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Autore: Debry91    24/12/2008    0 recensioni
Ho mischiato un pó della mia vita e un pó di fantasia in questa storia. Non tutto ció che leggerete è vero e non tutto è finto.. Buona lettura :)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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1 cap Guardavo fuori dal vagone di un treno.
Potevo vedere gli Appennini mentre il veicolo sfrecciava sulle rotaie.
Mi stavo lasciando tutto alle spalle. Stavo mettendo in pratica ciò che, comunemente, prende il nome di "taglio netto".
Nella mia testa vagava tormentato il proverbio:"Sai quello che lasci, ma non quello che trovi".
Forse era stata una decisione troppo avventata quella di seguire Giulia a Milano. Forse avrei dovuto aspettare che qualcosa mi trattenesse nella mia città. Ma per quanto mi guardassi attorno non avevo nulla da perdere. Niente m'impediva di andare.
Ma chissà per quale motivo avevo l'amaro in bocca. Stringevo le mani gelide e le posavo sulla fronte ardente, stavo male...tipico di me. Il cuore mi batteva forte...faceva male e non ne capivo il motivo. Tenevo la testa poggiata di lato e i miei occhi non accennavano a staccarsi dal paesaggio che correva veloce a un passo dal veicolo in movimento.
All'improvviso tutto il passato che avevo lottato per cancellare riaffiorò nella mente. Ricordai come spine i compleanni, le amicizie, le ferite...ma più di tutto ricordai la mia voce.

Tempo fa era il centro del mio mondo. Appena potevo cantavo nelle piazze,ai karaoke...dove c'era musica...c'ero io. Smisi di cantare quando capì che non mi avrebbe portato da nessuna parte. Era un sogno stupido che dovevo gettare in mare. Non aveva senso sperare in cose assurde.
Prima di partire gettai tutto ciò che mi ricordava che, da qualche parte nella mia gola, c'era una voce che voleva esplodere. Pur di seppellirla ricordo che iniziai a fumare, ma era tutto inutile, era troppo forte per essere cancellata così, ma ad ogni modo, non mi riguardava più.

La febbre aumentava. Sentivo il respiro diventare affannoso, gli occhi mi bruciavano e mi scoppiò un forte mal di testa.
In mente le domande erano troppe. Che avrei fatto una volta arrivata?? Mi sarei fatta degli amici??

Ma la domanda che premeva più di tutte era dolorosa persino da pensare...Sarei stata felice??

Era quello il motivo per cui ero scappata da Catania. Non mi sentivo felice in quella piccola città sicula. Ma non potevo non chiedermi se quella era la soluzione giusta.
Non avevo mai attribuito la colpa alla città. Era la gente che mi circondava a ferirmi. Troppo dolore aveva segnato il mio sguardo in quegl'anni. Troppe ferite avevo accumulato. Forse partire era la cosa migliore per tutti. Forse avrei dovuto farlo prima.
Mi sentivo una stupida mentre una lacrima era riuscita a scappare dai miei tentativi di trattenerla.

"Cos'hai??"chiese Giulia preoccupata.

"Non è nulla...credo di avere la febbre..."dissi sforzando un sorriso.

Lei mi toccò delicata la fronte.

"Debra scotti!!!!"

Io abbassai la testa e l'avvolsi tra le mani. Il volto era in fiamme e gli occhi bruciavano tanto, che una volta chiusi non riuscivo più ad aprirli.

"Vuoi che chiami qualcuno??"chiese Giulia non sapendo cosa fare.

"No...sto bene..."

Lei non sembrava convinta, ma non insistette oltre. Mi accarezzò e si poggiò di nuovo allo schienale senza togliermi gli occhi di dosso.

Io continuai a guardare fuori. Il paesaggio era cambiato. Non si scorgevano più gli Appennini, ma un terreno verde e pianeggiante.
D'improvviso l'altoparlante iniziò a emettere musica. Era una melodia lenta che mi sembrava di aver già sentito. Lo sguardo di Giulia si aprì in un sorriso:"Ricordi?"

