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Autore: Airyha    20/04/2015    2 recensioni
Sherlock ha ingoiato in silenzio i sentimenti che prova per John.
Ma nella sera del matrimonio, quando i passi risuonano nel 221B improvvisamente silenzioso e vuoto a dispetto della gioiosa e caotica festa abbandonata in tutta fretta, dopo aver dato tutto ciò che era rimasto.. Cosa succede ad un cuore spezzato e solo?
E soprattutto, ci sarà qualcuno disposto a prendersene cura?
(Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, Questo sclero della mia mente non ha scopo di lucro.
Ipotetico missing moment post 2x03 "The sign of three". Probabilmente inciampa talvolta nell' OC.. )
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Can't handle a broken heart, how very telling"

 

- Dear Agony-           

 

Prima di lui eri abituato.

Eri intelligente, geniale, indispensabile in un certo qual modo.

Solo. Ed eri abituato.

 

Non conoscevi un modo diverso di vivere il tuo distacco, quello che avevi di natura funzionava e ti andava bene così. Ogni tanto inciampavi nella patetica debolezza umana spingendo lo stantuffo un po' più  a fondo e più spesso di quanto avresti dovuto.  Solo per distinguerti dal grigiore della normalità che tentava di sopraffarti ed ignorare i morsi di banalità che attanagliavano la tua esistenza geniale.

 

Ma tutto considerato era la tua vita e non te ne crucciavi; tanto bastava a mantenere in piedi il tuo mind palace. A mantenere te insieme in qualche modo.

Non era un problema.

 

Poi è arrivato lui.

Con quel suo modo semplice di vedere le cose, la sua banale genuinità nell'ammirarti e la capacità di rendere migliore ogni cosa. Persino la tua immagine nello specchio.

Ti sei smarrito. Sei andato alla deriva perdendoti nel suo modo di fare, di essere, nella sua gentilezza inaspettata. Tanto da allontanarti dai tuoi porti sicuri e isolati; sempre un po' di più, esplorando acque che prima non avevano attirato neppure per errore la tua attenzione, guidato dalla sua luce e certo di essere comunque al sicuro. Hai scoperto un nuovo mondo e un nuovo te stesso solo grazie alla sua umanità e pian piano ti sei affezionato. In modo grezzo e magari rude ma hai cominciato ad occuparti di lui. A preoccuparti per lui, con un milionesimo dell'attenzione efficace che riservava a te, certo, ma che comunque ti costava il triplo della fatica.

 

E mano a mano che le emozioni prendevano il sopravvento e si distinguevano nella tua mente, un sentimento più forte degli altri ti spingeva a prestare cautela e a preservare un nuovo segreto, pesante e ambito ma per questo curato e protetto gelosamente. Era tuo e, a quanto sembrava, per te soltanto.

Ma ti accontentavi. Per la prima volta nella tua vita. Perfino troppo felice per pretendere di più.

 

Ed è questo che ti ha dato la forza di affrontare quell'enorme bugia e i due anni peggiori della tua esistenza,

sapevi che serviva a tutelarlo, era l'unico modo per tenerlo fuori dal pericolo. Le poche lacrime che ti sono scivolate dagli occhi lassù sul tetto del St Bath e hanno accompagnato quella menzogna, erano le più vere che tu abbia mai versato.

Gli stavi dicendo davvero addio: nessuno avrebbe garantito il tuo ritorno.

Ma non avresti permesso mai più che per colpa tua la sua vita fosse in pericolo.

 

Lui era pronto a morire per te, lo aveva sempre dimostrato in numerose occasioni. Troppe.

Non potevi permetterlo. E non potevi essere da meno: se mai fossi sopravvissuto avevi deciso di non coinvolgerlo più.

 

Gli hai procurato un dolore indicibile, è vero, ma speravi fosse netto e che guarisse in fretta.

E che ti dimenticasse.

Quello che non avevi messo in conto era il dolore che hai dovuto sopportare tu stesso, neppure le torture che hai subìto lungo la tua missione ti hanno fatto così male, ed è tutto un dire.

Lo strappo che sentivi nell'anima si placava solo quando coi pensieri tornavi là, a Baker Street: a casa.

Con John che preparava il the. John che sbraitava trovando parti di cadaveri nel frigorifero. John che scriveva il suo ridicolo blog. John che rideva sotto i baffi quando insultavi Anderson. John con i suoi maglioni orribili che leggeva il giornale sulla sua poltrona in un silenzio tranquillo..

John, John, John..

è solo grazie a lui se hai tirato avanti, sempre: solo per tornare a casa, da John.

 

E nonostante quello che ti eri promesso, eri tornato. Subendo le accuse, assorbendo gli insulti, incassando i pugni arrabbiati senza una sola parola, senza difenderti e con l'ombra di un sorriso inopportuno sempre sulle labbra. Perché eri a casa, di nuovo.

Tanto bastava.

