é_è il penultimo capitolo è giunto. Non vi fate
ingannare, c’è sempre una valanga di cuori dietro l’angolo ♥
Sing for me
Fu grazie ai suoi riflessi
pronti che si destreggiò con agilità evitando i suoi nuovi compagni di squadra,
stavano trasportando pesanti bauli e non avrebbero potuto evitare la
collisione. «Ciao Akira.»
«Ciao ragazzi!» a modo loro
erano tutti brave persone, si erano affiatati durante quelle tre settimane e
ormai gli bastava un cenno per capire dove fosse necessario il proprio
contributo. Non avevano compiti prestabiliti, c’era
così tanto da fare che l’aiuto di tutti era indispensabile; ora, per esempio,
lui stava portando balle di cavi da dieci metri su per l’enorme sala che presto
avrebbe ospitato la nona data del tour. Gli piaceva lavorare, occupare il corpo
e la mente tanto da non pensare a se stesso, quel ritmo era distruttivo e,
spesso, avevano dovuto rinunciare ad una notte di
sesso; eppure trovavano sempre il modo di incontrarsi furtivamente nei
corridoi, sfiorarsi inconsapevolmente, scambiarsi sguardi pieni di desiderio:
una volta avevano addirittura approfittato della pausa pranzo per una sveltina
in camerino. La loro assenza non era certo passata inosservata, ma tutti ormai
sembravano aver capito il tipo di legame che c’era tra loro; non aveva neanche
più senso nascondersi, ma era terribilmente eccitante.
«Dopo che hai lasciato quei
cavi, mi aiuteresti con gli amplificatori?»
«Certo.» quando il capo lo
richiamava all’ordine, non poteva certo rifiutarsi, ma prima doveva portare a
termine il suo compito principale. Passò distrattamente tra le sedie ancora
vuote e si guardò intorno cercando Ruki, lo vide in consolle mentre impartiva i
suoi ordini al tecnico delle luci, aveva un’espressione tesa che da parecchi
giorni non sembrava voler lasciare quel viso splendido. Ruki incrociò il suo
sguardo e gli rivolse un cenno senza colore.
Più volte gli aveva chiesto se stesse bene, ma la risposta non variava:
era solo stanchezza, avrebbe solo dovuto riposare di più. Eppure Akira sentiva
che c’era qualcosa dietro quella maschera stizzita,
qualcosa che non gli diceva, forse per non causargli inutili preoccupazioni e
in realtà era proprio quel non dirgli nulla ad incrementarle. In quel momento
non avrebbe potuto far nulla per lui, se non montare quei pesantissimi cavi
facendo attenzione al giusto colore delle entrate e delle uscite, di certo non
era un tecnico del suono ma quel lavoro avrebbe potuto svolgerlo anche un
bambino.
«Hai finito?» Masato lo
aveva raggiunto sul palco, era ora di occuparsi d’altro.
«Si.»
«Allora colleghiamo gli
amplificatori: io penso alla parte di destra.»
«Ok.» quindi a lui sarebbe
toccata la seconda chitarra, il basso e la batteria, perciò si mosse
immediatamente. Si accorse che Masato lo stava chiamando a gran voce, solo
quando si rialzò per passare al cavo successivo, gli venne quasi da ridere e si
avvicinò al caposquadra. «Masato-san, è inutile urlare con me, non potrò mai sentirti. In realtà, io sono sordo.» dirlo fu più facile di quanto avesse immaginato, ma sentì
un peso enorme sollevarsi dal suo petto, evaporare via come un sospiro
trattenuto troppo a lungo. Aveva sempre avuto paura di quella parola, più di
ogni altra cosa e aveva passato ore allo specchio ripetendo a se stesso una infinita litania: sono
sordo, aveva osservato le sue labbra mentre attraversavano quelle
consonanti e il mostro era cresciuto a dismisura. Eppure, era stato così
semplice da far quasi paura. Non voleva più nascondersi, era
stanco di mentire a se stesso e agli altri e doveva ringraziare Takanori: “Devi smetterla, devi essere te stesso e
imparare a prendere ciò che puoi dal mondo intorno a te, nulla di più. Dicendo la verità
nessuno si aspetterà da te ciò che non puoi, vivere non sarà più l’inferno che
è stato finora, te lo prometto.” Riusciva ancora a vedere il suo volto
poggiato sul morbido cuscino bianco e anonimo dell’ennesimo hotel in cui
avrebbero passato la notte, la luce dell’abat-jour
alle sue spalle lo faceva sembrare un angelo biondo ed evanescente.
