"Can't handle a broken heart,
how very telling"
- Dear Agony-
Prima di lui eri abituato.
Eri intelligente, geniale,
indispensabile in un certo qual modo.
Solo. Ed eri abituato.
Non conoscevi un modo diverso di
vivere il tuo distacco, quello che avevi di natura funzionava e ti andava bene
così. Ogni tanto inciampavi nella patetica debolezza umana spingendo lo
stantuffo un po' più a fondo e più
spesso di quanto avresti dovuto. Solo
per distinguerti dal grigiore della normalità che tentava di sopraffarti ed
ignorare i morsi di banalità che attanagliavano la tua esistenza geniale.
Ma tutto considerato era la tua vita
e non te ne crucciavi; tanto bastava a mantenere in piedi il tuo mind palace. A
mantenere te insieme in qualche modo.
Non era un problema.
Poi è arrivato lui.
Con quel suo modo semplice di vedere
le cose, la sua banale genuinità nell'ammirarti e la capacità di rendere
migliore ogni cosa. Persino la tua immagine nello specchio.
Ti sei smarrito. Sei andato alla
deriva perdendoti nel suo modo di fare, di essere, nella sua gentilezza
inaspettata. Tanto da allontanarti dai tuoi porti sicuri e isolati; sempre un
po' di più, esplorando acque che prima non avevano attirato neppure per errore
la tua attenzione, guidato dalla sua luce e certo di essere comunque al sicuro.
Hai scoperto un nuovo mondo e un nuovo te stesso solo grazie alla sua umanità e
pian piano ti sei affezionato. In modo grezzo e magari rude ma hai cominciato
ad occuparti di lui. A preoccuparti per lui, con un milionesimo dell'attenzione
efficace che riservava a te, certo, ma che comunque ti costava il triplo della
fatica.
E mano a mano che le emozioni
prendevano il sopravvento e si distinguevano nella tua mente, un sentimento più
forte degli altri ti spingeva a prestare cautela e a preservare un nuovo
segreto, pesante e ambito ma per questo curato e protetto gelosamente. Era tuo
e, a quanto sembrava, per te soltanto.
Ma ti accontentavi. Per la prima
volta nella tua vita. Perfino troppo felice per pretendere di più.
Ed è questo che ti ha dato la forza
di affrontare quell'enorme bugia e i due anni peggiori della tua esistenza,
sapevi che serviva a tutelarlo, era
l'unico modo per tenerlo fuori dal pericolo. Le poche lacrime che ti sono
scivolate dagli occhi lassù sul tetto del St Bath e hanno accompagnato quella
menzogna, erano le più vere che tu abbia mai versato.
Gli stavi dicendo davvero addio:
nessuno avrebbe garantito il tuo ritorno.
Ma non avresti permesso mai più che
per colpa tua la sua vita fosse in pericolo.
Lui era pronto a morire per te, lo
aveva sempre dimostrato in numerose occasioni. Troppe.
Non potevi permetterlo. E non potevi
essere da meno: se mai fossi sopravvissuto avevi deciso di non coinvolgerlo
più.
Gli hai procurato un dolore
indicibile, è vero, ma speravi fosse netto e che guarisse in fretta.
E che ti dimenticasse.
Quello che non avevi messo in conto
era il dolore che hai dovuto sopportare tu stesso, neppure le torture che hai
subìto lungo la tua missione ti hanno fatto così male, ed è tutto un dire.
Lo strappo che sentivi nell'anima si
placava solo quando coi pensieri tornavi là, a Baker Street: a casa.
Con John che preparava il the. John
che sbraitava trovando parti di cadaveri nel frigorifero. John che scriveva il
suo ridicolo blog. John che rideva sotto i baffi quando insultavi Anderson.
John con i suoi maglioni orribili che leggeva il giornale sulla sua poltrona in
un silenzio tranquillo..
John, John, John..
è solo grazie a lui se hai tirato
avanti, sempre: solo per tornare a casa, da John.
E nonostante quello che ti eri
promesso, eri tornato. Subendo le accuse, assorbendo gli insulti, incassando i
pugni arrabbiati senza una sola parola, senza difenderti e con l'ombra di un
sorriso inopportuno sempre sulle labbra. Perché eri a casa, di nuovo.
Tanto bastava.
A fatica e con una generosa dose
d'ingegno da parte tua, ti aveva perdonato: avevi riguadagnato la sua fiducia;
gli eri mancato nonostante tutto ed eri felice oltre ogni dire di riaverlo al
tuo fianco. Non osavi immaginare qualcosa di più, niente che potesse tradirti o
illuderti, mettendo a tacere gli spasmi di gelosia che attraversavano le tue
mani quando vedevi il suo volto illuminarsi per qualcun altro: Mary.
