteva essere tanto…
- IZAAAYA!! - adorava e allo stesso tempo detestava come Shizuo riuscisse a sorprenderlo ogni volta, confermandogli quanto fosse imbecille.
L’ex-barista si scagliò contro al corvino, in preda ad uno slanciò cui difficilmente sarebbe riuscito a fermarsi in tempo, e l’informatore dovette solo attendere si avvicinasse quel tanto che bastava.
All’ultimo secondo saltò, superando l’Heiwajima e atterrandogli alle spalle, questi invece, continuò per la sua strada, schiantandosi contro il cornicione, il quale cominciò a ricoprirsi di crepe a causa della forza dell’impatto.
- Whahahahahah! Rimani sempre un’idiota Shizu-chan - lo derise a gran voce con una risata irritante e l’espressione gongolante per avergliela fatta, il fermarsi a commentare però rallentò la sua ritirata e, recuperato lo slancio, per Shizuo fu facile acchiapparlo, afferrandolo per il collo della maglia.
- Tu…- ruggì al colmo della furia, alitandogli in faccia il suo respiro dal pesante odore di fumo, la capigliatura bionda a ricadergli ancora più scompigliata del solito sul viso, quasi ad occultarne gli occhi, già nascosti dagli occhiali scuri. Aveva quell’espressione terribile che tanto lo rendeva simile ad una bestia feroce a cui fosse stato invaso il territorio.
Senza fatica Heiwajima sollevò l’informatore da terra, sostenendone il peso lasciando che fosse la sola punta dei suoi piedi a sfiorare il pavimento. Voleva farlo nero, pestarlo a sangue, ripagarlo per tutti quegli anni gettati al vento per colpa della sua presenza, ma qualcosa, lo trattenne dal farlo.
- Allora, sicuro che ti basti pestarmi?.. Ti va bene solo questo? - lo incalzò Izaya, - Non hai propri nulla da chiedermi, Shizu-chan? - continuò a sfotterlo amabilmente con quel suo sorriso da schiaffi, il volto strafottente di chi aveva tutto sottocontrollo, o voleva farlo credere, quasi avesse la straordinaria capacità di tirarsi fuori da qualunque situazione, abilità di cui spesso Shizuo era stato testimone.
- Cos’è… stai negoziando, pulce? - toccò a Heiwajima sorridere, sorriso che però parve più simile ad una smorfia grottesca, deformata dalla rabbia da cui era intriso. - Cosa dovrei…- si bloccò quando già sollevava il pugno in alto, pronto a colpirlo in pieno volto, attraversato da un dubbio, da un pensiero. Ora ricordava e, per quanto detestasse riconoscerlo, Izaya aveva ragione, aveva una cosa da chiedergli, una domanda da porgli:
- Senti, pulce..- la voce però gli venne meno, si fece esitante nella sua gola e anche la sua presa, un attimo prima tanto forte da tener bloccato il corvino, si allentò. Izaya però non sembrava intenzionato ad approfittarne per allontanarsi, un altro sorriso da rapace gli affiorò sulle labbra,
- Sei curioso di sapere cosa mi è accaduto? Eh, ho indovinato Shizu-chan?- completò con una semplicità disarmante, e al quanto beffarda, ciò che all’Heiwajima riusciva così difficile pronunciare.
- Izaya, tu sei veramente…- non voleva dargli la soddisfazione di ammettere che sì, era quella la sua domanda, perlomeno per orgoglio doveva trovare la forza di porla a modo proprio, - … sei veramente, morto? -
E il sorriso irritante dell’informatore, a quella domanda, finalmente gli scomparve dal volto, lasciando al suo posto l’espressione penosa di chi si trova ad aver a che fare con un povero demente.
- Tu che ne dici, Shizu-chan? - lo giocò afferrandogli le mani con cui flebilmente gli teneva ancora la maglietta e, veloce, sgusciò via dalla sua presa, approfittando della confusione del biondo per mettere qualche metro fra loro come distanza di sicurezza. - Cos’è ti appaio come un fantasma, un sogno, una chimera? - gli domandò dandogli mostra dalla sua agilità tornado in equilibrio sul quel corrimano in cemento ed intonaco che per poco il biondo non aveva quasi sfondato, e a cui sembrava bastasse un non nulla per crollare, ma che non diede segni di cedimento sotto il peso dell’informatore.
