Una lieve AU, o What if, perché nel mondo di FMA il Natale non esiste, né tantomeno Santa Claus. Ambientata un po' prima del bonus del volume 14. Quello della "carta igienica", tanto per intenderci XD
Auguri di buon Natale a tutti! ^^
An old man in red clothes
-
Allora scrivi: pretendo di avere un
nuovo fratellino... No, meglio! Pretendo di non averne più!
Che se lo porti via!
- Ed!
Il bimbo la guardò con uno
sguardo innocente.
- Sì, mamma?
Trisha sospirò guardando
l'espressione di assoluta incolpevolezza dipinta sul volto del
figlio. Mancavano due settimane a Natale e la donna aveva deciso di
dare il via ad una nuova tradizione: la letterina per Santa Claus. Lo
spunto le era stato dato dalla sua amica Sara, che aveva già
adottato la vecchia usanza, della quale erano state abituate anche
loro da piccole, con la figlioletta Winry. Si erano commosse leggendo
quel foglio scritto sì dalla madre, ma abbellito con dei
disegni fatti dalla stessa bambina.
A dire la verità Sara si era
preoccupata per la minuscola raffigurazione di una chiave inglese tra
le decorazioni (viola e blu) dell'albero di Natale (arancione) a fine
missiva. Trisha l'aveva rassicurata dicendole che a
quell'età
i bambini disegnavano ciò che vedevano intorno a loro, e
stando così tanto tempo a contatto della nonna era
più che
possibile che quegli oggetti lucenti avessero colpito la sua
attenzione.
Nulla di cui allarmarsi, quindi.
Dopotutto, l'importante era
sorvegliarla e stare attenti che giocandoci non si facesse male.
Qualche anno dopo, quando Ed fosse
tornato a casa con un grosso bernoccolo in testa, avrebbe commentato
che forse si era sbagliata. L'importante era che non facesse del male
agli altri.
Ma ora era il piccolo Edward il
problema.
Trisha si chiese distrattamente come fosse
possibile che un bambino di soli due anni e mezzo riuscisse ad essere
così caparbio e difficile da gestire. Sapeva che aveva un
buon cuore, ma da quando era nato il fratellino era stato colto da
una sorta di strana gelosia nei suoi confronti. Cose che potevano
accadere, certo, ma avrebbe preferito di gran lunga che quei due
andassero d'amore e d'accordo.
Perlomeno nelle feste di Natale!
Invece ora si trovava lì, seduta
al tavolo della cucina, con Edward che continuava a blaterare
qualcosa contro Santa Claus, ed Al che fissava il foglio davanti a
sé
con muta ammirazione per tutto quel candore intonso. Alphonse ad un
anno e mezzo ancora non parlava
correttamente, così ci avrebbe pensato lei a riempire quegli
spazi bianchi con delle semplici righe di buon augurio per la
famiglia.
- Mamma? Mi senti?
Trisha venne riportata bruscamente alla
realtà dal richiamo del figlio, che ora la guardava
perplesso
e lievemente irritato.
- Ed, vedi... Santa Claus non può
riprendersi Al, cerca di capire...
- Come no? Lui può tutto, l'hai
detto tu!
La donna sentì le lacrime
salirle agli occhi. Con quei due come figli, sarebbe morta giovane,
se lo sentiva. Capì improvvisamente la saggia decisione del
compagno di non scendere dal suo studio se non per i pasti, quel
giorno, e per qualche istante prese in considerazione l'idea di fare
altrettanto. Ma dopotutto, lei era la madre, doveva cercare di
risolvere i problemi. Perlomeno provarci.
- Ed, devi capire che Santa Claus porta
i regali, non li ritira! Alphonse è un dono per noi, non
può
prenderselo indietro.
Il bimbo sembrò soppesare le sue
parole.
- Neanche se sono fallati? Quando
qualcosa non va bene è giusto che i negozianti se la
riprendano!
Trisha soppesò se dover essere
più scandalizzata dal fatto che un bimbo così
piccolo
conoscesse termini quali "fallati" ed usarli correttamente oppure che
il figlio
sembrasse considerare Al una sorta di giocattolo rotto e brutto da
poter buttare via quando più gli faceva comodo.
Scelse la seconda, mettendo solo
momentaneamente da parte la prima questione. Avrebbe parlato con
Hohenheim più tardi, forse era meglio.
- Ed. Tuo fratello non è un
oggetto. Sia io che tuo padre gli vogliamo molto
bene,
esattamente come ne vogliamo a te. Tu saresti felice di essere
paragonato ad una cosa?
Il bambino si adombrò mentre
fissava Al, che dondolava felice la testa e lasciava che una scia di
bava gli attraversasse il mento, senza farci affatto caso. Con un
moto di repulsione e disgusto Ed voltò la faccia nuovamente
verso la madre.
- Ma per favore! Vuoi farmi credere che
quello sia un bambino?
