Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: Noya_Senpai    20/04/2015    0 recensioni
[PERCICO]
Questa è una traduzione della ff waves carry us away di SlusherM_221B che trovate a questo link
http://archiveofourown.org/works/1767730/chapters/3782056
"Nico ha finalmente un’occasione per lasciarsi la sua vita in California alle spalle dopo una brutta relazione e trasferirsi a New York per un nuovo inizio della sua vita. Nonostante l’ultima cosa che stesse cercando fosse un’altra relazione, si è trovato a cadere perdutamente per il cattivo ragazzo della SOCU, un certo Perseus Jackson, che ha fatto il provare a far uscire Nico dal suo guscio il suo lavoro. Che cliché, ma quello che successe dopo era tutto fuorché quello che si potrebbe trovare in un diario di una ragazzina di tredici anni. "
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
note:
Mi rendo conto che molto di tutto questo sia OOC, ma questo è il mio modo di scrivere e mi sto prendendo molta libertà creativa per farlo. Il rating e qualche altro tag intenso sono per altri capitoli, perché onestamente, sento come se questo fandom non abbia abbastanza NSFW serio disponibile.

Disclaimer: tutti i personaggio appartengono allo Zio Rick, non a me, a mio dispiacere; comunque come ho già detto, mi prendo molta libertà creativa nello scrivere.





Capitolo 1: mercoledì, 20 agosto

New York è sorprendentemente simile a Los Angeles. È affollata, chiassosa, e invasiva; l’unica differenza è che è più fredda e nessuno ti guarda negli occhi, una cosa che a lui non dispiaceva, nemmeno un po’. Si era trasferito dall’altra parte degli Stati Uniti per sfuggire dalla sua vecchia casa, sperando di farsene una nuova, una nuova vita, ma si era ritrovato sollevato con quella piccola confortevole familiarità, per quanto irritante potesse essere. Nonostante si sentisse un po’ a disagio con la moltitudine di altissimi edifici che sembravano crescere ogni volta che si girava.

il più lontano da casa che fosse mai stato prima era il Nevada, e allora era giovane,  non abbastanza grande per godersi la libertà finché durava. Amava Los Angeles, davvero, ma era tempo che vivesse la sua propria vita e sapeva che non poteva cominciare da capo mentre era ancora vicino al suo padre autoritario, che cercava di controllare ogni singolo aspetto della sua vita metà delle volte, e spendeva l’altra metà a malapena notare la sua esistenza.

Lasciare sua sorella era stato difficile; non erano mai stati separati per più di un paio di settimane. Bianca era una donna adulta però, viveva da sola e gli ripeteva di continuo che lei “non aveva bisogno che lui la proteggesse più, maledizione”, e che dovrebbe cominciare a trovare sé stesso, invece. In effetti, era stata proprio lei a menzionargli di andare a New York e visitare Hazel, la sua sorellastra, in primo luogo. Quando l’aveva chiamata intorno al Ringraziamento al suo ultimo anno di Liceo, lei gli aveva detto che si era immatricolata al College in una scuola di Manhattan, e che se davvero voleva andare via e ricominciare, ma comunque sentiva il bisogno di stare vicino a qualcuno, poteva darci un’occhiata. Così fece, e si rivelò essere proprio la fuga che stava cercando.

Così alla fine della sua ultima estate a L.A., impacchettò tutto quello con cui non avrebbe mai potuto vivere senza nel bagagliaio della sua Impala ’67 che suo nonno gli aveva dato, al diavolo le conseguenze, e guidò attraverso tutto il paese dalla California, fermandosi solo per fare il pieno e dormire alle stazioni di servizio, mangiando cheetos e doritos e occasionali happy meal ogni stato, fino a quando non raggiunse New York e pagò per una tetra stanza d’albergo nei sobborghi di Manhattan dove dormì per tre giorni filati, perché dannazione, chi immaginava che guidare potesse essere così estenuante?

Ora era mercoledì, il giorno prima del suo (tecnicamente) primo giorno di college, che è il perchè si trovava a sedere nella sua macchina con il motore spento e le scatole contenenti la sua intera vita nel sedile posteriore, guardando centinaia di persone brulicare per il campus della Second Olympus Celestial University.

