Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Ricorda la storia  |      
Autore: Lely1441    25/12/2008    11 recensioni
- Allora scrivi: pretendo di avere un nuovo fratellino... No, meglio! Pretendo di non averne più! Che se lo porti via!
- Ed!
Il bimbo la guardò con uno sguardo innocente.
- Sì, mamma?
Buon Natale! ^O^
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Hohemheim Elric, Trishia Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Una lieve AU, o What if, perché nel mondo di FMA il Natale non esiste, né tantomeno Santa Claus. Ambientata un po' prima del bonus del volume 14. Quello della "carta igienica", tanto per intenderci XD

Auguri di buon Natale a tutti! ^^





An old man in red clothes







- Allora scrivi: pretendo di avere un nuovo fratellino... No, meglio! Pretendo di non averne più! Che se lo porti via!
- Ed!
Il bimbo la guardò con uno sguardo innocente.
- Sì, mamma?
Trisha sospirò guardando l'espressione di assoluta incolpevolezza dipinta sul volto del figlio. Mancavano due settimane a Natale e la donna aveva deciso di dare il via ad una nuova tradizione: la letterina per Santa Claus. Lo spunto le era stato dato dalla sua amica Sara, che aveva già adottato la vecchia usanza, della quale erano state abituate anche loro da piccole, con la figlioletta Winry. Si erano commosse leggendo quel foglio scritto sì dalla madre, ma abbellito con dei disegni fatti dalla stessa bambina.
A dire la verità Sara si era preoccupata per la minuscola raffigurazione di una chiave inglese tra le decorazioni (viola e blu) dell'albero di Natale (arancione) a fine missiva. Trisha l'aveva rassicurata dicendole che a quell'età i bambini disegnavano ciò che vedevano intorno a loro, e stando così tanto tempo a contatto della nonna era più che possibile che quegli oggetti lucenti avessero colpito la sua attenzione.
Nulla di cui allarmarsi, quindi.
Dopotutto, l'importante era sorvegliarla e stare attenti che giocandoci non si facesse male.
Qualche anno dopo, quando Ed fosse tornato a casa con un grosso bernoccolo in testa, avrebbe commentato che forse si era sbagliata. L'importante era che non facesse del male agli altri.
Ma ora era il piccolo Edward il problema.
Trisha si chiese distrattamente come fosse possibile che un bambino di soli due anni e mezzo riuscisse ad essere così caparbio e difficile da gestire. Sapeva che aveva un buon cuore, ma da quando era nato il fratellino era stato colto da una sorta di strana gelosia nei suoi confronti. Cose che potevano accadere, certo, ma avrebbe preferito di gran lunga che quei due andassero d'amore e d'accordo.
Perlomeno nelle feste di Natale!
Invece ora si trovava lì, seduta al tavolo della cucina, con Edward che continuava a blaterare qualcosa contro Santa Claus, ed Al che fissava il foglio davanti a sé con muta ammirazione per tutto quel candore intonso. Alphonse ad un anno e mezzo ancora non parlava correttamente, così ci avrebbe pensato lei a riempire quegli spazi bianchi con delle semplici righe di buon augurio per la famiglia.
- Mamma? Mi senti?
Trisha venne riportata bruscamente alla realtà dal richiamo del figlio, che ora la guardava perplesso e lievemente irritato.
- Ed, vedi... Santa Claus non può riprendersi Al, cerca di capire...
- Come no? Lui può tutto, l'hai detto tu!
La donna sentì le lacrime salirle agli occhi. Con quei due come figli, sarebbe morta giovane, se lo sentiva. Capì improvvisamente la saggia decisione del compagno di non scendere dal suo studio se non per i pasti, quel giorno, e per qualche istante prese in considerazione l'idea di fare altrettanto. Ma dopotutto, lei era la madre, doveva cercare di risolvere i problemi. Perlomeno provarci.
- Ed, devi capire che Santa Claus porta i regali, non li ritira! Alphonse è un dono per noi, non può prenderselo indietro.
Il bimbo sembrò soppesare le sue parole.
- Neanche se sono fallati? Quando qualcosa non va bene è giusto che i negozianti se la riprendano!
Trisha soppesò se dover essere più scandalizzata dal fatto che un bimbo così piccolo conoscesse termini quali "fallati" ed usarli correttamente oppure che il figlio sembrasse considerare Al una sorta di giocattolo rotto e brutto da poter buttare via quando più gli faceva comodo.
Scelse la seconda, mettendo solo momentaneamente da parte la prima questione. Avrebbe parlato con Hohenheim più tardi, forse era meglio.
- Ed. Tuo fratello non è un oggetto. Sia io che tuo padre gli vogliamo molto bene, esattamente come ne vogliamo a te. Tu saresti felice di essere paragonato ad una cosa?
Il bambino si adombrò mentre fissava Al, che dondolava felice la testa e lasciava che una scia di bava gli attraversasse il mento, senza farci affatto caso. Con un moto di repulsione e disgusto Ed voltò la faccia nuovamente verso la madre.
- Ma per favore! Vuoi farmi credere che quello sia un bambino?
Trisha si affrettò a pulire il figlioletto più piccolo che, nonostante avesse già i primi dentini, non aveva ancora perso quel piccolo vizio umidiccio.
- Sì, Ed. Quello è un bambino. E non pensare che alla sua età fossi tanto diverso.
Edward fece spallucce.
- Comunque continuiamo?
Trisha riprese in mano la penna e guardò in attesa il suo bambino.
- C'è qualcosa... Qualcos'altro che desideri?
- Be', qualcosa ci sarebbe...
La madre si illuminò. Finalmente qualcosa di normale!
- Ricapitoliamo... Ecco cosa voglio che scriva: "Tizio vestito di rosso..."
- Santa Claus.
Lo rabbonì dolcemente la madre.
- Sì, è la stessa cosa... "Santa Claus, visto che non puoi riprenderti indietro mio fratello perché tu non vuoi giochi rotti, però li dai agli altri..."
- Edward!
- È vero! Lo hai detto anche tu!
Trisha si passò stancamente una mano sugli occhi.
- Ho capito Edward, finiamola qui. Sapevo che non sarebbe stata una buona idea... È stata tutta colpa mia, mi dispiace.
Per un attimo Ed rimase basito dalla madre che prendeva il fratello in braccio e se ne andava, posando sulla credenza i due fogli ed uscendo dalla stanza.
Il bambino assunse un'aria triste e si circondò le gambe con le braccia, appoggiando la fronte sulle ginocchia e rimanendo lì a pensare.
Fu quella la prima volta che Edward Elric entrò in contatto con il rimorso.

