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Autore: Har Le Queen    23/04/2015    2 recensioni
E se Ruki fosse la Superstar più acclamata del momento? E se la sua voce fosse come un faro nel buio, accogliente come un ritorno a casa dopo un viaggio durato secoli? E se Akira fosse l'unico a non poterla sentire?
[Reituki/Aoiha]
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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é_è il penultimo capitolo è giunto. Non vi fate ingannare, c’è sempre una valanga di cuori dietro l’angolo

 

Sing for me

 

Fu grazie ai suoi riflessi pronti che si destreggiò con agilità evitando i suoi nuovi compagni di squadra, stavano trasportando pesanti bauli e non avrebbero potuto evitare la collisione. «Ciao Akira.»

«Ciao ragazzi!» a modo loro erano tutti brave persone, si erano affiatati durante quelle tre settimane e ormai gli bastava un cenno per capire dove fosse necessario il proprio contributo. Non avevano compiti prestabiliti, c’era così tanto da fare che l’aiuto di tutti era indispensabile; ora, per esempio, lui stava portando balle di cavi da dieci metri su per l’enorme sala che presto avrebbe ospitato la nona data del tour. Gli piaceva lavorare, occupare il corpo e la mente tanto da non pensare a se stesso, quel ritmo era distruttivo e, spesso, avevano dovuto rinunciare ad una notte di sesso; eppure trovavano sempre il modo di incontrarsi furtivamente nei corridoi, sfiorarsi inconsapevolmente, scambiarsi sguardi pieni di desiderio: una volta avevano addirittura approfittato della pausa pranzo per una sveltina in camerino. La loro assenza non era certo passata inosservata, ma tutti ormai sembravano aver capito il tipo di legame che c’era tra loro; non aveva neanche più senso nascondersi, ma era terribilmente eccitante.

«Dopo che hai lasciato quei cavi, mi aiuteresti con gli amplificatori?»

«Certo.» quando il capo lo richiamava all’ordine, non poteva certo rifiutarsi, ma prima doveva portare a termine il suo compito principale. Passò distrattamente tra le sedie ancora vuote e si guardò intorno cercando Ruki, lo vide in consolle mentre impartiva i suoi ordini al tecnico delle luci, aveva un’espressione tesa che da parecchi giorni non sembrava voler lasciare quel viso splendido. Ruki incrociò il suo sguardo e gli rivolse un cenno senza colore.

Più volte gli aveva chiesto se stesse bene, ma la risposta non variava: era solo stanchezza, avrebbe solo dovuto riposare di più. Eppure Akira sentiva che c’era qualcosa dietro quella maschera stizzita, qualcosa che non gli diceva, forse per non causargli inutili preoccupazioni e in realtà era proprio quel non dirgli nulla ad incrementarle. In quel momento non avrebbe potuto far nulla per lui, se non montare quei pesantissimi cavi facendo attenzione al giusto colore delle entrate e delle uscite, di certo non era un tecnico del suono ma quel lavoro avrebbe potuto svolgerlo anche un bambino.

«Hai finito?» Masato lo aveva raggiunto sul palco, era ora di occuparsi d’altro.

«Si

«Allora colleghiamo gli amplificatori: io penso alla parte di destra.»

«Ok.» quindi a lui sarebbe toccata la seconda chitarra, il basso e la batteria, perciò si mosse immediatamente. Si accorse che Masato lo stava chiamando a gran voce, solo quando si rialzò per passare al cavo successivo, gli venne quasi da ridere e si avvicinò al caposquadra. «Masato-san, è inutile urlare con me, non potrò mai sentirti. In realtà, io sono sordo.» dirlo fu più facile di quanto avesse immaginato, ma sentì un peso enorme sollevarsi dal suo petto, evaporare via come un sospiro trattenuto troppo a lungo. Aveva sempre avuto paura di quella parola, più di ogni altra cosa e aveva passato ore allo specchio ripetendo a se stesso una infinita litania: sono sordo, aveva osservato le sue labbra mentre attraversavano quelle consonanti e il mostro era cresciuto a dismisura. Eppure, era stato così semplice da far quasi paura. Non voleva più nascondersi, era stanco di mentire a se stesso e agli altri e doveva ringraziare Takanori: “Devi smetterla, devi essere te stesso e imparare a prendere ciò che puoi dal mondo intorno a te, nulla di più. Dicendo la verità nessuno si aspetterà da te ciò che non puoi, vivere non sarà più l’inferno che è stato finora, te lo prometto.” Riusciva ancora a vedere il suo volto poggiato sul morbido cuscino bianco e anonimo dell’ennesimo hotel in cui avrebbero passato la notte, la luce dell’abat-jour alle sue spalle lo faceva sembrare un angelo biondo ed evanescente.