- Saresti comunque una delle cose più normali che ho visto qui ad Ikebukuro..- commentò Shizuo, accendendosi una sigaretta, avendo gettato la precedente prima di correre dall’informatore, - Significherebbe solo che sto impazzendo - sbuffò, espirando una piccola voluta di fumo, all’apparenza del tutto disinteressato da quell’eventualità, affatto inverosimile.
- Ma andiamo..- sembrò innervosirsi Orihara, incrociando le braccia al petto con un’aria imbronciata, - Se sei così tranquillo e ragionevole che gusto c’è ad attirarti qui? - calciò quello che doveva essere un frammento del cornicione staccatosi dal resto della struttura, ma lo mancò clamorosamente. No, non fu l’informatore a mancarlo, quanto quella scheggia di cemento che non accusò il colpo, rimanendo immobile, lì dove era caduta. - In più, quali prove hai della mia “non esistenza”? - rise a quell’espressione, quasi fosse il commento più comico del mondo, e forse in realtà lo era, poiché sembrava impossibile che quell’Izaya, che Shizuo si era appena ritrovato ad affrontare, fosse un’illusione,
- In realtà.. Nessuna - ammise con una tranquillità che non gli apparteneva Heiwajima, sulle mani avvertiva ancora la sensazione del tessuto della sua maglietta, alla quale però associava un peso troppo leggero persino per Izaya. - Però non hai tirato fuori il coltello neppure una volta - osservò e lo sguardo che ricevette dall’informatore era veleno quanto il morso di un serpente,
- Potrei aver dimenticato la mia scorta da qualche parte…- replicò, serio, sembrava che l’insistenza del biondo lo irritasse, ma ciò, infondo, non significava nulla, erano anni che trascorrevano il tempo ad innervosirsi a vicenda.
- Menti. E’ da quanto ti sono spuntati i primi denti che ti porti sempre almeno un coltellino in tasca - ora lo vedeva chiaramente, anzi, lo udiva, quell’eco lontano, quasi inafferrabile,
- Se fosse come dici, all’epoca, semmai, lo nascondevo nel pannolino - osservò con un sorriso felino, saltando già dal corrimano per avvicinarsi, porgendogli il viso invitandolo a reagire, a colpirlo. Shizuo però non si mosse. Ora poteva osservare i contorni della propria illusione sbiadirsi, i colori perdersi, sempre meno accentuati. L’informatore perdeva la sua solidità divenendo qualcosa di evanescente, irreale, come un sogno che si conclude al risveglio.
- Pulce…- lo chiamò, prima che scomparisse del tutto simile ad una nuvola di condensa o al fumo di una sigaretta. Lui lo osservò, allontanandosi ancora una volta, capendo che, per quanto glielo avesse concesso, ormai Shizuo non lo avrebbe più combattuto. Faceva male ricevere pietà dal proprio nemico, gli faceva comprendere quanto, ciò che gli era accaduto, fosse reale. - Izaya, tu sei..- ripete il suo nome, forse un altro gesto di commiserazione da parte sua,
- Vai nel seminterrato di questa palazzina… - non gli diede adito di finire la domanda, non voleva essere costretto ad ammetterlo ad alta voce, farlo gli avrebbe causato un dolore al petto insostenibile. Non lo accettava. Per lui era impossibile che fosse accaduto, eppure, come poteva constatare anche in quel momento, un cuore non lo aveva più, il suo torace risuonava vuoto, muto… ma forse, cominciò a dirsi, semplicemente, un cuore non lo aveva mai avuto.

Ripercorrendo le scale a ritroso, Shizuo notò per la prima volta lo stato di quell’edificio che, dall’esterno, pareva abbandonato da almeno un paio di decadi. Era sorprendente lo sbalzo di condizioni tra facciata e interno, dalla cui pulizia e modernizzazione degli impianti, pareva fosse stato abbandonato da sole poche settimane e non anni. E, chissà, forse era andata proprio così, rifletté Heiwajima, edifici simili venivano spesso occupati abusivamente da organizzazioni per nulla pulite, cui conveniva non aver contratti d’affitto con alcuno per non lasciare traccia al momento in cui erano costretti a sloggiare.
