Merry Christmas, Osamu-niisan
Sicuramente, quella
era una giornata degna del 25 dicembre.
Il vento gelido
sferzava violentemente il suo viso, mentre camminava a testa bassa tra lo
spesso strato di neve posatosi la notte prima. Nemmeno il giubbotto più pesante
avrebbe potuto immunizzare chi lo indossava dal freddo di quella mattina.
Si guardò
lentamente intorno, per poi avanzare verso sinistra.
Il tempo
atmosferico non lo spaventava, né gli impediva di compiere quella sorta di rito
di ogni anno.
Tutt’intorno, come
sempre, nessuno. Il ragazzo sorrise lievemente. D’altronde, era prevedibile:
ogni famiglia, probabilmente, era intenta a preparare il pranzo di Natale,
insieme a tutti i parenti.
Di certo, non c’era
posto per recarsi in un luogo triste come il cimitero di Tokyo.
Da quando ci era
entrato, non un canto di Natale, non una risata, non un allegro chiacchiericcio
sui regali donati e ricevuti la notte prima. Non una luce ad illuminare,
sfarzosamente, vetrine di negozi.
Solo il suono
ovattato delle sue scarpe che calpestavano la neve.
Finalmente, si
fermò, individuando quello che cercava.
Avanzò piano, quasi
con deferenza, verso quella piccola lapide davanti a lui. Ogni anno, sempre la
stessa storia: sentiva che c’era qualcuno che non avrebbe potuto ricevere
auguri festosi, né trascorrere con loro un periodo natalizio felice.
Lo stesso qualcuno che riposava in quel luogo da
anni.
Sfiorò piano la
foto sulla lapide, quasi come se volesse salutarlo.
Due occhi dietro a
un paio di occhiali, azzurri e profondi come i suoi, lo fissavano in risposta. Un
sorriso immobile, fermo da tanti anni in una fotografia, rispondeva al suo
incerto, nella sua solita maniera enigmatica. I capelli, scuri come i suoi ma
non altrettanto lisci, gli ricordavano tante cose, tutta la nostalgia che aveva
per lui e per i tempi passati.
In alto, una data
di nascita e di morte avvenuta in un tempo troppo giovane.
E un nome.
Osamu Ichijouji.
Suo fratello.
Rimase in silenzio
per qualche tempo, senza muovere un muscolo. Provava uno strano senso di
disagio, provocato da motivi misteriosi. Finalmente, si rese conto che era il
suo stare in piedi, lì, davanti a lui.
Ken Ichijouji non
era mai stato un ragazzo che prendeva decisioni avventate. Ma quel giorno,
decise di fare uno strappo alla regola.
Incurante del
freddo, e rabbrividendo violentemente, si chinò e si inginocchiò sulla neve.
E solo allora si
concesse un piccolo sorriso.
Il suo saluto. Il
suo unico modo per essere vicino a suo fratello. Ecco cos’era recarsi lì ogni
anno. Ecco perché, prima di ogni pranzo natalizio, riteneva opportuno fare
compagnia a chi era stato privato prematuramente della vita, senza motivo
alcuno.
O forse, era solo lui stesso ad aver bisogno di quella
compagnia inusuale.
Non sapeva per
quanto tempo fosse rimasto lì in silenzio, a rabbrividire per il freddo. Tutto
quello che sapeva era che, all’improvviso, dei passi erano udibili nel silenzio,
e nemmeno troppo distante da dove lui si trovava.
Aggrottò le
sopracciglia, pensieroso. A quanto pareva, non era l’unico visitatore ai
defunti, quella mattina. E la cosa strana era che, evidentemente, stava venendo
proprio nella sua direzione.
Fu solo quando
sentì i passi fermarsi proprio dietro di lui, che si decise a voltarsi, ormai
convinto che non potessero esserci tutte queste coincidenze.
E quando lo fece,
sgranò gli occhi, sorpreso.
Miyako Inoue lo
fissava in risposta, con il suo solito sorriso solare sul volto, infagottata
nel suo giubbotto e con le mani nascoste dai guanti. Visione così allegra, che
sembrava creare uno strano contrasto con la pace e la malinconia di quel
cimitero.
La ragazza rise sommessamente.
“Spiegami come fai a non congelare, seduto sulla neve. E’ una delle tue
assurdità, o devo preoccuparmi?” gli disse a bassa voce, come se avesse paura
di distruggere l’atmosfera creatasi.
Per altri, la sua
breve risata e la sua ironia sarebbero potute sembrare fuori luogo e
insensibili. Ma per Ken, che la conosceva meglio di chiunque altro, e che la
amava da tanto tempo, quella reazione era più che giustificabile e degna di
gratitudine. Gli occhi scuri di Miyako, dietro ai suoi occhiali, corsero al
nome sulla lapide per un istante, segno che aveva capito perfettamente chi il
suo ragazzo stesse salutando: con tutte le probabilità, conosceva il suo stato
d’animo e cercava di risollevargli il morale.