«Akira, non si scherza su queste cose!»

Il ragazzo sorrise appena. «Ma non sto scherzando.»

«Non può essere, dai...» l’uomo era visibilmente incredulo e a buon ragione.

«Sono serio, Masato. Sono sordo.» era una semplice verità, fin troppo semplice. Forse era quell’atmosfera goliardica e frenetica a farlo sentire così bene nonostante tutto, c’era un’aria carica di aspettativa e soddisfazione cristallizzata nella possibilità di far felici migliaia di persone con il loro lavoro. «So leggere benissimo il labiale, ma davvero urlare non serve.» Akira vide la solita espressione di circostanza, tinta dall’indecisione e da un lieve imbarazzo.

«Ma...allora che ci fai qui?» la sua obiezione era più che legittima.

«Per amore. Inseguo il sogno della persona che amo.»

Masato sorrise con la saggezza degli anni, aveva visto molte cose nel corso della sua vita, alcune incredibili altre straordinarie e aveva avuto modo di capire che forza stravolgente avesse l’amore: migliorava le persone, cambiava il destino e realizzava l’impossibile. «Allora torna a lavoro, o non riuscirai a raggiungerlo.» con una pacca sulla spalla decretò la fine della conversazione.

«Ah, che volevi dirmi?»

L’uomo ci pensò su, ma scosse la testa. «L’ho dimenticato!»

Akira sorrise tornando al suo lavoro, si ripromise di raggiungere Ruki il prima possibile o non sarebbe riuscito a sopportare altre nove ore lontano da lui.


*


«Ciao superstar!» Akira si affacciò in camerino, gli fu sufficiente sporgersi per vedere Ruki alle prese con gli ultimi ritocchi all’acconciatura.

«Akira...» cercò il suo sguardo nel riflesso dello specchio davanti a lui incatenandolo in una muta richiesta, sembrava aver bisogno di lui, ma non erano soli: con loro c’era Kaolu, il suo personale truccatore.

«Potremmo restare un attimo da soli? Ti dispiace?» Akira sperava di non aver usato un tono troppo duro, ma non riusciva a contenersi. Non gli era piaciuto sin dalla prima volta che lo aveva visto, era un ragazzo dallo strano look fuori dalle righe, palesemente gay e riversava davvero troppe delle sue attenzioni sul suo uomo. Dove c’era lui, trovava anche Kaolu, quando lui sorrideva l’altro era pronto ad imitarlo. Non poteva continuare così, era ora di cominciare a marcare il territorio.

«Si, abbiamo quasi finito.»

«Vai pure Kaolu, è tutto perfetto così, grazie.» fu solo quando Ruki intervenne che il ragazzo uscì dalla stanza lanciando un ultimo sguardo al ragazzo fermo sulla porta che ricambiò con un’occhiataccia poco cordiale.

«Cosa c’è?»

«Ti gira intorno uno po’ troppo per i miei gusti.» Akira guardò verso la porta per assicurarsi che non ci fosse più anima viva oltre loro due.

«È il mio make-up artist, se non te ne sei accorto, dovrebbe girarmi eccome intorno.»

«E dovrebbe anche limitarsi al suo lavoro.»

«Sei geloso?!» Ruki sorrideva di gusto, qualcosa che non faceva da giorni ormai.

«Si. Tu sei mio e non ho intenzione di dividerti con nessun altro.» poteva sembrare l’affermazione di uno stupido bambino troppo possessivo nei confronti del suo giocattolo preferito, ma Akira aveva davvero paura di perderlo dopo aver sofferto così tanto per abbandonare il suo vecchio se stesso. Lui era riuscito lì dove tutti avevano fallito, non poteva abbandonarlo proprio ora.

