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Autore: pansygun    26/12/2008    1 recensioni
mi scuso per il ritardo...non è certo una fic natalizia...ma l'ho ritrovata perchè la credevo persa...e mi sembra giusto metterla, assieme agli auguri di un felice natale e di un buonissimo anno nuovo a tutti...buona lettura! *sorpresa!*
Genere: Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un freddo pomeriggio autunnale. Nel cielo, opaco di nuvole grigie, un aereo lasciava dietro di sé una scia chiara. Sotto di lui, migliaia di vite percorrevano le strade della città che non dorme mai.

Un ragazzo stava passeggiando lungo il marciapiede, costeggiando le innumerevoli vetrine di profumerie e di boutique di abiti costosi. Appoggiata alla spalla, legata da una tracolla, una custodia nera proteggeva la sua chitarra. Entrò in una caffetteria ed ordinò, consumando in piedi il suo caffè leggermente zuccherato, come era solito fare, osservando le vite che passavano veloci di fronte la vetrata.

Il sole era una pallida luce che spuntava faticosamente dalla distesa grigia di palazzi e di grattacieli.

Il giovane pagò ed uscì, camminando ancora verso la sua auto, posteggiata non molto distante da lì.

Aprì la portiera, posò la chitarra sui sedili posteriori con cautela e poi si sedette alla guida, avviando il motore e partendo.

Raggiunse il New Jersey Turnpike e si diresse verso casa.

Ad un semaforo rosso si fermò, cercando di prendere le sigarette dal cruscotto.

Si accorse di due ginocchia che premevano contro lo scomparto dell'auto. Ginocchia che continuavano, allungandosi con delle cosce magre, con un busto e delle braccia...

Cacciò un urlo spaventoso e sbiancò.

«Accosta.», gli ordinò la figura con voce atona, continuando a guardare dritto di fronte a sé.

Quello annuì, deglutendo, e fece come gli era stato chiesto, non appena il semaforo divenne verde.

Si fermarono sulla corsia di emergenza. Spense la macchina.

La figura si voltò verso di lui, mentre il ragazzo si spostava sempre più verso il finestrino, come se cercasse una via di fuga.

L'individuo pallido si voltò verso di lui e sorrise. I suoi occhi azzurri parvero quasi brillare.

«Ville! Che cazzo ci fai qua? Mi hai fatto prendere un colpo!».

«Io non sono Ville.». Si, e io sono Obama...va vaff... «E chi saresti allora?».

Quello fece una pausa, continuando a fissarlo negli occhi.

«Io sono la Morte.».

«Seeeh! E io sono Shirley Temple adesso!». Cercò di rimettere in moto la macchina, ma non ci riuscì. Lo spettro lo fissò con i suoi occhi luccicanti.

«Io sono la Morte.», ribadì, con uno strano timbro di voce, profondo ma angosciante.

Il ragazzo deglutì a fatica. Si sistemò i capelli con una mano. «Ma...allora...è vero?».

Lo osservò nei suoi tratti spigolosi e pallidi, il viso scavato e magro, gli occhi grandi ed un po' infossati. Stava prendendo un foglio dalla tasca interna della giacca.

«Frank Anthony Iero.». Il moretto annuì, sempre più sconcertato.

«Bene.», gli sorrise la Morte.

«Sei...sei venuto a prendermi?». «Venuta. È già da un po' che ti cammino a fianco.».

«Ah...ora capisco...e io che credevo che fosse solo sfiga!».

«Sei pronto?».

«Eh...mica tanto! Cioè ho un po' di cose da fare...non è che puoi tornare domani? - gesticolava non poco mentre parlava - Poi oggi è anche il mio compleanno...e se proprio devo morire vorrei avvisare giusto quelle due o tre persone...sai com'è...capisci?».

La Morte lo guardò, confusa.

«Non è che mi daresti un giorno in più?». «Tutti lo vorrebbero, ma io non concedo tregua.».

«Dai! Nemmeno cinque minutini??», implorò, con occhi da cucciolo. «No.», sbuffò.

«Stronzo!». «Stronza, prego.».

Frank ci pensò un attimo. «Maaa...tu, sei sicuro di essere la morte?».

«Sicura, si. Non mi credi?». «Uhm...no.». Lo spettro fece una faccia da pesce lesso.

«Vuoi che te lo dimostri?», ed indicò la vecchietta che tentava di attraversare la strada, mentre la macchina si metteva in moto da sola ed ingranava la prima, senza che il guidatore la toccasse.

«No...Non serve... - biascicò e l'auto si fermò, spegnendosi – Ma scusa...la falce? Il mantello? E tutto il resto?».

La Morte rise. La stessa risata profonda di Ville Valo. «È la modernità.».

«Ville, non puoi essere tu la Morte con la M maiuscola...credimi...».

«Invece lo sono.». «Non è che mi stai prendendo per il culo?». Roteò gli occhi, spazientita: «No.».

A Frank balenò un'idea...non aveva forse visto quel vecchio film con Jamia e i ragazzi??

«Senti un po'...tu giochi a scacchi, non è vero?». «Come lo sai?».

«L'ho visto nei film!». «Film?».

«Si...quelle immagini che scorrono su uno scher...». «So cos'è. Vuoi forse sfidarmi a scacchi?».