No, non ricordavo o forse non volevo ricordare. Troppo dolore, mi ripetevo. Stavo andando via per sfuggire ai ricordi, ma questi sembravano seguirmi. La febbre era come una corda che mi legava al sedile, come se volesse impedirmi di sfuggire ancora, ma dentro di me stavo già scappando, non mi sarei fatta prendere, non più, non ora che avevo trovato la via di fuga.
Conoscevo quella canzone, ma ammetterlo sarebbe stato come tornare indietro. Mi ero imposta di cancellare ogni nozione musicale dalla mia mente, non volevo più saperne che ci fossero sette note, e sette modi per leggerle, non volevo saperne che la mia voce era in grado di riprodurle, avevo chiuso.

"No, non ricordo."dissi infine.

"Dai...come fai a non ricordare <> dei Tokio Hotel...assurdo!!"

Ci aveva messo una strana enfasi nel pronunciare quel titolo.
Li avevo completamente cancellati dalla mente quei quattro. Anche loro facevano parte di quel sogno stupido. Non ricordavo nemmeno i loro volti, ma quella canzone...quella era impressa nella mia testa come fosse stata scolpita. Ricordavo una frase in particolare:"Se dobbiamo andare facciamolo in due..."

Quella frase l'avevo dedicata alla mia migliore amica, ma alla fine dovetti lasciare anche lei o non sarei riuscita a partire.
Ormai scappavo da tutto quello che avevo vissuto fino al momento di metter piede su quel treno. Era l'ultima spiaggia e sapevo che se non l'avessi fatto sarei rimasta legata a quel dolore per sempre.

Quella canzone continuava a suonare facendomi crogiolare nel tormento. Non riuscivo più a sopportarla, così mi alzai di scatto.

"Vado in bagno!!"

Giulia annuì continuando a leggere la rivista che aveva tra le mani.

Corsi ai servizi come se quella canzone mi stesse seguendo. Fortunatamente dal bagno quella melodia era solo un sussurro. Avrei sopportato una canzone che non conoscevo, ma quella no.
Mi guardai allo specchio dopo aver bagnato il mio viso con un pò d'acqua fresca.

Ero molto diversa, da quando uscì dalla scuola superiore.
Avevo rinunciato a quegl'appariscenti tre colori ai capelli, per un castano mogano decisamente più sobrio. La frangetta copriva metà del mio viso.
Ero pallida e accanto alla mia pelle gli occhi sembravano quasi del tutto neri. Le mani mi tremavano e la fronte scottava ancora.

Tornai nel vagone che sembravo una moribonda. Mi sedetti rassegnata al fatto che la febbre non sarebbe scesa, non in quel momento almeno.
Giulia mi scrutava preoccupata. Ma io non la guardavo. Non volevo darle l'idea di star peggio di quello che pensasse.


***


Non appena il treno si fermò, capì che la temperatura era ormai alle stelle.

Presi il mio bagaglio sentendo male alle dite che sorreggevano il peso. Non mi reggevo in piedi, figuriamoci se ero in grado di sostenere una valigia, ma non potevo certo accollare tutto quel peso a Giulia.

Iniziai a farmi strada fra la folla, senza mollare la presa dalla valigia.
Giulia mi stava accanto e m'indicava la strada. Aveva molta più familiarità con la città, rispetto a me che c'ero stata solo una volta.

Arrivate fuori dalla stazione prendemmo un taxi. Quasi mi addormentai sul sedile.

Dopo poco eravamo già in piazza Duomo.
D'improvviso vidi nella mia testa un momento che avevo cancellato. Ricordai quando visitai la città con mia madre e il suo nuovo marito. Eravamo proprio lì, in quella piazza a pattinare sul ghiaccio. Avevano montato una pista proprio quella sera. Io non sapevo pattinare e passai il tempo a girare aggrappata ai bordi della pista senza staccare la presa.
Inutili i tentativi dell'istruttore d'insegnarmi. Ancora oggi non riesco a stare in piedi cui pattini.

"Andiamo!!"disse Giulia interropendo quel flashback indesiderato.