- Cos’eri venuto a fare qui? - domandò all’ombra che lo seguiva, a quella brutta copia di ologramma mal definito con le fattezze di Izaya, credeva se ne sarebbe rimasto sul tetto o che si sarebbe dissolto, ora che aveva capito essere solo un’illusione (probabilmente scaturita dal suo stesso cervello), invece sembrava pedinarlo, quasi volesse assicurarsi che andasse veramente dove gli aveva indicato.
- Sai com’è, un cliente fidato mi voleva presentare ad un suo conoscente altrettanto fidato, il quale però non possedeva dei subordinati fidati quanto lui - rimase sul vago, scrollando le spalle mentre guardava altrove, evitando lo sguardo di Heiwajima che, fermatosi a metà di una rampa di scale, si era voltato a guardarlo.
- Non ti seguo..- ammise, confuso, causando un sospiro falsamente esasperato al corvino, il quale con un’espressione beffarda commentò,
- Non mi stupisce, Shizu-chan. Infondo, hai un cervello da protozoo - e a quell’ennesimo commento che avrebbe spinto Shizuo a colpire l’aria - poiché l’informatore sembrava avere una consistenza tutt’altro che solida -,  gli diede le spalle e procedette con la sua marcia,
- Devo solo andare nel seminterrato, giusto? E poi mi lascerai in pace? - sbuffò irritato, gettando il mozzicone di sigaretta che teneva tra le labbra, calpestandolo in un moto d’ira,
- Per quanto mi riguarda sì, visto che non durerò ancora allungo - lo rassicurò Izaya con un ghigno mellifluo, -… però non credo che questo basterà a sedare la tua coscienza - rise, e per un momento la sua figura sussultò, dissolvendo i propri contorni prima di ricomporsi, sembrava una di quelle visioni che si creano sulla nebbia, una semplice sagoma, poco più di un’ombra.
- La mia coscienza è apposto, non ho motivo di sentirmi colpevole di qualcosa in cui non c’entro niente! - obbiettò Shizuo alzando la voce, schiantando le quattro nocche della mano destra sulla parete, ricoprendola di crepe per la forza con cui aveva scagliato il colpo,
- Attento, o rischi di abbattere l’intero edificio - parlò sarcastico, ma non più di tanto, un altro paio di pugni e la palazzina sarebbe di certo crollata.
- Taci! - gli ordinò furente, riservandogli uno sguardo che avrebbe incenerito un fienile,
- Bhuu.. Che paura! - continuò a beffeggiarlo, - Credi sul serio di potermi ridurre peggio di come sono ora? - lo sfidò e, nel guardarlo, Shizuo dovette ammettere che no, non sarebbe riuscito a fargli nulla in quello stato.
E, per qualche istante, ritornò il silenzio, interrotto solo dai passi di Shizuo e dal suo respiro.
- Pulce..- ebbe una leggera esitazione nel chiamarlo, avvertendo come se un macigno gli si fosse posato sullo stomaco, e trattenne inconsciamente il respiro nell’attesa di una risposta, la quale tardava ad arrivare, - Ohi, pulce! Ti decidi a rispondermi?! - insistette continuando a non voltarsi, temendo che, facendolo, non avrebbe trovato nulla, l’informatore ormai già dissolto completamente.
- Smettila di importunarmi, idiota! Chiedimi quello che devi e basta! - sbottò infine Izaya, la voce che cominciava a cedere tra le parole, storpiandole con intonazioni acute e sottili, impossibile da associare al corvino,
- E’ da prima che il tuo corpo ha qualcosa di strano, che ti succede? - cambiò all’ultimo la sua domanda Heiwajima, aveva intenzione di porgergliene un’altra ma, e non lo avrebbe confidato a nessuno neppure da morto, cominciava a preoccuparsi per le condizioni dell’informatore. “Sì, fantastico, mi preoccupo per un’illusione” ebbe la definitiva conferma di essere divenuto un pazzo.
