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Autore: LoveInsider    23/04/2015    0 recensioni
L’insegna sopra il negozio citava Shakespeare and Company e subito Clarissa si sentì a casa.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Love at Shakespeare and Company
 
Clarissa camminava per le strade di Parigi con il naso all’insù. Dopo giorni di grigio e pioggia, il sole finalmente illuminava le strade gremite di turisti. Il cielo era di un azzurro intenso, di un colore mai visto prima, talmente bello che sembrava stesse cercando di farsi perdonare per i giorni di brutto tempo.   
Parigi era sempre bella, che fosse con il sole, con la pioggia, con la neve o con la nebbia, perchè la rendevano sempre diversa e la caratterizzavano regalandole migliaia di sfaccettature diverse, ma in quella giornata era più bella che mai.

Mentre camminava passò davanti a Notre Dame e si fermò ad ammirarla in tutta la sua maestosità.  Rimase lì in piedi, incantata per qualche minuto davanti alla facciata imponente, persa nell’osservare tutti i dettagli che caratterizzavano la cattedrale. Erano anni che lo faceva e, sorprendentemente, ogni volta riusciva a scorgere un nuovo particolare. A distrarla dalle sue precise osservazioni fu un turista giapponese che, per poco, non le cascò addosso. Le disse qualcosa che lei interpretò come un grazie, anche se non era sicura e ricominciò a camminare. Attraversò il Pont au Double e poco dopo giunse alla sua destinazione. L’insegna sopra il negozio citava Shakespeare and Company e subito Clarissa si sentì a casa. Adorava quella libreria (che faceva anche da biblioteca) persino più di Notre Dame; se davanti alla cattedrale sarebbe stata ore, in quella libreria ci avrebbe passato l’eternità.

Varcò l’ingresso, salutò i dipendenti che ormai conosceva da una vita e salì le piccole scale fino al piano superiore. Prese un libro, che sarebbe diventato suo amico, ma anche biglietto per un nuovo viaggio, e sprofondò sulla solita poltrona di velluto rosso, sulla quale avrebbe passato le future ore. Aveva preso Il Grande Gatsby di Fitzgerlad, il suo migliore amico. Clarissa, infatti, non aveva molti amici, i suoi compagni di viaggio e avventure erano i libri, e questo, a volte, le pesava. C’erano dei giorni in cui si guardava intorno e, vedendosi circondata da suoi coetanei allegri, si sentiva triste e pensava di abbandonare i romanzi e le poesie e di aprirsi un po’, ma poi ne vedeva altri litigare e piangere e pensava allora che i con i libri non si litiga e non avrebbe mai rischiato di soffrire e stare male in loro compagnia.
Si immerse nella lettura del suo libro preferito, senza sentirsi più sola e divorò parola dopo parola come se non lo avesse mai letto e non lo conoscesse a memoria.
Quando lo finì si accorse che non era più sola. C’era un ragazzo seduto al pianoforte che suonava una dolce e rilassante melodia. Clarissa si alzò e prese un libro a caso L’Amico Ritrovato di Fred Uhlman. Cercò di immergersi nuovamente nella lettura, ma non ci riuscì. Era distratta. Non tanto dalla musica, quanto dall’artefice di quella sinfonia. Dopo aver letto due parole sentì subito il bisogno di alzare gli occhi dalla pagina per poggiarli sul viso di quel bel ragazzo che deliziava i clienti della libreria tramite le sue grandi doti musicali. Clarissa non si era mai interessata più di tanto ai ragazzi. Certamente le capitava di guardarli per strada, ma non aveva mai sentito la necessità di avere un ragazzo. Perchè cercarne uno quando poteva immaginare di avere un Mr. Darcy al suo fianco? Eppure, in quel momento, desiderava non essere così sola. Improvvisamente desiderò di conoscere gente che le presentasse dei ragazzi, gente che conoscesse e che le presentasse lui.
Clarissa era talemente immersa nei suoi pensieri da non accorgersi nemmeno che la melodia si era fermata e che i suoi occhi non erano più fissi su quella figura sconosciuta, ma su uno sgabellino vuoto. Il ragazzo si era infatti seduto vicino a lei e si era presentato. Si chiamava Pierre e da vicino era ancora più bello.

Le lancette sull’orologio e le persone scorrevano, mentre Clarissa e Pierre rimanevano lì fermi, seduti su quelle due poltrone rosse di velluto uno di fronte all’altro a conoscersi. Era incredibile il numero di cose che avevano in comune. Amavano entrambi la loro città, ma credevano che la Tour Eiffel fosse banale, adoravano il tè, anche se Clarissa lo prendeva con due cucchiaini di zucchero e Pierre senza, adoravano Baudelaire e Rimbaud, ma non sopportavano Apollinaire. Una serie di elementi li rendeva così simili che finalmente Clarissa pensò di aver trovato qualcuno che la capisse.
Furono costretti a salutarsi all’orario di chiusura, con un sorriso sulle labbra e la promessa di rivedersi il giorno seguente.
Clarissa non aveva dubbi forse, finalmente, avrebbe potuto sostituire Mr. Darcy.
 



 
  
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