 

A fatica e con una generosa dose d'ingegno da parte tua, ti aveva perdonato: avevi riguadagnato la sua fiducia; gli eri mancato nonostante tutto ed eri felice oltre ogni dire di riaverlo al tuo fianco. Non osavi immaginare qualcosa di più, niente che potesse tradirti o illuderti, mettendo a tacere gli spasmi di gelosia che attraversavano le tue mani quando vedevi il suo volto illuminarsi per qualcun altro: Mary.

 

La donna che non riuscivi ad odiare perché si era presa cura di lui quando tu lo hai ferito, lo aveva protetto, permettendoti di tornare. Non potevi davvero odiarla e per quanto facesse male, sopportavi in silenzio comunque grato.

 

E poi quella richiesta ti aveva ucciso: essere il suo testimone. Non gliel'hai negato. Qualsiasi cosa, avresti fatto qualsiasi cosa per lui, per la sua felicità e hai dato tutto, tutto quello che avevi e quello che era rimasto a stento. Svolgendo il tuo compito al meglio delle tue possibilità. Morendo dentro.

 

Ma adesso non puoi fare nient'altro. Per nessuno. Sei andato in pezzi.

Per quanto tu abbia negato davanti alla saggia arroganza di tuo fratello, sei rimasto coinvolto più di quanto tu potessi permetterti. Sei caduto da troppo in alto questa volta e qualche porta è andata in frantumi, soprattutto quelle lucide e pulite, le più recenti. Quelle che adoravi di più che sapevano di pulito, di caldo e assolate.

 

Come se una bomba avesse distrutto tutto quanto in un solo secondo, travolgendoti così in fretta da spezzarti il respiro e lasciandoti senza difese, senza un appiglio, senza una casa: non avevi niente.

non era rimasto più nulla di ciò che ti avvolgeva.

 

Sdraiato sul divano metti a fuoco l'appartamento quasi allarmato dallo stato di degrado improvviso. Ti guardi attorno con gli occhi pesti e doloranti di lacrime inesistenti e anche il 221 sembra diverso: fin troppo pulito, fin troppo in ordine.

Il teschio sembra deriderti notando la differenza nei tuoi occhi, sapendo che tra poco ti avvicinerai per chiedergli aiuto, celando un tipo di salvezza malsano. A modo suo è pur sempre un amico no?

 

Ti rialzi lasciando cadere la giacca del costoso completo a terra, strappandoti di dosso il gilet ed aprendo la camicia impaziente e accaldato: l'abito da battaglia che non indosserai mai più e che non è stato in grado di proteggerti neppure da una singola stoccata.

Copri la distanza con passi decisi, misurati, con la rabbia della delusione ad artigliare la tua innata grazia.

 

"Ridi pure quanto vuoi, teschio. Avevi ragione"

Pensi distratto con il rammarico a sostituire la superbia. Tiri fuori quell'astuccio, stupido genio attaccato ai ricordi non te ne sei mai liberato. Perché John fosse fiero di te sapendo quanto eri bravo ad ignorarlo pur avendone la possibilità.

Sei sempre stato bravo ad ignorare ciò che più ti premeva, che per quanto sbagliato ti faceva stare bene.

Non si dovrebbe Sherlock pensare al passato proprio ora, tentando le tue dita più del dovuto. Ma non avresti dovuto ignorare neppure le parole di Mycroft: "Caring is not an advantage", perciò affanculo.

 

Ti precipiti per le scale esitando però davanti alla sua stanza dove niente sembra diverso.

Probabilmente perché non è rimasto niente da quando ha preso la sua decisione.

Ti siedi sul suo letto per la prima volta, indeciso se ti sia permesso osare tanto, delicatamente rispettoso

e rigiri tra le dita esperte quella piccola salvezza..

La lasci da parte un momento, sai bene che non puoi evitarlo adesso e lui non rientrerà per sgridarti, per aiutarti, per fermarti. Non hai alcuna fretta.

Il cuore che non eri sicuro di possedere alla nascita adesso si fa sentire: cupo, dolorosamente ed è così dannatamente freddo da non farti percepire neppure più contorni di te.

 

Arrotoli le maniche della camicia scoprendo più ferite di quelle che qualcuno dovrebbe notare e non tutte sono dovute al tuo strambo mestiere, ovviamente.

Un tempo bastava. Un tempo bastavi persino a te stesso.

E ora? Dovrai abituarti di nuovo. Ma non è questo che vuoi, vero? Non lo sai e adesso non è  importante. Nulla lo è, neppure proteggersi.

Con mani esperte e tremanti solo d'impazienza, compi quei piccoli gesti un tempo quotidiani.

Per un attimo ancora cerchi di maneggiare con cura i pezzi della tua anima, trattenendoli assieme per un'ultima volta, facendoli combaciare con dolore ad ogni tocco.