Percorremmo la piazza, poi entrammo in una traversa e non molto lontano da lì c'era la nostra meta.

Entrammo in un palazzo di dieci piani.
L'interno sembrava accogliente. Nell'atrio vi era una guardiola con all'interno un uomo che leggeva distrattamente un giornale, come se non facesse altro da anni.

"Salve Eddy!!"disse Giulia.
Era evidente che per conoscere il portiere lei doveva essere di casa.

"Slave!!!"disse l'uomo sorridendo.
Io feci un debole cenno con la mano per salutarlo e lui ricambiò, chiedendosi probabilmente chi mai fossi.

Prendemmo l'ascenzore e Giulia pigiò il bottone del "settimo" piano. Io mi poggiai alla parete per affrontare al meglio l'attesa. Tenevo gli occhi socchiusi un pò per il sonno, un pò per la febbre che mi stava mangiando le ossa.

Quando finalmente le porte dell'ascenzore si aprirono mi staccai dalla parete e mi sforzai di camminare.

Percorremmo un lungo corridoio prima di scorgere una porta. Questa si aprì quasi subito e ne uscì una donna. Poteva avere cinquant'anni al massimo, era sorridente e bella. Aveva i capelli lunghi e castani raccolti in un fermaglio dorato.

"Ciao zia!!!"disse Giulia abbracciandola.
Era palese che non si vedevano da moltissimo tempo, si capiva dal vigore di quell'abbraccio.

"Zia lei è Deb..."

In que preciso istante persi le forze e accennai uno svenimento. Giulia mi prese al volo e io, con un pò di lucidità mi aggrappai a lei chiudendo gli occhi. Mi bruciavano e la testa mi girava a mille.

"Che le prende??"disse la zia di Giulia.

"Ha un febbrone da cavallo...ha resistito tutto il viaggio."

"Vieni falla stendere...povera cara..."

Giulia mi trascinò fino un divano di pelle che giaceva beato al centro del salotto.
Era una casa davvero curata e graziosa. Le pareti erano tapezzate di quadri e fotografie. I mobili erano moderni per l'eta dell'edificio e le finestre permettevano il passaggio della luce rendendo l'appartamento luminoso.

Giulia mi lasciò scivolare sul divano. Mi tolse le scarpe e mi coprì con una trapunta.
Io battevo i denti dal freddo, ma in volto ero rossa come un pomodoro in esplosione. Mi raggomitolai su un lato e nascosi la testa tra le coperte.

"Non è il caso che chiamiamo un medico???"disse la zia di Giulia.

"No!!"dissi io da sotto le coperte.

"Lasciamola riposare..."disse infine Giulia portando la zia fuori dal salotto.


***


Non volevo dormire.
Avrei sognato e non potevo sopportare febbre e sogni insieme. Per di più lì non mi conosceva nessuno ed ero già entrata in casa mezza svenuta, ci mancava solo che mi sentissero piangere nel sonno e mi avrebbero rinchiusa in un manicomio con tanto di camicia di forza.

No, non potevo dormire. Tuttavia lo sforzo di restare sveglia aumentò la stanchezza e il sonno ebbe la meglio.
La testa faceva male anche mentre dormivo, la gola era ormai del tutto asciutta e le mani erano sensibili al tatto di ogni cosa. Con grande sollievo non sognai nulla così evitai la reclusione.

Mentre dormivo mi sembrò di sentire un pianoforte suonare. Lo stavo immaginando di sicuro, ma era talmente vicino da sembrare reale. Era una melodia lenta,dolce, tormentata...ma bella.
Decisamente bella.


***


A svegliarmi fu il tocco di una mano sulla fronte bollente.
Pensai subito che fosse Giulia, ma quando aprì gli occhi mi resi conto che non era lei.

Vidi chinato su di me, una ragazzo dalla belezza che sfiorava l'incredibile. Aveva i capelli nerissimi e gli occhi verdi da togliere il respiro. La muscolatura perfetta si notava dai vestiti pur non particolarmente attillati.