- Edward, cosa ci fai qui? La mamma dov'è andata?
Quando Van Hohenheim trovò suo figlio in cucina con quell'aria truce sul volto, pensò che fosse morto qualcuno.
- È uscita a fare compere... Al è andato con lei.
Fu quell'ultimo accenno astioso a far capire tutto quanto all'alchimista. Hohenheim si sedette sulla stessa sedia sulla quale poche ore prima si era trovata Trisha, ed Edward evitò accuratamente di guardarlo.
- Dimmi cos'è successo, Edward.
Il bambino valutò velocemente cosa e quanto rivelare al genitore. Dopotutto lui era ancora così piccolo, mentre il padre era così saggio ed adulto... Si sentì un po' rassicurato da quello sguardo deciso, e gli narrò piano l'accaduto. Al termine del racconto, l'uomo si alzò e si diresse verso la credenza, afferrando i due fogli poggiati sul ripiano e mostrandoli al figlio.
- Queste sono le lettere?
Edward annuì e rimase a fissarlo, mentre il padre si rimetteva a posto e prendeva la stilografica che portava costantemente nel taschino del gilet insieme all'orologio, quasi a voler simboleggiare che l'ispirazione può arrivare in qualsiasi momento.
- Bene Ed... Ora dimmi, c'è qualcosa che desideri ardentemente?
Il bambino soppesò a lungo la domanda prima di trovare una risposta.
- Be'... Qualcosa ci sarebbe.
Il padre sorrise e si aggiustò la montatura degli occhiali sul naso, un altro segno di maturità secondo Ed.
- Vai avanti.
- Vorrei... Vorrei che la mamma continuasse a volermi bene. Vorrei non averla fatta soffrire. Vorrei non odiare tanto Al. Vorrei non essere tanto cattivo. Vorrei che Winry non sentisse più la mancanza dei suoi genitori quando sono al lavoro. E vorrei che non si fosse messa a piangere ieri, quando le ho detto che non poteva giocare con me perché era una femmina. E vorrei anche il trenino che ho visto nella drogheria in paese, sai quello bello lucido?
Edward guardò il padre con gli occhi che gli brillavano per l'entusiasmo, e Hohenheim sorrise divertito.
- Intendi quello rosso?
- Sì, sì, proprio quello!
- Capisco... Be' Edward, temo proprio che non ci sia nulla da fare.
Il bambino si adombrò, perdendo tutto il fervore dimostrato prima. Van Hohenheim prese fiato e continuò, incrociando le braccia sul petto:
- Vedi Ed, purtroppo Santa Claus non può migliorare il tuo carattere, devi farlo tu di tua iniziativa.
- Sì...
Edward sospirò triste, già pensando che non sarebbe mai riuscito in quell'impresa per lui impossibile.
- Però è altrettanto vero che io posso aiutarti a farlo, ed inoltre Santa Claus può portarti il trenino, sai?
- Davvero?
Il padre gli rivolse un altro sorriso, lieto del repentino cambiamento d'umore del figlio.
- Sì, davvero. Ti va di finire queste lettere intanto, Ed? Altrimenti Santa Claus non saprà mai cosa portarti in dono!
- Giusto! Allora dì a quel vecchio tizio vestito di rosso che non deve sbagliarsi a portare il trenino alla mamma o ad Al, ma solo a me!
Mentre continuava il lavoro dove l'aveva fermato Trisha, l'uomo si ammonì mentalmente di ricordarsi di dare qualche piccola nozione di cortesia al figlio.

