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Autore: ShootingStar_93    23/04/2015    0 recensioni
La vita di Cameron Green, scrittore londinese trapiantato a Los Angeles, è un totale disastro: da mesi non riesce a scrivere, la noia e la routine lo stanno lentamente distruggendo. L'unica cosa che continua a mandarlo avanti è il suo lavoro: Cam è un barman in un pub, luogo dove prendeva spunto per scrivere le sue storie. Ormai schiavo dei suo ritmi giornalieri, sente di aver bisogno di una scossa. Una scossa che arriva quando incontra Mya Williams, una rossa tutto pepe che tornerà a colorare le sue giornate e gli farà ritornare la voglia di scrivere. Ma Mya potrà mai ricambiarlo?
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Storia ideata insieme all'utente SimiNana. Speriamo vi piaccia :)
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash, Crack Pairing
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Threesome, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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She Is The Sunlight
 






«Puoi svegliarti anche molto presto all'alba, ma il tuo destino si è svegliato mezz'ora prima di te.» 
Proverbio Africano.


 
Prologo
Destino. Strana cosa il destino. Ti svegli la mattina, e credi di essere tu a dirigere la tua vita, a gestire le tue azioni, e invece il destino ha già deciso tutto per te. La maggior parte delle volte, diamo la colpa a lui per tutto ciò che va storto nella nostra vita: il semaforo rosso quando hai fretta, il supermercato chiuso proprio quando hai bisogno di comprare qualcosa, il telefono che squilla mentre sei sotto la doccia. Quando invece le cose ci vanno bene, il destino non lo chiamiamo più così, lo chiamiamo fortuna. Il semaforo verde quando hai fretta, il supermercato aperto proprio quando hai bisogno di comprare qualcosa, il telefono che squilla mentre gli passi accanto. E poi ci sono i cosiddetti «scherzi del destino»: sembra proprio che si diverta a farci incazzare, facendoci incontrare persone che odiamo, portandoci a compiere brutte figure, mettendoci in situazioni imbarazzanti e noiose. 

Che sia avverso o favorevole, è stato il destino a fare intrecciare inesorabilmente le vite di Mya Williams e Cameron Green. 


