"Mmm...so-no..morta??"dissi.
Era così bello da sembrare un angelo e non vedevo altra opzione oltre la morte, visto che non capitava tutti giorni un ragazzo così bello a un palmo dal naso.

Questi rise divertito e disse:"No...non sei morta!!Ma ci sei andata vicina...hai sfiorato 41 di febbre!!"

Io ero stordita al massimo. La testa era come in preda a un vortice post-sbornia.

"Chi sei??"riuscì a dire.

"Ops...scusa non mi sono presentato...mi chiamo Napoleone Bonaparte e voglio conquistare la Francia!!!"

Io lo guardai scolvolta e lui iniziò a ridere. Aveva un sorriso bellissimo pensai.

"Sono morta vero??"dissi rassegnata. Forse la febbre mi aveva fatto scoppiare il cervello e ora ero all'inferno dove meritavo di stare.

"Scusa non ho saputo trattenermi...sei così rincoglionita che potrei dirti la qualsiasi cosa e mi crederesti..."disse continuando a ridere.

Io mi sollevai e mi misi a sedere. Lui era davanti a me che rideva sornione e io non smettevo di fissarlo. Sul fatto che ero rincoglionita non potevo dargli torto, perchè se fossi stata lucida non gli avrei permesso di prendersi gioco di me in quel modo al contrario, sarebbe stato lui quello sul punto di morire.

Smise di ridere all'improvviso e mi controllò di nuovo la fronte. Io sobbalzai al suo tocco e gli tolsi la mano con un colpo.

"Non ti sarai offesa..."

Presi il mio volto tra le mani. Non ero ancora in gran forma.

"Dov'è Giulia?"

"Fuori...è uscita con mia madre...io tornavo in quel momento e ti hanno affidata a me!!"

Alla parola "affidata"sentì una fitta allo stomaco.
Avevo passato l'intera esistenza essendo affidata sempre a qualcuno. "Troppo dolore" mi ripetevo.

"Ah"dissi infine abbassando la testa in avanti.

"Se ti dispiace... mi levo dai piedi!!"

"No!!"dissi di scatto mettendo la mia mano fredda, sulla sua che invece era caldissima.

"Stai gelando..."disse lui notando il mio battere i denti e la temperatura della mia mano.

Prese tra le mani la trapunta che mentre dormivo avevo fatto cadere, al mio solito, e la mise sulle mie spalle. Poi mi accarezzò la guancia senza pensarci. Era incredibile con quanta confidenza si muoveva su di me e dire che non sapevo neanche il suo nome.

"Che ti preparo??"disse poi alzandosi di botto con le mani sui fianchi.

Io faticavo a tenere gli occhi aperti. In quella posizione non riuscivo a vederlo in faccia. Mi strofinai gli occhi e dissi:"Niente grazie."

"Daccordo."

Non insistette neanche per un secondo. Andò via lasciandomi sola sul divano avvolta dalla trapunta.

Mi appoggiai allo schienale e chiusi di nuovo gli occhi brucianti. La testa aveva smesso di pulsare e anche la febbre sembrava scesa. Cinsi le gambe con le braccia e abbassai la testa fino a toccare con la fronte le ginocchia.

"Ecco il tè che mi hai chesto!!!"disse una voce pochi minuti dopo.

"Eh???"dissi io sollevando la testa.

Allungò una mano e avvicinò il piccolo tavolo di vetro che si trovava a cinque passi da noi e posò la tazza iniziando a mettere lo zucchero.

"Ma non avevo chiesto nessun tè..."dissi con un filo di voce.

"Lo so."disse compiaciuto.

"Mah..."

"Con i malati non bisogna insistere, bisogna mettergli le cose sotto il naso senza lasciarli parlare...e poi mi sembra di aver capito che sei una ragazza abbastanza dura e cocciuta...avrei rischiato l'emicrania per convincerti!!"disse sorridendo.

"E da cosa l'avresti capito??"dissi prendendo la tazza e iniziando a soffiare per raffreddarla. Il refriggerio che provai al contatto con la porcellana calda fu molto piacevole.

"Non lo so...dagl'occhi credo."