«Akira, non si scherza su
queste cose!»
Il ragazzo sorrise appena.
«Ma non sto scherzando.»
«Non può essere, dai...» l’uomo era visibilmente incredulo e a buon ragione.
«Sono serio, Masato. Sono
sordo.» era una semplice verità, fin troppo semplice.
Forse era quell’atmosfera goliardica e frenetica a farlo sentire così bene
nonostante tutto, c’era un’aria carica di aspettativa e
soddisfazione cristallizzata nella possibilità di far felici migliaia di
persone con il loro lavoro. «So leggere benissimo il labiale, ma davvero urlare
non serve.» Akira vide la solita espressione di
circostanza, tinta dall’indecisione e da un lieve imbarazzo.
«Ma...allora
che ci fai qui?» la sua obiezione era più che legittima.
«Per amore. Inseguo il sogno
della persona che amo.»
Masato sorrise con la
saggezza degli anni, aveva visto molte cose nel corso della sua vita, alcune
incredibili altre straordinarie e aveva avuto modo di capire che forza
stravolgente avesse l’amore: migliorava le persone, cambiava il destino e
realizzava l’impossibile. «Allora torna a lavoro, o non riuscirai a
raggiungerlo.» con una pacca sulla spalla decretò la fine della conversazione.
«Ah, che volevi dirmi?»
L’uomo ci pensò su, ma
scosse la testa. «L’ho dimenticato!»
Akira sorrise tornando al
suo lavoro, si ripromise di raggiungere Ruki il prima
possibile o non sarebbe riuscito a sopportare altre nove ore lontano da lui.
*
«Ciao superstar!» Akira si affacciò in camerino, gli fu sufficiente sporgersi
per vedere Ruki alle prese con gli ultimi ritocchi all’acconciatura.
«Akira...»
cercò il suo sguardo nel riflesso dello specchio davanti a lui incatenandolo in
una muta richiesta, sembrava aver bisogno di lui, ma non erano soli: con loro c’era
Kaolu, il suo personale truccatore.
«Potremmo
restare un attimo da soli? Ti dispiace?» Akira sperava
di non aver usato un tono troppo duro, ma non riusciva a contenersi. Non gli
era piaciuto sin dalla prima volta che lo aveva visto, era un ragazzo dallo
strano look fuori dalle righe, palesemente gay e
riversava davvero troppe delle sue attenzioni sul suo uomo. Dove c’era lui,
trovava anche Kaolu, quando lui sorrideva
l’altro era pronto ad imitarlo. Non poteva continuare così, era ora di
cominciare a marcare il territorio.
«Si,
abbiamo quasi finito.»
«Vai
pure Kaolu, è tutto perfetto così, grazie.» fu solo
quando Ruki intervenne che il ragazzo uscì dalla stanza lanciando un ultimo
sguardo al ragazzo fermo sulla porta che ricambiò con un’occhiataccia poco
cordiale.
«Cosa c’è?»
«Ti gira intorno
uno po’ troppo per i miei gusti.» Akira guardò verso la porta per
assicurarsi che non ci fosse più anima viva oltre loro
due.
«È il mio make-up artist, se non te ne sei accorto, dovrebbe girarmi eccome
intorno.»
«E dovrebbe anche limitarsi
al suo lavoro.»
«Sei geloso?!» Ruki sorrideva di gusto, qualcosa che non faceva da
giorni ormai.
«Si.
Tu sei mio e non ho intenzione di dividerti con nessun altro.» poteva sembrare
l’affermazione di uno stupido bambino troppo possessivo nei confronti del suo
giocattolo preferito, ma Akira aveva davvero paura di
perderlo dopo aver sofferto così tanto per abbandonare il suo vecchio se
stesso. Lui era riuscito lì dove tutti avevano
fallito, non poteva abbandonarlo proprio ora.