Uscì dalla sua macchina e aprì la portiera posteriore per prendere le sue scatole, accatastandole una sopra l’altra e sbattendo la porta con il suo fianco. Agitandosi un po’ per fare più leva e assicurarsi di sentire il tintinnio delle chiavi nella sua tasca, cominciò a camminare attraverso la mappa mentale che aveva memorizzato prima di arrivare.

Gli edifici intorno a lui erano larghi, ma non enormi come gli uffici e gli edifici industriali più in là nella città. Erano gradevoli e sembravano forti, con alte colonne in marmo e tetti riccamente decorati e motivi scolpiti su ogni facciata. C’erano statue o fontante o panchine che parevano vecchie di secoli un quasi dovunque guardasse. Sembrava di essere usciti dall’Antica Grecia o di aver viaggiato nella sua memoria come aveva fatto Billy Pilgrim, facendo riaffiorare un ricordo della loro casa a Venezia prima che sua madre morisse e suo padre decidesse di trasferirsi negli Stati Uniti e diventare uno scorbutico, vecchio recluso.

c’erano ragazzini del college ovunque; lanciavano palle da calcio, ridevano rumorosamente con grandi gruppi di amici, strillando e abbracciando persone che non vedevano dall’anno passato. Ovunque guardasse, c’era felicità e inebriante gioia sulle facce di tutti. Era più che un tantino nauseante. C’erano colori brillanti ovunque; nel chiaro cielo azzurro, le verdi chiome degli alberi, le facce arrossate di quelli intorno a lui- per non menzionare il fatto che gli unici colori che gli studenti sembravano in grado di portare erano arancione sgargiante e viola vomitoso. Cominciava a sentirsi fuori luogo con i suoi jeans attillati e strappati neri, una t-shirt con la stampa di un teschio usurata, la sua vecchia giacca da aviatore che probabilmente non riempirà mai del tutto, e un paio di converse consumate…fino a quando non si risvegliò dai suoi pensieri perché si ricordo che non avrebbe dovuto preoccuparsi di quello che gli altri pensavano.

Sospirò e si accigliò alla vista dei lesivi colori brillanti, cominciando a farsi strada tra la folla. Il sole qui era splendente, non più di quello di Los Angeles, ma comunque frugò nella sua tasca posteriore e si mise sugli occhi i suoi occhiali da sole a specchio da aviatore. Si disse che non si stava nascondendo dietro ad essi e mentalmente e brontolò quando il suo subconscio replicò con uno sbuffo incredulo.

Le scatole che stava portando non contenevano molto, ma il peso stava cominciando a stancarlo, quindi si sentì sollevato quando passò un cartello che puntava verso un edificio, segnandolo come Edificio Anancites, il dormitorio delle matricole. Una ragazza con capelli biondi, lunghi e mossi, che stava trasportando un pesante libro di testo, gli corse davanti e quasi spedì le sue scatole ruzzolando a terra. Le prese giusto in tempo ma una foto che si trovava in cima cadde dalla scatola e si ruppe. La ragazza si girò e continuò a trotterellare lontano da lui, ora all’indietro. “Mi dispiace!”

Mise tutta la rabbia che poteva raccogliere in un’occhiataccia prima che si ricordasse che stava ancora indossando gli occhiali da sole. Velocemente, appoggiò a terra le scatole, si tolse gli occhiali, e prese la cornice, gettando uno sguardo sconsolato al vetro rotto. Quando si rialzò, la ragazza stava tirando il braccio a un ragazzo dai capelli scuri- non ragazzo, uomo.
Potrebbe essere stato vestito come un adolescente, ma era senza dubbio un uomo. Indossava degli stivali neri da combattimento, pantaloni attillati scuri, una cintura con borchie arcobaleno –non vi prendo per il culo, arcobaleno- e una camicia allentata che sembrava ci avesse vomitato sopra la galassia. I suoi occhiali da sole erano poggiati sulla sua fronte, i suoi capelli scuri avevano quello stile da sono-appena-rotolato-giù-dal-letto. Poteva vedere i suoi tatuaggi dalla fine della manica, ma era troppo lontano per capire cosa fossero. Il suo viso era franco e a giudicare dal suo sorrisetto, pieno di malizia. Ma i suoi occhi-nitidi e scuri da dove si trovava, erano pieni di preoccupazione.

Sembrava come se gli stesse per andare incontro, ma la ragazza aggrappata al suo braccio lo strattonò e lo portò con sé. Lei guardò indietro verso di lui e urlò “Scusa!” un’ultima volta prima di trascinare l’uomo verso la strada. La sua irritazione spiccò di nuovo e le urlò “guarda dove vai!”