«Non devi aver paura, io sono solo tuo.» Ruki si nascose nel suo abbraccio, aveva bisogno di una presenza familiare, del profumo che lo aveva inebriato nelle lunghe notti di sesso. Delle labbra che aveva cercato nella penombra delle prime ore del mattino trovandole, poi, vogliose di lui.  Chiuse gli occhi per assaporare meglio quelle sensazioni, per far sì che gli entrassero dentro.

«Tutto bene?» Akira sentiva che c’era qualcosa di strano, lo avvertiva sulla pelle che fremeva sotto il suo tocco. «Come ti senti? Sei pronto per stasera?» probabilmente, anche vedendola con i propri occhi, nessuno avrebbe creduto a tutta l’insicurezza che Ruki mostrava prima di un concerto. Era un essere umano, un ragazzo come tanti, era normale che avesse paura.

«Si...» il cantante si allontanò per tornare a guardarsi nello specchio, indossò la giacca per completare il suo outfit e sistemò gli ultimi dettagli già perfetti; ma continuava ad osservarsi senza realmente vedersi.

«Andrà tutto bene, come sempre. Se può aiutarti a calmarti, sappi che io sarò in fondo alla sala ad aspettarti.» era fin troppo scontroso in quei giorni, distante, perennemente irritato come se ci fosse sempre qualcosa che lo infastidisse. Cosa poteva fare per lui? «Sei già perfetto Takanori, basta. Hei, guardami.» gli prese il volto tra le mani, costringendolo a voltarsi. «Va tutto bene, ora non pensare a niente.» Akira avanzò fino a poggiare la sua fronte su quella dell’altro cercando di trasmettergli, come attraverso la telepatia, un po’ della sua calma. Portò la sua mano fino al petto di Ruki e quella del cantante la fece posare sul suo, magari sentire il ritmo lento e pacato del suo cuore lo avrebbe aiutato a calmarsi.

«Ruki-san, è ora di andare.» Yamato venne a fare il suo annuncio proprio un attimo dopo il loro bacio. 

«Arrivo.» fu così che si separarono per quella che sembrò un’eternità.


*


Lo spettacolo era stato un successo. Akira era stato tutto il tempo in fondo alla sala, la prima volta era accaduto tutto per puro caso: doveva assicurarsi che le uscite di sicurezza fossero sgombre ed accessibili e si era ritrovato intrappolato come un insetto nella tela di un ragno. Più tentava di muoversi, più avvertiva i fili sottili e letali stringersi intorno alle sue membra, era rimasto fermo lì rapito dallo spettacolo che si apriva sotto i suoi occhi. Takanori si muoveva con una sicurezza che, in realtà, non possedeva, sul palco si trasformava in Ruki: sensuale come un Dio e peccaminoso come un demonio. Le luci erano abbaglianti, avvolgenti, creavano giochi di ombre e figure così ipnotiche da sapere sin dall’inizio che non ti sarebbero bastate. La scenografia alle sue spalle si muoveva insieme alla musica, alle parole cantate con una forza tale da far vibrare l’intero stadio, era questo ad aver sorpreso Akira: non riusciva soltanto a sentire i tonfi e le vibrazioni della musica, ma anche quelle della sua voce, era così potente da raggiungere persino la sua anima, ammaliarla e convincerla a restare.

Ma ora tutto era di nuovo silenzioso nel piccolo abitacolo immerso nel buio, una Mercedes scivolava silenziosa per le strade mentre li conduceva all’albergo dove avrebbero dormito ancora per una notte. Takanori aveva bisogno di riposare, perciò si era lasciato andare abbandonando la testa contro la spalliera del sedile posteriore mentre Akira gli sedeva accanto impossibilitato anche solo a capire cosa gli accadesse intorno, se non fosse stato per le luci della città avrebbe brancolato nel panico, preda della sua paura del buio. «Siamo arrivati.» Takanori si riscosse scendendo dalla macchina e correndo al riparo senza dargli nemmeno il tempo di realizzarlo, aveva liquidato il suo assistente per quella sera, quindi dovette occuparsi lui della noiosa trafila alla reception. C’era seriamente qualcosa che non andava, non era da Takanori comportarsi in quel modo. Lo trovò ad aspettarlo agli ascensori, raggiunsero la loro stanza in silenzio e, appena la porta si chiuse alle loro spalle, Akira non resistette oltre. «Si può sapere che ti prende?!»