«Non devi aver paura, io sono solo tuo.» Ruki si nascose nel suo abbraccio,
aveva bisogno di una presenza familiare, del profumo che lo aveva inebriato
nelle lunghe notti di sesso. Delle labbra che aveva cercato nella penombra
delle prime ore del mattino trovandole, poi, vogliose di lui. Chiuse gli
occhi per assaporare meglio quelle sensazioni, per far sì che gli entrassero dentro.
«Tutto bene?» Akira sentiva
che c’era qualcosa di strano, lo avvertiva sulla pelle che fremeva sotto il suo
tocco. «Come ti senti? Sei pronto per stasera?» probabilmente, anche vedendola con i propri occhi, nessuno
avrebbe creduto a tutta l’insicurezza che Ruki mostrava prima di un concerto.
Era un essere umano, un ragazzo come tanti, era normale che avesse paura.
«Si...»
il cantante si allontanò per tornare a guardarsi nello specchio, indossò la
giacca per completare il suo outfit e sistemò gli
ultimi dettagli già perfetti; ma continuava ad osservarsi senza realmente
vedersi.
«Andrà tutto bene, come
sempre. Se può aiutarti a calmarti, sappi che io sarò in fondo alla sala ad
aspettarti.» era fin troppo scontroso in quei giorni,
distante, perennemente irritato come se ci fosse sempre qualcosa che lo
infastidisse. Cosa poteva fare per lui? «Sei già perfetto Takanori, basta. Hei,
guardami.» gli prese il volto tra le mani,
costringendolo a voltarsi. «Va tutto bene, ora non pensare a niente.» Akira avanzò fino a poggiare la sua fronte su quella dell’altro
cercando di trasmettergli, come attraverso la telepatia, un po’ della sua
calma. Portò la sua mano fino al petto di Ruki e quella del cantante la fece
posare sul suo, magari sentire il ritmo lento e pacato
del suo cuore lo avrebbe aiutato a calmarsi.
«Ruki-san, è ora di andare.»
Yamato venne a fare il suo annuncio proprio un attimo
dopo il loro bacio.
«Arrivo.» fu così che si
separarono per quella che sembrò un’eternità.
*
Lo spettacolo era stato un successo. Akira era stato tutto il tempo in fondo
alla sala, la prima volta era accaduto tutto per puro
caso: doveva assicurarsi che le uscite di sicurezza fossero sgombre ed
accessibili e si era ritrovato intrappolato come un insetto nella tela di un
ragno. Più tentava di muoversi, più avvertiva i fili sottili e letali
stringersi intorno alle sue membra, era rimasto fermo lì rapito dallo
spettacolo che si apriva sotto i suoi occhi. Takanori si muoveva con una
sicurezza che, in realtà, non possedeva, sul palco si trasformava in Ruki:
sensuale come un Dio e peccaminoso come un demonio. Le luci erano abbaglianti,
avvolgenti, creavano giochi di ombre e figure così ipnotiche da sapere sin
dall’inizio che non ti sarebbero bastate. La scenografia alle sue spalle si
muoveva insieme alla musica, alle parole cantate con una forza tale da far
vibrare l’intero stadio, era questo ad aver sorpreso Akira: non riusciva
soltanto a sentire i tonfi e le vibrazioni della musica, ma anche quelle della
sua voce, era così potente da raggiungere persino la sua anima, ammaliarla e
convincerla a restare.
Ma ora tutto era di nuovo
silenzioso nel piccolo abitacolo immerso nel buio, una Mercedes scivolava
silenziosa per le strade mentre li conduceva all’albergo dove avrebbero dormito
ancora per una notte. Takanori aveva bisogno di riposare, perciò si era
lasciato andare abbandonando la testa contro la spalliera del sedile posteriore
mentre Akira gli sedeva accanto impossibilitato anche solo a capire cosa gli
accadesse intorno, se non fosse stato per le luci della città
avrebbe brancolato nel panico, preda della sua paura del buio. «Siamo
arrivati.» Takanori si riscosse scendendo dalla macchina e correndo al riparo
senza dargli nemmeno il tempo di realizzarlo, aveva liquidato il suo assistente
per quella sera, quindi dovette occuparsi lui della noiosa trafila alla
reception. C’era seriamente qualcosa che non andava, non era da Takanori
comportarsi in quel modo. Lo trovò ad aspettarlo agli ascensori, raggiunsero la
loro stanza in silenzio e, appena la porta si chiuse alle loro spalle, Akira
non resistette oltre. «Si può sapere che ti prende?!»