Ma comunque se n’erano già andati, correndo per la strada, il ragazzo lanciandogli un ultimo sorrisetto. Sospirò e rimise la foto nella scatola; spera si sarebbe ricordato di comprarle una nuova cornice. Riprese le scatole ed entrò nell’edificio.

*

Il numero del suo dormitorio era il 223. Seguì il lungo corridoio pieno di persone che passeggiavano dentro e fuori dalle stanze, con uno sguardo leggermente perso, fino a quando non trovò una porta nera con un numero dorato indicando il numero 221, mostrando al suo interno un ragazzo biondo e un altro con i capelli ricci e neri curvo sopra qualcosa che sembrava esplosivo e che gorgogliava in alcune provette. Dall’altro lato del corridoio, la porta del 223 era mezza aperta. Si guardò attorno nervoso e aprì definitivamente la porta con un piede.
All’interno, metà della stanza era già stata occupata, vestiti e lattine vuote di coca-cola gettati sul pavimento e sul letto. Era un completo disastro. C’è un ragazzo a faccia in giù sulle coperte, il suo braccio e la sua gamba destra che penzolavano da un lato, che sembrava un’estensione del macello in cui era sdraiato.
Si schiarì la voce e piazzò le scatole nella parte pulita della stanza, decidendo di provare a catturare l’attenzione del ragazzo. “sei qui da un po’, quindi?”


Il ragazzo sobbalzò al suono della sua voce e rotolò con un forte “thump!” sul pavimento. Quando balzò in piedi, si guardò intorno quando i suoi occhi si posarono sul ragazzo di fronte a lui. Stava indossando una t-shirt tye-dye e un berretto arancione che provava senza successo a tenere a bada i suoi ricci marroncini. Qual’era il problema con quella scuola e i colori brillanti?

Il ragazzo sorrise, sembrando un po’ timido e confuso. “no. Sono arrivato un paio d’ore fa. Cosa te lo fa pensare?” Nico forzò un sorriso sul suo volto e si rigirò verso le sue scatole, brontolando un “non importa.”

Il ragazzo era ignaro del suo disagio, o probabilmente più preoccupato per il proprio, e portò la sua mano verso di lui. “il mio nome è Grover Underwood. Piacere di conoscerti, coinquilino.”

Lui si scrollò di dosso la sua giacca e strinse saldamente la sua mano. “Nico di Angelo.”

 “di Angelo, eh? Cos’è, tipo spagnolo? Amo il cibo messicano! Oh, e il caffè e burritos vegetali. Ma suppongo che sia perché ho detto che amo il cibo messicano. Non per il caffè, intendevo per il burrito. Probabilmente l’avevi capito eh? Comunque, parlando di caffè, c’è stata questa volta...”
Nico lo fissò per trenta secondi buoni prima di realizzare che il monologo non sarebbe finito tanto presto, quindi si girò di nuovo verso le scatole e cominciò a disfarle, provando a tagliare fuori l’insistente blaterare alle sue spalle. Tirò fuori i suoi vestiti e notò con divertimento come I suoi vestiti fossero tutti scuri comparati a quelli di tutti gli altri lì intorno. Mentre prendeva foto e chincaglierie e libri che si era portato da casa coglieva solo pezzetti della conversazione che stava in teoria avendo- ‘caffè’ ‘Percy’ ‘corse’ ‘divertentissimo’ ‘e dopo lo zio….’. Non aveva più idea di cosa lui stesse parlando, cambiava argomento così in fretta. Chiacchiera nervosa, riconobbe immediatamente. Faceva la stessa cosa quando era più piccolo.

Si impietosì per il povero ragazzo e smise di fare quello che stava facendo. “Grover. Amico. È una storia incredibile e tutto, e sono sicuro che zio Ferdinand sia una grande persona, ma sono più che un pò perso qui. Ti dispiacerebbe chiarirmi un po’ le idee?”
Sembrava sollevato al suo suggerimento e rispose subito. “si, si, ovvio, posso.”
Nico tirò un sospiro di sollievo, tenendo un tabellone mentale. Nico 1 Grover 0. “sono una matricola qui, come te, ma conosco un sacco delle cose che succedono in giro. Ho amici ai piani alti, e con piani alti intendo delle classi superiori, non staff e bidelli. O qualche cosa mistica tipo Dei, non per essere rude a menzionare gli Dei, o Dio, se sei religioso. Se non lo sei, è totalmente okay e, colpa mia. O se lo sei è colpa mia comunque. Non per fare ipotesi o altro, fare ipotesi è un po’ presuntuoso, o qualsiasi cosa sia….”