Alzai un sopracciglio mentre sorseggiavo il tè.

"Che hanno i miei occhi che non và??"

"Niente!!"disse lui sempre sorridendo..."Mah...hanno qualcosa di particolare...come se qualcuno li avesse messi a posto...non so se sono chiaro..."

<>pensai nella mia mente.

Per anni non riuscì a guardare la gente in faccia, perchè avevo un occhio più basso di un altro o almeno era quello che credevo. Dovetti fare una risonanza per capire quale fosse in realtà il problema. Si trattava si una cisti congenita che opprimeva l'occhio. Se non l'avessi tolta in tempo avrei perso la vista. Dovetti andare fino a Foggia per l'operazione, avevo 16 anni appena compiuti.

Rimasi in silenzio tanto a lungo da fargli credere di essere offesa.

"Per carità sono bellissimi..."disse infine.

Mi scappò un sorriso. Era stato goffo nel rimediare a quello che aveva detto.

"Ti serve altro??"concluse alzandosi nuovamente.

"Tanto torneresti con qualcosa che tu credi mi serva!!!"dissi di rimando.

"Il tè l'hai bevuto!!"rispose lui risentito.

"Allora lascio fare a te..."

"D'accordo!!"disse con un sorriso malandrino stampato in votlo.

Mi sedetti e aspettai che tornasse con qualcosa che, secondo lui, mi avrebbe fatto bene.  

I minuti passarono e di lui nessuna traccia.

10 minuti.

15 minuti.

20 minuti.

Niente.
A quel punto non sarebbe tornato. Poco importava. Sarei sopravvissuta anche senza di lui, del resto era solo febbre. Sarebbe passata presto.

A un certo punto la stessa melodia che avevo sognato tornò a suonare, ma non era nella mia testa ero sicura.

Ma da dove proveniva quel suono?? Più lo sentivo,  più credevo di conoscerlo. Mi alzai di scatto e iniziai a seguirlo.
Ero certa si trovasse nella casa, forse uno stereo, una tv accesa.

Iniziai a vagare per l'appartamento.
Era accogliente come il salotto. Tutto decorato da dipinti e sopramobbili allucinanti.

Man mano che mi facevo strada per il corridoio il suono si faceva più vicino, fino al momento in cui lo sentì a un passo da me e mi voltai.

All'interno di una stanza semi vuota e meno illuminata delle altre, giaceva al centro un bellissimo pianoforte bianco a coda.
Non avrei mai immaginato che in un appartamento così modesto, potesse esserci uno strumento così costoso e ingombrante. Ma la cosa che mi stupì di più, fu trovare quel magnifico ragazzo che mi aveva svegliata, seduto a suonare così divinamente.

Adesso la melodia mi appariva ovvia...la colonna sonora di Titanic, My heart will go on.

Altro flashback. Avevo appena 13 anni quando iniziai a suonarla. Ricordo che non andai mai oltre le prime due pagine il resto mi limitavo a cantarlo.
Possibile che i ricordi mi rincorressero fino qui???Così lontata da casa??Possibile??

Lui si accorse della mia presenza e mi sorrise continuando a suonare così bene da sembrare un cd.

Non sopportavo più quella melodia. Era diventata pesante. Ero scappata per dimenticare tutto, persino la mia stessa voce, ma mi ritrovavo a sbattere contro la realtà che lei c'era ed era ancora lì, da qualche parte nella mia gola.

Decisi che ne avevo abbastana.
Smisi di ascoltarlo. Presi il cappotto e uscì da quella casa.

Le scale in discesa non erano un problema. Scesi velocemente le sette rampe senza preoccuparmi di non cadere. Una volta fuori iniziai a correre senza sapere dove stesi andando. Mentre correvo cominciai a singhiozzare. Possibile che i ricordi mi stessero braccando anche in quella città così lontana??

No, non era possibile. I ricordi non seguono le persone, ma io non sono come gli altri, sono stata programmata per soffrire e sapevo che quelli erano segni chiari che ovunque sarei andata, avrei sbattuto contro ciò da cui volevo fuggire.