Takanori parve essere stato preso alla sprovvista. «Non so di cosa parli.» aveva cominciato a spogliarsi, la maglia e le scarpe giacevano già sul pavimento.

Akira sapeva come sarebbe andata a finire: avrebbe fatto una doccia veloce, avrebbe detto di avere mal di testa mettendosi a letto per addormentarsi quasi subito e lui avrebbe passato la notte a fissare la sua schiena. «Se ho fatto qualcosa-»

«Ma che dici!» il biondo si voltò per recuperare dei vestiti puliti dalla valigia.

«Non voltarti, guardami. Takanori, guardami!» sapeva che in quel modo non avrebbe potuto continuare quella conversazione, né tantomeno decifrare il suo stato d’animo; aveva usato quello sporco trucco contro di lui ferendolo come non mai. «Adesso tu mi dici cosa non va.»

«Cosa vuoi che sia? Sono solo stanco…»

«Questa scusa non regge più! Io ti ho seguito, ho lasciato tutto per te e ora non me ne starò con le mani in mano quando hai bisogno di me!» perché ormai era chiaro che qualcosa lo tormentasse più di un incubo, non voleva rinfacciargli ciò che aveva fatto per lui, solo fargli capire quanto fosse importante. «Parlami Taka.»

«Ti stai sbagliando, non c’è niente che non vada.»

«Takanori Matsumoto, conto fino a tre…»

«Smettila!»

«No.» la prima piccola crepa si era creata nel muro del suo silenzio, doveva soltanto insistere e colpirlo con più forza. «Tu non ti sei arreso, hai abbattuto tutte le mie barriere e mi hai salvato contro la mia volontà e ora farò lo stesso con te. Parlami, non escludermi come il resto del mondo, non tu.»

Il biondo abbassò lo sguardo sconfitto, poté quasi vederle le sue emozioni straripare e abbattere la diga della sua ostinazione, fu allora che la prima lacrima solitaria solcò la sua guancia pallida e perfetta. «Akira…io…»

«Dimmi, qualsiasi cosa sia, dimmi tutto Taka.»

«Io…credo di essermi perso, Akira. Non so più chi sono, non so più cosa voglio.» ora le lacrime scendevano copiose.

«Vieni qui, siediti.» Akira lo fece sedere sul bordo del letto matrimoniale accomodandosi accanto a lui. Con pazienza aspettò che tutte le lacrime fossero versate, tutti i singhiozzi svaniti, tutte le paure dissipate.

«Ho sempre creduto di sapere cosa volevo, ho sempre combattuto per arrivare dove sono ora, ma mi guardo intorno e mi chiedo se sia davvero ciò che voglio. Per anni mi hanno detto cosa fare, come vestirmi, come cantare e persino chi essere e li ho accontentati, sono stato chi volevano che fossi.» era questo il motivo per cui aveva lasciato la casa discografica rischiando tutto solo per se stesso. «E mentre li lasciavo fare, non ho avuto il tempo di capire chi c’era davvero sotto tutto quel trucco. Credevo di saperlo, ma non è così. Sono sbagliato, completamente sbagliato…»