- Aah, Shizu-chan. Tu e la tua straordinaria ignoranza - sospirò Orihara, mantenendo a fatica un tono di voce riconoscibile, non di meno il suo commento irritò comunque il biondo, il quale si dovette trattenere da dare un altro pugno contro al muro, rischiava di sfondarlo, in compenso, si accese una sigaretta. - Prima di tutto: io non ho un corpo -
- Ma se poco fa ti ho afferrato e poi, subito dopo, sei stato tu a toccarmi?! - obbiettò immediatamente Shizuo, lo aveva preso per il collo della maglia, ne ricordava ancora il tessuto sotto le dita, così come le mani di Orihara sopra le proprie, quel toccò gelido, quasi fossero state composte di ghiaccio.
- Ho voluto strafare, okay!?.. Mi stavo divertendo - ammise l’informatore, mettendosi sulla difensiva, consapevole di come quell’atteggiamento si fosse rivelato un errore, -… volevo far finta di essere… Sì, insomma.. Hai capito! - continuò, leggermente alterato, perdendo per un istante l’uso della parola, - Mi sono stupidamente indebolito dal solo, dopo aver già quasi esaurito le forze nel tentativo di attirarti qui e, adesso, fatico a mantenere intatta la mia coscienza - confessò con voce rotta dallo sforzo, parlare gli diveniva ogni momento più difficile.
- Quindi, sei stato tu a condurmi qui? - stava discutendo con il nulla, ne era consapevole, ma trovava incredibilmente lunghe le scale che stava percorrendo in discesa e cominciava ad annoiarsi. “Parlare al vuoto era comunque un passatempo” così si diceva Shizuo, poiché non riusciva ad ammettere neppure a se stesso che ci stava volutamente mettendo più del dovuto per raggiungere il seminterrato, le gambe che ad ogni passo sembravano divenirgli di piombo, rendendogli quasi impossibile, anche con la sua straordinaria forza, compiere il successivo. Aveva paura, anzi, era terrorizzato da ciò che avrebbe trovato una volta raggiunto il suo obiettivo. Se era stato la sua illusione di Izaya ad indicargliela, poteva già farsi una vaga idea di cosa vi avrebbe trovato, e non gli piaceva. Avvertiva i muscoli tesi come se fosse sul punto di venire attaccato, costretto a difendersi da un avversario invisibile. - E io che credo fosse stato quel topo di fogna..- commentò ricordandosi come, la prima volta, fosse stato uno dei tanti clienti non paganti, a indicargli quella via, prima a lui sconosciuta.
- Ho messo degli ostacoli sulla sua strada in modo che fosse costretto a seguire quella che decidevo io - gli spiegò Orihara e, anche se non osava guardarlo in volto, temendo di trovare del suo viso solo una macchia indistinta, Shizuo intuì che stava gongolando per il proprio operato e, rammentando, ne capiva il motivo. Per il biondo era stato impossibile acciuffare il creditore sino a quando non avevano raggiunto l’ex quartiere industriale, ovvero, il punto in cui il corvino aveva deciso di far terminare la sua corsa. Come al solito amava mantenere sempre il controllo di ogni cosa.
- E quei sogni? - lo interrogò,
- Sempre colpa mia - ammise, - … anche se il tuo subconscio mi ha dato una mano -
- Aspett..! Sei entrato nella mia testa?! - per poco non mancò un gradino nel voltarsi, rischiando di fare un brutto capitombolo per i restanti quattro piani di scale, “Sono stato posseduto da un fantasma!” pensò, dimenticando di aver considerato quell’apparizione di Izaya come semplice frutto della sua mente.
- Non sprecherei mai energie per entrare nella testa di un protozoo…- sembrò offeso dal sospetto Izaya, incrociando le braccia semitrasparenti al petto, - E’ troppo piccola, non c’entrerei. Mi sono solo limitato a trasmettere un input alla tua mente, una sorta di messaggio. Non ho idea di come il tuo cervello bacato abbia interpretato il mio segnale -
- Se non fossi già morto, fidati, ti ammazzerei - lo avvisò, irritato come al solito dal suo comportamento, troppo tardi si rese conto di aver detto una parola di troppo,
- Purtroppo non puoi farlo, qualcuno ti ha già battuto sul tempo - in pochi conoscevano quanto Izaya temesse la morte e ancor meno avrebbero notato lo sguardo ferito che rivolse a Shizuo, ben mascherato da un sorriso di scherno, il quale non era ben chiaro se rivolto al biondo o a se stesso.
