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Autore: Marti5    18/04/2015    2 recensioni
"La guardia era smontata da ormai qualche ora, e la compagnia dormiva della grossa, senza preoccuparsi di Gendry e di Arya, stesi l'uno accanto all'altra."
//Piccolo tributo ad un'altra delle coppie che mi sarebbe piaciuto vedere formarsi in GoT.
Genere: Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Arya Stark, Gendry Waters
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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//Dedicata a Fra, che aveva bisogno di feels, e noi di 
feels ce ne intendiamo. 
....Credo. Spero ti piaccia.



L'oscurità era calata in quello che ad Arya era parso un attimo appena, coprendo con la sua coltre la foresta dove gli uomini di Harwin avevano deciso di accamparsi per quella notte. La guardia era smontata da ormai qualche ora, e la compagnia dormiva della grossa, senza preoccuparsi di Gendry e di Arya, stesi l'uno accanto all'altra. La ragazzina s'era accucciata accanto a ciò che restava del fuoco, osservando pensierosa le braci ancora pulsanti e rosse del fuoco.
Il rosso dei tizzoni le riportò alla mente il pensiero di Sansa, rimasta nelle mani di quell'ignobile feccia che i Lannister rappresentavano. Stupida Sansa, aveva pensato Arya in un primo istante. Stupida, stupida, stupida. Con i suoi amati palazzi e cerimonie, e i suoi adorati modi da signora. Tuttavia una parte di lei non poteva fingere che della sorella non le importasse nulla; una parte di Arya sarebbe corsa a prenderla, portandola via dai soprusi di quel bambino viziato di Joeffrey e dalle maleparole che Cersei le sussurrava alle spalle.
Arya non era stupida, ma nonostante si ripetesse il contrario era certa che nemmeno Sansa lo fosse. Lei tentava di compiacere i loro capricci per proteggere ciò che restava della loro casata, ed Arya non poteva fare altro che mettersi, almeno per qualche istante, nei suoi panni, cercando di comprenderla.
'Devo trovarla. E' mia sorella' I pensieri non volevano mollarla, quella notte. Fremeva, sciorinando a memoria la sua lista e desiderando solo morte e sofferenza per quei nomi vergati a fuoco nella sua testa. 
Sentiva contro la sua la schiena molto più grande di Gendry. Il respiro regolare le suggerì che ormai doveva dormire da un bel po', e che non si sarebbe svegliato. In un lontano recesso del suo spirito, Arya si dispacque per il gesto che stava per compiere, senza di lui. Ma l'animo selvaggio della ragazzina era fin troppo simile al lupo solitario rappresentante la propria famiglia, ed un lupo in gabbia non è nient'altro che un cane.
Arya si staccò piano dal calore del busto del ragazzo, e uno spiacevole brivido percorse la colonna vertebrale minuta della giovane. S'alzò più silenziosamente che potè, il fogliame secco sotto i suoi piccoli piedi non era d'aiuto allo scopo. Eppure, nessuno dette segno di allerta o di volersi svegliare.
Trattenne il fiato per qualche istante, prima di trascinarsi con passo felpato verso il limitare di quella radura, gettandosi nel folto degli alberi. Corse come una forsennata, fin quando il barlume debole delle braci accese scomparve del tutto dalla sua vista, lasciandola sola nel buio. Arya si guardò attorno, cercando una via, un sentiero, qualunque cosa potesse tornarle utile in quel momento. L'alba non era troppo lontana, sebbene fosse ancora notte inoltrata, e Harwin e i suoi uomini non ci avrebbero messo molto a rintracciarla, se si fossero svegliati.
Procedeva ancora nel fitto della boscaglia, più lentamente, quando una mano l'afferrò per la spalla. 'Accidenti' imprecò tra sé, prima di tentare il tutto per tutto e voltarsi a scagliare un sonoro schiaffo al ragazzo che l'aveva fermata, nella speranza di stordirlo e fuggire. Con sua somma sorpresa, non fu il volto barbuto e rozzo di uno degli uomini della scorta che la giovane osservò, ma un'espressione stupita che le era fin troppo familiare.
Gendry non s'era mosso di un millimetro, data la stazza decisamente ben piazzata che aveva, ma la guardava con un misto di rabbia e stupore che la fecero arrossire per un istante di vergogna. 
"Che hai da guardare? Pensavo fossi uno di loro." Gli disse, facendo cenno col capo verso l'accampamento appena lasciato. Gendry si massaggiò la guancia offesa leggermente arrossata, e alzò un sopracciglio.
"Dov'è che andavi? Avevi voglia di una scampagnata?" L'ilarità nelle sue parole la stuzzicarono fin troppo, tanto che fece per andarsene con fare stizzito. "Vado a prendere mia sorella. E' troppo stupida per scappare da sola dalla feccia di Approdo del Re."
Non seppe perché fece cenno a Sansa così aspramente, né comprese il motivo di tale rivelazione fatta ad un amico, sì, ma che non avrebbe dovuto esser lì in quel momento. La fiducia che cominciava a riporre in lui la disarmava, e la faceva infuriare con sé stessa.
Il tocco brusco della mano di Gendry sul suo braccio la fece sussultare appena, mentre si voltava per incenerirlo con lo sguardo. Lui la sovrastava in altezza come la metà delle persone, data la sua bassa statura, eppure quell'altezza non le provocava il fastidioso impulso di tirargli un calcio sugli stinchi per farlo abbassare fino al suo livello. Era quel genere di differenza protettivo ed accogliente, che Arya ancora faticava ad accettare completamente.
Gendry la trattenne, sorridendo appena. "Tu e quale esercito? Ci sono centiaia di miglia da qui ad Approdo del Re."
Non la mollò nemmeno per un istante, nemmeno lo sguardo aveva voglia di soffermarsi altrove. La ragazzina si mostrava risoluta, e Gendry dovette ammirarne la forza concentrata tutta in quel piccolo involucro coperto di polvere. Osservò il viso di lei, che non cedeva nemmeno di un millimetro davanti al suo sguardo, fiera e paradossalmente fragile ai suoi occhi, visto il motivo del suo tentativo di fuga.
Lei non rispose, e lui liberò il suo braccio da quella presa, sospirando. La superò, muovendo qualche passo verso il fitto degli alberi, e voltandosi ad osservare la figura metà infastidita e metà attonita della giovane.
"Beh, non vuoi arrivarci ad Approdo del Re?"
Arya sbuffò sonoramente, e raggiungendo Gendry si premurò di assestargli una spallata. 
Non lo avrebbe mai ammesso, ma la sua presenza avrebbe potuto lenire le sue ferite più di quanto non pensasse.
Le notti successive, la ragazzina trovò nel sonno un ristoro più consistente, la testa posata contro la coscia dell'amico, la mano callosa di lui posata sulla sua spalla esile, e una tranquillità acerba, ma che dava già i suoi frutti nel suo animo inquieto.
   
 
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