E di questo le fu
immensamente grato, mentre la sorpresa di trovarla lì si mischiava a questo
sentimento. Sorrise lievemente. “Come facevi a sapere che ero qui?”
Lei si strinse
nelle spalle. “Beh, lo si poteva intuire, non credi?” ribatté con aria sicura.
Quando Ken la fissò scettico, non potendo credere ad una cosa del genere,
l’altra sospirò, sconfitta. “Ma, ovviamente, non l’ho intuito” ammise infine, facendo allargare il sorriso sul
volto del ragazzo. “Ho chiamato a casa tua per chiederti a che ora io e la mia
famiglia dovessimo venire da te per il pranzo di Natale, e tua mamma mi ha
detto che eri venuto qui.”
Ken abbassò lo
sguardo, ripensando al volto di sua madre quando lui le aveva annunciato la sua
decisione di recarsi al cimitero. Aveva gli occhi umidi: era sicuro che lei
soffrisse per la tristezza di suo figlio nel non passare la sua vita con Osamu.
Era da tanto tempo che le cose erano cambiate: adesso, i suoi genitori avevano
grande attenzione per lui, premurandosi in ogni momento che non avesse alcun
problema.
“Non hai risposto
alla mia domanda sullo stare seduti sulla neve in pieno inverno, comunque”
continuò poi Miyako, scrutandolo con un’aria insieme curiosa e perplessa.
Il ragazzo scosse
piano la testa, sul volto un piccolo sorriso malinconico. “E’ solo che… E’
strano pensare che adesso, in qualche modo, sono più alto di Osamu.” Le spiegò,
sapendo che lei non lo avrebbe deriso per questo pensiero un po’ sciocco.
“Quando se n’è andato, era più piccolo di me alla mia età attuale, e… Non so,
l’ho sempre visto più alto di me. Non voglio che le cose cambino.”
La giovane annuì.
“Metodo originale, non c’è che dire” gli disse. Poi gli sorrise, comprensiva.
“Sai, ero venuta qui perché non volevo lasciarti solo qui a pensare al passato
e ad essere triste, dato che hai questa strana tendenza a farlo. Però
probabilmente hai solo bisogno di stare per conto tuo: quindi, ci vedremo più
tardi, ok?”
Aveva parlato in
fretta, e già si stava allontanando, quando Ken si rese conto di quello che
stava per fare. Si alzò in piedi di scatto –le gambe erano praticamente
insensibili- e le prese delicatamente il polso per fermarla. Ora che era lì,
era più che sicuro di aver bisogno della sua presenza: la solitudine lo avrebbe
davvero oppresso, lo sapeva bene, ormai.
“Ti prego, non
andare” disse soltanto, quasi supplicandola. “Puoi restare, non è una cosa
privata.”
Miyako lo fissò per
un attimo, e probabilmente capì, dall’espressione dell’altro, che era meglio
rimanere: sorrise, quindi –forse sollevata perché lui le aveva permesso di
restare-. “Come preferisci, ovvio” rispose. “Anche se sono più contenta così:
ti fa bene parlare con qualcuno, te l’avrò detto mille volte.”
Il ragazzo annuì,
grato. Le cinse la vita con un braccio e la condusse di nuovo davanti alla
lapide di Osamu. La sua foto li scrutava ancora, immobile.
“Vengo qui ogni
anno, sai” le disse, mentre un’ondata di ricordi lo assaliva all’improvviso.
“Ogni 25 dicembre sono qui a salutarlo. Mi sembra giusto che anche lui riceva
degli auguri di buon Natale, dato che non può più festeggiarlo con noi.”
Miyako sbuffò
leggermente, con aria triste. “Ken, quanto questo influisce sul tuo umore? Non
stai ricominciando a pensare a cose spiacevoli, che ti tormentano la vita
inutilmente, peraltro?”
Ken sapeva quanto
la giovane fosse preoccupata per il fatto che lui ripensasse con vergogna e
continuo senso di colpa agli eventi passati, e il suo cuore si riscaldò,
sapendo che molte volte non meritava di avere accanto una persona tanto straordinaria.
“Non preoccuparti, l’Imperatore Digimon
non ha nulla a che vedere con questo” rispose, non senza una nota di amarezza
nel pronunciare il nome che usava quando si era arrogato il diritto di
governare sul Mondo Digitale, tempo prima. “Quando vengo qui, ripenso a tutti
gli anni che abbiamo passato in compagnia… e soprattutto alla nostra vita
quotidiana nel periodo natalizio.”