- Izaya… - L’Heiwajima fu sul punto di fare qualcosa che, se l’informatore fosse stato ancora in vita, non si sarebbe mai sognato di dire,
- Stai diventando troppo sentimentale, Shizu-chan - lo interruppe Izaya, deciso a non voler ascoltare le parole del biondo, probabilmente spaventato da esse, mentre s’innalzava sul corrimano, in un equilibrio che si spezzò facilmente quando saltò giù.
- Ohi, ma che cazz…- imprecò Shizuo cominciando d’istinto a correre, preoccupato per le condizioni dell’informatore,
- Ma quanto puoi essere stupido? - lo trovò alla fine della scalinata a ridersela come se avesse realizzato il migliore degli scherzi,
- Tu…- avvertì le mani attraversate da un formicolio, un istinto violento desideroso di sfociare in qualche modo, ma non perdeva tempo a colpire quello che sembrava più un agglomerato di pulviscolo piuttosto di una sagoma netta, solida, reale. Non c’era alcun gusto a colpire l’aria. -… perché cavolo hai chiamato me? Perché mi è dovuto capitare questo fastidio?! Non potevi rivolgerti a qualcuno più interessato?! - esplose in quel modo la sua frustrazione, aveva avuto delle settimane terribili, e tutto per colpa sua! Tutte le disgrazie della sua vita erano riconducibili ad Izaya! Anche adesso che era morto non lo lasciava in pace, lo perseguitava…
- Ma Shizu-chan, sei tu quello che più di tutti è interessato a me - osservò candidamente il corvino.


Prima settimana.
Inizialmente, si trattava solo di una voce.
Un pettegolezzo privo di fondamento, probabilmente sparso in giro da una delle tante malelingue che popolavano Ikebukuro, e in pochi, tra quelli che lo conoscevano, presero sul serio la notizia. Alla fine, tutti pensavano sarebbe ricomparso da un momento all’altro, magari spuntando dall’ombra di un vicolo, e avrebbe di certo gettando ancora una volta l’intero quartiere nel caos, preannunciando il suo ritorno con un rocambolesco inseguimento in compagnia di quel mostro che diceva di odiare tanto.

Seconda settimana.
Nessuno poteva credere che quell’essere dalla vitalità di uno scarafaggio fosse davvero morto, da insetti simili era impossibile liberarsi, appena credevi di averli cacciati, ecco che rispuntavano da una crepa nel pavimento. Non ci si sbarazzava di Izaya.
Lui che era uno dei personaggi principali, uno dei tanti protagonisti della vita di Ikebukuro, non poteva aver lasciato la scena senza dire nulla, sparendo dal palcoscenico in silenzio, come una qualunque comparsa.
A lui si addiceva una morte più spettacolare… Giusto?

Terza settimana.
Ben pochi dubbi rimanevano su quale destino avesse avuto il burattinaio di Ikebukuro, che fosse stato colto dalla morte, era ora un dato di fatto. Di lui ormai non rimaneva più nulla.
Tutto il suo lavoro: i piani, i dati e le informazioni che custodiva tanto gelosamente, erano stati cancellati. Ogni cosa svanita, e ciò grazie al sistema di sicurezza ideato dallo stesso Izaya, il quale aveva usato un metodo infallibile per evitare che i suoi file si disperdessero e venissero usati da altri: distruggerli. Con ciò, però, della sua esistenza non rimaneva la benché minima traccia, se non nei ricordi di chi lo aveva conosciuto.

Quarta settimana… Quinta settimana...

Sesta settimana.
Molte, troppe, dicerie si erano sparse sulla morte di Orihara, una più fantasiosa dell’altra, la maggior parte delle quali prevedevano un suo sbudellamento o un tuffo nella baita di Tokyo a fare compagnia ai pesci. Ma per quante congetture le persone si dilettassero ad inventare, non vi era alcun corpo che potesse smentirle o confermale.