 
Capitolo 1

Cameron.
Cameron Green non credeva nel destino. Era fermamente convinto che ogni persona fosse artefice delle proprie fortune e delle proprie disgrazie. Ci vuole coraggio, però, a prendere delle decisioni che potrebbero cambiarti la vita. Ci vuole coraggio a rischiare, e Cameron quel coraggio non l'aveva mai avuto.
La giornata era iniziata esattamente come tutte le altre. La solita routine, quella che lui aveva iniziato ad odiare già da un bel pezzo: sveglia verso mezzogiorno, colazione o pranzo, a seconda di come si sentiva, un po' di tv, ore infinite davanti allo schermo del computer, di fronte ad una pagina bianca. Poi palestra, doccia, cena veloce e lavoro al locale dalle 21 alle 5 del mattino. Tutto questo ogni giorno, tranne la domenica. Sembrava che qualcuno avesse schiacciato il tasto Replay dal telecomando che controllava la sua vita. 
Cameron si stropicciò gli occhi e stirò le braccia, che scricchiolarono lievemente. Fece scorrere il dito sul touch screen del cellulare, zittendo la sveglia. La testa gli martellava, così si massaggiò le tempie cercando di placare il dolore. Uno sbadiglio gli uscì dalla bocca e, dopo aver perso un altro po' di tempo a sonnecchiare, si alzò grattandosi la nuca per poi stiracchiarsi di nuovo. Decise che aveva voglia di dolce più che di salato, così preparò il caffè e lo versò in una tazza di latte freddo, dentro cui tuffò qualche biscotto, annoiatissimo. Da qualche tempo pensava di cercare un coinquilino, ma non sapeva neanche da dove cominciare a cercare, né se fosse realmente ciò che voleva. Gli piaceva avere i suoi spazi, fare tutto ciò che gli andava senza dover sottostare a nessuno, e poi a causa del suo lavoro non sarebbe mai stato tanto di compagnia. Cameron era un uomo molto scettico, non era uno che si fidava tanto facilmente, perciò il pensiero di mettersi uno sconosciuto in casa lo inquietava non poco. Per di più, gli americani erano forse un po' troppo casinisti per i suoi gusti. Lui veniva dall'Inghilterra, da Londra per la precisione; si era trasferito a Los Angeles cinque anni prima, a cercare fortuna. Aveva scelto proprio L.A. perché ne era sempre rimasto affascinato, sin da bambino. La «Città degli Angeli», è così che la chiamano, peccato che il tasso di criminalità non fosse poi così basso: proprio qualche mese prima, Cameron era stato derubato e aggredito, una sera in cui era tornato tardi a casa. Da allora aveva iniziato ad evitare le stradine strette e i vicoli bui, per il timore che potesse accadere di nuovo. 
Certe volte sentiva la mancanza di Londra, passeggiare sul Millennium Bridge, fare un salto alla National Gallery e al British Museum ad ammirare per l'ennesima volta le opere d'arte tra le più belle al mondo. Nonostante le conoscesse a memoria, gli piaceva tornarci spesso. Restava ammaliato davanti a quei dipinti, a quelle sculture che avevano fatto la storia per la loro bellezza e la loro importanza. 
Ora si sentiva un fallito. Gli piaceva il suo lavoro, preparare drink era una delle cose che preferiva in assoluto: era tutta una questione di abilità e precisione, dosare bene gli ingredienti per arrivare al risultato perfetto. Si divertiva tantissimo anche a vedere la reazione di alcuni clienti quando faceva il giocoliere con le bottiglie, alcuni di loro erano proprio esilaranti. Ma la vera passione di Cameron era la scrittura: in quei cinque anni di vita a Los Angeles, aveva scritto numerose storie, ma nessuna di queste aveva purtroppo riscosso il successo sperato. Spesso si sentiva frustrato mentre fissava lo schermo bianco del computer, in cerca dell'ispirazione che però da un po' di tempo a questa parte, non arrivava più. Finora aveva sempre preso spunto dai racconti della gente ubriaca che ogni sera si fermava al pub: alcuni di loro bevevano per festeggiare, altri per il puro piacere di bere, altri ancora per dimenticare. Erano questi ultimi i più interessanti: fidanzati abbandonati all'altare, donne tradite che puntualmente si buttavano tra le braccia di sconosciuti per una notte, mettendo da parte tutti i loro princìpi da brave ragazze. Una volta finita la colazione, Cameron posò la tazza vuota nel lavandino, troppo pigro per lavarla subito. Si sfregò lentamente le mani sul viso e sbuffò, trascinandosi pesantemente alla scrivania. Si sedette sulla sedia girevole, aprì il computer portatile e premette il tasto di accensione. Sentiva quasi le balle di fieno rotolare nella sua testa: poche idee, nessuna esecuzione. Solo una pagina inesorabilmente bianca che, per quanto ci provasse, non riusciva a riempire. 
Senza rendersene conto, rimase davanti allo schermo del pc per un'ora intera. Erano le due quando il telefono fisso cominciò a trillare. Cam allungò il braccio, afferrando la cornetta.
«Pronto?» sapeva già chi fosse, prima ancora di rispondere.
«Ciao tesoro, come stai?» Cam sorrise. Sua madre era sempre stata puntuale in tutto, ogni giorno spaccava il secondo persino nel telefonargli. Parlarono per i soliti dieci minuti, un po' di tutto: il tempo, suo fratello Joseph, come stessero i vari parenti in Inghilterra... Insomma, cose di cui si parla con la propria madre. Dopo aver chiuso la telefonata, Cam si sentì sempre più patetico, noioso ma soprattutto annoiato. Aveva bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, una scintilla che riuscisse a risvegliare il fuoco spento che era la sua vita. Ciò che non sapeva era che quella scintilla rossa sarebbe esplosa prima di quanto si aspettasse. 