Continuavo a correre, ormai ero in piazza Duomo.
La gente mi guardava confusa. Probabilmente non avevo un bell'aspetto.

A un certo punto una mano mi bloccò il braccio. Non avevo idea di chi fosse. La mano che mi teneva mi tirò a sè facendomi voltare.
Era il ragazzo che suonava il piano qualche minuto prima. Mi aveva seguita, come aveva osato??Chi si credeva di essere??

"Lasciami!!"gridai.

"Sei impazzita!!??Hai la febbre...che vuoi fare??"

"Voglio andare via!!!Sono stanca!!"ero sincera. Quei ricordi sempre in agguato mi facevano male. Volevo tornare a casa, ma non avevo idea di quale fosse la mia casa.

"Vieni ti porto su!!"

Continuavo a muovermi per scioglere la sua presa, ma lui era più forte. Forse senza febbre sarebbe stato più facile, ma in quel momento non avevo la forza.
Una volta che mi diedi per vinta, mi tirò a sè facendomi sbattere sul suo petto. I suoi pettorali erano perfetti sotto la maglia di lana. Potevo sentirne i contorni solo sfiorandolo.

Mentre ci dirigevamo verso il condominio in silenzio, iniziai a muovermi ancora sperando di coglierlo di sorpresa e scliogliere la sua presa sempre più pressante. Lui non aveva smesso di stringere un attimo quindi fu un tentativo inutile, anzi peggiorai le cose perchè con un movimento veloce e meccanico mi prese le gambe e mi tenne in braccio.

"Mettimi giù!!!"gridavo.

"Sta zitta!!Vuoi farmi arrestare per sequestro di pazza da manicomio??"

A quelle parole mi fermai e lo guardai con gli occhi spalancati. Stavo dando l'impressione di essere una pazza.


***


Una volta nel condominio mi lasciò andare, sicuro che non avrei più tentato di scappare.
Durante tutto il tragitto eravamo stati in silenzio, ma una volta in ascenzore le parole sgorgarono come un fiume in piena.

"Ma che ti è saltato in mente???Dove volevi andare conciata così???E che avrei detto a Giulia???"

Io mi tenevo poggiata al muro con la testa bassa, ma non per i suoi rimproveri, ma perchè quella bravata mi aveva fatto tornare la febbre più di prima.

Lui continuava a gridare rimproveri di ogni genere. Io non lo ascoltavo neanche, ero troppo concentrata a non perdere i sensi. Forse avrei dovuto vedere un medico, o forse non sarei dovuta scappare in quel modo.

A un certo punto smise di parlare. Non gridava più. Io non mi preoccupai neanche di vedere il suo volto.

"Stai male??"disse infine prendendomi il volto tra le mani.
Incrociai i suoi occhi e le lacrime che avevo trattenuto per tutto quel tempo sgorgarono fuori come cascate. Non piangevo per il dolore che portavo con me da anni, ma perchè stavo davvero male. Troppo male.

Lui continuò a guardarmi piangere. Era come se si fosse imbambolato sul mio viso. Lo teneva forte fra le mani, ma allo stesso tempo delicato, come se lo accarezzasse. Forse era sbalordito dal il mio pallore innaturale.
Quello sguardo cominciava a pesare parecchio, anche perchè non avevo idea di cosa stesse pensando e la cosa non mi piaceva affatto. Di sicuro si stava ripetendo che sono matta da legare.

L'ascensore si aprì e lui distolse lo sguardo. Mi prese per mano e mi portò fino alla casa.
Aveva lasciato la porta aperta per corrermi dietro. <>

Mi scortò fino al divano e mi fece sedere. Adesso ero proprio ridotta male, peggio di così non avrei potuto.

Prese nuovamente la trapunta e la mise sulle mie spalle, poi si sedette accanto a me.

"Sei proprio testarda..."disse toccandomi la fronte.
Io lo fissavo senza muovere neanche un muscolo.

In quel fraggente gli squillò il cellulare.