Il cadavere di Izaya non si trovava e, la verità, era che nessuno lo cercava.
Infondo, perché sprecare tempo ed energie per trovare un corpo privo di vita?
Essendovi già la consapevolezza della sua morta, non nasceva il minimo desiderio di cercarlo. Per quale motivo poi, per avere conferma di qualcosa di cui tutti erano già a conoscenza?
No, meglio non affaticarsi troppo e dedicarsi a cose più importanti, d’altronde non c’era alcuna fretta. Chissà forse, prima o poi, qualcuno, scavando nel proprio giardino di casa, avrebbe trovato i resti di un giovane conosciuto un tempo con il nome Izaya Orihara.

Settima settimana… Oggi.
Nel seminterrato, Shizuo trovò un congelatore in funzione.
A quanto sembrava la corrente non era ancora stata staccata.

- Izaya…- deglutì a vuoto Heiwajima, avvertendo la fronte imperlarsi di sudore, dopo quei sette piani di scale, era finalmente giunto nel seminterrato, e ormai stanziava già da alcuni minuti di fronte ad un congelatore, grande abbastanza da poter contenere comodamente una persona. A quel pensiero, un brivido di gelida paura gli percorse per intero la spina. Lì dentro c’era..?
- Vedi di non immaginarti scene troppo splatter, idiota - lo ammonì Izaya nel vederlo esitante e, sul suo viso, i cui contorni sembravano farsi lentamente più netti - privi di quell’alone che poco prima lo faceva sembrare come offuscato, fuori fuoco - , a Shizuo parve di intravedere una traccia d’imbarazzo. Cosa gli era preso?
- Prima, mi diresti come…- ignorò quella sensazione di disagio il biondo, preferendo rimandare ulteriormente quel momento inevitabile. Non era pronto a vederlo. Non ora che si era reso conto di non aver fatto altro che cercarlo, in quelle ultime settimane.
Se la nemesi con cui ti sei dato battaglia per la maggior parte della tua vita scompare all’improvviso, lasciandoti a bocca asciutta, è normale sentirsi perso… Vero?
Lo capiva solo adesso, ma privato della presenza di Izaya, Shizuo si sentiva menomato, come se gli si fosse staccato un braccio o una gamba. Un senso di vuoto gli gravava sul petto, soffocandolo, senza che nulla riuscisse a colmarlo.
Se l’Io di una persona si basava su “se stesso“, e veniva rafforzato dagli “altri“, allora era Orihara quei “altri“ con cui Heiwajima confermava la propria posizione nella realtà. Non che Shinra, Kadota, Celty non fossero abbastanza, erano buoni compagni, amici, ma essi andavano bene per Shizuo Heiwajima l’essere umano, non per il mostro di Ikebukuro.
Da sempre il biondo necessitava di qualcuno capace di affrontare la mostruosa forza che celava sottopelle, e l’unico che ne fosse mai stato in grado era proprio Izaya - l’informatore che nascondeva una bestia probabilmente ben peggiore della sua, invisibile ad un primo impatto, silenziosa, furba, sottile, più pericolosa di una palese forza ercolina.
-… cosa ti è successo di preciso? - aggiusto il tiro perché la parola “morte” non ne voleva saperne di uscire dalle sue labbra, gli pesava sulla gola come un macigno, attaccandogli la lingua al palato, rendendogli impossibile pronunciare alcunché.
Eppure, non ne capiva il motivo, perché ora gli risultava tanto difficile ammettere che Orihara fosse… Prima se lo era fatto sfuggire senza problemi di sorta, perché?
Perché quell’ammissione si era fatta d’improvviso così dolorosa? Troppo per poter essere espressa ad alta voce.
Lo comprese ormai tardi Shizuo, più o meno nello stesso momento in cui capì quanto la figura di Orihara gli fosse necessaria.