Akira lo strinse a sé accarezzandogli i capelli dorati e sottili. «Non sei affatto sbagliato, sei esattamente come tutti noi Takanori. Forse non basta una vita intera per capire chi si è davvero, magari ci cerchiamo un posticino e, anche se è stretto, cerchiamo di entrarci a tutti i costi convincendoci che sia quello giusto.» proprio come i piccoli paguri nascosti sotto la sabbia irrequieta del mare, scelgono d’istinto una conchiglia come loro casa e si ostinano a trascinarsela dietro difendendola con tenacia, ma quando quella casetta diventa troppo piccola sono pronti a cercarne una più grande e abbracciano il cambiamento con naturalezza e sollievo. Gli esseri umani avrebbero dovuto imparare da loro: cambiare sempre in meglio cercando il posto più adatto alle proprie esigenze. Senza perdite né rimpianti. «Il fatto è che cambieremo di continuo, la vita ci farà crescere e cambiare e tutto quello che possiamo fare è adattarci e smettere di combattere.» Akira lo aveva imparato col tempo, ci aveva provato per una vita intera e solo con Takanori aveva raggiunto l’equilibrio necessario per arrendersi a ciò che era. «Vedrai che tutto ti sarà chiaro quando meno te lo aspetti, arriverà un momento in cui capirai tutto.» accettare con serenità quella persona che ci guarda dallo specchio ogni mattina è la cosa più difficile al mondo, a seconda di chi guarda quel volto il risultato sarà sempre diverso fino ad avere personalità completamente diverse che convivono nello stesso corpo, ma è la propria opinione che conta: siamo la persona più importante per noi, aldilà del rapporto con il resto del mondo, resteremo tutta la vita con noi stessi. «E io vedo solo uno splendido ragazzo che è riuscito a realizzare il suo sogno, ma che ha soltanto troppa paura per credere che sia vero. Non è il sogno sbagliato, tu sei nato per cantare, per essere Ruki e per essere il mio Takanori: dolce, orgoglioso, testardo, irascibile…»

«Avrò pure qualche qualità?!»

«Certo, fammici pensare. Oh, hai un pupazzo di neve come sosia!»

Takanori rise stemperando l’atmosfera che si era troppo appesantita. «Che scemo! Mi ero completamente dimenticato di Takanori.» quello stupido pupazzo inutile di cui, ormai, restava soltanto un ricordo.

«Non devi!» asciugando la sua ultima lacrima, ormai anche Akira poté tornare a respirare, la sua missione era compiuta: far tornare il sorriso al suo uomo. «Io non ne ho uno, sono geloso.»

«Ma smettila e vieni sotto la doccia!» ora la malinconia e la paura sembravano più distanti e meno minacciose, quasi come se a piangere solo pochi minuti fa fosse stata un’altra persona. Aveva sempre creduto in lui, sin dall’inizio aveva capito quanto fosse splendido Akira, lo aveva riconosciuto tra milioni di persone ed ora era assolutamente convinto che fosse lui la sua metà. Lo trascinò sotto l’acqua anche se indossava ancora i suoi vestiti, lo baciò alzando lo sguardo verso il suo cielo personale. «Grazie Akira, ti amo.»

 

*w* per noi sono passati 3 giorni, per loro 3 settimane xD quei due trombano furtivamente come ricci, Akira si è ambientato, ha fatto coming out e ha marcato il territorio A_A non che abbia dovuto scervellarmi più di tanto eh! Quell’odiosissimo Kaolu, che io chiamo affettuosamente (tanto affetto quanto verso una zanzara) KaoluBanana sta sempre appiccicato a Ruki A__A è un continuo, gli bomba tutte le foto, in ogni ripresa dove c’è Ruki c’è anche lui…nel WT la sua presenza era così snervante che avrei messo volentieri un bollino sulla sua faccia e ha osato chiamarci “le nostre fans” >_> non mi risulta che la sesta componente del gruppo sia tu, cara Kathy, ma noi! Perciò ti dico io che devi farci con i tuoi pennelli, %&”!?#§!!!  *viene bippata*. Chiedo scusa a tutte quelle che, invece, lo sopportano e magari lo amano, ma non ce la faccio u.u probabilmente anche Reita non ce la fa, vedendo questo nuovo intruso tra di loro è_é o forse non se ne preoccupa sicuro della sua posizione mmmhh A_A Rei-chan attento!

Ma torniamo alla ff: Rukino si è un po’ perso per strada é_è povero cucciolino, ma probabilmente era inevitabile dopo anni in cui gli hanno detto chi doveva essere. Fortunatamente il nostro Takanorino ha Akiruccio bello con sé ♥ che subito, come un eroe dei fumetti, lo mette in salvo ♥ è stato il turno di Akira, ora toccava a lui salvare Takanori ne?! ♥v♥ lo avevo detto che i cuori erano sempre pronti dietro l’angolo~ =w= amo questi due piccioncini puppilini ♥ ma purtroppo manca solo l’ultimo capitolo T^T sarà un trauma anche per me, ve lo assicuro ç_ç ma avete 3 giorni per preparare l’anticarie (?) u.u

Dunque, al prossimo capitolo fringuellin/i ♥ *w*

   
 
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