Frank fece spallucce. «Mi allungherebbe la vita?».

La morte annuì. «Se vinci.».

«Ah...quindi se io vinco, mi salvo. Se tu vinci, mi salvi.».

«Non fare il furbo con me.». «Perché scusa? È giusto così!».

«No che non lo è. Se vinci tu, sei salvo. Se vinco io...».

«Eh! E non è come ho detto io?! Se vinco io sono salvo, se vinci tu...». «Taci!».

«Si, farò silenzio, ma mi ribello...», e mise il broncio, incrociando le braccia.

La Morte fece apparire una scacchiera di vetro sulle proprie gambe ed iniziò a disporre i pezzi.

«Non vorrai mica giocare qui!». «E dove sennò?».

«A casa mia.». Per la seconda volta la Morte roteò gli occhi. «E va bene.».

La macchina si accese e partì da sola, sotto gli occhi increduli del povero Frank.


Aprì la porta con circospezione.

«Ciao amore!», urlò. Nessuna risposta. «Sono a casa!».

Niente. Solo un biglietto.


Sono da mamma. La torta che ti piace tanto è nel forno!

Prendine quanta ne vuoi! Happy B-Day!


Sorrise. Poi...Realizzò appieno la situazione.

Era da solo a casa. Da solo. A casa. Con la Morte!

No. Era Mr. Ville valo che si credeva la morte e voleva ucciderlo, non prima di aver giocato a scacchi. Sbiancò.

«Se-senti amico...».

«La Morte è femminile e non è tua amica.», asserì la Morte, con voce cavernosa.

«Senti Ville, non voglio discutere sui tuoi orientamenti sessuali...».

Frank sentì la testa rimbombare e si portò le mani alle orecchie, chiudendo forte gli occhi.

Si sentì condurre verso un appoggio e si sedette.

Aprì di nuovo gli occhi e si ritrovò seduto al tavolo della cucina, osservandosi le mani tatuate.

Questa è la mia mano, posso muoverla, e in essa pulsa il mio sangue. Il sole compie ancora il suo alto arco nel cielo. E io... Io, Frank Iero, gioco a scacchi con la Morte....

Scacchi?? Oh Cristo no! Gli scacchi no!

«Senti....facciamo che...giochiamo agli scacchi alcolici??». La Morte lo guardò, stranita. Poi roteò gli occhi per la terza volta.

«Sono astemia.». Frank le si avvicinò, tastandole la fronte. «Ville, tu stai proprio male, vecchio mio!».

La scacchiera di vetro ricomparve davanti al ragazzo.

«Senti...io a scacchi non ci so giocare! - Morte fece un sorrisino compiaciuto – Ma come condannato a morte certa voglio poter esprimere un ultimo desiderio...».

«Basta che ti muovi, ho altre cose da fare oggi.».

«Se proprio dobbiamo giocarcela, preferirei mettere in palio la mia pellaccia con quella...», ed indicò la scatola nera e lucida sotto il televisore.

«E cosa sarebbe “quella”?». Frank sorrise, compiaciuto. «È la modernità.».

Si avvicinò alla consolle di gioco, attaccò gli spinotti al televisore e collegò le chitarre di plastica. Inserì il videogioco e porse la Gibson al suo sfidante.

«Se proprio devo perdere la vita, almeno mi voglio divertire!».


Morte, visibilmente in difficoltà dopo il primo minuto di canzone, gettò a terra la chitarra e pestò i piedi, infuriata.

«E va bene! Hai vinto tu! Ma non pensare che sia finita così!». Con un ultimo gesto della gamba, sparì.

Iero ridacchiò, dirigendosi verso la cucina.

Aprì il forno e prese il dolce alla zucca che Jamia gli aveva preparato con tanta dedizione.

Come decorazione di zucchero e pasta di mandorle c'era la faccia di un buffo Frankenstein e la scritta Happy B-Day My Love.

Sorrise. Prese il cellulare e fece una foto. Dio come adorava quella ragazza! Ad halloween soprattutto...

tagliò una fetta in modo da non rovinare troppo l'opera d'arte culinaria. La prese, fece per addentarla...

Dlin! Dlon!

Sbuffò, alzandosi ed andando ad aprire. Si ritrovò di fronte il proprio cantante.

«Oh... ciao Gerard!». Lo scrutò bene: a cosa serviva il cerone bianco ad uno che è già pallido normalmente?

«Io non sono Gerard. Sono la Morte!».

Frank roteò gli occhi e gli sbatté la porta in faccia.

Tornò a sedersi a tavola, mangiando la sua adorata fetta di torta, mentre l'amico batteva i pugni contro la porta.

«Frank apri! Ehi! Faccia da culo! Dai, aprimi! Devo farti gli auguri! Iero! Apri sta cazzo di porta! Iero!».

Ridacchiò tra sé e sé.

Dio...come adorava Halloween!




Ma allora la vita non è che un vuoto senza fine.

Nessuno può vivere sapendo di dover morire un giorno

come cadendo nel nulla senza speranza.





Lo so....non siamo in tema...ma il giorno di Halloween non la trovavo e ora ho spulciato un po' in giro ed...eccola!!!


Ma per stare in tema natalissio...ora...auguri di un 2009 con i fiocchi...per tutti!







   
 
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