 

Quando il vuoto annebbia i tuoi occhi e i pensieri svaniscono lasciandoti al buio, spaventosamente, ti lasci andare. Per la prima volta. In debito di una vita non riesci proprio ad impedirti l'ennesima debolezza: lacrime. Infinite, gelide, irruente, incapaci di adempiere alla loro funzione: non servono a sfogarsi ma ad ingoiare a stento aria in dolorosi singhiozzi che alimentano solo una disperata ricerca, una via di fuga, un modo per distinguere. La realtà? Te stesso? I tuoi... Sentimenti?

Non lo comprendi e non t'importa, per quanto non ti piaccia non sapere, questo probabilmente è l'unico enigma che non hai la forza di risolvere e che porterai a fatica su quelle spalle troppo magre e sovraccariche.

 

Hai esagerato questa volta, la ragione ti aveva avvertito e tu l'hai fatta tacere con arroganza.

Ma la disperazione che ti attanaglia ancora, nonostante tutto, ti spinge ad aggrapparti alla mera esistenza, perché non può considerarsi vita la tua.

Ti permetti di provare quell'unico dolore che da solo puoi infliggerti. è solo un'illusione di sollievo: stordisce, annebbia dall'oblio vorticoso dei ricordi, costringe a prestare attenzione a qualcosa di estrema semplicità, immediato, curabile, elementare.

Risveglia un po', fa vergognare persino te che la vergogna sembri non conoscerla affatto. Perché è sbagliato, profondamente. è pietoso ma quasi sospiri di sollievo: sei ancora vivo.

Chissà perché e probabilmente non ne sei del tutto grato.

 

Ma è l'unico rimedio per addormentarsi essendo certi di essere vivi, solo tramite il dolore più semplice

per soffocare tutto il resto. Per chiudere gli occhi sapendo che per un poco avrai altro a cui pensare, per ignorare la realtà, per fingere vergognosamente che tutto sia andato diversamente, fissando il netto contrasto di colore sulla tua pelle troppo pallida.

Per un po' potrai percepire del calore che viene dal tuo stesso corpo e non lo credevi possibile.

Puoi chiudere gli occhi, lasciare l'eco dei ricordi e le note del tuo violino graffiare ad una porta chiusa, nuova, blindata, che trattenga il caos di cui non vorresti ma dovrai occuparti più avanti quando tutto sarà passato. Quando riuscirai a trovare un posto nuovo dove nascondere il tuo cuore e abbandonarlo questa volta per sempre.

 

Affondi di nuovo, sperando che anche quel dolore si perda defluendo da te. Procurandogli un'uscita sicura e ben visibile.

 

"Sherlock"

Una voce disperata cerca di supplicarti con una sola parola, il tuo nome. La mano s'immobilizza ma non è stato che un effimero scherzo della tua mente. Basterebbe così poco per non sentirla più..Eppure non riesci a deluderla. Ti sdrai distrutto aprendo appena gli occhi e mostri il braccio sporcando le lenzuola immacolate e impregnate ancora del suo odore. Le labbra gelide si piegano in un sorriso testardo:

"Piantala. Funziono ancora"

 

Non stai bene. Non starai più bene. Ma funzioni.

Come un robot di sovraumana intelligenza, hai staccato la spina ai sentimenti ma il resto funziona perfettamente. Beh, più o meno.

 

Respiri più lentamente, stanco. L'illusione è più nitida. Ha le fattezze di John. Il suo sapore. Il suo odore. Ed è lì per te.

Hai compiuto il tuo dovere: hai trovato un'altra chiave e non è quella giusta, piccolo detective. Ma per adesso la porta pesante si socchiude ugualmente. E per quanto flebile, nel caos dei detriti, la sua voce lambisce il cuore sfiorandone i contorni ghiacciati, cullandolo dolcemente, con pazienza. Facendo ora versare vere lacrime. Calde. Troppo. Piene di rimorso, rimpianto e del dolore che ti soffocava.

Lasciandoti sfinito, senza poter pensare. Finalmente.

Annebbiato dalla dolcezza e dall'amarezza di una frase sussurrata dalla voce che mai ti disturberebbe e che unica al mondo ha sempre assistito: ammirata, paziente, umana, amica. Ed ha sempre guarito; per vocazione, potresti dire ma ingiustamente, a quanto pare.

 

Chiudi gli occhi, sospiri, la percepisci ancora. Immagini che sia reale e che non rappresenti niente di più importante del solito. Perché le uniche parole che davvero vorresti sentire le hai appena percepite e non essendo per te sono state le più terribili che tu abbia mai ricevuto. Unico insulto che non ti è stato rivolto direttamente sul volto arrogante ma che ha scavato a fondo in un centro perfetto. Ti ha distrutto al primo tentativo.

 

Immagini solo di vederlo là, sulla sua poltrona a scrivere qualche assurdità ma su di voi.

E per un poco il dolore si placa.

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 ( . .) 

c( M )

 

   
 
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