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Autore: JulietXD5    19/04/2015    1 recensioni
“Katniss… se sto per fare qualcosa che tu non vuoi… fermami.”
“Non ho intenzione di fermarti.” Rispondo pronta, per poi eliminare la distanza tra le nostre bocche.
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Katniss Everdeen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6

"Due."



 
Oggi entrerò nella camera d’ospedale di Peeta.

Non so come reagirà. Non so se proverà ad aggredirmi come l’ultima volta.
Haymitch dice che è migliorato, che la sua rabbia è sotto controllo e soprattutto che è importante che io ci parli.

Ora il ragazzo del pane si affida completamente ad un giochino per capire quali dei suoi ricordi siano sinceri o meno: ‘vero o falso?’
Ho cercato in tutti i modi di evitare un incontro ravvicinato con lui, ma ora non posso più tirarmi indietro.

Così mi avvio verso quella porta che mi ha tenuto compagnia nelle mie veglie giornaliere, e la varco.
Ad attendermi , trovo Peeta disteso sul lettino: ha ancora i polsi legati per precauzione, ma il suo volta è più disteso.
Scorgo, però, qualcos’altro. Qualcosa che contrasta con il bianco stantio della stanza: dei disegni.

Vedo impresse scene dei Giochi, il volto di Rue immerso tra i fiori, le case del Villaggio dei Vincitori, luoghi del Distretto 12. Sono tutti opera di Peeta.
“Katniss.” Mi sento chiamare, e mi distolgo dai miei pensieri.
“Peeta.” Rispondo speranzosa. “Ha detto Haymitch che voltevi parlarmi.”
“Guardarti, innanzitutto. Non hai un bell’aspetto.” Mi dice. Sento una punta di veleno nel suo tono.
“Beh, anche tu hai avuto un aspetto migliore.” Ribatto, e vedo che la mia risposta non gli piace.
“Ho bisogno di chiederti alcune cose.”

Non ce la faccio a parlare con lui, così fingo di non sentirmi bene per dileguarmi.

“Mi ricordo del pane!” ammette. “Di quando te l’ho lanciato invece di darlo ai maiali. Sotto la pioggia. E tu… cogliesti un dente di leone. E’ vero?”
“Vero.” Gli rispondo prontamente io. “ E’ proprio quello che è successo.”
“Devo averti amata molto.”

Ecco. Fantastico.

“Vero.”
“E tu mi amavi?”

Boom, ha lanciato una bomba.

“Tutti dicono di sì.” Che diavolo di risposta è?!
 
“Questa non è una risposta. Ho visto dei filmati dei Giochi. Hai provato ad uccidermi con quegli aghi inseguitori?”
“Beh, ho provato ad uccidervi tutti, dato che mi avevate bloccato su quell’albero!”
“Poi ho visto una serie di baci. Erano sinceri? Ti piaceva baciarmi?”

Arrossisco. Ora cosa gli rispondo?

“A volte.”
“E Gale?”

Ecco lanciata la bomba numero due.

“Andava bene a tutti e due che tu baciassi l’altro?”

Abbasso lo sguardo. Inizio a provare rabbia, colpevolezza, disgusto. Non posso reggere fino in fondo.
No. Ma io non vi chiedevo il permesso.”
“Beh, sei una bella stronza, non ti pare?” ride ironico mentre lo dice.

Vorrei sprofondare. Mi sento davvero uno schifo.
Non riesco nemmeno a guardarlo più in faccia.
Quelle sue parole sono riuscite a farmi più male del pugnale di Johanna conficcato nel braccio… perché è vero.
Ha ragione. Sono una stronza.

Peeta distoglie lo sguardo da me, e capisco che la conversazione è finita.
Faccio per andarmene, quando mi accorgo di essere osservata. Mi giro verso il vetro della porta, e noto Plutarch, la squadra di medici, Gale e… Finnick.
Hanno ascoltato tutto. Sono qui chissà da quanto.

Mentre tutti mi guardano con occhi di compassione, io divento paonazza. Ho voglia di piangere, di nascondermi  da tutto e tutti, di bucarmi le vene con una maledetta siringa e dormire per anni.
Lo sguardo di Finnick, però, mostra qualcosa di diverso: ha un’espressione strana, quasi arrabbiata.
La fronte è corrucciata, gli occhi sono fissi su di me. Mi scrutano, quasi mi guardano attraverso. Sento come se mi superassero e mi vedessero oltre.
Ci guardiamo, ci osserviamo, e per un attimo mi trovo spaesata. Non capisco cosa ci sia in quegli occhi.
Ma quello accende ancora di più la mia rabbia. Così varco la porta e corro via, non guardando in faccia nessuno, cercando di levarmi dalla testa quelle parole e quello sguardo.
 
Non esco dalla mia stanza nemmeno per mangiare.
Non mi importa se la Coin si infurierà perché non ho partecipato alla sua riunione. Non mi importa se Gale si chiederà dove diavolo mi sono cacciata.
Prim  e mia madre sono venute a trovarmi, lasciando per pochi minuti il loro lavoro all’ospedale, cercando di tranquillizzarmi. Ma non è servito a nulla.
Voglio stare qui, sdraiata sul mio letto, facendomi scorrere tra le dita la perla di Peeta.
Ancora ricordo il momento in cui me la regalò. Com’era bello, sorridente, in pace con se stesso… e con me.
Mi manca.