Takanori parve essere stato
preso alla sprovvista. «Non so di cosa parli.» aveva
cominciato a spogliarsi, la maglia e le scarpe giacevano già sul pavimento.
Akira sapeva come sarebbe
andata a finire: avrebbe fatto una doccia veloce, avrebbe detto di avere mal di testa mettendosi a letto per addormentarsi
quasi subito e lui avrebbe passato la notte a fissare la sua schiena. «Se ho
fatto qualcosa-»
«Ma
che dici!» il biondo si voltò per recuperare dei vestiti puliti dalla valigia.
«Non voltarti, guardami.
Takanori, guardami!» sapeva che in quel modo non
avrebbe potuto continuare quella conversazione, né tantomeno decifrare il suo
stato d’animo; aveva usato quello sporco trucco contro di lui ferendolo come
non mai. «Adesso tu mi dici cosa non va.»
«Cosa
vuoi che sia? Sono solo stanco…»
«Questa scusa non regge più!
Io ti ho seguito, ho lasciato tutto per te e ora non me ne starò con le mani in
mano quando hai bisogno di me!» perché ormai era
chiaro che qualcosa lo tormentasse più di un incubo, non voleva rinfacciargli
ciò che aveva fatto per lui, solo fargli capire quanto fosse importante. «Parlami
Taka.»
«Ti stai sbagliando, non
c’è niente che non vada.»
«Takanori Matsumoto, conto fino a tre…»
«Smettila!»
«No.» la prima piccola
crepa si era creata nel muro del suo silenzio, doveva soltanto insistere e
colpirlo con più forza. «Tu non ti sei arreso, hai
abbattuto tutte le mie barriere e mi hai salvato contro la mia volontà e ora
farò lo stesso con te. Parlami, non escludermi come il resto del mondo, non tu.»
Il biondo abbassò lo
sguardo sconfitto, poté quasi vederle le sue emozioni straripare e abbattere la
diga della sua ostinazione, fu allora che la prima
lacrima solitaria solcò la sua guancia pallida e perfetta. «Akira…io…»
«Dimmi, qualsiasi cosa sia,
dimmi tutto Taka.»
«Io…credo di essermi perso, Akira. Non so più chi sono, non so più cosa voglio.» ora le lacrime scendevano
copiose.
«Vieni qui,
siediti.» Akira lo fece sedere sul bordo del letto matrimoniale accomodandosi
accanto a lui. Con pazienza aspettò che tutte le lacrime fossero versate, tutti
i singhiozzi svaniti, tutte le paure dissipate.
«Ho sempre creduto di sapere
cosa volevo, ho sempre combattuto per arrivare dove sono ora, ma mi guardo
intorno e mi chiedo se sia davvero ciò che voglio. Per anni mi hanno detto cosa
fare, come vestirmi, come cantare e persino chi essere e li ho accontentati,
sono stato chi volevano che fossi.» era questo il
motivo per cui aveva lasciato la casa discografica rischiando tutto solo per se
stesso. «E mentre li lasciavo fare, non ho avuto il
tempo di capire chi c’era davvero sotto tutto quel trucco. Credevo di saperlo,
ma non è così. Sono sbagliato, completamente sbagliato…»
Akira lo strinse a sé
accarezzandogli i capelli dorati e sottili. «Non sei affatto
sbagliato, sei esattamente come tutti noi Takanori. Forse non basta una vita
intera per capire chi si è davvero, magari ci cerchiamo un posticino e, anche
se è stretto, cerchiamo di entrarci a tutti i costi convincendoci che sia
quello giusto.» proprio come i piccoli paguri nascosti sotto la sabbia
irrequieta del mare, scelgono d’istinto una conchiglia come loro casa e si
ostinano a trascinarsela dietro difendendola con tenacia, ma quando quella
casetta diventa troppo piccola sono pronti a cercarne
una più grande e abbracciano il cambiamento con naturalezza e sollievo. Gli
esseri umani avrebbero dovuto imparare da loro: cambiare sempre in meglio
cercando il posto più adatto alle proprie esigenze. Senza perdite né rimpianti.