In quei giorni, Trisha Elric pensò che fosse successo qualcosa di grave nella sua famiglia: non solo il marito pareva più assente che mai, ma ormai anche Edward le sfuggiva completamente. I due sembravano operare un complotto in grande stile: entrambi rimanevano nello studio fino a tardi, non uscendo se non per le faccende più importanti. La donna iniziava a temere che la misantropia del marito cominciasse ad attecchire anche sul carattere del figlio e ne aveva paura, nonostante le rassicurazioni costanti del compagno. Ormai si avvicinava il giorno di Natale, e si rassegnò a passarlo sola con Alphonse, senza il marito e il primogenito, che sembravano troppo presi dai loro studi perfino per ricordarsi di essere in inverno.

- Shh, fai piano!
- Non è colpa mia!
Trisha si avvicinò cautamente alla porta del salotto, socchiudendola, incuriosita dai bisbigli concitati che sentiva provenire dalla stanza.
- Guardate che entro...
Avvisò, tanto per evitarsi attacchi di cuore improvvisi. Il bisbiglio cessò di colpo, e la donna si decise ad entrare. Ciò che vide la lasciò momentaneamente senza fiato: un enorme abete troneggiava al centro, ricoperto di decorazioni, alcune evidente opera di un bambino, altre più sofisticate ed eleganti. Trisha non avrebbe sinceramente saputo dire quali preferiva.
- È... È... È bellissimo!
Si voltò verso il marito commossa, e strinse in un abbraccio sia lui che Edward.
- L'avete fatto tutto voi?
Chiese, ammirata, mentre anche Al si avvicinava sulle sue corte gambette, attratto da tutto quel vociare.
- Ovviamente!
Rispose Edward, mentre con un sorriso le faceva cenno di volerle parlare all'orecchio.
- Mamma, mi dispiace per come sono. Cercherò di migliorare, lo prometto.
Trisha, inginocchiata di fronte a lui, lo abbracciò di nuovo, cercando con lo sguardo il compagno, che la fissava con un sorriso sul volto.
- Ora vado da Winry, mamma! Torno subito!
Detto questo, Ed afferrò un pacchetto dalla piccola montagnola che spuntava da sotto l'albero e corse via, senza che lei potesse aggiungere nient'altro.
- Si può sapere cos'è successo?
Chiese Trisha, prendendo in braccio Al che stava cercando di ingoiarsi una pallina dell'albero. Hohenheim scrollò le spalle divertito.
- Tutto merito di un certo vecchio signore vestito di rosso, cara.
Trisha capì e sorrise, mentre lo abbracciava e lo baciava.
In seguito, quello fu ricordato come il migliore Natale passato da tutta la famiglia; Ed felice con il suo trenino nuovo di zecca, Al tranquillo con il suo orsacchiotto, e Trisha e Hohenheim felicemente rilassati in quella pace provvisoria.

Quello fu l'ultimo Natale che trascorsero tutti insieme.







Note finali:

Dedicata a tutti quanti io conosca in giro per il mondo. Sono veramente tanti, troppi perché io possa enumerarli tutti.
Dedicata alle persone che ci sono state, a quelle che ci sono e a quelle che ci saranno.
A quanti mi abbiano abbandonata, salvata, consolata, fatta soffrire e fatta ridere.
A quanti lo stiano ancora facendo o lo faranno. Di nuovo, ancora, o magari per la prima volta, coscientemente oppure no.
Nel passato che ho vissuto, nel presente che vivo e nel futuro che mi aspetta.
A quanti abbia odiato, insultato, respinto, rimpianto. A quanti ami, rispetti ed ammiri.
A quanti non ci siano più, ma so che ci sono stati.
A quanti non leggeranno mai queste righe, perché non potranno, non sapranno, non vorranno farlo.
A quanti si siano fidati di me solamente perché ero io, a quanti non l'abbiano mai fatto e mai lo faranno.
A quanti mi abbiano rivolto la parola, salutato anche se non mi conoscevano, disprezzato per quello che facevo, amato nonostante tutto.
A quanti non riesca a ricordare, a quanti non si ricordino di me.
A quanti non riesca a smettere di pensare.

Grazie a tutti voi.
Perché senza voi, io non sarei la ragazza che sono ora.
Non avrei vissuto, e non vivrei.

Grazie.

Elisa

   
 
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Lely1441