Quel loro primo incontro, i continui scontri che si erano protratti da quel momento, quel posto che, per quanto odiato, l’uno aveva occupato in pianta stabile nella vita dell’altro; tutto ciò che li aveva legati, aveva evitato ad entrambi quella solitudine a cui il ruolo di mostro (di marginati, di diversi), li avrebbe obbligati. Era ovvio che due belve feroci, rinchiuse nella stessa gabbia, si azzannassero a vicenda, ma era anche vero che si facevano compagnia in mezzo a tutti quei visi sconosciuti, agli sguardi curiosi dei visitatori da cui erano scrutate da lontano. Quando erano assieme, quelle particolarità che li rendevano differenti dalle persone comuni, la forza per Shizuo e la mentalità leggermente deviata di Izaya, divenivano la normalità. Poiché erano simili, si riconoscevano, ed essendo in due (pur non sopportandosi), si sentivano confortati dall’esistenza dell’altro, perché anche i mostri soffrivano di solitudine.
- Vuoi sapere come sono morto, Shizu-chan? -
Prima erano in due, ma adesso rimaneva solo Shizuo.



- Se sei tanto curioso, te lo dirò - gli concesse alzando le spalle con falsa indifferenza, incrociando le braccia dietro la testa con aria annoiata, - E comunque, respira, il mio corpo non è lì dentro - lo avvertì, stancandosi delle pessime reazioni di Heiwajima, troppo impegnato a fissare il congelatore, probabilmente terrorizzato da ciò che avrebbe potuto trovarvi al suo interno, per ascoltarlo.
- Tu brutt..- fu l’immediata reazione di Shizuo, sentendosi automaticamente un’idiota per le fantasticherie che si era fatto,
- Non ho mai detto che lo fosse, ti sei immaginato tutto da solo - replicò l’informatore sospirando, esasperato dall’idiozia dell’altro, consapevole di quanto questo lo irritasse.
- Se non è qui! - sbottò il biondo, dando un calcio al macchinario per la frustrazione, con le conseguenze di piegarne la struttura che, cedendo alle sue insistenze, si ripiegò su se stessa, distruggendosi, - Allora dove cazzo sei pulce!? E perché mi hai fatto venire qui sotto!? - colpì, colpì e colpì ancora i resti dell’elettrodomestico, rendendolo una carcassa di plastica, ferri e metallo, dovendo riconoscere che sì, dentro non conteneva nulla.
- Uhm… è un segreto! - non riuscì a trattenersi dallo sfotterlo un’ultima volta, fingendo prima di riflettere, quasi gli stesse per rivelare qualcosa d’importante,
- IZAYA! - fu per l’ennesima volta sul punto di colpirlo Heiwajima, finendo poi per riversare la sua rabbia ancora contro il congelatore (o quel che ne rimaneva), scagliandone i resti contro la parete dalla parte opposta del seminterrato.
- Andiamo Shizu-chan, non crederai che ti abbia chiamato qui per trovare il mio cadavere, vero? - sorrise divertito da quella furia che non poteva più trovare sfogo su di lui. - Sarebbe un po’ imbarazzante, non credi? - aggiunse e, di nuovo, qualcosa di simile all’imbarazzo gli si dipinse sul viso, - Insomma, è passato un po’ di tempo da quando…- lasciò la frase volutamente in sospeso, evitando nel parlare d’incrociare lo sguardo dell’altro.
- Izaya, ma tu… Ti vergogni? - fu stranamente intuitivo Shizuo, stupito dal comportamento del corvino,
- Certo che mi vergogno! Quanto tempo è passato?! Almeno un mese di sicuro, come credi che si riduca un corpo dopo… - si azzittì da solo, capendo di aver parlato troppo, e che la sua reazione isterica rivelava quanto quell’argomento lo toccasse. - Non voglio che tu mi veda ridotto a quel modo - ammise, grattandosi nervosamente dietro al collo, per un momento la sua immagine sussultò, simile al segnale di un televisore che s’interrompeva cogliendo un’interferenza. - Sarebbe l’ultimo ricordo che avresti di me e, probabilmente, ti dimenticheresti com’ero da… vivo - esitò nel dire “vivo”, poiché, per quanto cercasse di non darlo a vedere, se c’era qualcuno che non volesse assolutamente ammettere la morte di Izaya, era l’informatore stesso.