Mya.
Mya Williams non si era mai sentita tanto male in vita sua come in quel momento. Aveva gli occhi colmi di lacrime che le offuscavano la vista e camminava da sola, sui marciapiedi delle strade trafficate di Los Angeles. Faceva freddo, il suo fiato si cristallizzava in nuvole di vapore. Sentiva la testa girarle vorticosamente e annaspava alla ricerca di ossigeno. Si sentiva il petto in fiamme e respirava a fatica, ma riuscì a trovare per un attimo la lucidità. Aveva bisogno di calmarsi, era fin troppo vulnerabile e non voleva diventare facile preda di maniaci e stupratori. Si fermò e appoggiò la schiena contro il muro di un palazzo, si asciugò le lacrime e fece dei respiri profondi. Quanto aveva camminato? Almeno per tre, quattro chilometri. Si sentiva dolorante e stanca, aveva il cuore spezzato ed era rimasta completamente sola. In quel momento voleva bere, ubriacarsi di brutto e dimenticare la serata infernale appena trascorsa. Era consapevole di avere ancora i residui di pianto sul viso, così si strofinò le nocche delle mani sulle guance e sugli occhi. Guardò l'orologio: erano le undici e mezza di sera, e non si trovava in una bella zona della città. Un uomo dalla folta barba le fece l'occhiolino e fischiettò in segno di apprezzamento, rivolto a lei. Mya, colta improvvisamente dalla paura, si infilò nel primo locale che vide, qualche metro più avanti. Si chiamava New Paradise, e l'atmosfera al suo interno era inaspettatamente molto carina. Si aspettava una bettola, data la zona in cui era situato, e invece era arredato bene, c'era molta gente seduta attorno a dei divanetti bassi, e la musica non era né troppo assordante (come spesso capitava nei pub), né troppo bassa. Dopo qualche secondo trascorso a guardarsi intorno, ancora un po' intontita dal mal di testa causato dal pianto, Mya si avvicinò al bancone e si sedette su uno degli alti sgabelli. Frugò nella borsetta e tirò fuori un anello con un piccolo diamante. Un anello di fidanzamento. Se lo rigirò tra le dita, accarezzando col pollice il brillante, e sentì le lacrime risalirle velocemente agli occhi.
«Cosa ti preparo?»
Mya sobbalzò, riportata alla realtà da quelle parole. Alzò gli occhi dall'anello, infilandolo di nuovo nella borsa rapidamente, e incrociò lo sguardo del barman. Aveva dei profondi occhi scuri, i capelli molto corti e castani, la carnagione olivastra ed un sorriso un po' forzato. Mya si morse il labbro e guardò alle spalle del ragazzo, dove era appesa una lunga lista di cocktails. 
«Un B52, per favore.» sussurrò, con voce tremante. Non sapeva neanche se le piacesse o meno, non lo aveva mai assaggiato, ma a detta di tutti era molto alcolico e questo era ciò che voleva. Non le importava del sapore, l'alcol le serviva solo per farsi coraggio, per infonderle la forza di compiere quel gesto estremo che potesse alleviare tutto il dolore che sentiva in quel momento. Già, quel pensiero si era insinuato nella sua testa mentre camminava senza una meta, e ora stava rapidamente prendendo corpo dentro di lei. La sofferenza che la attanagliava era tale che si sentiva tutto il corpo in fiamme. Si sfilò il giaccone e lo arrotolò, poggiandolo sullo sgabello vuoto accanto al suo. Fece un respiro profondo e osservò il barman: si muoveva rapidamente davanti a lei, allungando le braccia verso gli scaffali e versando a mano a mano gli alcolici nel bicchiere. Dopo una veloce mescolata con la cannuccia, lo avvicinò a Mya e sorrise. 
«Servita, signorina!»
«Grazie...» la ragazza sorseggiò il cocktail: era amaro, pesante, le pizzicava la punta della lingua... Ma ciò non la fermò dal mandarlo giù tutto d'un fiato. Ora la gola le bruciava, quasi come se avesse ingoiato lava.
«Wow... Brutta giornata? -ridacchiò il barman, stupito- solitamente quelli che vengono soli e bevono bombe alcoliche tutto d'un fiato, hanno qualcosa che vogliono dimenticare...»
«Sì, ma non sono affari che ti riguardano.» sbuffò Mya, infastidita, guardandolo storto.
«Scusa, non volevo offenderti... Facciamo così, questo cocktail lo offre la casa, per farmi perdonare...» ammiccò lui. Mya sentì la rabbia montarle dentro.
«Senti, puoi anche smetterla di fare il cretino! Mi dispiace rovinare i tuoi piani, ma sono LESBICA, chiaro?!» sbottò, scandendo bene le parole come se stesse parlando con un bambino. Ma si pentì quasi subito di quell'exploit, in fondo quel ragazzo voleva solo essere gentile, no?
«Scusami, non era mia intenzione attaccarti in quel modo... Hai ragione, ho avuto una giornataccia, e quando bevo perdo un po' il controllo. -fece un piccolo sorriso, nonostante la testa iniziasse a martellarle, e gli tese la mano- Io mi chiamo Mya, e tu?»
 
...





Angolo dell'autriceSalve a tutti! Questa è la prima storia a più capitoli che pubblico. La storia è stata ideata in collaborazione con la mia migliore amica, l'utente SimiNana. La storia l'abbiamo inventata insieme, quindi i meriti alla "fantasia" vanno a entrambe :) Per quanto riguarda la parte relativa alla scrittura, me ne occupo io e lei mi suggerisce e mi fa da beta. Vi mando un saluto, sperando che questo piccolo inizio possa intrigarvi e invogliarvi a proseguire nella lettura. 
P.S. Sono una persona molto discontinua nella scrittura e nella pubblicazione, perciò non potrò seguire ritmi prestabiliti. Mi dispiace :(
P.P.S. La nostra idea dei personaggi è ben precisa, infatti nella descrizione fisica abbiamo preso spunto da personaggi famosi. Per non limitare la vostra fantasia, aspetterò il secondo capitolo per pubblicare la nostra idea di Mya e Cam (ovviamente fatemi sapere con una recensione se volete saperli!)
P.P.P.S. Se la storia vi intriga, vi sarei grata se lasciaste una piccola recensione :) 
Un bacione a tutti, alla prossima!
  
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