La donna che non riuscivi ad odiare
perché si era presa cura di lui quando tu lo hai ferito, lo aveva protetto,
permettendoti di tornare. Non potevi davvero odiarla e per quanto facesse male,
sopportavi in silenzio comunque grato.
E poi quella richiesta ti aveva
ucciso: essere il suo testimone. Non gliel'hai negato. Qualsiasi cosa, avresti
fatto qualsiasi cosa per lui, per la sua felicità e hai dato tutto, tutto
quello che avevi e quello che era rimasto a stento. Svolgendo il tuo compito al
meglio delle tue possibilità. Morendo dentro.
Ma adesso non puoi fare nient'altro.
Per nessuno. Sei andato in pezzi.
Per quanto tu abbia negato davanti
alla saggia arroganza di tuo fratello, sei rimasto coinvolto più di quanto tu
potessi permetterti. Sei caduto da troppo in alto questa volta e qualche porta
è andata in frantumi, soprattutto quelle lucide e pulite, le più recenti.
Quelle che adoravi di più che sapevano di pulito, di caldo e assolate.
Come se una bomba avesse distrutto
tutto quanto in un solo secondo, travolgendoti così in fretta da spezzarti il
respiro e lasciandoti senza difese, senza un appiglio, senza una casa: non
avevi niente.
non era rimasto più nulla di ciò che
ti avvolgeva.
Sdraiato sul divano metti a fuoco
l'appartamento quasi allarmato dallo stato di degrado improvviso. Ti guardi
attorno con gli occhi pesti e doloranti di lacrime inesistenti e anche il 221
sembra diverso: fin troppo pulito, fin troppo in ordine.
Il teschio sembra deriderti notando
la differenza nei tuoi occhi, sapendo che tra poco ti avvicinerai per
chiedergli aiuto, celando un tipo di salvezza malsano. A modo suo è pur sempre
un amico no?
Ti rialzi lasciando cadere la giacca
del costoso completo a terra, strappandoti di dosso il gilet ed aprendo la
camicia impaziente e accaldato: l'abito da battaglia che non indosserai mai più
e che non è stato in grado di proteggerti neppure da una singola stoccata.
Copri la distanza con passi decisi,
misurati, con la rabbia della delusione ad artigliare la tua innata grazia.
"Ridi pure quanto vuoi, teschio.
Avevi ragione"
Pensi distratto con il rammarico a
sostituire la superbia. Tiri fuori quell'astuccio, stupido genio attaccato ai
ricordi non te ne sei mai liberato. Perché John fosse fiero di te sapendo
quanto eri bravo ad ignorarlo pur avendone la possibilità.
Sei sempre stato bravo ad ignorare
ciò che più ti premeva, che per quanto sbagliato ti faceva stare bene.
Non si dovrebbe Sherlock pensare al
passato proprio ora, tentando le tue dita più del dovuto. Ma non avresti dovuto
ignorare neppure le parole di Mycroft: "Caring is not an advantage",
perciò affanculo.
Ti precipiti per le scale esitando
però davanti alla sua stanza dove niente sembra diverso.
Probabilmente perché non è rimasto
niente da quando ha preso la sua decisione.
Ti siedi sul suo letto per la prima
volta, indeciso se ti sia permesso osare tanto, delicatamente rispettoso
e rigiri tra le dita esperte quella
piccola salvezza..
La lasci da parte un momento, sai
bene che non puoi evitarlo adesso e lui non rientrerà per sgridarti, per
aiutarti, per fermarti. Non hai alcuna fretta.
Il cuore che non eri sicuro di possedere
alla nascita adesso si fa sentire: cupo, dolorosamente ed è così dannatamente
freddo da non farti percepire neppure più contorni di te.
Arrotoli le maniche della camicia
scoprendo più ferite di quelle che qualcuno dovrebbe notare e non tutte sono
dovute al tuo strambo mestiere, ovviamente.
Un tempo bastava. Un tempo bastavi
persino a te stesso.
E ora? Dovrai abituarti di nuovo. Ma
non è questo che vuoi, vero? Non lo sai e adesso non è importante. Nulla lo è, neppure proteggersi.
Con mani esperte e tremanti solo
d'impazienza, compi quei piccoli gesti un tempo quotidiani.
Per un attimo ancora cerchi di
maneggiare con cura i pezzi della tua anima, trattenendoli assieme per
un'ultima volta, facendoli combaciare con dolore ad ogni tocco.
Quando il vuoto annebbia i tuoi occhi
e i pensieri svaniscono lasciandoti al buio, spaventosamente, ti lasci andare.