"Pronto??...Ciao Giulia...si è qui con me...sta meglio adesso...no nessun problema...ciao."

Lo guardai con un grosso punto interrogativo stampato in faccia poi dissi:"Grazie..."

"E di che??"

"Per non aver detto nulla..."

Lui sorrise  e disse:"Ah...figurati...credevo per averti presa prima che ti cacciassi nei guai..."

"Anche..."

"Perchè sei scappata??"

Non avevo idea di cosa dire. Non potevo certo raccontare la verità, ovvero che scappavo da continui flashback che volevo dimenticare.

"Non mi va di parlarne..."dissi io.
Mi sembrava la risposta più ragionevole.

"D'accordo...comunque non tornano per cena e non so per quale assurdo motivo io abbia accettato di tenerti d'occhio...quindi vedi di restare qui e non muoverti più!!"

"Scusa..."sussurrai. Era l'unica parola giusta da dire.

"Bene..."disse alzandosi.

"Non te ne andare..."dissi io trattenendolo per un braccio.
Temevo riprendesse a suonare, o almeno cercavo di convincermi che era questa la motivazione per cui lo stavo trattenendo. In realtà era una piacevole compagnia e io mi sentivo più sola di un uomo nel deserto del Goby.

Lui non disse nulla, si limitò a sedersi nuovamente e a guardarmi fisso.

"Non so ancora come ti chiami..."dissi io per interrompere quello sguardo.

"Marcus..."disse sorridendo per non averlo detto prima...

"Non sei di qui??"chiesi io curiosa.

"Si...è mia madre che si diverte con i nomi stranieri...e tu come ti chiami??"

"Debra..."

"Che nome è questo??!!Sei strana in tutto...anche il nome è tutto un programma!!!"

Io scoppiai a ridere. In effetti era vero, non posso certo dire di essere come gli altri.

"Comunque è bello..."aggiunse...

"Grazie..."

Restammo un attimo in silenzio.

"Come ti senti??"disse poi lui.

"Malissimo..."

"Vuoi dormire?"

"No..."

"Ok..."disse lui senza sapere più cosa fare.

"Da quanto tempo suoni??"dissi io all'improvviso.

"Tutta la mia vita credo..."disse sorridendo..."E tu da quanto??"

<>

"Come scusa??"

"Tu da quanto suoni??"

"No...io...ecco...non suono!!"

"Giulia mi ha detto che sei piuttosto brava...e che hai anche una bella voce..."

<>

"No...forse ti parlava di qualcun'altro...io non sono proprio capace...direi negata..."

"Mah...ero sicuro che avesse fatto il tuo nome..."

Io abbassai lo sguardo un istante per riprendermi dalla conversazione.
<>

"Come mai hai iniziato a suonare??"dissi per distrarlo.

"Perchè la musica è tutta la mia vita...non potrei mai vivere senza...è di certo la cosa che più amo al mondo...non lo so...c'è chi mi prende per scemo..."

Una lacrima non potè fare a meno di cadere dai miei occhi.
Mi sembrò di sentirmi parlare, quando dicevo che la musica era la mia priorità assoluta, che vivevo solo per lei.

"Che c'è??Ho detto qualcosa che non và??"

"No..."dissi asciugandomi il viso..."Forse sta salendo la febbre di nuovo..."

In realtà avrei voluto piangere finchè le lacrime fossero finite. Non riuscivo più a trovare pace dentro di me, avevo di certo calcolato male qualcosa nel mio piano di fuga.
Ovvio non avevo considerato il mio cuore. Si era ridotto a un punta spilli e ora stava sanguinando a più non posso.

"Perchè non ti riposi..."

"Non ho sonno..."dissi sbadigliando.

"Si si..."disse lui sorridendo.

Mi poggiai alla sua spalla. Era comoda e calda.

"Raccontami qualcosa..."dissi.

"Cosa??"

"Qualsiasi cosa..."

Marcus iniziò a parlare, non avevo idea di cosa stesse dicendo, ma la sua voce era piacevole e mi cullava in qualche modo.
Dopo pochi minuti avevo già iniziato a sognare.
  
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