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Autore: _hayato    12/04/2015    2 recensioni
Sapevano che sarebbe successo, ne avevano discusso a lungo mesi addietro, prima della fine del liceo, e si erano trovati d’accordo sulla questione: Rin sarebbe andato in Australia per allenarsi e Sousuke sarebbe tornato a Tokyo per fare riabilitazione e decidere cosa fare della sua vita.
Erano perfetti l’uno per l’altro e si amavano da impazzire, ma si sarebbero lasciati.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rin Matsuoka, Sosuke Yamazaki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ruin.

I'm a ruin, I ruined you,

I've been doing things I shouldn't do.

 

Da quanto si trovavano in quel bar? Due, tre ore? Rin doveva aver perso la cognizione del tempo tra il terzo e l’ottavo bicchiere. Sousuke, accanto a lui, era rimasto in silenzio per tutto il tempo, limitandosi ad ordinare da bere. Da quando erano arrivati non lo aveva guardato neanche una volta, quasi la sua presenza lo infastidisse. A Rin stava bene: in quel momento non sarebbe mai riuscito a reggere il suo sguardo.

Sapevano che sarebbe successo, ne avevano discusso a lungo mesi addietro, prima della fine del liceo, e si erano trovati d’accordo sulla questione: Rin sarebbe andato in Australia per allenarsi e Sousuke sarebbe tornato a Tokyo per fare riabilitazione e decidere cosa fare della sua vita. Si sarebbero goduti il tempo che avevano a disposizione per stare assieme e poi, con la sua partenza per l’Australia, avrebbero chiuso definitivamente. Niente più inseguimenti, niente più rinunce, ognuno sarebbe andato per la sua strada indipendentemente dall’altro. Come avrebbero sempre dovuto fare. Come Sousuke non aveva mai voluto fare. Ma Rin era stanco di quella situazione, stanco di vederlo distruggersi e rinunciare a tutto per lui. Stanco di rovinare le vite altrui con il suo sporco egoismo. Convincere l’altro non era stato difficile: per quanto fosse schifosamente stupido ed ingiusto, Sousuke non sarebbe mai andato contro la sua volontà.  Erano perfetti l’uno per l’altro e si amavano da impazzire, ma si sarebbero lasciati.

Rin si era convinto che, decidendo tutto molto prima, si sarebbero rassegnati all’idea, che sarebbero riusciti ad allontanarsi gradualmente, ma si sbagliava. Impegnati a sfruttare tutto il tempo rimasto, tra tutti gli “ultimi baci”, tutte le “ultime carezze”, tutte le “ultime notti”, tutte le ultime volte che non si erano mai rivelate tali, aveva finito per innamorarsi sempre di più, battuto dal suo stesso gioco. Rin aveva ignorato la cosa, pensando che la data della partenza tanto era lontana e doveva godersi quell’ultima estate con il ragazzo che amava. Che quando sarebbe arrivato il momento avrebbe capito tutto e sarebbe riuscito ad affrontare la cosa con calma e freddezza.

Ma il momento arrivato e quella era l’ultima notte per davvero. Sarebbe partito l’indomani per Sydney, dall’aeroporto di Tokyo. Ora che ci pensava era stato davvero stupido, da parte sua, decidere di partire da lì per passare con Sousuke gli ultimi giorni in Giappone. Sarebbe stato meglio se si fossero salutati prima, quando il moro era partito per trasferirsi nel suo nuovo appartamento. Si sarebbero salutati sotto casa di Rin, con tutti gli altri, dove non ci sarebbe stato spazio per i sentimentalismi tra loro due. E invece no, doveva essere stupido e avere quell’idea folle.

D’altronde, era folle anche l’idea di venire in quel bar ad ubriacarsi, con il suo ancora-per-poco-ragazzo che in quel momento si comportava come se nemmeno esistesse. Si disse che era meglio di sostenere il suo sguardo, il suo dolore, la sua delusione. Si disse che non vederlo era meglio di vederlo ferito e a pezzi a causa sua. Forse, pensò, si comportava così perché già non gli importava più di lui. Forse quel modo di fare aveva funzionato e tutto l’amore che provava era scivolato via, come se non ci fosse mai stato. Evidentemente, in quegli ultimi giorni, aveva fatto finta di niente per renderlo contento e mostrava solo ora quello che provava.

Meglio così.

Ordinò un altro bicchiere, dicendo al barista che doveva festeggiare.

- Anzi, sai cosa? Un altro anche per il mio amico qui. – aggiunse, calcando volontariamente la parola amico. Sousuke si voltò a guardarlo, sul volto – che Rin faticò a mettere a fuoco – un’espressione innervosita. Che voleva adesso? E soprattutto, come faceva ad essere ancora così sobrio? Non importava al momento. Se non era ferito o innamorato andava bene. Benissimo.

Il cameriere riempì il bicchiere ad entrambi e Rin vuotò il suo come se ci fosse dell’acqua.

- Senti un po’ – esordì, lo sguardo sul fondo del bicchiere che aveva ancora in mano – è così facile? – chiese ridendo. Sousuke sospirò esasperato.