Il suo sguardo
colore del mare si perse nei ricordi, mentre Miyako lo stringeva a sua volta,
come per ricordargli che lei sarebbe stata lì a consolarlo nei momenti di
tristezza. “Non ho ricordi molto nitidi: dopotutto, ero soltanto un bambino”
continuò, lanciandole un’occhiata. “Ricordo soltanto che, anche a Natale, tutti
i nostri parenti non avevano occhi che per Osamu: ribadivano, con orgoglio, che
non esisteva ragazzino più geniale di lui. Era già considerato, in qualche
modo, un uomo: non ha mai ricevuto come regali tanti giocattoli, il dono che
più sembrava appropriato erano i libri. Aveva le librerie piene.”
Notò una smorfia sul
viso della ragazza accanto a sé, e la fissò, perplesso. “Cosa c’è?”
Miyako scosse la
testa. “Niente” rispose, nella voce una nota di indignazione. “Mi sto solo
chiedendo perché nessuno si fosse accorto di quanto anche tu meritassi. Voglio
dire, stiamo parlando di te o di Daisuke?”
Ken ridacchiò,
arrossendo leggermente. Nonostante tutto il tempo passato insieme, ancora non
si abituava a tutti i complimenti –decisamente esagerati, come suo solito- che
la sua ragazza gli rivolgeva perennemente. “Beh… Andiamo, non…
non diciamo sciocchezze, Miya” disse piano, distogliendo lo sguardo. Fece un cenno alla lapide davanti a loro.
“Osamu era davvero un genio… e sicuramente meritava molto di più di me.”
La ragazza gli
lanciò un ulteriore occhiataccia, ma decise di lasciar perdere. “Lo sai che ho
una domanda che mi ronza in testa?” gli chiese invece piano, esitando. “Tuo
fratello era felice di essere considerato il genio della casa, un uomo o quant’altro? Non si è mai
sentito un po’ solo? Sembra abbastanza triste essere conosciuti da tutti
principalmente perché si ha una mente brillante.”
Il giovane rimase
per un attimo in silenzio, sentendosi ripetere una domanda che gli frullava in
testa in ogni momento in cui pensava a suo fratello scomparso. Era davvero
triste non poter conoscere pienamente la risposta. “Se vuoi risposte certe,
temo di non potertele fornire” mormorò a testa bassa. “Ho solo supposizioni.
Io… non credo che gli facesse piacere sul serio: era sempre di cattivo umore,
alle volte mi rispondeva in maniera molto scontrosa. Non lo vedevo quasi mai
ridere, sai: essere considerato un genio, e soltanto
un genio deve aver raffreddato l’idea che dava al di fuori. Credo che lo
facesse perché si sentiva sempre messo alla prova, paragonato ai suoi successi
passati, alle aspettative di tutti.”
Il senso di colpa
tornò a tormentarlo. Era arrivato, quando era piccolo, a desiderare che sparisse. Il suo essere piccolo e
ingenuo gli aveva fatto credere che, per avere un po’ di attenzioni su di sé,
per una sola, misera volta, si sarebbe abbassato a desiderare una tale
meschinità.
Solo allora, dopo
tanti anni, era arrivato a comprendere Osamu, finalmente.
“Che brutta
situazione… Non sai quanto mi dispiaccia” disse Miyako, sconvolta dalla
tristezza della cosa.
Ken si voltò a guardarla,
negli occhi una luce malinconica. “Però non era sempre scontroso: certe volte
riuscivo a rivedere quel fratello maggiore più sereno che era quando non avevo
che pochi anni. E, il più delle volte, era proprio a Natale.”
L’altra sgranò gli
occhi, sorpresa. “Aspetta un attimo” obiettò. “Hai detto tu stesso che i tuoi
parenti non facevano che aggravare la situazione…”
Il ragazzo sorrise
lievemente. “Mi dispiace, avrei dovuto essere più chiaro” si scusò. “Intendevo…
dopo la cena della vigilia, quando tutti quanti erano tornati a casa. Solo
allora mi accorgevo che Osamu davvero non voleva comportarsi male con me, che
voleva recuperare tutti quei momenti in cui era costretto a reagire al carico
di responsabilità che aveva sulle spalle.”
Gli pareva quasi di
rivederlo, in quel momento: nonostante tutto il tempo passato, quelle immagini
non ne avevano voluto sapere di andare via dalla sua mente.