Per la prima volta. In debito di una vita non riesci proprio ad impedirti
l'ennesima debolezza: lacrime. Infinite, gelide, irruente, incapaci di
adempiere alla loro funzione: non servono a sfogarsi ma ad ingoiare a stento
aria in dolorosi singhiozzi che alimentano solo una disperata ricerca, una via
di fuga, un modo per distinguere. La realtà? Te stesso? I tuoi... Sentimenti?
Non lo comprendi e non t'importa, per
quanto non ti piaccia non sapere, questo probabilmente è l'unico enigma che non
hai la forza di risolvere e che porterai a fatica su quelle spalle troppo magre
e sovraccariche.
Hai esagerato questa volta, la
ragione ti aveva avvertito e tu l'hai fatta tacere con arroganza.
Ma la disperazione che ti attanaglia
ancora, nonostante tutto, ti spinge ad aggrapparti alla mera esistenza, perché
non può considerarsi vita la tua.
Ti permetti di provare quell'unico
dolore che da solo puoi infliggerti. è solo un'illusione di sollievo:
stordisce, annebbia dall'oblio vorticoso dei ricordi, costringe a prestare
attenzione a qualcosa di estrema semplicità, immediato, curabile, elementare.
Risveglia un po', fa vergognare
persino te che la vergogna sembri non conoscerla affatto. Perché è sbagliato,
profondamente. è pietoso ma quasi sospiri di sollievo: sei ancora vivo.
Chissà perché e probabilmente non ne
sei del tutto grato.
Ma è l'unico rimedio per
addormentarsi essendo certi di essere vivi, solo tramite il dolore più semplice
per soffocare tutto il resto. Per
chiudere gli occhi sapendo che per un poco avrai altro a cui pensare, per
ignorare la realtà, per fingere vergognosamente che tutto sia andato
diversamente, fissando il netto contrasto di colore sulla tua pelle troppo
pallida.
Per un po' potrai percepire del
calore che viene dal tuo stesso corpo e non lo credevi possibile.
Puoi chiudere gli occhi, lasciare
l'eco dei ricordi e le note del tuo violino graffiare ad una porta chiusa,
nuova, blindata, che trattenga il caos di cui non vorresti ma dovrai occuparti
più avanti quando tutto sarà passato. Quando riuscirai a trovare un posto nuovo
dove nascondere il tuo cuore e abbandonarlo questa volta per sempre.
Affondi di nuovo, sperando che anche
quel dolore si perda defluendo da te. Procurandogli un'uscita sicura e ben
visibile.
"Sherlock"
Una voce disperata cerca di
supplicarti con una sola parola, il tuo nome. La mano s'immobilizza ma non è
stato che un effimero scherzo della tua mente. Basterebbe così poco per non
sentirla più..Eppure non riesci a deluderla. Ti sdrai distrutto aprendo appena
gli occhi e mostri il braccio sporcando le lenzuola immacolate e impregnate
ancora del suo odore. Le labbra gelide si piegano in un sorriso testardo:
"Piantala. Funziono ancora"
Non stai bene. Non starai più bene.
Ma funzioni.
Come un robot di sovraumana
intelligenza, hai staccato la spina ai sentimenti ma il resto funziona
perfettamente. Beh, più o meno.
Respiri più lentamente, stanco.
L'illusione è più nitida. Ha le fattezze di John. Il suo sapore. Il suo odore.
Ed è lì per te.
Hai compiuto il tuo dovere: hai
trovato un'altra chiave e non è quella giusta, piccolo detective. Ma per adesso
la porta pesante si socchiude ugualmente. E per quanto flebile, nel caos dei
detriti, la sua voce lambisce il cuore sfiorandone i contorni ghiacciati,
cullandolo dolcemente, con pazienza. Facendo ora versare vere lacrime. Calde.
Troppo. Piene di rimorso, rimpianto e del dolore che ti soffocava.
Lasciandoti sfinito, senza poter
pensare. Finalmente.
Annebbiato dalla dolcezza e
dall'amarezza di una frase sussurrata dalla voce che mai ti disturberebbe e che
unica al mondo ha sempre assistito: ammirata, paziente, umana, amica. Ed ha
sempre guarito; per vocazione, potresti dire ma ingiustamente, a quanto pare.
Chiudi gli occhi, sospiri, la
percepisci ancora. Immagini che sia reale e che non rappresenti niente di più
importante del solito. Perché le uniche parole che davvero vorresti sentire le
hai appena percepite e non essendo per te sono state le più terribili che tu
abbia mai ricevuto. Unico insulto che non ti è stato rivolto direttamente sul
volto arrogante ma che ha scavato a fondo in un centro perfetto. Ti ha
distrutto al primo tentativo.
Immagini solo di vederlo là, sulla sua
poltrona a scrivere qualche assurdità ma su di voi.
E per un poco il dolore si placa.
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