«Il fatto è che cambieremo di continuo, la vita ci farà crescere e cambiare e
tutto quello che possiamo fare è adattarci e smettere
di combattere.» Akira lo aveva imparato col tempo, ci aveva provato per una vita intera e solo con Takanori aveva raggiunto
l’equilibrio necessario per arrendersi a ciò che era. «Vedrai che tutto ti sarà
chiaro quando meno te lo aspetti, arriverà un momento in cui capirai tutto.» accettare
con serenità quella persona che ci guarda dallo specchio ogni mattina è la cosa più difficile al mondo, a seconda di chi
guarda quel volto il risultato sarà sempre diverso fino ad avere personalità
completamente diverse che convivono nello stesso corpo, ma è la propria
opinione che conta: siamo la persona più importante per noi, aldilà del
rapporto con il resto del mondo, resteremo tutta la vita con noi stessi. «E io vedo solo uno splendido ragazzo che è riuscito a
realizzare il suo sogno, ma che ha soltanto troppa paura per credere che sia
vero. Non è il sogno sbagliato, tu sei nato per cantare, per essere Ruki e per
essere il mio Takanori: dolce, orgoglioso, testardo, irascibile…»
«Avrò pure qualche qualità?!»
«Certo, fammici pensare. Oh,
hai un pupazzo di neve come sosia!»
Takanori rise stemperando
l’atmosfera che si era troppo appesantita. «Che scemo!
Mi ero completamente dimenticato di Takanori.» quello
stupido pupazzo inutile di cui, ormai, restava soltanto un ricordo.
«Non devi!» asciugando la
sua ultima lacrima, ormai anche Akira poté tornare a respirare, la sua missione
era compiuta: far tornare il sorriso al suo uomo. «Io non ne ho uno, sono
geloso.»
«Ma
smettila e vieni sotto la doccia!» ora la malinconia e la paura sembravano più
distanti e meno minacciose, quasi come se a piangere solo pochi minuti fa fosse
stata un’altra persona. Aveva sempre creduto in lui, sin dall’inizio aveva
capito quanto fosse splendido Akira, lo aveva riconosciuto tra milioni di
persone ed ora era assolutamente convinto che fosse
lui la sua metà. Lo trascinò sotto l’acqua anche se
indossava ancora i suoi vestiti, lo baciò alzando lo sguardo verso il suo cielo
personale. «Grazie Akira, ti amo.»
*w* per noi sono passati 3 giorni, per loro 3
settimane xD quei due trombano furtivamente come
ricci, Akira si è ambientato, ha fatto coming out e
ha marcato il territorio A_A non che abbia dovuto scervellarmi più di tanto eh!
Quell’odiosissimo Kaolu, che io chiamo
affettuosamente (tanto affetto quanto verso una zanzara) KaoluBanana
sta sempre appiccicato a Ruki A__A è un continuo, gli
bomba tutte le foto, in ogni ripresa dove c’è Ruki c’è anche lui…nel WT la sua
presenza era così snervante che avrei messo volentieri un bollino sulla sua
faccia e ha osato chiamarci “le nostre fans” >_> non mi risulta che la
sesta componente del gruppo sia tu, cara Kathy, ma noi! Perciò ti dico io che
devi farci con i tuoi pennelli, %&”!?#§!!! *viene bippata*. Chiedo
scusa a tutte quelle che, invece, lo sopportano e magari lo amano, ma non ce la
faccio u.u probabilmente
anche Reita non ce la fa, vedendo questo nuovo intruso tra di loro è_é o forse non se ne preoccupa sicuro della sua posizione mmmhh A_A Rei-chan attento!
Ma torniamo alla ff: Rukino si è un po’ perso per
strada é_è povero cucciolino, ma probabilmente era
inevitabile dopo anni in cui gli hanno detto chi doveva essere. Fortunatamente
il nostro Takanorino ha Akiruccio bello con sé ♥ che subito, come un eroe
dei fumetti, lo mette in salvo ♥ è stato il turno di Akira, ora toccava a
lui salvare Takanori ne?! ♥v♥ lo avevo
detto che i cuori erano sempre pronti dietro l’angolo~ =w= amo questi due
piccioncini puppilini ♥ ma purtroppo manca solo
l’ultimo capitolo T^T sarà un trauma anche per me, ve lo assicuro ç_ç ma avete 3 giorni per
preparare l’anticarie (?) u.u
Dunque, al prossimo
capitolo fringuellin/i ♥ *w*