Trisha si affrettò a pulire il
figlioletto più piccolo che, nonostante avesse
già i
primi dentini, non aveva ancora perso quel piccolo vizio umidiccio.
- Sì, Ed. Quello è
un bambino. E non pensare che alla sua età fossi tanto
diverso.
Edward fece spallucce.
- Comunque continuiamo?
Trisha riprese in mano la penna e
guardò in attesa il suo bambino.
- C'è qualcosa... Qualcos'altro
che desideri?
- Be', qualcosa ci sarebbe...
La madre si illuminò. Finalmente
qualcosa di normale!
- Ricapitoliamo... Ecco cosa voglio che
scriva: "Tizio vestito di rosso..."
- Santa Claus.
Lo rabbonì dolcemente la madre.
- Sì, è la stessa cosa...
"Santa Claus, visto che non puoi riprenderti indietro mio
fratello perché tu non vuoi giochi rotti, però li
dai
agli altri..."
- Edward!
- È
vero! Lo hai detto anche tu!
Trisha si passò stancamente una
mano sugli occhi.
- Ho capito Edward, finiamola qui.
Sapevo che non sarebbe stata una buona idea... È stata tutta
colpa mia, mi
dispiace.
Per un attimo Ed rimase basito dalla
madre che prendeva il fratello in braccio e se ne andava, posando
sulla credenza i due fogli ed uscendo dalla stanza.
Il bambino assunse un'aria triste e si
circondò le gambe con le braccia, appoggiando la fronte
sulle
ginocchia e rimanendo lì a pensare.
Fu quella la prima volta che Edward
Elric entrò in contatto con il rimorso.
-
Edward, cosa ci fai qui? La mamma
dov'è andata?
Quando Van Hohenheim trovò suo
figlio in cucina con quell'aria truce sul volto, pensò che
fosse morto qualcuno.
- È
uscita a fare compere... Al è andato con lei.
Fu quell'ultimo
accenno astioso a far capire tutto quanto all'alchimista. Hohenheim
si sedette sulla stessa sedia sulla quale poche ore prima si era
trovata
Trisha, ed Edward evitò accuratamente di guardarlo.
- Dimmi cos'è
successo, Edward.
Il bambino
valutò velocemente cosa e quanto rivelare al genitore.
Dopotutto lui era ancora così piccolo, mentre il padre era
così saggio ed adulto... Si sentì un po'
rassicurato da
quello sguardo deciso, e gli narrò piano l'accaduto. Al
termine del racconto, l'uomo si alzò e si diresse verso la
credenza, afferrando i due fogli poggiati sul ripiano e mostrandoli
al figlio.
- Queste sono le
lettere?
Edward annuì
e rimase a fissarlo, mentre il padre si rimetteva a posto e prendeva
la stilografica che portava costantemente nel taschino del gilet
insieme all'orologio, quasi a voler simboleggiare che l'ispirazione
può arrivare in qualsiasi momento.
- Bene Ed... Ora
dimmi, c'è qualcosa che desideri ardentemente?
Il bambino
soppesò a lungo la domanda prima di trovare una risposta.
- Be'...
Qualcosa ci sarebbe.
Il padre sorrise
e si aggiustò la montatura degli occhiali sul naso, un altro
segno di maturità secondo Ed.
- Vai avanti.
- Vorrei...
Vorrei che la mamma continuasse a volermi bene. Vorrei non averla
fatta soffrire. Vorrei non odiare tanto Al. Vorrei non essere tanto
cattivo. Vorrei che Winry non
sentisse più la mancanza dei suoi genitori quando sono al
lavoro. E vorrei che non si fosse messa a piangere ieri, quando le ho
detto che non poteva giocare con me perché era una femmina.
E vorrei anche il trenino che ho visto nella drogheria in paese, sai
quello bello lucido?
Edward guardò
il padre con gli occhi che gli brillavano per l'entusiasmo, e
Hohenheim sorrise divertito.
- Intendi quello
rosso?
- Sì, sì,
proprio quello!
- Capisco... Be'
Edward, temo proprio che non ci sia nulla da fare.
Il bambino si
adombrò, perdendo tutto il fervore dimostrato prima. Van
Hohenheim prese fiato e continuò, incrociando le braccia sul
petto:
- Vedi Ed,
purtroppo Santa Claus non può migliorare il tuo carattere,
devi farlo tu di tua iniziativa.
- Sì...
Edward sospirò
triste, già pensando che non sarebbe mai riuscito in
quell'impresa per lui impossibile.
- Però è
altrettanto vero che io posso aiutarti a farlo, ed inoltre Santa
Claus può portarti il trenino, sai?
- Davvero?
Il padre gli
rivolse un altro sorriso, lieto del repentino cambiamento d'umore del
figlio.
- Sì,
davvero. Ti va di finire queste lettere intanto, Ed? Altrimenti Santa
Claus non saprà mai cosa portarti in dono!