“Si sedeva alla sua
scrivania, e mi guardava mentre ammiravo i miei regali, per una volta incurante
del fatto che fossero così piccoli e insignificanti rispetto a quelli di mio
fratello. Lui sorrideva triste, senza dire nulla. E solo allora, quando notavo
il suo silenzio, alzavo lo sguardo, chiedendogli se avrebbe voluto giocarci un
po’. Lui, allora…” Il sorriso si spense, mentre si ripeteva che avrebbe dovuto
capirle prima, quelle cose. “Lui allora scuoteva la testa, abbassava lo sguardo
e mi diceva… che non aveva più avuto tempo per giocare da quando io e lui
facevamo le bolle di sapone sul terrazzo.”
Calò un silenzio riflessivo
per un lungo attimo.
“Quindi, mi stai
dicendo che lui avrebbe voluto giocare invece di studiare?” chiese Miyako,
nella voce tanto rispetto per il giovane Ichijouji defunto. Forse riusciva a
capirlo anche lei, forse provava compassione per lui.
Ken annuì. “Ti sto
dicendo che è stato obbligato a crescere troppo in fretta, e che forse, sì,
sentiva davvero la mancanza della sana ingenuità dei bambini.”
“E perché proprio a
Natale, con tutti i giorni che poteva scegliere?” chiese ancora lei.
Lui scrollò le
spalle. “Non saprei. Forse perché in questo particolare periodo dell’anno si è
più buoni, e quindi desiderava farmi capire che, nonostante tutto, la maschera
che portava indosso non era il suo vero volto.” Sorrise di nuovo. “Alla fine,
quando andavo a dormire, sentivo come se lui si fosse seduto piano sul mio
letto. Fingevo di essere addormentato per qualche tempo, chiedendomi il motivo
della sua presenza silenziosa accanto a me. Solo adesso credo di capire:
probabilmente lui… voleva solo vegliare sul mio sonno.”
Avrebbe voluto
capirle prima, quelle cose. Avrebbe tanto voluto questo. Ma era da quando le
minacce a Digiworld erano cessate che aveva imparato a non pensare troppo a
tutto quello che sarebbe potuto essere, se lui non avesse fatto determinate scelte.
Ora, il problema
maggiore sembrava essere il luccichio preoccupante degli occhi di Miyako, che
lo fissava in silenzio –cosa strana, per una ragazza come lei-.
Si diede
dell’idiota, maledicendosi per averla rattristata. Si chinò a darle un leggero bacio
sulle labbra. “Scusami” disse poi, asciugandole le lacrime. “Non avrei dovuto
farti stare male: mi dispiace.”
“Non fare lo scemo”
ribatté lei, facendo un respiro profondo e sorridendogli leggermente. “A quanto
pare, non riesci proprio a non fare il paranoico: ti ho detto che mi fa piacere
che tu ti confidi con me, te ne sei dimenticato?”
Ken ridacchiò,
sollevato. “Meglio che andiamo a casa: ti ho rattristato abbastanza, per oggi.”
“Già, e credo che
tua madre ci starà già dando per dispersi.”
Risero insieme per
qualche istante, prima che il ragazzo tornasse serio.
“Potresti
concedermi solo un attimo?” le chiese. “Ti raggiungo tra un istante.”
Miyako spalancò gli
occhi; poi annuì e si allontanò, rispettando la decisione dell’altro.
Ken si voltò
nuovamente verso quella foto, fissandola per secondi interminabili.
Per tutta la breve
vita di suo fratello, non era mai riuscito a capirlo appieno.
Lo aveva invidiato,
si era sforzato di capire perché lui si comportasse così male con lui, aveva
voluto giocare con lui, fino alla sua morte.
Ma solo dopo tanto
tempo, riusciva ad affrontare il suo sguardo enigmatico senza frustrazione.
Il suo saluto. Il
suo unico modo per essere vicino a suo fratello. Ecco cos’era recarsi lì ogni
anno. Ecco perché, prima di ogni pranzo natalizio, riteneva opportuno fare
compagnia a chi era stato privato prematuramente della vita, senza motivo
alcuno.
Quel Natale, non
faceva alcuna differenza dagli altri.
E di certo, non
c’era momento migliore di recargli visita se non nell’anniversario dell’annuale
dimostrazione di affetto nascosta di Osamu Ichijouji.
Sorrise.
“Buon Natale,
Osamu-niisan” mormorò, certo che lui potesse sentirlo.
Si voltò e
raggiunse Miyako, immobile ad aspettare il suo arrivo.
E mentre si lasciava quella tomba alle spalle, uguale a come l’aveva lasciata, immutabile negli anni, si rese conto che solo adesso sembrava davvero Natale.
Una piccola one-shot ispirata dal periodo natalizio... E anche da uno dei personaggi che mi interessano di più di Digimon: Osamu Ichijouji. Spero davvero che possa piacervi!!!
Buon Natale e Felice anno nuovo a tutti!!!!!
Padme Undomiel