- Rin, cosa stai dicendo? – lo stava ancora guardando, l’espressione che si faceva sempre più torva, quello suo sguardo che gli bruciava la pelle. Anche Rin lo guardò. Osservò la mascella scolpita, gli zigomi alti, gli occhi limpidi e fieri. Era ridicolo quanto fosse innamorato di lui, quanto faticasse a lasciarlo andare.

- Dimenticarmi, intendo. È davvero così facile? – chiese, il sorriso che si incrinava piano, fino a diventare un ghigno distorto, patetico. Il moro scosse la testa e portò una mano ad accarezzargli il viso, senza smettere di torturarlo con quel suo stupido bellissimo sguardo. Non era pronto, non lo sarebbe mai stato.

- È impossibile. – quella voce, oh, se amava quella voce. Come faceva un essere umano ad essere tanto perfetto? Come faceva ad essere così disgustosamente bello in ogni dettaglio, in ogni movimento che faceva? Un attimo, cosa aveva detto?

Non ebbe il tempo di fare domande, perché Sousuke pagò il barista e lo trascinò fuori senza dire nulla. Camminarono in silenzio per un po’, diretti verso l’appartamento del moro. Rin non sapeva cosa fare, per cui prese a guardarsi le scarpe, meravigliandosi di come riuscisse a camminare in linea retta nonostante tutto quello che aveva bevuto. Quando arrivarono al palazzo, Rin si rese conto di odiare ogni centimetro di terra e mare che separavano quel preciso punto dall’appartamento che aveva in affitto un Australia. Così come odiava l’aereo che avrebbe dovuto prendere per arrivarci e le valigie che si sarebbe portato dietro. Odiava la spalla di Sousuke ed odiava Sousuke stesso per averla ridotta in questo stato. Però, più di qualsiasi altra cosa, odiava sé stesso. Guardò il moro imprecare mentre cercava le chiavi e pensò che era bellissimo anche così, curvo su sé stesso, che rovistava innervosito nella propria borsa. Lo amava talmente tanto che iniziò a piangere.

L’altro se ne accorse subito e fece cadere borsa, chiavi e qualsiasi cosa per prendergli il viso con entrambe le mani. Adesso il suo viso era mosso da una preoccupazione evidente e il suo sguardo era dolce, gli scaldava qualcosa nel profondo, lo faceva sentire protetto. Non andava bene.

- Rin, io non voglio che tu – non gli diede il tempo di finire.

- Sta’ zitto. – Non poteva parlare. Non doveva dire né fare niente. Non sarebbe dovuto essere nemmeno di fronte a lui. Lo stava prendendo in giro. Ogni secondo che passava con lui era una presa in giro. Sousuke non meritava di essere trattato in quel modo. Non era giusto, non era affatto giusto. Si asciugò il viso col dorso della mano e fece un passo indietro, sfuggendo così alla presa del moro, che però aveva sul viso ancora la stessa espressione. Era stanco, mortalmente stanco. Più cercava di allontanarsi da lui e più Sousuke tornava con prepotenza nei suoi pensieri, riempendolo tanto di amore quanto di senso di colpa. Non era giusto, non era giusto per nessuno. Avrebbe voluto cambiare il passato, fare in modo di non rovinare l’unica cosa bella che era rimasta nella sua vita, ma era impossibile. E poi, anche se avesse cambiato qualcosa, avrebbe trovato il modo di rovinarlo nuovamente in futuro. Era così che faceva lui.

- Mi dispiace. – quelle parole lasciarono le sue labbra senza che potesse controllarlo.

Silenzio. Sousuke che scuoteva la testa e lo abbracciava. Il tintinnare delle chiavi e il cigolio della porta che si apriva. Rin e Sousuke sul letto, vestiti, l’uno nelle braccia dell’altro. Non erano pronti, non lo sarebbero mai stati.

Non andava bene.

- Rin – una mano tra i suoi capelli, delicata – voglio venire in Australia con te. – un bacio sulla fronte, poi sulla guancia, poi sulle labbra.

Avrebbe rovinato tutto di nuovo.

- Tanto ci saranno dei bravi dottori anche lì, no? Posso fare riabilitazione comunque. – una stretta forte, rassicurante, calma. Rin scosse la testa.

Non doveva accettare.

- Non accetterò un no come risposta. – altri baci, leggeri, dolci. Baci da innamorato. Rin non vi si sottrasse.

Avrebbe rovinato tutto di nuovo.

 

It doesn’t feel right and it doesn’t feel fair,

When I’m planning to move on and you’re still standing there.

 

 

 

Yo. Madonna quanto sto scrivendo ultimamente, vorrei dire "fermatemi" ma actually è davvero una buona cosa. Mi fa bene e miglioro, anche se si tratta di cose scritte in fretta nel cuore della notte. A proposito, questa ff è stata scritta per la #5 Notte Bianca, organizzata dalla pagina fb "No, ma io Free lo guardo per la trama", ed è ispirata al prompt "I'm a ruin, I ruined you. I've been doing things I shouldn't do" di manubibi. E nulla, ho visto una citazione di Marina e ho pensato che se non scrivevo una sourin su quella sarei esplosa. Il risultato non mi entusiasma, ma nemmeno mi dispiace quindi direi che va più che bene. Spero che vi piaccia! A presto!

   
 
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