- Giusto! Allora
dì a quel vecchio tizio vestito di rosso che non deve
sbagliarsi a portare il trenino alla mamma o ad Al, ma solo a me!
Mentre
continuava il lavoro dove l'aveva fermato Trisha, l'uomo si
ammonì
mentalmente di ricordarsi di dare qualche piccola nozione di
cortesia al figlio.
In quei giorni, Trisha Elric pensò che fosse successo qualcosa di grave nella sua famiglia: non solo il marito pareva più assente che mai, ma ormai anche Edward le sfuggiva completamente. I due sembravano operare un complotto in grande stile: entrambi rimanevano nello studio fino a tardi, non uscendo se non per le faccende più importanti. La donna iniziava a temere che la misantropia del marito cominciasse ad attecchire anche sul carattere del figlio e ne aveva paura, nonostante le rassicurazioni costanti del compagno. Ormai si avvicinava il giorno di Natale, e si rassegnò a passarlo sola con Alphonse, senza il marito e il primogenito, che sembravano troppo presi dai loro studi perfino per ricordarsi di essere in inverno.
-
Shh, fai
piano!
- Non è
colpa mia!
Trisha si
avvicinò cautamente alla porta del salotto, socchiudendola, incuriosita dai bisbigli concitati che sentiva
provenire dalla stanza.
- Guardate che
entro...
Avvisò,
tanto per evitarsi attacchi di cuore improvvisi. Il bisbiglio
cessò
di colpo, e la donna si decise ad entrare. Ciò che vide la
lasciò momentaneamente senza fiato: un enorme abete
troneggiava al centro, ricoperto di decorazioni, alcune evidente
opera di un bambino, altre più sofisticate ed eleganti.
Trisha
non avrebbe sinceramente saputo dire quali preferiva.
- È...
È... È bellissimo!
Si
voltò verso il marito commossa, e strinse in un abbraccio
sia
lui che Edward.
-
L'avete fatto tutto voi?
Chiese,
ammirata, mentre anche Al si avvicinava sulle sue corte gambette,
attratto da tutto quel vociare.
-
Ovviamente!
Rispose
Edward, mentre con un sorriso le faceva cenno di volerle parlare
all'orecchio.
-
Mamma, mi dispiace per come sono. Cercherò di migliorare, lo
prometto.
Trisha,
inginocchiata di fronte a lui, lo abbracciò di nuovo,
cercando
con lo sguardo il compagno, che la fissava con un sorriso sul volto.
-
Ora vado da Winry, mamma! Torno subito!
Detto
questo, Ed afferrò un pacchetto dalla piccola montagnola che
spuntava da sotto l'albero e corse via, senza che lei potesse
aggiungere nient'altro.
-
Si può sapere cos'è successo?
Chiese
Trisha, prendendo in braccio Al che stava cercando di ingoiarsi una
pallina dell'albero. Hohenheim scrollò le spalle divertito.
-
Tutto merito di un certo vecchio signore vestito di rosso, cara.
Trisha
capì e sorrise, mentre lo abbracciava e lo baciava.
In
seguito, quello fu ricordato come il migliore Natale passato da tutta
la famiglia; Ed felice con il suo trenino nuovo di zecca, Al tranquillo con
il
suo orsacchiotto, e Trisha e Hohenheim felicemente rilassati in
quella pace provvisoria.
Quello fu l'ultimo Natale che trascorsero tutti insieme.
Note finali:
Dedicata
a tutti quanti io conosca in giro per il mondo. Sono veramente tanti,
troppi perché io possa enumerarli tutti.
Dedicata
alle persone che ci sono state, a quelle che ci sono e a quelle che
ci saranno.
A
quanti mi abbiano abbandonata, salvata, consolata, fatta soffrire e
fatta ridere.
A
quanti lo stiano ancora facendo o lo faranno. Di nuovo, ancora, o
magari per la prima volta, coscientemente oppure no.
Nel
passato che ho vissuto, nel presente che vivo e nel futuro che mi
aspetta.
A
quanti abbia odiato, insultato, respinto, rimpianto. A quanti ami,
rispetti ed ammiri.
A
quanti non ci siano più, ma so che ci sono stati.
A
quanti non leggeranno mai queste righe, perché non potranno,
non sapranno, non vorranno farlo.
A
quanti si siano fidati di me solamente perché ero io,
a
quanti non l'abbiano mai fatto e mai lo faranno.
A
quanti mi abbiano rivolto la parola, salutato anche se non mi
conoscevano, disprezzato per quello che facevo, amato nonostante
tutto.
A
quanti non riesca a ricordare, a quanti non si ricordino di me.
A
quanti non riesca a smettere di pensare.
Grazie
a tutti voi.
Perché
senza voi, io non sarei la ragazza che sono ora.
Non
avrei vissuto, e non vivrei.
Grazie.
Elisa