- Non ti faceva così sentimentale…- osservò Shizuo fingendo disinteresse, - Infondo, cosa t’importa di come ti ricorderò? - lo vide irritarsi, assottigliare lo sguardo per fulminarlo con quelle iridi che da nere divenivano scarlatte, “chissà se mi sta lanciando una maledizione?” si domandò capendo quanto divertente fosse farlo uscire dai gangheri qualcuno,
- M’importa perché m’importa, va bene?! - s’impuntò alzando la voce, incrociando le braccia al petto nel guardarlo nuovamente dritto negli occhi, una nota di sfida sul suo volto, - Allora, vuoi sapere come sono morto sì o no? - gli chiese una seconda volta.
- Si…- “credo” in Shizuo vi erano due emozioni contrastanti, lottava tra il desiderio di sapere e quello di voler rimanere all’oscuro del destino toccato al corvino. Non era sicuro di poterlo…
- Mi sono suicidato - affermò serio Orihara,
- Non ti credo! - replico rabbioso Shizuo, - Come se tu (tanto spaventato dalla morte), potessi anche solo pensarci - lo conosceva abbastanza da sapere quando gli rifilava una risposta di comodo, solo perché non voleva dilungarsi, lo faceva sempre.
- Bhé… tecnicamente non mi sono tolto la vita con le mie stesse mani, ma è vero che io stesso sono stato la causa della mia morte - fu costretto ad ammettere, alzando gli occhi al cielo quasi si fosse trovato ad insegnare la scrittura giapponese ad uno straniero analfabeta,
- Su questo non avevo dubbi…- era difficile trovare qualcuno ad Ikebukuro, o nei suoi dintorni, che non volesse fare la pelle all’informatore, - Di sicuro sei stato sistemato a causa di uno dei tuoi tanti traffici -
- Non metterti a riflettere troppo, Shizu-chan, o ti andrà in corto il cervello - lo avvertì, seccato dai suoi commenti, - E comunque, questa volta non si trattava dei “miei” traffici, ero stato coinvolto come osservatore esterno da una persona, (come ti avevo già accennato prima), fidata -
- C’è qualcuno di cui ti fidi Izaya? - sembrò stupito di questo,
- Era qualcuno che conoscevo bene e un ottimo cliente, non avevo motivi per cui essere sospettoso e, dopo delle accurate ricerche, neanche l’altra persona coinvolta aveva sorto in me qualche dubbio -
- Eppure c’è scappato il morto - osservò Shizuo, beccandosi un’occhiataccia dall’altro, seccato di essere stato interrotto,
- Sono stato invitato a partecipare all’incontro trai due,  i quali progettavano una collaborazione, il mio compito era di disporre un luogo “neutrale” in cui avrebbero potuto accordarsi con l’assoluta tranquillità… Gli ho fornito questo edificio -
- Aspe..! Questo edificio è tuo?! - l’espressione incredula del biondo dipinse un sorriso di scherno sul volto dell’altro,
- Si guadagna bene con il mio lavoro, Shizu-chan - lo beffeggiò, toccando uno dei tasti dolenti di Heiwajima,
- Sì, ma si muore giovani - osservò, non facendosi prendere in contropiede.
- Riprendendo…- deviò il discorso, non trovando modo per replicare, - La sicurezza di questo incontro era stata affidata agli uomini di entrambe le società, così da evitare eventuali colpi di testa e tutto  era stato predisposto per il meglio… -
- Ma? - sapendo com’era finita, un “ma” doveva pur esserci da qualche parte,
- Qualcuno ha creduto che quella fosse la giornata perfetta per mettere in atto un ammutinamento -




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Saalve, ringrazio chiunque sia arrivato a leggere fin qui (^3^)/,
questa inizialmente era una one shot, ma si è dilungata a dismisura, e quindi è stata divisa in due parti. Molte delle cose che suonano discordanti o lasciate in sospeso in questa prima parte troveranno spiegazione nel seguito (es: il ritorno allo stato pseudosolido di Orihara).
Vi avverto che questa FF è un esperimento, quindi non ho un idea ben chiara di come possa risultare alla fine (se è apprezzabile o meno xP), cmq, se avete ancora intenzione di seguirmi,
alla prossima ^3^/
  
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