Nico sospirò e si strinse con le dita il ponte del naso. Forse era Nico 0 Grover 2. “amico.” Lo guardò e Grover sembrava nuovamente intimidito. “scusa…”
“Comunque…I miei migliori amici, Percy e Annabeth, sono dei senior qui. E conosco anche un sacco di gente del secondo e terzo anno. La mia ragazza è del secondo anno, in effetti. Probabilmente la incontrerai qualche volta. Il suo nome è Juniper*, come l’albero, e stranamente mi ricorda abbastanza un albero. È slanciata e profuma e il suo colore preferito è il verde-“
Si fermo all’espressione esasperata di Nico e tornò sui suoi passi. “si. Comunque. Ho tanti amici che sono qui da un po’ se hai bisogno di qualcosa, basta farmelo sapere. Percy, lo conosco da un po’, lui ed Annabeth, e sono abbastanza fighi. Vi presenterò un giorno, si?”
Lui gli rivolse un sorriso distratto e annuì. Lo tagliò fuori per un altro po’, la sua mente stava tornando indietro a L.A. e da sua sorella. Avrebbe dovuto chiamarla qualche volta. Farle sapere che si era sistemato… “…dovresti venire.”


Nico inarcò le sopracciglia e si rivoltò verso di lui. “come? Scusa, non ho capito.”
Grover lo guardò speranzoso e ripeté “ho detto che ci sarà una festa questo venerdì sera a casa della mia amica Piper. Una specie di festa per l’entrata al college. Dovresti venire.”
 Una festa….non è che lui conoscesse qualcuno e fare festa non era cosa che lo interessava. Preferiva passare i suoi venerdì sera in casa a leggere un libro o ascoltare la musica da solo. Socializzare….beh, non era il suo campo. Grover lo stava ancora guardando aspettando, così rispose più onestamente che poté. “si. Sembra…divertente. Ma sono una matricola. Non conosco nessuno, e dubito che sarei il benvenuto...”
Grover rise e alzò gli occhi al cielo bonariamente. “Nah, Perce ci farà entrare. In ogni caso, conoscerai me. E i miei amici.”
A quanto pare il ragazzo non riesce a cogliere il suo suggerimento. “si,” borbottò, “vedremo. Potrei essere impegnato comunque, visitando la famiglia e quant’altro.” Grover annuì e gli diede una risposta affermativa
prima di mormorare qualcosa sull’usare il bagno e lasciare Nico da solo nella stanza.

Si sentiva già esausto.

Sospirò e si sedette sul letto, guardandosi intorno. La stanza era semplice ma carina. Aveva due scrivanie, una di fronte all’altra, sotto una grande finestra con delle tende rosse, pesanti ma abbastanza leggere da permettere all’aria di passare. C’erano due letti sulle parti opposte della stanza, ognuno con un comodino alla fine, sul quale c’era una lampada. C’erano due cassetti nel comodino e due più grandi sotto al letto. Un solo armadio ma grande sullo stesso muro della porta. Era carina. Tutto sembrava carino qui.
Sperava solo che quella scuola non si sarebbe rivelata troppo per lui. Aveva bisogno di questo posto, e per quanto strano possa sembrare, stava cominciando già a sentirsi a casa.
 
------------------------------------------------------------
Salve Salve!
okay uhm, questa era la mia prima traduzione, di una ff percico che mi ha davvero presa, e quindi volevo condividerla con la fanbase italiana(?) XD
e niente, probabilmente ci sarà qualche errorino qui e là, e se ne trovate non esitate a farmelo sapere!
proverò a mettere due capitoli a settimana, e pensavo di caricare il prossimo domenica, ma non so se il lunedì/domenica sarà un pattern vero e proprio per la pubblicazione o meno ahahah
si vedrà!
grazie per aver letto, e vi invito ovviamente ad andare sul profilo ao3 dell'autrice originale! ^^
alla prossima <3 
-Noya_Senpai

*”Juniper” è l’inglese per “Ginepro”, appunto l’albero! 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Noya_Senpai