Non ce la faccio a continuare a pensare!
Decido di mettere via la perla, alzarmi dal letto e uscire. Devo uscire da qui!

Chiedo il permesso di andare a caccia, e mi viene concesso col disappunto di Alma Coin. Recupero arco e frecce, la giacca di mio padre e mi dirigo verso la superficie del Distretto 13.
Dopo pochi attimi sono fuori, all’aria aperta.
Il sole batte forte, e la sua luce mi inonda le pupille disabituate.
Intorno  a me ci sono solo alberi, fiori e qualche animale qua e là. Che oggi non perderà di certo la vita per colpa mia.
Nessuna persona in giro.

Poso tutto il mio armamentario su di un tronco lì vicino e inizio ad immergermi in quel verde.
Oltrepasso il pavimento del prato, attraverso le colonne degli alberi, osservo il soffitto azzurro sopra di me, varco la navata formata da piante e cespugli.
Raggiungo, quasi non accorgendomene, un fiumiciattolo poco distante. Le sue acque rimangono calme, piatte, senza onde, e si riversano tranquille in un piccolo lago paradisiaco.
Seguo la sua riva, la scruto, cerco di diventare calma come lui.

Ma dentro sono ancora scossa. Gli occhi di Peeta sono un’immagine ricorrente, così come quelli di Gale e di Finnick.

Mi siedo su uno dei massi marmorei sporgenti sull’acqua. Inizio a sentire il calore del sole e mi tolgo la giacca di pelle. Rimango solo con l’uniforme del 13, così fredda e distaccata, così in contrasto con il paesaggio caldo ed accogliente intorno a me.

Mi accorgo di non portare la mia solita treccia oggi, così inizio a ricrearla, intrecciando pian piano alcune ciocche. Mi concentro solo sui movimenti delle dita tra i miei capelli, attenta a non far scappare alcuna ciocca più corta.

Ma mentre ho quasi completato l’opera sento uno scricchiolare di legni calpestati.
Interrompo subito l’azione e mi alzo di scatto, lasciando che i capelli tornino a essere completamente sciolti sulle spalle.
“Katniss!” sento urlare il mio nome.

Conosco quella voce.

“Katniss!” continua, più vicino.

So benissimo chi sto per trovarmi davanti.

Finnick si fa strada tra la vegetazione. Ad una decina di metri mi trova e fa per avvicinarsi alla sponda dove mi sono rifugiata.
“Katnissi, sei qui! Ti stavo cercando!”
“Beh, mi hai trovata.” Rispondo fredda.
“Ero preoccupato per te… ho sentito quello che ti ha detto Peeta in ospedale. E’ stato crudele.”
Il suo tono è comprensivo.

Alzo lo sguardo su di lui: i suoi occhi hanno un non so che di rassicurante.
“Non sta a te preoccuparti di me e Peeta.” Ribatto secca.
“Poco tempo fa ti avrei dato ragione.”
Lo fisso confusa.
“Che vuoi dire?”

Abbassa lo sguardo ed emette un risolino imbarazzato. Subito dopo alza gli occhi al cielo, si morde il labbro inferiore, si schiarisce la gola e continua: “Vedere Peeta aggredirti in quel modo mi ha fatto impazzire. Vedere te pendere dalle sue labbra mi ha fatto morire di gelosia. Sì, hai capito bene!
Dovrei  dimenticarmi di te, di quello che è successo pochi giorni fa, di averti baciata e dovrei pensare solo ad Annie, ma non posso. Anzi, non credo di volerlo!”

Si ferma, vedendomi impallidire. Poi riprende:
“Voglio essere io la persona a cui fai visita ogni giorno. Essere io colui a cui riservi le tue attenzioni. Avere io le labbra da cui pendi. Io, colui che ti merita più degli altri.”

Ci guardiamo, riflessi uno nelle iridi dell’altra per anni, decenni, forse secoli.
Posso sentire il battito accelerato del suo cuore, dato che il resto intorno a noi pare essersi fermato.
Non sento più il cantare degli uccelli, né lo sfregare del vento sulle foglie, né il lento scorrere del fiume. Non sento più nemmeno il mio di cuore, o il mio respiro.

Morta. Sono morta.

E poi, senza nemmeno accorgermene, sento di nuovo tutto: sento il fischiare delle ghiandaie, il guizzare dei pesci nell’acqua, il respiro farsi più corto e il muscolo nel petto battere all’impazzata, scoppiare.
Mi da di nuovo forza, di nuovo vita. Così accorcio freneticamente la distanza tra me e Finnick, gli prendo il volto tra le mani e lo bacio.
Con forza, con voglia, con passione.

Lo sento portare le braccia intorno a me e stringermi, e con la stessa intensità lo stringo io, spostando le mani attorno alle sue spalle.

Viva. Sono viva.

E tutto questo scenario meraviglioso assiste senza giudizi. E non mi importa più di niente: di Peeta, di Gale, nè tanto meno di Snow o della ribellione imminente.
Mi importa solo di noi due.





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Ecco un altro capitolo appena sfornato per voi!
Mi auguro che vi piaccia :D ora stiamo davvero entrando nel profondo della storia!
Mi raccomando, ditemi cosa ne pensate!!!
Baci, Juliet

 
  
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